CAPITOLO 44

Noi non possiamo essere più sensibili al piacere senza essere più sensibili al dolore.
(Alan Wilson Watts)





Il viso di Adrian cambiò espressione.
Una smorfia di dolore si delineò improvvisamente sul suo volto candido.

Ma fu semplicemente un attimo, quel suo sorriso malizioso e malefico ritornò repentino ad incorniciare il suo viso delicato.

Eppure io la percepivo, sentivo quella sofferenza che portava dentro di sé.
Quel male acuto, un sordo grido di aiuto... Perché siamo tutti così fragili all'interno.
E prima o poi, inevitabilmente sarebbe scoppiato riducendo tutto a brandelli, compreso se stesso.

Tuttavia le sue parole risuonavano perfide nella mia mente, pronte a perforarmi.
Addirittura mi considerava il suo giocattolo erotico quando già né possedeva uno...
Pretendevo solo un po' di rispetto, ma lui pareva volermi annientare ogni volta. Desiderava percepire la mia sottomissione.

Stavolta, però, non sarei caduta nella voragine... ciò nonostante, la udivo sotto pelle, nel fremito che nasceva nel mio essere, quella passione soffocata dentro di me che mi rammentava sempre la voglia che cresceva nel mio corpo, quel sapore agrodolce che solo lui riusciva a donarmi come un disperato bisogno della sua esistenza.

Il mio nemico era poco distante da me, ma io incurante della sua imponente figura, decisi di andar via.
La sua voce roca mi bloccò, brividi mi percorrevano la schiena.
<< Dove pensi di andare? >> Chiese prepotente.
<< Non sono cose che ti riguardano >> risposi acida.

<< Ricordi vero, che rapporto abbiamo io e te?! >> Domandò retorico e stufo.
<< Smettila >> lo annuii seccata.
<< TI VOGLIO ORA >> reclamò autoritario e voglioso.
Quelle parole non mi erano nuove, eppure più che un capriccio, avevano lo stesso effetto di sempre... Tuonanti come un temporale estivo.

Fu allora che per un breve secondo che sembrò un'eternità chiusi gli occhi immaginando ciò che più bramavo in realtà nel mio cuore, in un continuo conflitto con il mio essere...
Perché la passione è la linfa che alimenta l'amore. Tramuta la rosa in un rosso intenso, proprio come l'ardore.

Sospirai.

Rilassai il corpo e il cervello.
Inclinai leggermente la testa all'indietro.
Mi svuotai dalle preoccupazioni per dar spazio all'appagamento.
Respirai con un leggero affanno, conseguenza di ciò che stavo provando nel basso ventre, quel calore che solo lui sapeva far riaccendere in me.

Adrian sfiorò il mio collo.
Marcò quel posto con le sue succose labbra carnose.
Il contatto mi fece ansimare, godere.
Piano scese in mezzo al mio seno.
Con la lingua delineava le mie forme, lasciando una scia bollente e densa.
Non si fermò ad assaporare i miei capezzoli, rendendoli ugualmente turgidi al solo pensiero.

Ero in estasi.

Scese ancora più giù, delineò la mia pancia fino al basso ventre.
Poi si intrufolò con la sua bella bocca nel mio inguine procurandomi spasmi di piacere intenso.
E proprio quando la mia immaginazione diventava più fervida e focosa, tanto da bagnarmi intimamente, immaginando la sua lingua nella mia amichetta, Adrian si schiarì la voce pretendendo la mia attenzione.

Ero davvero una stupida.
Andare così oltre con lui, proprio con il mio nemico, con la persona che mi voleva semplicemente usare.

Tuttavia l'amore è un sentimento che nasce spontaneo che cresce pian piano come le foglie sugli alberi... L'amore non si può dirottare, né comandare.
Poi, però, con la stessa lentezza rischia di soffocarti, di disintegrarti improvvisamente...
Perché l'amore muta o meglio siamo noi esseri umani a cambiare velocemente come la direzione del vento, lasciando solamente detriti al nostro passaggio, quelle scaglie che ci feriscono per sempre involontariamente.

E ora non potevo assolutamente innamorarmi di un tipo così, ne tanto meno potevo far trapelare un minimo di interesse da parte mia verso di lui.
Anzi, desideravo dirigere io il gioco. Dovevo essere forte, dovevo proteggere me stessa... Dovevo farcela!

<< Non restare in silenzio, ti ho semplicemente detto che ho voglia di te, del tuo corpo. Non sconvolgerti per così poco. >> Specificò maligno il mio coinquilino.
<< Sta attento che posso darti un calcio tanto forte da romperti quel "cosino" che ti ritrovi >> decretai ironica, ma allo stesso tempo seria.

Un secondo di silenzio. Poi Adrian scoppiò a ridere come non mai.
Una fragorosa risata riempì quel minimo di spazio che ci separava fisicamente.

Non potevo far altro che ammirarlo rapita. Un evento così unico, esageratamente raro.
La sua dentatura biancastra e delineata spiccava nella penombra.
Intanto non potevo non riflettere sul perché Adrian avesse riso tanto facilmente, con spontaneità.

La risata si sfumò nell'ambiente circostante poco dopo. Il mio nemico posò il suo sguardo magnetico su di me e sorrise venifico.
Io lo guardavo ancora stupita.

Infine, con le sue lunghe dita catturò una ciocca dei miei capelli castani accorciando maledettamente la distanza tra di noi.
Aveva osato sfiorarmi di sua volontà, le cose stavano davvero mutando... Ma procedevano ancora in una situazione pessima, negativa.

Perché Adrian desiderava essere il mio male, voleva più annientare che curare. Pretendeva di distruggere non di amare...

Il mio coinquilino toccava ancora i miei setosi capelli castani e io per l'ennesima volta non sapevo come reagire. Il battito accelerò pericolosamente.
<< Cosa c'è ora? Certo che sei bipolare! >> Esclamai improvvisamente irritata per la situazione, sorprendendo anche me stessa. Ero davvero incredula.

<< Judie tu sei mia. Lo sai, mi appartieni. >> Confessò con voce sofferente come a ribadire la questione, a rivendicare quel suo territorio. Poi parve volersi correggere e continuò:
<< il tuo corpo mi reclama. Lo desidero. >>

<< Non puoi continuare con questo gioco malsano cavolo! >> Urlai isterica.
Ma prima che il labbro inferiore incominciasse a vacillare, tremare per il dolore che mi procurava, il mio telefono inaspettatamente squillò.
Mi affrettai a prenderlo dalla tasca.
Lo schermo digitale segnava il nome "Mamma" così risposi all'istante, facendo segno con l'indice al mio coinquilino di non fiatare.

<< Ciao mamma tutto bene? >> Chiesi dubbiosa visto l'orario.
<< Io sto bene. Ho fame, tra poco vado a preparare qualcosa. Tu cosa preferisci? >>
<< Perché devo cucinare solo per Adrian? Voi dove siete? >>
<< Cosa??? >> Domandai perplessa. Poi proseguii:
<< Ho capito bene? Tu e papà siete al ristorante? Improvvisamente? Senza di me? >> Ricalcai come una pazza, probabilmente frustata per la situazione con il mio nemico.

<< Ma quando tornate? >>
<< In che senso mi fai sapere? >> Gridai scioccata.
I miei genitori, stavano festeggiando il loro anniversario di fidanzamento (cosa incomprensibile dato che ormai erano sposati) e io non volevo restare ulteriormente sola.
Staccai la chiamata impazientita, potevano almeno avvisarmi prima.

<< Vado a comprarmi una pizza >> disse indifferente Adrian . Poi inaspettatamente continuò tra una pausa e l'altra, come se il discorso gli pesasse:
<<  Sono abituato a stare isolato... a provvedere a me stesso >>
Non so perché, ma quelle parole mi dolevano l'anima.

Non dovevo avere nemmeno pietà di lui, tuttavia dovevo cucinare per me, quindi non mi sarebbe costato nulla farlo anche per lui.
Ero una vera stupida, lo so... ma proprio non riuscivo a comportarmi diversamente, a fregarmene.

<< Quando mai scorbutico! Faccio dei toast con formaggio e prosciutto cotto, veloci e saporiti anche per te. >> Chiarii sperando che non mi mandasse a quel paese.
Ma il mio tormento non rispose, annuí silenziosamente.

Così sorpassai la sua figura.
Lui stranamente mi seguì.
Scendemmo le scale poco distante l'uno dall'altro, in un totale mutismo.
Due opposti che si attraggono.

Adrian inaspettatamente sembrò molto pensieroso.
Accesi la luce in cucina una volta giunta lì.
Mi avvicinai alla piastra. Infilai la spina nella corrente per farla riscaldare.

Scioccamente credetti che Adrian mi avesse seguito per aiutarmi. Invece, aveva preso posto a tavola solamente. Appoggiò la testa sul tavolino di legno, incorniciandola con le sue lunghe braccia candide e aspettò semplicemente. I suoi capelli scuri ricaddero sul suo viso, oramai stanco.

Accanto a lui preparai la tovaglia con tutto l'occorrente come acqua, tovaglioli, bicchieri, posate per non sporcare eccessivamente.
Nel frattempo preparavo i toast.
Li riempii di prosciutto cotto e formaggio per renderli molto appetitosi. Non desideravo che lui mi giudicasse anche per questo, ero brava in cucina, doveva riconoscermelo.

In effetti, non avevo preparato una ricetta da chef qualificato, quindi potevo tranquillizzarmi.
Mentre aspettavo la cottura del cibo, insperabilmente lo stomaco di Adrian brontolò potente, risuonando nella stanza.

Sorpresa scoppiai a ridere, fu più forte di me. Adrian alzò di poco il viso dal tavolo di legno guardandomi di sott'occhio quasi arrabbiato per il mio comportamento, sbuffando lievemente.

Alla fine aveva semplicemente fame, ma fu davvero buffo. Non smettevo di ridere e fu allora che Adrian si alzò di scatto infuriato.

In un attimo fu difronte alla mia figura, più imponente che mai. Allora
la risata passò repentina e il mio viso assunse un'espressione stupefatta.

Adrian prese con violenza il mio esile braccio destro e spinse il mio corpo contro il suo.
Piccole scintille prendevano vita.
Sentii il suo calore intersecarsi con il mio.
Inaspettatamente catturò forte il mio viso morbido nelle sue grandi mani, il contatto fu esplosivo...

E mi baciò.

Le sue labbra calde, si unirono alle mie, schiacciandole forti.

Potevo riassaporare il paradiso.

E fu come le foglie rosate di ciliegio che cadono in primavera in Giappone...
Un panorama magico, l'essenza che cade e poi rinasce più graziosa di prima.



























NOTE ❤️

Salve mie care lettrici e lettori 😊

Dopo le vacanze invernali, alzi la mano chi ha iniziato la dieta 😅

Io non ci riesco proprio, è così buono il cibo 🥺

A presto 💋

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