CAPITOLO 71

La versione di Judie

(narrazione tra presente e passato)

~ 2° parte ~





Vacillai tra quelle parole graffianti, in un'eterna incertezza.

Potevo usare la violenza e finire quelle provocazioni con un calcio pesante, ma preferii dar ascolto alla mia mente, ormai, offuscata dal risentimento.

La testa, intanto, mi girava tantissimo.
Cosa dovevo fare?
Allora pronunciai arrabbiata:
<< A che gioco stai giocando?? Parla chiaro! La devi smettere di infastidire Adrian e pure me... Lascia in pace tutti, non sei superiore a nessuno! Anzi sei un miserabile! >>

Ma Vince con cattiveria mi scrutò attentamente e mi stuzzicò dicendo:
<< Quindi bevi o no questo bicchiere di birra? Se non c'è la fai, lo capisco.
Sappiamo entrambi che sei solo una bambina che vuole giocare a fare l'adulta >>

Lo odiavo per quelle parole disprezzanti, così tanto da bere tutto d'un fiato automaticamente, non mi resi subito conto della sciocchezza appena fatta.
Avevo ancora il grande bicchiere stretto forte tra le mani, quando Vince mi sorrise soddisfatto vedendo che avevo sorseggiato tutto e a quel punto, senza squadrarmi più, si diresse verso la piscina.

Non ebbi la prontezza di fermarlo, ormai l'alcool stava facendo effetto.
Avevo una pungente sensazione di nausea e la testa continuava a farmi barcollare, tanto da non capire più molto.

Non so come fosse possibile, ma mi ritrovai inaspettatamente al piano di sopra vicino alla porta di un bagno con un altro bicchiere di birra tra le mani...
Cosa stava succedendo?
Perché ero lì e bevevo ancora?

Fu in quel preciso momento che intravidi al mio fianco la figura di Adrian.
Perché era qui? E da quando?
Quindi, alla fine, era venuto anche lui alla festa...
Ed era stato lui a farmi bere ancora? Perché non mi aveva fermata o aiutata?
Dovevo rimproverarlo, ma non avevo più la mente lucida.

Così esordii stordita verso Adrian:
<< Che stiamo facendo? >>
<< Judie come ti senti? >> Mi chiese d'improvviso e con una tonalità abbastanza gentile, ignorando la mia domanda.
Cercai di focalizzare la sua figura alquanto sbiadita.
Indossava una t-shirt nera e un jeans chiaro.

<< Non so >> risposi dubbiosa.
Poi proseguii:
<< ma perché ti stai avvicinando? >> Ero perplessa e sorpresa, sia da me stessa che da lui.
Ormai i nostri corpi parevano sfiorarsi.
Il cuore stranamente batteva velocissimo.
Che intenzioni aveva Adrian?

Eppure le sue parole sembrarono riscuotermi.
<< Judie sei tu ad esserti accostata a me... Perché mi guardi così? >>
Infine, continuò alquanto stupito:
<< sembri ammaliata >>
Mi stava prendendo in giro? Non era possibile.
Io ero ferma, non lo stavo osservando... Tuttavia, pochi secondi di luce e poi, di nuovo il buio.

Un vuoto totale nel cervello.

Dopo, nuovamente il bagliore.
La voce calda di Adrian mi solleticava la pelle.
Pareva inaspettatamente arrabbiato e dichiarò più volte esausto:
<< Ora basta, Judie andiamo a casa! >>
Cosa stava succedendo?
Il suo viso era parecchio adirato.

Non mi era chiaro più nulla.

Tuttavia, assurdamente avevo sentenziato in modo supplichevole:
<< No dai, non fare il guastafeste! Voglio divertirmi ancora! >>
Adrian mi squadrò con rancore e allo stesso tempo impotenza.

Mi sembrò di chiudere gli occhi per qualche istante prima di ritrovarmi nell'oscurità con una sagoma che non conoscevo al mio fianco.
Ciononostante, prima di ritornare nelle tenebre, ricordai come un flashback, il disegno di una rosa incolore a cui cadevano i petali.

Era una metafora? Era la mia anima che si era persa in balia delle onde? O altro?

Questo era ciò che rammentavo di quei momenti fatali.
Il niente prima della tempesta...

E in tutto questo delirio, Adrian che ruolo aveva?

Mi ero battuta principalmente per lui, ma né era valsa davvero la pena?

Mi sentivo solamente a pezzi.

Il giorno dopo, la testa mi faceva troppo male e la mia memoria pareva ancora annebbiata.

Mi ritrovai stranamente a casa di Alexis, adagiata sul suo letto morbido con lei e Chloe accanto al materasso.
<< Ti sei svegliata! >> Esclamò rassicurata "la mia Rossa".
<< Perché sono qui? >> Domandai preoccupata e stordita.

Alexis mi scrutò a lungo, poi annunciò infuriata:
<< Ma lo sai che ci hai mandato una decina di messaggi sul cellulare senza alcun senso?! Dato che in uno di questi hai scritto il nome Vince, avevamo veramente un brutto presentimento e siamo corse a quella squallida festa! Ti abbiamo cercato in preda al panico per tutte le stanze di quella ridicola villa e sai dove ti abbiamo trovato?! Al buio sul pavimento del corridoio, eri incosciente così ti abbiamo trascinata fin qui! Potresti darci qualche spiegazione, ti pare?? >>

<< Ma com'è possibile?! >> Chiesi ad alta voce più a me stessa sbalordita e impaurita da tutto quel vuoto che avevo nel cervello.
Adrian era con me, non mi aveva riportata a casa?
Quindi cos'era successo davvero per trovarmi in quello stato?

Ero nel panico.

<< Questo devi dircelo tu Judie. Appena ti senti meglio, devi raccontarci tutto quello che ricordi, così possiamo aiutarti. Puoi anche scriverlo su un foglio se non vuoi dirlo a parole... Sappi che staremo sempre qui per te >> confessò amorevole e dispiaciuta, alla fine, Chloe.

Ma improvvisamente, Alexis ancora arrabbiata urlò contro di me:
<< Perché sei andata a quella festa? Eri sola e non ci hai detto nulla, lo sai quanto verme viscido sia quel Vince! Ti rendi conto di quello che hai fatto? >>

Ma ero troppo confusa. La testa mi scoppiava, non riuscivo a replicare niente.
Ciononostante e inaspettatamente, i miei pensieri correvano verso di lui...
Dov'era finito Adrian? Mi aveva davvero abbandonato in quello stato lì? Quindi era stato davvero lui a farmi bere ancora?

Cavolo! Non riuscivo a ragionare con lucidità...

No, non era possibile che Adrian si fosse comportato in quel modo.
Era una persona timida e solitaria, non cattiva.
Perciò dovevo urgentemente chiarirmi le idee, prima di sbagliare nuovamente...

Tuttavia, c'era una verità da dover tenere nascosta.
Non potevo parlare alle mie amiche di Adrian.
Non potevo spiegare loro ciò che era successo in passato, mettendo in evidenza anche il mio essere vigliacca.
Non avrebbero mai compreso quel patto muto che pareva averci legato...

Dovevo tornare in fretta a casa e segnare su un quaderno ogni particolare della sera precedente, non potevo assolutamente continuare a dimenticare.

<< Allora Judie? >> Mi incalzò Alexis.
A quel punto, farfugliai agitata:
<< Vi racconterò tutto appena starò meglio, ho ancora la nausea >>
<< Vado a prepararti una tisana calda>> rispose subito Chloe per tranquillizzarmi.

Così trascorsi l'intera giornata in compagnia delle mie migliori amiche, ignara del fatto che presto sarebbe giunta la catastrofe.
A loro, probabilmente, dovevo la mia incolumità.

Raccontai tutto ciò che ricordavo senza, però, mai menzionare Adrian.
Semplicemente spiegai che Vince mi infastidiva da parecchio e pretendevo rispetto da lui.

Il giorno seguente, fortunatamente, ero nuovamente nella mia abitazione, ma ero mortificata per quello che era accaduto alla festa.
Non sapevo purtroppo, in realtà, come si erano svolti veramente i fatti quindi preferii ignorare per un po' Adrian, non volevo assolutamente rammentare dettagli dolorosi.

Eravamo di nuovo due estranei sotto lo stesso tetto, ma in verità, continuai semplicemente a non parlargli come se nulla fosse mai successo e lui parve fare altrettanto.

Forse avevo sbagliato nei suoi riguardi quella sera? O stavo sbagliando ora con quel comportamento? E se invece a sbagliare fosse stato lui?

Basta, non volevo più trovare una risposta logica poiché la testa sembrava voler esplodere e il cuore continuare a soffrire nel tormento.

Ci sono azioni che compiamo per proteggerci.
Sembrano l'unica soluzione esaustiva in quel momento, ma in realtà, si rivelano i più grandi sbagli o rimpianti...

È che la mente umana è un labirinto di emozioni e sentimenti, non sempre gestibili e commettere degli errori è più facile di quanto si pensi... L'importante è saper uscire da quella matassa che ci creiamo noi stessi, restando in realtà, il più delle volte incastrati al suo interno così a lungo da soffocarci dentro.

Quel pomeriggio decisi di passeggiare un po' nel parco vicino casa, godendo della giornata soleggiata e del vento leggero.
Ma ogni mia convinzione parve sgretolarsi...

Alcune ragazze raggruppate in quel luogo bisbigliavano qualcosa già da qualche minuto.
Forse chiacchieravano delle loro conquiste al party di Vince, ma quando mi videro iniziarono stranamente a ridere e continuarono a parlare sottovoce.
Cos'era quel comportamento?
L'ansia iniziava a divorarmi l'anima...

Parlavano di me?
Cosa diamine era successo a quella festa?

Poi, inaspettatamente, il mio cellulare squillò... Era Alexis.
Ero turbata, ma dovevo risponderle.
<< Ciao Bionda >> dissi con una tonalità quasi triste.
<< Devo parlarti di una cosa seria e lo farò ora perché sicuramente già avrai notato qualcosa di strano... Qualcuno ha messo in giro la voce che sei una poco di buono, che ti butti su qualsiasi ragazzo e che alla festa hai persino perso la verginità >> confessò dispiaciuta tutto d'un fiato Alexis.

Avevo paura, così tanto che mi sembrò per un attimo di svenire.
Non mi importava di ciò che pensavano gli altri per adesso perché quello che più mi preoccupava erano quelle ultime parole.
Io a quella festa avevo perso la verginità?? Era davvero vero??
Com'era possibile??
Non avevo mai oltrepassato il limite del consentito...

Mi sentii inghiottire dalle tenebre e sprofondare nel dolore più acuto.
Non volevo crederci.
Mi percepii improvvisamente violata di ogni mia intimità e persona.

Mi feci forza e dopo una lunga pausa, chiesi tremante:
<< Alexis secondo te è vero che ho perso la verginità? E con chi? Tra l'altro chi diavolo poteva mettere queste brutte voci su di me? Non mi sono mai comportata male, lo sai anche tu! >>

<< Ma sei impazzita??? Perché credi a queste calunnie invece che a te stessa?! Sicuramente sarà stato Vince, solo lui è capace di un atto così meschino! E poi devi assolutamente sapere che nessuno ti ha toccata, quando ti ho trovata per terra eri solo svenuta ed interamente vestita.
Ho incontrato, per miracolo, una tipa nel corridoio vicino a te quando sono arrivata. Mi ha spiegato che quando è uscita dal bagno ha visto una persona allontanarsi da dove eri tu e pochi secondi dopo sei caduta sul pavimento. Ma cosa ti salta in mente?! Se avevo solo il minimo dubbio su questa questione, credimi saresti già in ospedale! >> Annunciò esasperata e innervosita Alexis.

Poi continuò adirata:
<< Non permetterò che quel bastardo sotterri la tua dignità in questo modo quindi Judie non puoi mollare, Vince deve pagarla! >>

Perché quel tipo aveva fatto una cosa del genere? Arrivare a tanto per un litigio dell'anno precedente?
Era davvero diabolico.

Mi aveva servito la sua vendetta creando su di me uno spontaneo bullismo.

Alle parole rassicuranti della mia amica, però, la mia essenza parve riaffiorare.

Per fortuna ero ancora tutta intera.
Il mio viso si bagnò delle mie stesse lacrime, almeno questo adesso mi era chiaro quindi ora, non potevo permettere che gli altri parlassero male di me, perché non lo meritavo.

Era tempo di combattere, ma per me stessa.

Sperai solamente che determinate cose non arrivassero repentine ad Adrian, in quel modo brusco, sicuramente, mi avrebbe odiata per davvero.

Le giornate trascorrevano tra la disperazione e la lentezza poiché il mio essere coraggiosa si era rivelato una menzogna ed ora mi ritrovavo a nascondermi da tutti tranne che con le mie amiche.

Eppure, mentre io ero chiusa nella mia camera a piangere, le mie migliori amiche avevano reagito per me, affrontando quel farabutto di Vince.
Ma non era servito ad arrestare l'onda di pettegolezzi sul mio conto...

Tutti i ragazzi non facevano altro che discriminarmi, mi ritenevano una donna facile, da poter importunare, non vedevano la mia dignità spezzarsi come il mio cuore.
Le ragazze, invece, mi deridevano... Sembrava di vivere un incubo, incapace di trovare una via di fuga indolore... Ero in un tunnel oscuro senza alcuna uscita.

Non era servito a nulla neanche provare ad andare avanti con la mia solita vita, uscendo un po' alla volta di nuovo con le mie amiche cercando di ignorare gli occhi malefici delle persone che mi adocchiavano per strada.

Avevo addirittura oltrepassato la mia paura, inveendo contro Vince un pomeriggio, affinché confessasse la verità a tutti.

Eppure, Vince continuava a non smentire e ormai ogni persona aveva una brutta concezione di me, probabilmente anche Adrian dato che da quel giorno fatale si era isolato totalmente nella sua stanza, evitandomi.

Aveva pure lui un'orrenda reputazione di me? Così negativa da dover stare lontano continuamente da me? Perché si comportava in quel modo? Ero una sgualdrina per lui? Una vergogna?

Tuttavia, invogliata dalle mie care amiche e dal loro costante supporto provai a ritrovare me stessa, il mio equilibrio interiore per stare bene e proseguire con la mia vita, nonostante il dolore nel cuore non fosse del tutto cessato.

Quei brutti pettegolezzi finirono solo quando Vince, miracolosamente, si trasferì in un'altra città a causa del lavoro dei suoi genitori. Tutto pian piano fu dimenticato ed io ritornai ad essere inosservata.

Le voci crudeli restarono sepolte proprio come quell'estate.

Solo allora mi parve di respirare nuovamente.

Prima della partenza di Adrian per giungere a casa sua a San Francisco, feci amicizia con un ragazzo della mia stessa età. Era il cugino di Alexis venuto in visita per una settimana.
Non era un bel ragazzo esternamente, ma con lui ero a mio agio.

Così trascorsi in sua compagnia gli ultimi pomeriggi spensierati prima dell'inizio della scuola.
Semplicemente stare con lui mi piaceva perché riusciva a farmi distrarre, a non pensare più a niente di negativo, soprattutto mi faceva ridere. Era un tipo divertente, mi raccontava tante barzellette per non farmi rammentare quell'incubo che avevo vissuto poco prima.

Perché le persone possono mostrarsi davvero cattive, ti feriscono lì dove non si possono scrutare cicatrici.
Sono lame profonde nel cuore che sanguina.

Sinceramente una parte di me era triste... Per Adrian.
Mi dispiaceva costatare che continuava ad ignorarmi e vivere nel suo mondo di libri senza più godere di un giorno tranquillo di fine estate...
Poiché quel momento aveva segnato in modo indelebile entrambi.

Arrivò così, velocemente, anche il momento della sua partenza.
Non avevamo chiarito, non c'era mai stato modo... Anzi non avevo mai avuto il coraggio di affrontarlo.

Forse per questo Adrian mi detestava profondamente, lo capivo... Ma non volevo più rivivere quegli attimi cruciali di quella sera.

Ero una vergogna per me stessa.
Una codarda e una bugiarda...

Purtroppo avevo mentito a tutti, soprattutto a me stessa.

Non ho mai voluto guardare in faccia la realtà, trascinando con me nel dolore, inconsapevolmente, altre persone che non meritavano il mio stesso castigo.

Ero una falsa ed un'egoista.

Non avevo mai rivolto la parola ad Adrian?!

Mentire a sé stessi sembra così facile, fin quando la verità non si posa delicatamente davanti ai tuoi occhi, più chiara che mai...

Ero stata soltanto una menefreghista perché non volevo rammentare quel passato turbolento... Avevo affranto chi probabilmente desiderava superarlo.

Una volta arrivato di nuovo Adrian nella mia casa per restare a lungo, il timore di risvegliare le ferite mi aveva offuscato nuovamente la mente poiché il suo sguardo pieno d'odio e così prepotente nel non volermi tra i piedi anche dopo due anni, aveva risvegliato dei dubbi inquietanti sul mio passato, su ciò che avevo fatto...

Tutto ritornò perfettamente a galla, tanto da massacrarmi e a quel punto, preferii essere ancora egoista ed ignorare la situazione, dimenticando ogni cosa...
Continuai a vivere nella mia menzogna, nella mia recita...

Poiché io ed Adrian avevamo un passato, in verità.

E adesso, il futuro si presentava totalmente incerto.

Speravo solamente di trovare un altro significato a quello strano comportamento di Adrian...

Eh sì, ero patetica.

Stavo sbagliato di nuovo, senza rendermene subito conto.

Ora era giunta, però, la resa dei conti.

Qualcosa inesorabilmente stava per cambiare...

I nostri destini si sarebbero nuovamente incrociati o il filo rosso del fato si sarebbe spezzato definitivamente?







Purtroppo ogni crepa del presente era tutta colpa mia.

Ero e sono soltanto un'ipocrita.

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