P. O. V. - ADRIAN 10

Non puoi scappare da una debolezza. Devi sconfiggerla, altrimenti soccomberai. E se così deve essere, perché non adesso? E proprio dove ti trovi?
(Robert Louis Stevenson)






Quella confusione assordante nella mia testa è iniziata per quel maledetto quaderno. Non volevo portarglielo, eppure non potevo contraddire, d'improvviso, i genitori di Judie specialmente per la loro continua gentilezza nei miei confronti.

Tuttavia, tutto mutò.
Dopo quello che era successo nei svariati mesi con lei tra momenti devastanti, vulnerabili e ultimamente indecifrabili non pensavo minimamente di uscire da quel caos così rotto, non credevo di poter provare una sensazione dannatamente spiazzante...

Non era rancore.

Solo dolore, soltanto pura sofferenza e ciò mi faceva temere tremendamente di me stesso poiché la vera natura di una persona non può restare sepolta a lungo.


Ed io, stavo rischiando.


Non riesco ancora a comprendere o a dare un senso razionale a questo mio stato d'animo... quella scena inoqua mi aveva scosso tanto da fuggire via.
Era una fiducia che non poteva più ritornare.

Non mi riconoscevo più, ero pericolosamente al limite.
La mia barriera sembrava in procinto di sbriciolarsi.

Ciononostante, dopo aver intravisto nuovamente Judie spensierata e gioiosa accanto a Noah, la voglia già minuscola di partecipare al festival scolastico era completamente scomparsa.
Desideravo solamente restare isolato  nella mia stanza per riflettere, per cancellare ogni suo minimo ricordo...
Ogni sua cicatrice.

Perché soltanto con la sua disfatta, avrei trovato la mia pace... O almeno credevo.

Non potevo più tornare indietro, questo era chiaro.
La nostra storia era stata, ormai, incisa nella nostra essenza in modo inconfondibile.
Andare avanti, però, significava rischiare di cadere in quella luce in cui non potevo abbandonarmi.
Ero ancora avvolto da una scia di oscurità e questo stranamente non mi faceva vacillare sulla mia vera personalità giacché era perfettamente mascherata.

Avevo faticato e sopportato troppo per quella corazza quindi la soluzione migliore, probabilmente in questo momento, era scappare via da Newport e dimenticare tutto... soprattutto la mia condanna.

Ero bloccato in quell'oblio districante da cui non riuscivo a liberarmi poiché la realtà era più sgretolante della verità.

Ciononostante, a destabilizzarmi definitivamente fu l'impensabile discussione con i familiari di Judie.
Sapevo che avevano proposto quella cosa per il mio bene, tuttavia la soluzione migliore per me era stare a distanza da tutti per un po', almeno per chiarirmi le idee.

Loro, però, non avrebbero mai capito la mia afflizione.

Avevano deciso con insistenza che alla vigilia di Natale dovevo partecipare a qualche evento data la loro assenza per quella sera, quindi dovevo scegliere tra il festival scolastico e la Newport Christmas Boat Parade.
Non conoscevo quest'ultima e non mi sembrava assolutamente interessante.
Eppure, fui costretto a decidere...

A quel punto, optai per la sfilata delle barche in stile natalizio nel porto poiché lì sarei stato ugualmente circondato dalla mia solitudine... Nel mio silenzio risanante.

Così, dopo aver concluso la conversazione snervante e la cena, raggiunsi finalmente la mia camera per andare a dormire.
Tuttavia, fu davvero difficile chiudere gli occhi dato che l'immagine di Judie mi colpiva ancora la mente mandandola in un subbuglio indescrivibile, proprio come il momento in cui azzardai a spingermi fuori della sua stanza.

Stavo per abbandonarmi a quella calura spaventosa e tremante, per questo dovevo rammentare continuamente a me stesso che non potevo ricadere nell'abisso, che non ero più una persona debole...
Adesso, nessuno poteva più scalfirmi.

Quella fatidica mattina arrivò immediata, non ero ancora pronto a quella ignara battaglia che mi perseguitava invisibile già da tempo.

Mi ero alzato presto per non incrociare Judie dato il risentimento che provavo nei suoi confronti.
Ma la verità, forse, era semplicemente che avevo paura di non sentire più quell'odio incessante per lei.

Il mio piano di vendetta non aveva più alcun senso, però, non avevo ancora accettato e perdonato quel passato lacerante.
Judie era mia soltanto per la brama incontrollabile del suo corpo... Solo questo ci accomunava.

E solamente ciò doveva essere per l'eternità perché se le emozioni discordanti, sarebbero mutate malauguratamente in sentimenti oltrepassando il confine invalicabile che avevo posto tra di noi, allora l'unica alternativa funzionante era ritornare a San Francisco.

Non avevo più la costanza e la forza per convivere con tutto quell'enigma, tra l'altro nella mia città avrei sicuramente trovato una ragazza con cui divertirmi e cancellare definitivamente Judie dalla mia esistenza già marchiata.

La prossima volta che le mie pupille avrebbero incrociato le sue, avrei inciso in lei solo la lussuria che doveva unirci per l'appagamento.

Intanto al mio risveglio, feci una doccia veloce e giunto nuovamente nella mia camera per vestirmi svelto dato il freddo penetrante, indossai semplicemente un jeans scuro e un maglione tonalità antracite.
Presi con me il necessario e chiusi con leggerezza la porta principale, affinché nessuno si accorgesse dalla mia assenza.

Trascorsi il resto della giornata al piccolo cinema della città.
Avevo scelto un film d'azione, che non avevo mai visto.
Poi, affamato, mi spostai in un grande bar in stile rustico e ordinai una bibita con un panino ripieno di hamburger e patatine.
Era molto buono.

Quando la cameriera dai capelli neri e gli occhi azzurri, era giunta per prendere il piatto e il bicchiere ormai vuoti, mi guardò con insistenza.
Il suo volto come il suo corpo erano abbastanza in carne.
Infine, dopo qualche secondo di esitazione, dichiarò timida:
<< Ciao, sono Chanel! >>
La scrutai dubbioso e chiesi:
<< Ci conosciamo? >>

<< Siamo compagni di banco durante la lezione di biologia in laboratorio >> spiegò con una nota di delusione.
Poi proseguì insicura:
<< Il professore ci aveva collocati vicini perché dovevi spiegarmi degli argomenti che non avevo capito >>
<< Hai ragione, ti ho chiarito quel vasto capitolo sul dna >> decretai quando tutto fu, finalmente, limpido.

<< Esatto... perché sei qui tutto solo? >> Mi domandò, urtandomi interiormente per quel suo ficcare il naso.
<< E tu perché lavori di mattina? Hai abbandonato la scuola? >> Chiesi sfacciato per spostare l'attenzione su di lei dato che non volevo parlare di me.

Lei rise lievemente e alla fine, confessò:
<< Ho il turno di pomeriggio, dopo la scuola, ma stasera ho richiesto il cambio per partecipare al festival scolastico >>
A quel punto, rischiavo troppo.
Non potevo aprire quella questione irritante e di conseguenza, conclusi con disinvoltura:
<< Capisco. Ora devo andare via. Ci vediamo a lezione >>

In realtà, speravo di non incontrarla più perché sicuramente avrebbe cercato di aprire di nuovo una conversazione con me.
Di seguito, mi alzai frettolosamente e uscii fuori dal locale.

Tra una mezz'ora circa sarebbe iniziata la sfilata nel porto.
Così incominciai a camminare verso quel luogo per poter scattare anche qualche foto da mostrare ai genitori di Judie.
Non volevo perdere la loro fiducia o il loro affetto giacché avevo smarrito già troppe cose fondamentali ultimamente come il legame con la mia famiglia.

Dopo dieci minuti abbondanti, arrivai in quel posto ricolmo di infinite persone e bambini.
Mi sarei sentito solo anche in quel posto pieno di sconosciuti?

In lontananza, potevo scorgere le tante barche addobbate e illuminate in stile natalizio, ma anche le varie bancarelle che vendevano molteplici  prodotti tipici.
Scattai qualche foto di sfuggita, poi cercai con attenzione un angolo isolato dove poter stare comodamente ad osservare la sfilata che, con sorpresa, non era scocciante come pensavo.

Senza rendermene conto, la Newport Christmas Boat Parade era quasi giunta al termine.
Nonostante provassi ripetutamente a distrarmi, a godermi quel bel momento... La mia essenza sembrò voler essere in un altro posto.

Era inaccettabile e sconcertante, dato che avevo fatto di tutto per starle alla larga.
Ma desideravo in modo inconcepibile, di essere al festival scolastico.
Eppure la motivazione di quella smania non volevo affrontarla, né volevo ammetterla... Nemmeno a me stesso.

Improvvisamente, il mio sguardo si spostò sulla folla poiché c'era uno strano trambusto.
Cosa stava succedendo?
Tante persone con occhi sorpresi o contrariati si allontanavano d'impulso dalla loro posizione.

Continuai a guardare incuriosito fin quando le mie iridi meravigliate ed incredule si immobilizzarono sulla figura magra di Judie.

Perché correva in quel modo?
Perché era in questo posto?
Pareva disperata...

Era accaduto qualcosa?
Tuttavia, il mio cuore sembrò riscaldato da quella scena surreale.

Alcune tentazioni sono così lascive che sarebbe un peccato non farsi sedurre.

Eppure, in quell'attimo era qualcosa di diverso... Decisamente terrorizzante.

La persona che ti tormenta, può essere anche la persona che ti salva?

Judie squadrava incessantemente il mio corpo, i suoi occhi fissi nei miei, ormai inermi.

Ma era impossibile che fosse qui per me... Non aveva alcun senso.
Come faceva, soprattutto, a sapere che ero qui?

Ciononostante, fu terribilmente rassicurante vederla in quel luogo.
Proprio di fronte a me.

Non rallentava, continuava a correre verso la mia corporatura.
Ero spiazzato.
Non capivo come dovevo reagire.
Ero pietrificato ad osservare ogni suo movimento.

Potevo abbandonarmi a quella soave sensazione o sarei stato ferito come quella volta?
Giacché la quiete dopo la tempesta non scongiura l'arrivo di un'altra catastrofe.

Fu insostenibile distaccare le mie pupille perplesse dalle sue e fu soltanto in quell'istante che compresi la dura verità...
Aver detestato Judie per due anni, non aveva fatto altro che farmi pensare a lei ininterrottamente.

Questa realtà, mi sconvolse ulteriormente.
Oscillai in preda all'angoscia.

Non potevo accettare questo presente!
Essere vulnerabile non era una mia caratteristica... Allora perché non ero arrabbiato??

Fu in quell'attimo che la piccola corporatura di Judie toccò la mia, intaccando definitivamente la mia essenza.

La sua testa si adagiò sul mio petto e nel contempo le sue braccia strinsero il mio busto in un modo irreale.
La sensazione della mia pelle contro la sua fu maledettamente confortevole.
Per la prima volta nella mia vita, desideravo soltanto abbandonarmi a quella calura... Sfilare la corazza e abbracciarla.
Mi sentivo decisamente in pace con me stesso.

Judie sembrò voler imprimere dentro di me in modo indissolubile quel calore, dato che mi strinse ancora più energicamente.
Il mio cuore parve avere un ritmo differente... Sconosciuto.

Mentre lei era appoggiata lieve sul mio torace, fu impossibile non intravedere ogni suo dettaglio.

I suoi capelli scompigliati per la corsa rispecchiavano una tonalità nocciola ed erano ricoperti da tanti piccoli puntini bianchi giacché la neve si era fusa con la nostra corporatura.
Il suo viso latteo sembrò assurdamente sereno... e non mollò la presa ardua.

Le persone intorno a noi, ci adocchiavano curiose.
Ma in modo irragionevole, non la allontanai da me, anzi posizionai i miei occhi nelle sue iridi costellate di tante sfumature tendenti al verde.

Potevo concedermi questo sbaglio?
Mi sarei pentito di questo gesto o mi sarei sentito finalmente felice?

Fu involontario e nel contempo autentico.
Ricambiai ancora incerto il suo abbraccio e soltanto nel momento in cui strinsi forte la sua esile schiena che percepii quel tepore cercato a lungo.

Automaticamente mi lasciai cullare per un attimo dal mio errore.
Ma, a quel punto, Judie parve tanto sconfortata da dovermi stringere con più energia.
Sembrò non volermi abbandonare per nulla al mondo.
Allora, fu inevitabilmente abbracciarla con delicatezza...

Quel rimorso e quel desiderio inapagato di due anni fa...
Ero di nuovo nel mio porto sicuro.
Fu come viaggiare nel tempo perciò chiusi le palpebre e assaporai quel rimpianto.

Ero così devastato da quell'istante, da quel dolore quasi impercettibile che senza rendermene conto, adagiai il mio viso impallidito nell'incavo tiepido del suo collo.

Quella luce di benessere mi abbagliò tanto da essere persuaso, addirittura, dal suo floreale profumo e dalla morbidezza del suo corpo.

Fu dannatamente piacevole...
Ciononostante, non potevo assolutamente permettere che entrasse in modo definitivo nella mia vita.

Eppure le conseguenze di quelle scelte, ci avrebbero segnato in modo perpetuo ed irreparabile.

Non potevo regredire e un errore si può definire tale solamente se ci lasciamo andare davvero al peccato...
In quel limbo di oscurità e speranza.

Così lentamente alzai la testa per guardarla dritta negli occhi...
Ero totalmente suo.

Maledettamente indifeso.

A quel punto, Judie sfiorò il mio naso contro il suo e la distanza tra di noi sembrò inesistente.

Ero spaventato e confuso da me stesso.
Da ogni mio comportamento controproducente.

È possibile concedersi a quella sensazione di protezione per la seconda volta e alla stessa donna che nel contempo l'ha strappata via?

Stavolta, non seguii la logica poiché ero troppo coinvolto dalla libidine.
Avvicinai le mie labbra frementi alle sue per sigillarle e la baciai nel modo più delicato che conoscessi poiché quella appena rivelata fragilità, non apparteneva soltanto a lei.

Mi percepii svincolato da ogni rammarico.
Degustai le sue labbra carnose per qualche secondo, prima di adagiare nuovamente il mio viso nell'incavo del suo collo più frustrato di prima.

Una strana sensazione di irrequietezza, mi percosse violentemente.

Amareggiato da me stesso, distaccai repentino la presa dalla sua schiena.
Tuttavia, ciò non mi sollevò dal mio tormento e preferii fissarlo di nuovo nella mia mente affinché di lei restasse solamente il ricordo.

Le mie lunghe dita delinearono il contorno delle sue morbide labbra, ma questo non saziò la mia sete.
Toccai con bramosia anche la sua guancia destra sorprendentemente arrossata e indugiai su di essa inconsciamente.

I suoi occhi mi scrutavano senza alcuna discrezione, pieni di dipendenza.
Eppure, dovevo dire addio a quella mia debolezza.
Dovevo combattere contro la mia coscienza per sopravvivere.

Di seguito, mi lasciai trasportare da quella quiete per l'ultima volta.
La abbracciai con più enfasi per gustare totalmente quel tepore da cui sembravo rinascere.

Infine, tolsi il mio viso dalla sua spalla.
Ora mi bastava semplicemente guardarla negli occhi... Ciononostante fu assurdamente difficile distaccare totalmente la presa dai suoi fianchi che parevano ammonirmi.

Ero ancora estremamente sconnesso e disorientato.

Inaspettatamente, il sorriso radioso di Judie mi trafisse e nello stesso attimo esordì contenta:
<< Sono felice di averti trovato >>
Quindi era qui per me?
Com'era possibile?
Come aveva scoperto che non partecipavo al festival scolastico per venire in questo luogo?

Soprattutto, perché mi aveva abbracciato così disperatamente?
Perché mi aveva concesso di sbagliare ancora ricambiando il mio bacio?

Ero atterrito dai miei stessi errori.

Ero letteralmente scioccato.
C'erano situazioni che non volevo chiarire per fermare definitivamente la mia confusione, ma altre dovevano essere rivelate subito. Così domandai titubante:
<< Perché sei qui? Come facevi a sapere che ero al porto? >>
Non avevo la forza e la spavalderia per fissarla negli occhi, il mio volto era rivolto verso il mare poiché troppi pensieri nocivi mi bombardavano il cervello fino all'esasperazione.

Il mio piano, alla fine, si era rivolto contro di me nonostante il suo evidente successo...

Judie, alla fine, provava veramente interesse per me?

Non mi ero mai sentito così indeciso su come comportarmi con lei perché sembrava che ogni mio gesto nei suoi confronti, in realtà, colpisse pure me involontariamente.

Mi aveva, addirittura, detto con un coraggio disarmante che era in quel posto per me e il mio non riuscire a crederle, il mio essere così perplesso, parevano irritarla parecchio come se cercasse di imprimere dentro di me quella verità ambigua e sgretolante.

Mi percepii in gabbia, mi sentii soffocare.
Dovevo andare via da quel posto  prima di sbagliare nuovamente.

Tuttavia, inaspettatamente, Judie sembrò aiutarmi.
Il rancore verso di lei ritornò meno sfregiante, ma comunque incisivo.

<< Ieri ti ho sentito discutere con i miei genitori >> confessò preoccupata.
Le mie mani disgustate caddero via da quel corpo che, un secondo prima, mi ammaliava eccessivamente.

Era solamente da disprezzare poiché aveva osato origliare una conversazione abbastanza personale.
Quindi era al porto, al mio fianco per pura pietà.

Ma io non avevo bisogno della sua compassione e glielo comunicai senza esitazione, pienamente ripugnante.

Eppure lei, assurdamente, parve arrabbiarsi più di me a quelle mie parole furiose e gridò innervosita:
<< Non sono qui per questo cazzo! >>
Ed io restai fermo lì a squadrarla, a capire veramente il motivo per cui si trovava di fronte a me e quella verità.

Quell'ambizione che avevo raggiunto con il mio piano di vendetta si era inevitabilmente capovolta contro di me in maniera sconcertante.

Alla fine, giunsi al patibolo.
Judie lasciò la presa, ma la sua mano insperabilmente circondò la mia in una calura non più tiepida... Decisamente agrodolce.

Mi sentii smarrito.

Dov'era la mia collera?

Dovevo allontanare la sua mano, ciononostante non lo feci... il motivo non l'ho ancora compreso.
Volevo solamente dimenticare quella serata surreale.
Non ero più io. La mia essenza parve ricolma di un'altra esistenza.

Ero nuovamente sereno.

Le mie emozioni erano un perenne controsenso senza alcuna spiegazione ragionevole.

Non potevo guardarla, non potevo farle scorgere la mia innata fragilità e le schegge che mi laceravano la pelle, dai miei occhi fin troppo limpidi.
Così osservai il mare, ma non pensai a nulla... Il mio sguardo era vuoto a differenza del mio essere.

Infine, la sfilata si concluse e mentre ero falsamente concentrato a contemplare le barche luminose, Judie oltrepassò definitivamente il nostro confine senza alcun riguardo per il mio cuore senza più nessuna barriera... Ricoperto solamente di spine.

Appoggiò il suo piccolo viso sul mio braccio come ad aver trovato finalmente la tranquillità, come se anche la sua esistenza fosse stata mossa da una scia di sofferenza inspiegabile.

<< Adrian raggiungiamo quella grande bancarella di dolci? >> Mi domandò, improvvisamente, con una leggera timidezza che non le apparteneva.
No... Non potevo.
Dovevo scappare via o ribaltare quella situazione penetrante e abbattente.

Tuttavia, come se mi stesse finalmente ascoltando, distaccò il suo viso dal mio braccio.
Potevo fuggire via da quella tangibilità, ma la sua minuscola mano era ancora stretta alla mia e non accennava ad allentare la presa.

Quel suo comportamento mi spezzava proprio come due anni fa.
Alla fine, ero bloccato ancora lì poiché tutto era mutato da quel preciso momento.

E così restai nel limbo.
Diviso tra il bene e il male che serbavo per lei.

A quel punto, con fredezza annunciai verso Judie:
<< Va bene, ma almeno non starmi così attaccata >>
A quelle parole il suo sguardo si perse per secondi indecifrabili a scrutarmi dettagliatamente, come a comprendere se poter essere davvero felice per quella controproducente frase.

Mentre raggiungevamo la grande bancarella ero afflitto dagli occhi indagatori che ci circondavano.
Ciononostante, solamente una persona mi catturava totalmente...

Era la mia insaziabile tentazione di renderla mia.

E quando immobilizzò le sue iridi verdi nelle mie ancora scosse, fu inevitabile provocarla... Vedere fin dove si sarebbe spinta.
Allora dichiarai con disinvoltura:
<< Dovresti andare alla festa della scuola >>
I suoi occhi parvero per un attimo sconcertati, spalancarsi di fronte a quelle parole tanto irrazionali.

Inaspettatamente, confessò sicura e lievemente imbronciata:
<< Adrian quando capirai che sei importante per me? >>
Ed io caddi nella luce nonostante il buio lo portassi all'interno.

Mi stava confessando i suoi sentimenti?
Davvero ero importante per lei o mi stava mentendo?
Voleva ferirmi nuovamente?

Non potevo accettare quella veridicità poiché ogni mia convinzione poteva pericolosamente sfumare.

Ero in balia delle onde, senza più alcuna forza per reagire... Mi lasciavo soffocare da quel movimento ondulatorio giacché il confine tra odio e amore è tanto sottile da sembrare impercettibile.

Ero incredulo.

Dovevo riflettere su quella frase, ma ero troppo scioccato ed invaso da infinite emozioni discordanti.
Ciò che aveva rivelato era tanto sgretolante che guardare il suo volto serio non faceva altro che farmi precipitare nel panico più totale.

Il cuore si bloccò come a non voler più vivere o combattere... ora che Judie pareva dargli seriamente attenzione.

Per questo dovevo evitare determinati momenti con lei.
I nostri mondi dovevano unirsi solamente per seduzione o afflizione.

Arrivati, fortunatamente, alla bancarella dovevo assolutamente cambiare discorso e dimenticare pure ogni mio singolo errore poiché il mio essere benevole minacciava di prevalere in modo ingestibile.

Distolsi fulmineo lo sguardo dal suo viso leggermente speranzoso e chiesi con falsa serenità:
<< Quale dolce vuoi? >>
A quella domanda Judie tinteggiò il suo volto di una tonalità scarlatta.
Mi sembrò decisamente strano, ma non mi interessava particolarmente capire la motivazione perché mi aveva appena comunicato che i dolci al pistacchio che voleva assaggiare non erano presenti in quella bancarella.

Sbuffai interiormente e mi augurai che non mi chiedesse di trovarli altrove.
Adesso, era davvero giunto il momento di andare a casa.

<< Continuiamo a dare un'occhiata? È una festa stupenda! >> Mi domandò entusiasta.
Quella gioia era disarmante e irragionevole.
Mi sentii irritato da quella serenità soltanto sua e automaticamente mi percepii di nuovo scivolare nelle tenebre.

Ritornai in me, ripresi il controllo di me stesso perché quando sbagli, cadi in un vortice tetro e a quel punto, non puoi far altro che rialzarti più oscuro di prima giacché crollare nuovamente significherebbe mollare in modo definitivo.

Allora le dissi con freddezza che era meglio di no e lei come sospettavo, si spezzò.

Nel suo volto sbalordito, troneggiava il timore più assoluto e fu in quel preciso istante che diedi il colpo finale...
Tolsi la mia mano dalla sua presa.

Il legame si era logorato già prima di rinascere.

Judie, però, si dimostrò più forte e testarda di quanto immaginassi ed esordì fiduciosa:
<< Allora torniamo a casa? Potresti aiutarmi ad addobbare l'albero di Natale. In quest'ultimo periodo i miei genitori sono stati parecchio impegnati, quindi dubito fortemente che l'abbiano già abbellito >>

Quindi la realtà non voleva accettarla neanche lei.
Il mio rifiuto la distruggeva sul serio poiché le verità scomode non sono mai sopportabili.

Ma quell'invito era un'ottima occasione per andare via, non potevo rifiutare.
Arrivato a casa l'avrei respinta ancora per infliggerle la mia dannazione o meglio, l'avrei resa mia di nuovo giacché la voglia di lei era incrollabile ed incessante.

Così, senza alcun rimorso o esitazione decretai:
<< Andiamo a casa >>
Judie sembrò sorpresa e nel contempo disorientata.
Di conseguenza, ci incamminammo silenziosamente verso la sua abitazione.

Quel mutismo, in realtà, era assordante poiché una piccolissima parte di me sembrava ancora invasa da una surreale dolcezza verso di lei.

Ciononostante, dovevo reprimerla.

Ora, dovevo solamente decidere quale comportamento le facesse più male... Se vedermi andare via nella mia camera o stuzzicarla in preda alla passione.

Non avrei mai fatto qualcos'altro di normale e confondevole con lei, figuriamoci addobbare un albero di Natale!

Io non dipendevo da lei.
Questa verità non mi riguardava.
















L'avrei compreso soltanto in seguito...
Se è destino, non esistono avvenimenti fortuiti o tortuosi.
Non sussistono coincidenze poiché il nostro fato è costituito dalle scelte che prediligiamo.
Eppure, qualche volta è il destino a scegliere per noi.

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