CAPITOLO 39
"Non esiste difesa contro il senso naturale dell’attrazione."
(Algernon Swinburne)
Erano trascorsi, ormai, già cinque minuti e non avevo idea di cosa fare.
La soluzione più sensata era restare in camera mia nel silenzio più totale, ma il mio nemico sarebbe giunto lui improvvisamente, costringendomi di sicuro ad una condanna erotica e non potevo vivere con quel timore.
Così con l'ansia ad invadermi perfino l'anima e il battito martellante nel petto, strinsi tra le mani il foglio biancastro senza togliere, però, il mio bizzarro pigiama colorato e raggiunsi la mia scrivania di legno dove buttai irritata quella carta nel terzo cassetto.
Poi mi avvicinai alla porta, feci un bel respiro profondo e la spalancai.
Ora ero completamente indifesa.
Il corridoio buio che mi circondava sembrava la via alla mia ghigliottina.
Le gambe parevano immobilizzate. Ogni passo era una sofferenza. Eppure, arrivai subito nei pressi dell'uscio del mio coinquilino.
Ma prima che potessi appoggiare le mie esili dita tremanti sulla maniglia dorata, decretando l'inizio della mia esecuzione, la voce flebile di Adrian catturò eccessivamente la mia attenzione.
Accostai il mio orecchio destro alla porta per circa due minuti, ma l'unica frase che udii perfettamente fu:
<<Perché cazzo chiami a quest'ora? Ti ho già spiegato che domani sarò da te>>
Una breve pausa
Poi:
<< credimi ti farò impazzire dal piacere >>
Infine il nulla.
Solo un taciturno boato scheggiante.
Ovviamente la mia mente maliziosa sentenziò all'istante che il mio nemico aveva una compagna di giochi perversi e senza rendermene conto una fitta potente invase il mio cuore. Stranamente faceva più male di quanto immaginassi.
Percepii la mia essenza fracassarsi quasi, un emozione negativa mai provata...
"Certe cose meglio scoprirle prima che sia troppo tardi"
Dissi mentalmente a me stessa, non potevo perdere nemmeno una briciola della mia forza interiore in quel momento.
Come era possibile che quel tipo meschino e solitario avesse addirittura una persona con cui fare sesso?
Adesso mi era ben chiaro che Adrian non fosse affatto un novellino in quel campo... Altro che verginità.
Il quesito più essenziale intanto era:
Chi cavolo era quella ragazza?
Speravo vivamente non fosse la vipera di Olimpia!
Indietreggiai, con le lacrime che minacciavano assurdamente di rigare il mio pallido viso, tentai di ritornare in camera mia, nel mio rifugio per abbandonare definitivamente tutto il male che ora sentivo intrappolato nel mio corpo.
Un passo dopo l'altro, sempre più distante dal mio tormento...
"Ma che miseria!" Esclamai a me stessa, quando con la schiena urtai involontariamente qualcosa, in effetti camminare all'indietro non era una grande idea, ma avevo paura di scorgere il mio nemico fuori dalla sua stanza e trascinarmi nel suo malefico mondo.
Piano mi girai verso quell'oggetto che mi aveva leggermente ferita e saltai come una gazzella per lo spavento. Rischiai veramente di avere un infarto.
<< Come mai sei sveglia a quest'ora? E perché sei qui? >> Chiese stranito mio padre.
Indossava un largo pigiama blu notte.
Scossa ancora, non sapevo cosa pronunciare di sensato.
Così contrattaccai...
<< Papà tu, invece, perché sei già sveglio? E mamma dorme? >> Domandai sperando di deviare il discorso.
<< Tua madre riposa beatamente... Io stavo solo andando un attimo in bagno e tu? >> Insistette.
<< Anch'io >> conclusi capendo, solo dopo, di aver commesso un grave errore.
<< Ma tesoro starai ancora mezza addormentata, la toilette è dall'altra parte >> esordì perplesso indicandomi con l'indice il w.c.
Evitai di non portare avanti il dialogo perché sembrava andare tutto nel verso sbagliato.
<< Papà buona notte >> proferii stanca, ignorandolo.
Si accostò alla mia corporatura, stampò un bacio sulla mia guancia e da ultimo, si incamminò verso il bagno.
Non restava altro che giungere finalmente nella mia stanza e non pensare più a niente.
Ma appena mezzo passo e sentii una presenza dietro alla mia schiena, una mano grande sulla mia piccola spalla mi bloccò e io sussultai internamente... Sperando fosse solo un incubo, quella cruda realtà che si apprestava davanti a me più vivida che mai.
Poi il suo bel viso caldo, sfiorò la mia mandibola e il suo alito fresco circondò il mio orecchio:
<< Ti stavo aspettando >> bisbigliò famelico a tono basso, Adrian.
Deglutii.
Poi continuò, stringendo pesantemente le sue lunghe dita sulla mia spalla.
<< Dove speravi di scappare? Sbrigati che tuo padre può vederci >> Dichiarò tranquillo.
"Meglio così" rimuginai istintivamente, anche se ora dovevo affrontarlo, cercare di non entrare di nuovo nella tana del lupo.
<< Non posso. Ho la sveglia presto domani. Devo proprio andare a riposare >> farfugliai con una leggera prepotenza.
Ma lui non fece caso alle mie parole, catturò venefico il mio polso, tentando di farmi camminare verso la sua stanza. Io, però, ero immobile nel corridoio rischiando davvero che mio padre ci beccasse.
Ad un certo punto, sentii lo scarico del bagno e magicamente iniziai a correre da sola verso la sua camera.
Era la mia fine...
Chiuse fulmineo alle mie spalle la sua porta a chiave.
Solamente una minuscola lampada illuminava lieve in quell'istante l'ambiente circostante, come al solito, perfettamente ordinato. Mentre lui indossava sorprendentemente un pigiama che pareva più una tuta grigio chiaro con su stampate delle nuvole nere, perfettamente in linea con il suo perenne stato d'animo.
Non esitò oltre...
Fu un tempesta a ciel sereno, un "Boom" terrificante e un "Wow" incandescente.
Fu la fusione dei colori freddi con quelli caldi sulla tela grezza di un quadro.
Come terribilmente affamato, fiondò le sue carnose labbra sul mio collo.
Il mio corpo fremette, quasi scivolò insidioso sulla strada del peccato in un lampo.
La morbidezza della sua bocca lasciava piccole scie di saliva anche sulla mia clavicola, percepivo la voglia di lui crescere dentro di me.
Ero intrappolata tra la porta e la sua imponente figura. La sua presenza mi mandava in cortocircuito, insieme al suo buon profumo.
Mi sentivo totalmente abbandonata a lui, quando invece dovevo reclamare giustizia perché esigevo rispetto, non ero la sua bambola, in più Adrian aveva già una donna con cui divertirsi e la cosa non andava affatto bene, dato che lui desiderava che io fossi solo sua, completamente sua...
Il mio fardello spinse di più le sue labbra bollenti sul mio collo, contro la mia pelle rovente per il piacere. Il suo corpo sembrava ambire troppo immensamente la mia corporatura, lo teneva così dannatamente schiacciato al mio. Infine, quando lui succhiò ingordo la mia cute con lussuria, fino a farmi male, percepii pulsare nelle vene il gusto dell'illecito e senza rendermene conto ansimai più volte a ogni suo tocco perché la sua bocca mi faceva letteralmente impazzire.
Captavo la mia "amichetta" umidirsi pian piano.
E dopo l'ennesimo "ahh..." un misto tra lamento e goduria.
Adrian incominciò a dirigere i suoi baci peccaminosi altrove, ma mai sulle mie labbra.
La sua bocca ora baciava, degustava con avidità il mio petto poco scoperto, lo riempiva di baci casti che si alternavano al tocco fumante della sua lingua, mi sentivo sciogliere sotto a ogni suo contatto, contagiare da quella saliva succosa. Non riuscivo più a controbattere nulla, probabilmente perché mi piaceva sul serio, ma comunque non potevo accettare quel mio comportamento poco consono.
Era vero, c'è una grande differenza tra ciò che desidera il cuore e ciò che ci sussurra la nostra mente.
Ora ne avevo la certezza... Quando il battito è accelerato, strovolge inevitabilmente anche il cervello.
E tutto va maledettamente a fottersi, circondandosi di una gioia proibita, tanto bella quanto distruggente.
Ma sono quei piccoli attimi di felicità ad annullare tutto il resto.
E io in quel momento avevo solo voglia di vivermi totalmente Adrian, avrei chiarito quella situazione sicuramente dopo.
Il mio coinquilino sembrava un fremito incontrollabile, non smetteva di leccare la parte superiore del mio corpo, bramoso come non mai.
Le sue mani grandi stringevano i miei esili polsi, mentre la sua corporatura si frusciava completamente sulla mia, riuscendo a percepire chiaramente anche il suo "amico" grosso, abbastanza eccitato ed eretto.
Adrian stufo lasciò per un istante i miei polsi per sbottonare quasi del tutto la mia maglietta e io non reagii. Non ne avevo la forza.
Mi piaceva troppo il contatto della sua pelle sulla mia.
Il mio nemico guardò con il suo candido viso e i suoi grandi occhi chiari il semplice reggiseno nero che copriva il mio seno modesto come ammalianto, poi inchiodò le sue mani sulle mie immobilizzandole al muro ruvido e una ventata del suo buon profumo riempí le mie narici, raggiungendo perfino il cervello, mandandolo in subbuglio come ogni parte di me, ormai.
Infine famelico iniziò ad assaporare quel poco del mio seno non ricoperto dal reggipetto, con baci umidi e appiccicosi, tanto da captare i capezzoli turgidi per l'appagamento.
Infinite volte udii Adrian ansimare per l'estasi, sentivo il suo corpo trattenersi, soffrire.
Desiderava gustarmi un po' alla volta.
Ma, in realtà, fui io ad esplodere incontrollabile, giunta all'estremo.
Buttai istintivamente le mie morbide labbra su quelle carnose di Adrian, provai ad incendiare quel bacio bramato così assiduamente, trovando solo un muro davanti a me.
Il mio fardello non sembrava sorpreso, pareva più non voler valicare quel ponte della trasgressione.
Non voleva tastare concretamente quel bacio affamato perché si sa, la bocca è la fessura degli amanti.
Intanto, sorseggiavo assetata le sue labbra soffici sulle mie, quel gusto esageratamente buono da non sembrare reale come il nettare degli Dei e quando mordicchiai impetuosa il suo labbro inferiore,
Adrian con voce ancora ansimante, respirando profondamente la mia aria, quella sofferenza e goduria, pronunciò affannosamente:
<< Se vuoi, puoi giocarci. >>
E appoggiò malizioso la mia piccola mano sul suo voluminoso "pacco" duro...
NOTE ❤️
Ciao miei cari e mie care 😊
Preferite scartare i regali natalizi il 25 dicembre o il 6 gennaio?
Ci sono varie tradizioni in Italia, quindi sono molto curiosa 😚
Baciiiii 💓
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