P. O. V. - ADRIAN 11
"Avevano tutti sul viso la stessa espressione, un misto tra l'arroganza di chi si sente libero di essere se stesso fino a distruggersi e la rassegnazione amara di chi gira lo sguardo intorno e dappertutto vede il nulla."
- Giorgio Faletti
La muraglia per la mia protezione interiore stava crollando ed io, ero inerme e immobile ad osservare la mia dipartita.
Un dolore possessivo e struggente.
Stavo impazzendo...
Ogni volta che sul mio cuore si aggiungeva una crepa, qualcosa mi portava maledettamente da lei.
Restare in quella casa, ormai, era impossibile.
Dovevo rafforzare la mia corazza con qualsiasi metodo anche se questo significava distruggere pure una parte di me.
Non potevo abbandonarmi a quel tepore sconosciuto e terrorizzante che rappresentava Judie per la mia essenza perché potevo accettare quella verità che riguardava il nostro passato, ma non potevo assolutamente dimenticare quella sofferenza o quell'immagine negativa che avevo su di lei a causa di determinate circostanze.
Il mio cuore, alla fine, stava vacillando.
Avevo paura di sbagliare ancora...
Di ricoprire nuovamente la mia anima di un dolore che non meritavo realmente.
Dovevo indossare un altro tipo di maschera... Una davvero potente per poter ingannare anche la mia mente, oramai, pervasa da quel nome così logorante e insopportabile.
Quello che avevo fatto alla festa, non si era fermato al degustare la sua intimità vogliosa... L'avevo, in un certo senso, protetta da quel divertimento pericoloso o meglio, da quel ragazzo che la stava incomprensibilmente abbracciando.
Il mio comportamento era ingiustificabile, soprattutto perché, avevo avuto la sfrontataggine di fare quel gesto davanti a tutti, di prenderle il polso e portarla nel mio rifugio, svelando in quel modo oltraggioso pure il nostro segreto.
Dov'era andata a finire la mia parte riflessiva e coscienziosa?
Ma quello che era veramente indecifrabile, era quella rabbia che sentivo al mio interno senza alcuna motivazione logica per quello che avevo scoperto su quel tipo losco di nome Peter.
Nessuno poteva raggirarla tranne me, perché io avevo il diritto di illuderla giacché in passato era stata lei a distruggermi...
Adesso, però, molte cose parevano non avere più la stessa giustificazione o rancore.
Stavo rischiando che la mia benevolenza verso di lei, emergesse in maniera imprescindibile.
Tuttavia, a questa realtà così devastante avrei preferito soltanto fuggire via senza guardarmi indietro... Tornare finalmente a San Francisco e dimenticarla per sempre.
La mia vita per anni si era basata prima sul suo ricordo positivo e successivamente, sulla sua immagine negativa quindi, senza rendermene conto, era diventata quasi indispensabile, un tormento ossessivo e perpetuo per il mio cervello.
Questo è stato il mio errore più grande...
Permetterle di addentrarsi, involontariamente, nella mia anima spezzata.
Quella maledetta sera, non riuscii a dormire, ero troppo scosso dalle mie azioni imperdonabili e discutibili.
Eppure, il giorno dopo fu inevitabile affrontare il suo sguardo dannatamente opprimente.
Mi faceva soffocare in me stesso con quel suo fissarmi incessantemente.
Sembrava volermi lambire, anzi graffiare con gli occhi...
Era inspiegabile, ma ero totalmente vulnerabile.
Ero nuovamente nell'abisso.
Seduto al suo stesso tavolo, parve impossibile mangiare con tranquillità... Il pensiero dei miei gesti precedenti, io e lei nella mia stanza, mi scombussolava sul serio perché la mia brama incontenibile per lei sembrava quasi attenuarsi con un suo semplice tocco.
Odiavo questo mio stato d'animo.
Disprezzavo me stesso per questa enigmatica fragilità.
Provai troppe volte a non incrociare il suo sguardo fisso e curioso su di me.
Ma alla fine, fu impossibile evitarlo.
Mi sentii spogliare della mia fortezza...
Così, le mie iridi chiare si unirono alle sue.
Perché continuava a guardarmi in quel modo così limpido?
Voleva forse dirmi qualcosa?
Ciononostante, era palese che quello che era successo la sera precedente faceva solamente parte del nostro rapporto peccaminoso... Le avevo concesso già tanto, approvando un rapporto civile con lei.
Eppure, ripeterglielo ora pareva soltanto una grande bugia.
Era un rumore, un fracasso nel cuore insostenibile...
Non era un bene, tuttavia continuava a fare baccano in quel silenzio lacerante tra me e lei...
Potevo fuggire ancora, ma ero sempre lì, immobile con il suo sguardo magnetico a sorvolare la mia parete invisibile.
Inconsapevolmente, anch'io mi ritrovai a scrutarla attentamente.
Era come una calamita.
I suoi capelli mossi color castano chiaro, le sue iridi verdi, le sue labbra rossastre e carnose mi catturavano ogni volta...
Odiavo quella maledetta sensazione, ciò che mi faceva provare... Era talmente spaventosa da non riuscire neanche a metabolizzare quella verità raccapricciante.
Tuttavia, doveva smetterla di farmi sentire così orribilmente indifeso.
A quel punto, la guardai con irritazione e nervosismo, ma lei continuò a tenere lo sguardo fisso sul mio... Sospeso in un limbo di attrazione.
Non aveva paura di me come in passato, lo capivo dal suo comportamento... non aveva allontanato le sue pupille dalle mie e questo probabilmente, non faceva altro che agitarmi di più.
Il mio piano di vendetta era in frantumi già da un po', ma adesso lo era anche la mia determinazione.
Quella giornata, alla fine, trascorse lentamente. Passai la maggior parte del tempo nella mia stanza a studiare varie materie e a guardare un documentario in tv che mi incuriosiva parecchio sulla fauna in Australia.
La mattina seguente, mi aspettava una pesante giornata a scuola.
Mi alzai controvoglia dato che, stranamente, avevo ancora molto sonno.
Tuttavia, fu davvero assurdo notare che Judie non si era alzata, probabilmente non sarebbe andata all'istituto scolastico.
Fu una specie di consolazione capire che almeno per oggi, non dovevo cercare continuamente di evitarla visto che, non sarebbe stata presente.
Dopo aver raggiunto velocemente il bagno per fare una doccia calda, ero ritornato nella mia stanza per vestirmi. Avevo deciso di indossare un jeans tonalità tronco e un maglione color avorio.
Fuori, nonostante il sole illuminasse la città, l'aria era ancora parecchio fredda.
Di conseguenza, scesi svelto le scale prendendo pure il mio zaino in stoffa color antracite.
Passai un attimo in cucina per portare con me una mela da mangiare durante la pausa a scuola e infine, aprii la porta principale e andai via da quel posto asfissiante.
Il tragitto fu tranquillo, osservai attentamente la città che pareva appena riprendere vita. Le strade e i marciapiedi incominciavano a popolarsi.
Arrivato a scuola, il mio mondo instabile fu talmente scosso in modo irreparabile che dovevo fare assolutamente qualcosa per me stesso... Per non precipitare.
Un piccolo gruppo di persone stava ridendo e scherzando, sembravano parlare di una festa e di... Judie.
Fu un attimo decisivo, prima della mia dipartita definitiva.
Stavo per avvicinarmi a quei tipi per ascoltare ancora perplesso la conversazione nonostante non sapessi veramente come comportarmi in merito.
Il mio menefreghismo pareva essersi sfumato all'istante poiché il ragazzo di quella fatidica sera, Noah... era intervenuto improvvisamente tra quella gente, gridando esageratamente contro di loro affinché la smettessero di inventare pettegolezzi, arrivando addirittura a minacciarli.
Fu totalmente spiazzante e sconcertante vedere quanto ci tenesse a lei, quanto sembrasse piacerle...
Fu una sensazione nuova, assurdamente irritante e veramente irrazionale.
Non restai lì ad osservare la sua vittoria o la sua sfoggiante superiorità verso gli altri.
Andai subito via, ricomprendo la mia anima, stranamente ferita, solamente di indifferenza ed entrai a scuola.
Mi sentivo completamente irrequieto.
Ero irragionevolmente nervoso e stressato.
Era tutta colpa di quella sprovveduta e del suo modo di sedurre gli uomini...
Dovevo togliermela dalla testa!
Non potevo sentirmi così dannatamente frustrato e inerme, di nuovo, per colpa sua.
Doveva allontanarsi completamente dalla mia vita e in un modo o nell'altro l'avrei definitivamente cancellata!
La mia occasione preziosa si presentò, incredibilmente, alla terza ora di lezione, quando raggiunsi velocemente il bagno per prendere un po' d'aria dato che c'era la pausa.
Lì vicino, si trovava anche quella pervertita di Elodie.
Ogni volta che mi adocchiava al corso pomeridiano di lettura, era sempre pronta a stuzzicarmi con battute poco innocenti e sguardi maliziosi.
I suoi lunghi capelli castani e ricci, le coprivano sempre la maggior parte del suo viso radioso.
Era la mia unica e concreta opportunità.
In quel modo perverso, avrei finalmente eliminato Judie dai miei pensieri sostituendo quel desiderio carnale con un'altra ragazza.
Avrei reso Elodie definitivamente la mia compagna di giochi intimi giacché non avevo assolutamente bisogno di quella sciocca.
Necessitavo solamente di divertirmi in modo poco pudico con qualsiasi altra ragazza.
Dovevo fare di tutto per non crollare.
<< Ciao >> sussurrai docile al suo orecchio sinistro, quando mi affiancai silenziosamente alla sua figura ancora concentrata sul cellulare.
Indossava un vestito aderente con una gonna non molto lunga tonalità azzurro.
A quelle parole, il suo corpo sobbalzò leggermente per l'inaspettato.
Poi, automaticamente, si girò svelta di fronte al mio viso falsamente sorridente.
Le sue piccole labbra erano a poca distanza dalle mie già dischiuse, mentre il suo odore floreale iniziava a pizzicarmi le narici.
<< Ciao Adrian >> pronunciò contenta, scrutandomi dettagliatamente.
Poi, aggiunse entusiasta:
<< Sei anche tu in pausa? >>
<< Si... Cosa stai guardando di bello sul cellulare? >> Chiesi cortesemente per iniziare una conversazione piacevole anche se, in realtà, non mi importava un cavolo di quello che stava facendo.
<< Oh, Niente. Solamente delle scarpe eleganti che vorrei acquistare >> esordì quasi timida ed infine, posò frettolosamente il telefono nella sua borsa color argento.
<< Tu, invece, adesso che lezione hai? >> proseguì curiosa, dopo qualche secondo di silenzio.
<< Ho algebra >> risposi subito e tranquillamente.
<< Ahhh io non ci capisco nulla di quella materia >> confessò falsamente esausta poi, sospirò in maniera teatrale.
<< Se vuoi posso spiegarti io alcuni concetti >> suggerii con una voce lievemente maliziosa.
<< Si! Fantastico! >> Esclamò parecchio euforica e prima che riuscissi a provocarla ancora, lei suggerì altrettanto astuta:
<< Perché oggi non vieni a casa mia? Sai, sono da sola... possiamo ripetere alcune formule di matematica >>
<< Va bene. Dopo pranzo, aspettami fuori al cortile della scuola... Nei pressi di quella panchina gialla >> spiegai famelico, facendo pure un evidente occhiolino.
<< Perfetto >> concluse Elodie gioiosa, sorridente e soddisfatta.
Di seguito, con lentezza mi allontanai da lei, ma non prima di avere dato un furtivo e umido bacio sulla sua guancia destra già bollente.
Il resto delle ore in classe, fortunatamente, trascorsero veloci visto che immaginai per tutto quel tempo ciò che avrei fatto di perverso a quella ragazza affinché assaporasse il vero piacere intimo... La vera lussuria, il peccato della cupidigia.
Tuttavia, una parte insensata di me, parve ancora soffrire per qualcosa di inconcepibile ed insostenibile.
Dopo pranzo, mi recai svelto verso l'uscita.
Ero decisamente frustrato e irrequieto.
Dovevo sfogare il mio nervosismo... Avevo bisogno di Elodie per stare bene con me stesso, per attenuare la mia ossessione.
A quel punto, velocemente, ignorando tutto quello che mi circondava, raggiunsi la panchina tonalità giallastro.
Elodie, inaspettatamente, era già lì ad aspettarmi. La sua concentrazione, però, era sempre diretta al suo cellulare.
<< Andiamo? >> Domandai semplicemente con calma, quando fui finalmente vicino alla sua formosa corporatura.
<< Certo >> Affermò felice, dopo qualche secondo, con un forte entusiasmo e nel contempo, posò frettolosamente il telefono nella sua piccola borsa.
<< Tutto bene a lezione? >> Mi chiese curiosa, dopo pochi minuti di silenzio fastidioso.
Stavamo camminando uno affianco all'altro, ignorando gli occhi famelici delle svariate persone che ci osservavano palesemente, ma preferivo che mi adocchiassero in compagnia di Elodie e non con Judie...
Desideravo solamente rimuoverla dalla mia testa.
<< Si. A te com'è andata la mattinata? >> Domandai falsamente interessato.
<< Bene, però, mi scoppia la testa. Vogliamo fermarci un attimo al bar vicino alla mia abitazione? Vorrei prendere un caffè ginseng >> mi propose speranzosa.
Odiavo dover sopportare un ulteriore attesa prima di poter mettere finalmente in atto il mio malefico piano perché quella strana sofferenza che non mi abbandonava, andava assolutamente scacciata.
<< Ok >> affermai all'istante, sorridendo lievemente verso la sua magra corporatura.
Il tragitto fu breve, ma insopportabile dato che mi toccò subire le lamentele incessanti di Elodie sui suoi compagni di classe perché affermava con una convinzione pazzesca che la maggior parte di loro puzzava o era inguardabile.
Era veramente una ragazza frivola... Decisamente fastidiosa.
Arrivato finalmente al grande locale, entrammo senza esitare.
Un forte odore di cappuccino mi colpì improvvisamente.
Non ero mai entrato in quel posto ma, sembrava realmente tranquillo.
Aveva le pareti tinteggiate di nero e verde.
Aveva tanti piccoli tavoli in ferro vuoti, ma mi diressi convinto, trascinando con me anche Elodie, altrove.
Le avevo stretto per qualche secondo la sua minuscola mano, ma nessuna nuova sensazione mi aveva coinvolto e questo mi sconcertava ancora di più...
Ci dirigemmo in un tavolino posizionato in un angolo molto riservato.
Di conseguenza, mi tolsi abilmente il giubbotto e mi sedetti proprio di fronte a lei.
Guardammo entrambi il menù, nonostante lei sapesse già cosa voler ordinare.
Alla fine, optai anch'io per un caffè ginseng, ma la cameriera tardava ad arrivare.
Così, fui inevitabilmente costretto ad intrattenere un'altra scocciante conversazione con Elodie.
<< C'è qualche argomento di Algebra che vuoi ripassare principalmente? >> Chiesi tranquillo e con falsità.
<< No >> rispose subito con un ampio sorriso, poi inaspettatamente, proseguì parecchio interessata:
<< Sei fidanzato? >>
E fu ineluttabile e impossibile trattenere il mio sorriso venefico e malizioso.
Era caduta completamente nella mia trappola.
Doveva essere mia, mi occorreva il suo modesto corpo per cancellare il male che mi sommergeva...
Perché il peccato si estirpa solamente con un'altra trasgressione e Judie, ormai, non doveva più far parte della mia condanna.
Quello che stava per accadere era semplicemente la mia rinascita.
Tuttavia, per aumentare la sua curiosità e irrequietezza, non le chiarii nulla.
La guardai dritta negli occhi, la squadrai a lungo e infine, le domandai in maniera seducente:
<< E tu c'è l'hai un fidanzato? >>
<< Non proprio >> decretò quasi dispiaciuta, abbassando leggermente lo sguardo e la voce.
E in quel preciso momento, finalmente, arrivò la cameriera a prendere le ordinazioni. Era una signora dai capelli molto corti color corvino, la sua corporatura, inoltre, era robusta ed indossava un uniforme dello stesso colore delle pareti.
Dopo qualche minuto, la cameriera andò velocemente via, scusandosi nel frattempo per l'attesa prolungata.
A quel punto, improvvisamente, Elodie mi comunicò seria:
<< Vado un attimo in bagno >>
<< Va bene >> dichiarai visibilmente seccato e impaziente.
Non c'è la facevo più ad attendere... Stavo morendo all'interno.
Mi sentivo massacrare da un sentimento sconosciuto giacché non era la repressione della mia libidine.
Aspettai innervosito solo trenta secondi, poi involontariamente, agii d'istinto... per la disperazione.
Mi alzai furioso in direzione di Elodie e alla fine, raggiunsi anch'io il bagno.
Avevo un unico obiettivo perverso nel cervello.
La verità era che non bramavo il suo corpo, ma ero talmente afflitto da un'altra pericolosa realtà che volevo solamente, in qualsiasi modo, eliminare ogni traccia di Judie dentro di me poiché mi stava distruggendo sul serio e lentamente...
Mi stava, in un certo senso, riportando alla luce senza volerlo.
Così, dato che non c'era nessuno nei pressi, spalancai la porta con sopra stampato il disegno di una sagoma femminile e un istante dopo mi ritrovai davanti il magro corpo di Elodie ancora scosso per l'inatteso.
Il suo sguardo era decisamente allibito e sconcertato, i suoi occhi erano ancora immobili e sbarrati sulla mia figura audace.
Lei sembrava nell'atto di sistemarsi il rossetto davanti allo specchio, ma ignorai ogni cosa anche le mie preoccupazioni e senza consenso, mi scaraventai sulla sua corporatura formosa.
Elodie si ritrovò improvvisamente intrappolata tra le mattonelle fredde della parete biancastra del bagno e il mio corpo in fiamme per il tormento che mi soffocava.
Il suo sguardo sorpreso e perplesso, però, cambiò subito in uno abbastanza compiaciuto e divertito.
Afferrai entrambi i suoi polsi con una smania disarmante e li bloccai in alto superando il suo volto arrossato e scaltro.
Volevo abbassarle direttamente la brasiliana che indossava dato che era letteralmente visibile dal suo sottile vestito azzurro e unire, in quel modo aggressivo, la sua intimità alla mia, ma provai con tutto me stesso a trattenermi per poter così, assaporare alla perfezione quell'attimo proibito ed ingordo.
Ciononostante, insperatamente, dalla bocca dischiusa di Elodie uscì un energico sospiro di piacere accompagnato da un lieve e perpetuo ansimare... allora, ogni logica andò decisamente a farsi fottere.
Non potevo attendere!
Non aspettai oltre, colpii consciamente il suo collo liscio e profumato con la mia bocca affamata e succhiai profondamente, fino a renderle la pelle, in quel posto preciso, di una tonalità quasi prugna.
Poi, come se la mia sete non riuscisse minimamente a placarsi, ci passai sopra pure la mia lingua affinché quella scia di cupidigia che costellava la mia saliva, le percorresse con autentico desiderio anche la guancia destra fino a raggiungere le sue labbra già umide e ancora ansimanti.
La sua bocca si unì alla mia, eppure non provai alcun piacere.
Proseguii ugualmente famelico e con un'innata rabbia al mio interno, degustai quel bacio frenetico, quelle sue morbide labbra... unendo senza nessun ritegno, la mia lingua alla sua in una maniera non troppo circolare o schematica... Ero semplicemente guidato dall'avidità.
Doveva piacermi a qualsiasi costo!
Di seguito, senza permesso, Elodie mi mordicchiò il labbro inferiore e con un fremito incontrollato, adagiò le sue piccole mani sulla cerniera del mio pantalone per abbassarlo e giocare con il mio membro già eretto.
Tuttavia, fu quella la mia vera distruzione...
Senza una spiegazione logica, poiché era tutto dannatamente irrazionale e ammazzante, il viso contratto dal timido piacere di Judie mi apparve davanti come a contrapporsi a quello assolutamente malizioso e spudorato di Elodie.
Fu un miraggio deturpante ed irruente.
Cosa cazzo mi stava succedendo???
Il cuore si fermò per lo sconcerto e lo smarrimento.
Provai con immensa determinazione a nascondere dal mio viso la mia evidente perplessità.
Ero paralizzato da me stesso, da quella surreale visione... eppure, non avevo fermato Elodie che nel contempo aveva già abbassato leggermente il mio pantalone mettendo in mostra il mio boxer blu.
Potevo scorgere dettagliatamente il suo volto incuriosito e voglioso, osservare con attenzione quella parte appena scoperta giacché da lì, si poteva intravedere benissimo la mia intimità dritta per l'appagamento della situazione.
Ciononostante, sentivo ancora scuotere nella mia essenza, la mia anima incerta...
Avevo timore che quella condizione sarebbe durata poco perché non potevo accettare quello che era successo... l'immagine di quella sciocca mi era apparsa sfigurante in un momento del genere.
Ero decisamente impazzito.
Intanto, Elodie invasa dal godimento assoluto e avvolta dalla cupidigia più struggente, si era chinata ritrovandosi di fronte il mio membro grosso e dritto, stava per calare anche il mio boxer blu quando, inconsapevolmente, dannato da me stesso, da un'incontrollata sensazione, avevo mandato nuovamente tutto a fanculo, lasciandomi possedere da un'insicurezza e terrore che non mi appartenevano.
Allora, arrabbiato con la mia stessa esistenza, le dissi dolente, cercando di soffocare quella smania di oppressione che pareva accecarmi:
<< Fermati, siamo già da troppo tempo qui... Continuiamo a casa tua>>
Ero completamente deluso da me stesso. Mi odiavo e ancora di più, detestavo il modo in cui Judie mi stava facendo sentire...
Tanto vulnerabile da non riuscire neanche a fare un atto tanto banale come il sesso.
Forse non sarei mai riuscito ad eliminarla dalla mia mente, sostituendo solamente quel corpo con un altro...
E questo, mi tormentava sempre di più...
Usai la scusa più patetica che potessi inventare... Mi sentii una totale nullità.
Mi facevo schifo da solo.
Stavo sprofondando nuovamente, invece di riemergere.
Tuttavia, lei sembrò stranamente più entusiasta e a quelle fatali parole, si rialzò felice ed io nel contempo, mi sistemai velocemente il pantalone.
Prima che uscissimo definitivamente dal bagno, però, mi confidò intrepida mentre la mia mente, ormai, pareva essersi disintegrata come la mia dignità:
<< Facciamo presto a bere quel caffè ginseng... Non vedo l'ora di stare nella mia stanza con te! >>
Dopodiché, mi guardò intensamente mordicchiando in modo provocatorio il suo labbro inferiore e fui costretto ad assecondarla.
<< Anch'io >> sussurrai passivo e all'istante.
Ero ancora rancoroso con me stesso.
Judie mi stava distruggendo... Mi stava davvero annientando.
Non potevo più continuare così, dovevo andare via dalla sua vita... dalla sua abitazione, da Newport.
A quel punto, ritornammo svelti al nostro tavolo isolato, il viso di Elodie era ancora parecchio arrossato e sfumato da una leggera malizia, mentre il mio era probabilmente palesemente adirato e scombussolato, nonostante lo sguardo pettegolo della cameriera su di noi, mi stesse infastidendo.
Aveva già portato il caffè ad entrambi dentro a delle piccole tazze di ceramica color magenta e nero, posizionandole sul tavolo.
Elodie lo sorseggiò con troppa euforia, senza degustarlo ed io provai a fare lo stesso.
Ma, nel mio subconscio, stavo soltanto cercando di capire se sarei riuscito a fare di nuovo sesso, senza inciampare in quel ricordo ambiguo... In Judie.
Non era come le altre volte, non ero dominato dalla lussuria.
Non sentivo più la passione possedermi...
Ero inaspettatamente a pezzi per quella visione interdetta e disorientante.
<< Vado a pagare... Aspettami. Così, andiamo via >> sentenziò contenta e d'improvviso, mentre io ero ancora immerso nei miei pensieri contrastanti e divoranti.
Assurdamente non riuscii a reagire, a replicare nulla neanche a comunicarle di non preoccuparsi del conto perché avrei pagato io.
Ero umiliato da me stesso e intanto, ero silenziosamente immobile ad aspettare il ritorno di Elodie... Ciononostante, all'interno del mio cuore scheggiato conoscevo già la verità.
Stavo sbriciolando tutto quello che in due anni avevo costruito con enorme fatica.
Stavo inconsapevolmente annientando la mia corazza invalicabile per proteggermi proprio da lei... Da Judie, dal suo essere decisamente frivola e menefreghista.
Stavo cadendo ai suoi piedi nuovamente e non potevo permettermelo!
Tuttavia, incomprensibilmente non avevo più la forza di cancellarla definitivamente da me in quel momento... Neanche andando a letto con un'altra.
Di conseguenza, appena Elodie fu di ritorno al tavolo, già sorridente e impaziente proprio di fronte a me, mi alzai di scatto e annunciai ad alta voce contro la mia stessa volontà e razionalità:
<< Devo correre a casa, mi dispiace. Sarà per un'altra volta, tranquilla. >>
Un affanno pesante mi pervase giacché ero sconvolto da quella bugia, dalle mie stesse azioni...
Dovevo scappare anche da lei.
Avevo bisogno solamente di chiudermi nel mio mondo solitario e risanante.
E senza aspettare una sua risposta, dato che la sua faccia contrariata e sbigottita era chiarissima, uscii svelto da quel posto discrepante e iniziai a correre così forte da non sentire più il mio stesso respiro o tutto quello che mi circondava.
Ero talmente deluso da me stesso che desideravo soltanto sparire... Per sempre.
Cancellare definitivamente quel male che ora, pareva costringermi a quel bagliore fasullo.
Il sole stava tramontando, tinteggiando il cielo di svariate sfumature tendenti al rosso.
Nel contempo in cui percorrevo senza freno il tragitto per raggiungere la mia abitazione, per sentirmi finalmente al riparo nella mia camera, fu inevitabile riscontrare quella realtà e verità che volevo tenere completamente nascosta a me stesso...
Non avrei mai rimosso Judie dai miei ricordi o dalla mia mente.
Era troppo incisa in profondità per poter estirpare la sua presenza dalla mia vita, ma potevo solamente rassegnarmi all'evidenza, al fatto che purtroppo non sarei mai riuscito ad eliminarla sul serio dalla mia esistenza...
Per quanto io possa fuggire, scappare da lei con tutte le mie forze, ero intrappolato costantemente in quel limbo inspiegabile e insostenibile poiché come un'attrazione inesorabile, mi ritrovavo soltanto a ripercorrere i miei passi, a tornare sempre da lei...
Adesso, l'unica cosa che potevo fare realmente, in quel preciso istante, era concentrarmi su me stesso, sulle mie difficoltà e debolezze.
Non potevo superare quella linea sottile di difesa tra me e lei giacché il nostro rapporto doveva essere solamente costellato da una relazione civile e lussuriosa.
L'effettività era logorante e spiazzante, ma ora potevo solo convivere con la sua immagine impressa nella testa, con l'unico scopo di non sfiorarla mai... Di non superare il piacere dettato dalla libidine. Dovevo assolutamente essere più forte, non potevo crollare!
Judie non doveva più incidere o comandare la mia vita e il mio stato d'animo perché per me non significava nulla quindi tutto questo fracasso interiore era solamente una mia illusione... tutto quel dolore insopportabile nel mio cuore era una falsità.
Di conseguenza, senza nemmeno accorgermene, mi ritrovai di fronte alla grande villa di Judie.
Mi fermai all'istante, non per un'improvvisa irrequietezza, ma per cercare di riprendere un respiro regolare e svuotare la mente, ormai appesantita da quell'immenso caos...
Ma quando i miei occhi stanchi, scrutarono meglio quel luogo soffocante e scombussolante, la figura snella della mia dannazione si presentò proprio davanti a me, altrettanto sorpresa e disorientata.
Fu inevitabile, come un magnete osservai ogni minima espressione del suo volto ammaliato e lei parve fare lo stesso, in un modo anche più eccessivo e penetrante.
Era davvero la mia condanna e nel contempo, assurdamente, era pure la mia salvezza... La mia luce in quel tunnel oscuro, ma non riuscivo ad accettare questa ambigua verità.
Così, provai per me stesso a ricomporre la mia mente confusa, la mia anima smarrita e il mio cuore in frantumi... Giacché avevo solamente bisogno di diventare più forte, di rafforzare la mia armatura affinché ogni minuscola azione di Judie non mi turbasse specialmente con quel suo inverosimile atteggiamento di benevolenza nei miei confronti...
A quel punto, mi comportai come al solito anche se all'interno stranamente, sentivo ancora quella accecante agitazione.
Mi avvicinai scaltro alla magra figura di Judie per raggiungere la porta principale e quando fui proprio vicino a lei, percependo il suo buon odore, pronunciai tenue, cercando in realtà, di sembrare abbastanza tranquillo:
<< Ciao >>
E a quelle semplici parole, lei mi guardò con una maggiore attenzione.
Dovevo restare in superficie!
Non potevo seppellire ciò che restava della mia dignità e autocontrollo.
Necessitavo soltanto di più distacco, moderazione e disciplina poiché Judie non avrebbe mai fatto parte della mia vita... Questo era sicuro.
Allora, perché la mia anima sbiadita parve vacillare ancora nelle sue iridi chiare?
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