CAPITOLO 66
"Gli uomini non sono prigionieri dei loro destini, ma sono prigionieri delle loro menti..."
Ero ferma da mezz'ora a discutere con le mie amiche.
Ero confusa, Chloe sosteneva che andare alla festa sarebbe stata solo una perdita di tempo oltre che una scelta sconsiderata, invece Alexis elettrizzata insisteva con il non voler perdere la festa dell'anno, ripetendo che sicuramente ci saremo divertite senza alcuna preoccupazione perché non bisognava pensare ad alcuna conseguenza.
Non partecipare significava solamente essere tentata nel raggiungere Adrian in camera sua e non potevo far calpestare nuovamente la mia dignità, nonostante mi sentissi già sua, poiché per me era veramente importante.
Forse il mio tormento meritava di ingelosirsi un po' anche se probabilmente di me, delle persone che frequentavo non gli importava nulla...
Stranamente era tutto il giorno che non avvistavo Noah, avevo il sospetto che fosse caduto nelle grinfie di qualche ragazza o di Olimpia a cui era stata risparmiata più volte una micidiale caduta.
Stavolta, però, ad essere salvata dovevo essere io perché il mio fardello era diventato una specie di ossessione e persecuzione ultimamente...
Era sempre lui che mi appariva improvvisamente nel cervello, tartassandomi l'essenza già in mille pezzi.
<< Allora Judie? Cosa hai deciso di fare? >> Mi chiese con voce stanca Chloe inaspettatamente, riportandomi alla realtà.
<< Se vado con Alexis, devi venire anche tu >> le ordinai quasi.
<< Dai non fare la guastafeste >> la supplicò leggermente Alexis.
<< Ok... va bene... Ma se le cose si mettono male andiamo subito via, non voglio una nota disciplinare all'ultimo anno scolastico >> sentenziò Chloe, sbuffando.
<< Perfetto e ora cosa indossiamo? >> Domandò retoricamente Alexis, portando la discussione sul punto cruciale della situazione.
<< Io direi... nulla di particolare >> proposi insicura.
<< Non è un pigiama party, devi farti bella >> decretò seria la mia Bionda.
<< Inutile discutere, prepariamoci già... è tardi >> concluse scocciata Chloe.
Mentre la mia Rossa con un pantalone nero lungo e una maglia scollata tonalità smeraldo iniziava svogliatamente a truccarsi, Alexis stava spazzolando i suoi capelli biondi. Indossava un abito invernale corto color rubino.
Io, tuttavia, ero ancora davanti all'armadio in legno indecisa.
Questa volta, avevo riservato molta accuratezza al mio intimo perché il mio subconscio mi riportava sempre e dannatamente nell'atrio del peccato.
Avevo optato per un completo in pizzo rosa antico, anche se dopo una grande insicurezza, avevo scelto un abito abbastanza lungo e non troppo pesante, tonalità antracite e argento con delle scarpe da tennis del medesimo colore brillante.
Ero costantemente in ansia, non solo per Adrian, ma pure per la festa.
Alexis appariva super felice, ci aveva confessato, inaspettatamente, che doveva vedersi lì con quel ragazzo che le piaceva.
Chloe sembrava impassibile, le feste non erano il suo forte, ma si era tranquillizzata nel momento in cui, dal suo cellulare una tipa del gruppo di fotografia le aveva annunciato che a breve l'avrebbero raggiunta.
Io mi sentivo inappropriata. Ultimamente mi captavo vulnerabile e fragile, ma anche desiderosa ed audace.
Giunta alla fatidica porta, notammo già da qualche metro prima un forte vociferare.
Era la stanza di alcuni fighi della squadra di football... appena entrammo il fumo delle sigarette ci appannò la vista, mentre la puzza di alcolici era persistente.
Un tipo non molto alto e magro con i capelli castani e gli occhi verdi, ci sorrise.
<< Benvenute ragazze, ecco a voi >> pronunciò contento, porgendoci dei grandi bicchieri rossi ricolmi di birra.
Bere forse era da evitare, ma un bicchiere non avrebbe guastato nulla, specialmente la mia integrità.
Allora iniziai a sorseggiare quel liquido dorato.
Come programmato, le mie amiche dopo un po' si allontanarono da me e in verità, ciò mi dispiaceva... perché lì, non mi sentivo a mio agio.
La festa da poco incominciata aveva una leggera musica rock di sottofondo e vari ragazzi erano in gruppi composti da poche persone a bere, fumare o chiacchierare.
Avevano tutti dei vestiti sportivi con tonalità scure, eppure c'era una grande comitiva che indossava dei pigiama dai colori sgargianti, dal giallo al celeste... li trovai davvero stravaganti.
La camera era troppo piccola per ospitare un centinaio di studenti quindi mi ritrovai più volte incastrata tra gente che nemmeno conoscevo.
Iniziavo a spazientirmi.
Forse dovevo andarmene in stanza a dormire.
Tuttavia in un angolo della camera, adocchiai una persona familiare, appoggiato contro il muro con il suo sorriso candido e i suoi capelli biondi. Era concentrato a parlare con una donna che indossava dei jeans chiari e aveva lunghi capelli color viola.
Ero indecisa se raggiungerlo, ma Noah probabilmente si sentì osservato perché dopo qualche minuto alzò lo sguardo verso di me, mi fissò per qualche istante poi mi sorrise.
Quel gesto mi rassicurò e mi incamminai verso la sua figura.
A pochi passi da lui, lo intravidi concludere di dialogare con quella ragazza e si avvicinò a me.
Sul tavolo alla sua sinistra c'erano dei grandi bicchieri blu, né riempì due di birra.
Si avvicinò di un altro metro alla mia titubante figura ed esordì gioioso:
<< Judie ci rincontriamo. Vuoi bere?>>
<< Si grazie, un secondo giro non può farmi male >> risposi scherzosa e pian piano iniziai a sorseggiare la bevanda.
Noah aveva i capelli color grano perfettamente sistemati, un completo elegante color tortora.
Mi parve un po' esagerato...
I suoi occhi azzurri mi scrutavano curiosi ed io non riuscivo a non arrossire lievemente.
Era sempre più bello, eppure ora il mio cuore non sussultava più forte per la sua presenza.
<< Ti trovo davvero bene >> confessò, squadrando ancora il mio abito.
<< Ti ringrazio lo stesso vale per te... Allora? Hai organizzato tu questa festa? >> Domandai serena per avviare una conversazione piacevole.
<< No credimi, stasera avevo solo voglia di dormire... Ma questa è anche camera mia quindi devo partecipare a questo frastuono obbligatoriamente >> Confessò con una punta di esasperazione.
<< Mi dispiace >> farfugliai a tono basso poi proseguii contenta:
<< Ti va di ballare? La musica si sente appena, ma possiamo divertirci lo stesso >>
<< È un'ottima idea >> esordì convinto Noah prima di dirigersi verso il centro della stanza.
Inaspettatamente prese la mia mano, la strinse forte facendomi percepire il suo calore e la sua virilità.
Io e lui stavamo bene insieme, sembrava avere intenzioni autentiche con me, eppure dopo tanto lottare per la sua attenzione, ora il mio cuore pretendeva tutt'altro.
In quella specie di pista strettissima ci scatenammo per almeno dieci minuti, avvertii gli occhi delle persone osservarci indiscrete, ero veramente spensierata e felice... Più dei momenti passati con Peter.
Forse era l'atmosfera , forse era l'alcool, forse era semplicemente Noah ad avere una diversa influenza su di me.
Ed ora, il mio corpo si muoveva a ritmo di musica rock e a soli pochi centimetri da me c'era quel figo a ballare super scatenato. Percepivo il suo buon odore mescolato al leggero sudore che gli donava ancora più mascolinità.
Improvvisamente la musica venne interrotta bruscamente e un silenzio tombale invase la stanza, prendendomi alla sprovvista.
<< La festa è finita! >> Urlò un professore tenendo tra le braccia una cassa piena di birra e al suo fianco c'era un tipo alto e robusto con lo sguardo basso.
<< Cosa pensavate? Che non mi sarei accorto del fracasso che state facendo? O degli alunni che escono ed entrano con tutti questi alcolici?? >> Domandò troppo alterato lo stesso professore con la barba folta grigiastra.
L'ansia mi devastò, pensai anch'io, come aveva pronosticato Chloe alla nota disciplinare che ci aspettava.
Così, in automatico, mi avvicinai al corpo scolpito di Noah.
<< Professore è l'ultima gita insieme, ci lasci continuare >> Dichiarò supplichevole il ragazzo che inizialmente mi aveva dato una birra per benvenuto.
Il docente sembrò rifletterci su per qualche minuto, tutto intorno a me parve muto poi sottolineò serio:
<< Al massimo posso portarvi in una sala qui vicino dove ci sono degli anziani che ballano musica country, almeno in questo modo potrete comprendere meglio la cultura del posto >>
<< Patrick hai il cuore duro con questi docili studenti >> lo riprese improvvisamente una giovane professoressa di spalle, mettendo in mostra la sua figura formosa.
I ragazzi a quelle parole iniziarono a fischiare ed applaudire al settimo cielo.
Il docente ci guardava ancora male, ma dopo un'accurata riflessione, decretò scocciato:
<< Va bene, avete al massimo altre due ore per stare tutti insieme, tenete il volume di quello stereo basso e basta alcolici, forza datemi tutte le bottiglie >> infine continuò arrabbiato: << e finitela di fumare altrimenti informerò le vostre famiglie! >>
Detto ciò, si allontanò con l'altra professoressa poco convinto, tanto da osservarci sott'occhio.
La stanza, a quel punto, iniziò a sfollarsi. Molti alunni stavano andando via, in un certo senso la festa pareva essersi conclusa e anche rovinata.
Non avevo più adocchiato le mie migliori amiche, ma soprattutto non avevo proprio intravisto Adrian. Probabilmente non era giunto alla rimpatriata.
Ciò era normale, lui viveva nel suo mondo oscuro e allo stesso tempo delicato... Una piccola crepa poteva disintegrare anche la parete più stabile.
<< Io devo restare per forza, tu che hai deciso? Ti fermi un altro po'? >> Mi chiese Noah speranzoso, appena nella camera ci fu nuovamente la musica rock di sottofondo.
<< Certo mi intrattengo, non ho ancora sonno >> Dissi con un falso sorriso, perché in cuor mio ero ancora agitata per la questione di Adrian, una parte maledetta di me continuava a propormi di raggiungerlo.
<< Dai torniamo a ballare, formiamo proprio una bella squadra! >> dichiarò Noah felice.
<< Non vedo l'ora! >> Esclamai abbastanza convinta.
Ci ritrovammo di nuovo lì, al centro della sala, meno gente ci accerchiava stavolta, non c'era altro alcool da bere, quei due bicchieri già bastavano a farmi sbagliare, sbandare... la musica sembrava essere l'unica cosa a riempire i miei timpani, nessun vociferare.
Noah si avvicinò pericolosamente alla mia figura esile, l'aria insperabilmente mi mancò nell'attimo in cui si mosse a ritmo di musica proprio ad un soffio dalla mie morbide labbra.
Riuscivo ad esaminare perfettamente la forma dei suoi occhi tonalità azzurro, il suo naso e le sue labbra rossastre.
Continuai anch'io a ballare, ondeggiavo verso la sua corporatura, mi scompigliai i capelli già mossi per il troppo movimento poi gli feci un occhiolino d'intesa, lui mi accostò all'istante e infine mi sfiorò con le lunghe dita l'incavo del collo. Ora i nostri corpi si toccavano in una fusione di scintille negative e positive.
<< Judie non sei stanca? Io sto davvero sudando >> affermò Noah con un lieve affanno.
Quindi non voleva provarci con me?
Avevo immaginato quella tensione tra di noi?
<< In realtà sono davvero affaticata, mi manca l'aria. Andiamo a bere un po' d'acqua >> suggerii con voce leggermente ansimante.
<< d'accordo >> mi rispose accondiscendente.
Poi, incredibilmente, strinse la sua mano nella mia sorprendendomi e mi guidò vicino al tavolo in ferro su cui ormai era presente solo acqua e altre bibite non alcoliche.
La sua presa piano mi lasciò così come improvvisamente l'aveva unita a lui, un contatto breve ma che mi faceva stare bene. Tuttavia non era lo stesso senso di protezione che percepivo con il mio fardello.
<< Tieni >> esordì Noah, porgendomi un bicchiere d'acqua gentilmente.
Lo bevvi subito e lui fece ugualmente.
<< Andiamo verso la finestra, in questo modo possiamo prendere un po' d'aria fresca >> suggerì tranquillo.
<< Va benissimo >> annunciai soddisfatta.
Ci accostammo alla piccola finestra da dove proveniva un vento gelido che però riuscii a rinfrescarmi un po' la mente abbastanza sconnessa.
Noah non mi mollava un secondo, come un vero cavaliere era sempre al mio fianco.
Mi chiedevo perché una persona così bella specialmente esteticamente fosse così cortese e premuroso con me.
<< A cosa stai pensando? >> Mi domandò improvvisamente con delicatezza, fissandomi.
Era proprio di fronte a me, mentre il mio sguardo era rivolto al buio della notte costellato di stelle luminose.
<< È un segreto >> bisbigliai, scherzando in parte.
<< È un segreto sapere pure se adesso ti va di fare un giro con me? >> Chiese stuzzicandomi.
<< Ne sono lusingata... Ma dimmi le tue fan non si arrabbieranno? >> Domandai in modo leggermente malizioso per punzecchiarlo.
<< Non contano nulla per me, sono insignificanti >> confessò Noah con disinvoltura.
Ma non mi soffermai su quella affermazione.
La mia attenzione era totalmente rivolta ad un gruppo di ragazze dai capelli biondo platino e nero corvino con vestiti abbastanza scollati che parlavano animatamente con una persona che mi ricordava assurdamente Adrian.
Il tipo era magro, alto, capelli quasi neri, ma non riuscivo a decifrare nient'altro...
Il mio cuore parve cadere nell'oscurità e soffocarci dentro.
<< Cosa guardi così attentamente? >> Mi chiese ancora Noah che curioso mi stava osservando.
Poi seguendo il mio sguardo preoccupato continuò:
<< Non dirmi che ti piace Joseph? Guarda che va a letto con mezza scuola >>
Il cuore parve riemergere in superficie, dolorante ma vivo...
Non era Adrian.
Eppure l'animo mi vibrava per le troppe sensazioni controcorrente.
<< Oh no, non so nemmeno chi sia quel tipo credimi... Comunque è davvero tardi, ora vado in camera mia>> dichiarai un po' mortificata, ma ormai non avevo più voglia di nulla. La mia essenza parve sanguinare.
Solo il pensiero di Adrian con altre ragazze stranamente mi distruggeva...
Tuttavia, il mio tormento non era mai realmente mio. Ciò mi avrebbe portato alla distruzione, alla vera sofferenza.
<< Dai resta un altro po', la festa è ancora in pieno svolgimento >> mi suggerì supplichevole Noah.
<< Ho veramente un gran sanno... Scusami >> sentenziai avviandomi verso la porta d'uscita, ma inaspettatamente lui mi seguì.
Non capivo il motivo, ma ciò forse era un bene, ero ancora troppo tentata nello stare vicino all'unica persona che in quel momento desideravo nonostante fosse nociva.
<< Judie ti accompagno >> affermò serio Noah.
Così senza replicare, in un totale silenzio ci dirigemmo verso la mia camera.
Dovevo ancora avvisare le mie amiche, ma mi sembrava di non avere più le forze, specialmente per combattere...
Io ero sua senza essere davvero sua, mi sentivo imprigionata in quel circolo vizioso, quel desiderare, ottenere e poi lasciare... E quel lasciare rappresentava il dolore più puro che potessi provare.
Non ero esagerata, Adrian mi piaceva senza alcun motivo, così improvvisamente che accettarlo mi pareva così impossibile.
Durante il tragitto Noah camminava davanti a me. Ogni tanto cercava di parlarmi con una banale conversazione come l'itinerario di domani, ma io lo rispondevo semplicemente a monosillabe... l'indomani avrei dato la colpa alla stanchezza.
Lui non meritava quel trattamento, ma il pensiero di Adrian con altre donne mi accecava ancora assurdamente.
Nel corridoio dove c'era pure la stanza del mio tormento non si udiva alcun rumore, segno che probabilmente nemmeno lui era in camera. La curiosità e un senso di impotenza iniziò a riempirmi fin dentro le ossa, agitandomi.
<< Judie ci vediamo domani >> pronunciò inaspettatamente Noah quando fummo tra la mia camera e quella del mio nemico.
<< Grazie di tutto mi sono davvero divertita stasera >> sussurai quasi.
<< Judie in realtà, io non voglio considerarti solo come una semplice amica >> confessò insperabilmente Noah, facendomi spalancare gli occhi dallo stupore.
Non desideravo nessuna dichiarazione o qualcosa del genere in quel momento, specialmente in quello stato così vulnerabile e fragile.
<< Ora ho sonno, né parliamo domani>> dissi autoritaria, cercando di convincerlo.
<< Judie devo davvero parlarti >> insistette, quasi disperato.
Lentamente si avvicinò pericolosamente al mio corpo leggermente tremante per questa rivelazione.
Tutto ciò che ho sempre voluto ora stava per essere annientato per un mio piccolo capriccio, una strana fissazione per il mio coinquilino.
Poi un click.
Una porta piano si aprì.
Mi girai repentina verso quel fracasso, e fu lì l'attimo cruciale.
Gli occhi acquamarina di Adrian stavano catturando i miei.
Era fermo sullo stipite della porta, lo sguardo controverso, sperai che non ci avesse ascoltato per non avere ancora una brutta considerazione... indossava una tuta da ginnastica blu.
Quel suo contrasto tra l'oscurità e la purità mi abbagliava.
Non riuscivo a distaccare le mie iridi verdi da quella creatura ultraterrena.
Il mio coinquilino per qualche secondo spostò il suo sguardo severo verso Noah, poi lo riportò verso di me, sembrava arrabbiato e confuso, pareva dire tutto e nulla, sembrava desiderarmi, pareva volerci annientare, sembrava aspettarmi...
Il mio sguardo era di nuovo immobile sul mio fardello, nonostante il timore che Noah potesse aver compreso qualcosa...
Il nostro segreto, quella passione che ci unisce contro ogni misura e nello stesso istante ci distrugge riducendoci a polvere.
Il figo, improvvisamente, senza salutarmi nemmeno andò via, nella direzione opposta, aumentando la mia ansia non solo per quello che poteva intuire, ma soprattutto perché ero vicina all'inferno e il diavolo stava tentando la mia anima sbiadita.
Deglutii visibilmente preoccupata.
Ero davanti al mio destino, stavolta dovevo scegliere definitivamente e da lì non saremo più tornati indietro.
L'istinto, però, sembrava prevalere.
Mi tartassava la mente oltre al cuore, gridandomi disperato il suo nome...
ADRIAN.
Cauta mi avvicinai verso la slanciata figura del mio coinquilino.
Le gambe parevano vibrare energicamente, ciononostante a pochi passi da lui mi bloccai.
Ammirare la sua inconfondibile bellezza mi devastava e mi confondeva sempre di più.
Adrian inaspettatamente, come impaziente, si schiarì la voce.
<< Come mai sei sveglio? >> Chiesi balbettando appena per lo shock, conoscendo già la risposta, in realtà.
Mi stava aspettando probabilmente...
Lui non rispose, inarcò un sopracciglio guardandomi innervosito, infine spalancò totalmente la sua porta come a darmi il permesso di entrare.
L'incredulità mi spiazzava, il panico prendeva il controllo di me stessa. Cercavo inutilmente di scrutare all'interno della camera per capire se ci fosse qualcuno, fin quando la voce di Adrian lievemente stressata mi fece sobbalzare visibilmente per la sorpresa.
Perché ogni suo gesto mi faceva sentire così impotente? Così fragile? Così triste o felice?
<< Vuoi entrare? Ti aspettavo >> pronunciò con una soffice e sorprendente delicatezza sull'ultima parola, come a confermare ogni mio dubbio.
Ciononostante dovevo farmi valere, non potevo farmi calpestare ogni volta.
Se desideravo il mio fardello dovevo entrare nella tana del lupo a testa alta, dovevo essere io a condurre il gioco.
Eppure le mie gambe erano ferme, parevano non voler camminare.
Adrian sembrò assaporarmi con gli occhi, mentre le mie iridi giada erano fisse sulle sue carnose labbra.
A quel punto, il mio tormento visibilmente scocciato, si diresse verso l'interno della sua stanza.
Il diavolo mi stava chiamando con il suo mutismo.
Stavo per attraversare l'Ade e un angelo bianco mi avrebbe macchiato di peccato all'istante... Perché ci sono passioni che non possono essere controllate o spiegate, ci sono istinti che vanno contro ogni logica.
La sua schiena larga che ora potevo osservare chiaramente pareva richiamarmi.
Solamente il vuoto...
E adesso avrei nuovamente deciso con il cuore, ero pronta ad ogni battaglia... Alle conseguenze ci avrei pensato in seguito.
Così silenziosamente seguii Adrian dentro la sua camera, richiudendo la porta alle mie spalle.
NOTE ❤️
Ciao carissime 🥰
Finalmente la pubblicazione dei capitoli è ritornata alla normalità 😍Così potremo assaporare insieme un capitolo abbastanza bollente 🔥
E voi, siete pronte a tornare (probabilmente) tra i banchi di scuola o a lavoro ? 🙃
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