IV - Nuvole bianche

Stai dormendo.

A guardarti, sembra quasi che tu dorma.

Placidamente.
Serenamente.

Stesa lì, fra quelle assi di legno.
Immobile, circondata dal più devastante silenzio.
Le mani unite al centro del petto, bloccate in una posizione così innaturale.
Le labbra, aride, piegate nell'ombra di un beffardo sorriso.
I capelli scuri sciolti che ricadono disordinati sulle tue spalle.

Mi piace pensare che tu stia sognando.
Chissà che cosa, mi domando.

Sei così bella...
Nonostante tutto, sei bella.
Il pallido candore della tua pelle, adesso così fredda, stona solo lievemente con l'abbagliante vermiglio del vestito che indossi.
È un vestito da sera, lungo fino ai piedi.
Stretto in vita, ad abbracciare i fianchi stretti.

Tossisco.
Non riesco a evitarlo.
Lo faccio quasi sussurrando.

Forse temo di svegliarti.

Prendo posto su uno dei tre gradini che conducono all'altare.
Tiro fuori il bloc notes e la biro nera.
L'inchiostro si sta esaurendo, ma me lo farò bastare.

Fuori sta nevicando, e fa freddissimo.

Alzo di nuovo lo sguardo verso di te, attratto da quella commistione di colori come una falena lo è dalla luce.

Il tuo corpo vuoto sembra urlare miriadi di indizi sulla tua vita.
Su ciò che sei stata.
E li urla così forte e così in fretta, che fatico a coglierli tutti.
Mi meraviglio di come siano sfuggiti al parroco che ha parlato su quell'altare fino a poco fa.

Osservo l'abito che hai addosso.
Mi chiedo quanto ci tenessi.

Quanto ci fossi affezionata.

Mi ritrovo a immaginarti il giorno in cui l'hai acquistato.
Mi si proietta dinnanzi l'immagine di te che cammini, magari a passo svelto, senza prestare attenzione a nulla di ciò che hai attorno.
Decisa.
Sicura.
Il tuo incedere è accompagnato dalle note di una dolce melodia.
La stai ascoltando attraverso delle cuffiette.

Avevi la testa tra le nuvole.

Ne sono certo.
Eri una di quelle persone che tendono a soffermarsi sui particolari, sulle minuziosità, perdendo così di vista tutto il resto.
Una di quelle persone che preferiscono cullarsi nel sogno, nell'illusione, nell'aspettativa, anziché chinare la testa di fronte alla più deprimente realtà.

Distratta.

Forse anche un po' imbranata.

A suggerimelo è quel velo di nostalgia che popola ancora i tuoi occhi, nascosti dalle palpebre abbassate.
Posso solo supporre di che colore siano, ma qualcosa mi suggerisce che fossero scuri.

E torno a immaginarti, in un afoso pomeriggio estivo.
Ti immagino.
Ti immagino rischiare di inciampare su un gradino, quindi fermarti d'improvviso, attratta dalla sfavillante bellezza di quel vestito che ora indossi, e che incornicia il tuo corpo ormai svuotato.
Così, dal nulla, si forma davanti a me il profilo di una giovane donna che entra, un po' incerta, in un outlet di periferia.
Che sussulta, scossa dal prezzo così alto stampato sull'etichetta penzolante.

"È un intero stipendio!": questo avrai pensato.

Avrai riflettuto, e riflettuto, e riflettuto... e alla fine lo avrai acquistato.

La biro adesso trema sotto la mia mano incerta, che si chiude a pugno.
Qualche parola, timida, inizia a popolare il foglio di carta.

Immagino che tu, arrivata a casa, abbia riposto il vestito in un angolo remoto dell'armadio.
Temevi di sfiorarlo, per il rischio di sgualcirlo.

Il foglio sembra sussultare.
Si piega, sotto il peso di una lacrima tanto pesante quanto inattesa.

Prevedevi di indossare l'abito per un'occasione speciale, mi dico.
Una festa.
Un matrimonio.

Mai avresti pensato che avrebbe fatto da sfondo al tuo funerale.

E immagino ancora, e ancora...

Immagino la tua infanzia, consumata sulle strade di un piccolo e suggestivo borgo di periferia.
Immagino la tua adolescenza.
Sarai stata felicissima il giorno del diploma.
Ancor più felice il giorno della laurea.

Sull'anulare della mano sinistra porti un anello.
Strano che non l'abbia notato prima.
Ci sarà allora qualcuno che, da qualche parte del mondo, aspetta il tuo ritorno.
Qualcuno che ti ama, e che non ha idea di che fine tu abbia fatto.
Qualcuno che in una chiesa come questa contava di prometterti eterna fedeltà.

Abbozzo l'ultimo verso.
A me spetta l'onere di mettere un punto alla tua vita.

***

Ad Amsterdam, quando muore qualcuno che non ha parenti né conoscenti, è usanza che un poeta scriva dei versi al suo funerale. Ed è un po' quello che ho immaginato.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top