CAPITOLO 30

Le anime più forti sono quelle temprate dalla sofferenza. I caratteri più solidi sono cosparsi di cicatrici.
(Khalil Gibran)




La febbre ad Adrian sembrò passare improvvisamente.
Il giorno seguente lo vidi tra i corridoi della scuola con il suo solito viso senza espressione.
Pareva stare così stranamente bene...
Udii mio padre dire quella stessa sera che era stato merito delle mie cure amorevoli, solo rammentare quelle parole mi faceva diventare cremisi per la vergogna.

Un dubbio pericoloso attraversò il mio cervello.
E se Adrian avesse finto?
Non volevo nemmeno valutare questa opzione perché mi rendeva così dannatamente nervosa.
Tra l'altro, veramente il giorno prima scottava, sembrava stare a pezzi...
Un vero "angelo" decaduto.

Da quel momento, avevo notato che mi osservava di più, costantemente.
I suoi occhi di ghiaccio mi perforavano le ossa.
Questa cosa mi faceva rabbrividire, ma continuavo ad ignorarlo a testa alta, perché era questo che meritava.

Come mai, mi fissava così profondamente?
Dovevo chiederglielo, c'era qualcosa di troppo ambiguo in quel comportamento e andava chiarito una volta per tutte.
Poiché, ogni volta alle mie spalle percepivo una lama lacerarmi, quel suo mezzo sorriso diabolico.

Avevo dato inizio ad una guerra dove lui non mi avrebbe più fatta crollare.
Nelle peggiori delle ipotesi, sarebbe caduto con me.
Due cuori distinti e un'unica anima straziata.

Non mi capacitavo.
Con quale potenza quella sera il mio nemico riuscì ad alzarsi malefico, aspettandomi alla porta della mia stanza?
Ma non l'avrebbe passata liscia.
Mi sarei vendicata in qualche modo, desideravo fargli capire che non poteva più distruggermi, avevo già sfiorato il baratro, così da raddoppiare la mia forza interiore, perché avevo sopportato fin troppo.
E si sa, è inevitabile riaffiorare più coraggiosi di prima.
Ora non sarei rimasta ferma, in silenzio.

Ma non ci fu occasione quel giorno di sbattergli in faccia la dura realtà: ero io a non volerlo fra i piedi, ero stremata dalla sua presenza.

Così arrivò domenica in un baleno, il giorno di riposo che tutti attendono.
Desideravo distrarmi un po'.
Volevo passare quella giornata serenamente, senza dover captare nemmeno il suo profumo per casa, pareva inebriarmi il corpo ogni volta.

Scesi svelta dal mio morbido letto, ricoperto da lenzuola color rosa e arancione e mi diressi alla finestra, spostando leggermente la tendina con i cuoricini rossi di quando frequentavo ancora le elementari.
Il cielo non era un granché, nuvole grigie lo riempivano, riuscivo a scorgere raggi di sole filtrare da queste e un vento leggero percuoteva i rami degli alberi in cortile, oramai quasi spogli.
Ma non persi la voglia di uscire.
Spalancai la porta di legno della mia ampia camera e corsi in bagno per fare una doccia rinfrescante.

Ma ovviamente era occupato. Aspettai almeno dieci minuti prima che si liberasse, in cui la mia mente cominciò a fantasticare sulle pazzie che speravo di compiere una volta fuori dall'abitazione.

Per fortuna dal bagno comparì mia madre, ancora rivestita nel suo bizzarro pigiama giallo con le ciambelle stampate su.
<< Buon giorno tesoro >> mi sussurrò vedendomi lì immobile.
Mi aveva chiesto scusa alla fine, il giorno dopo, per avermi fatto carico del mio coinquilino in quella situazione un po' pesante, ma ancora arrabbiata, non le avevo chiesto perdono per averle urlato contro.

<< Mamma mi dispiace per l'altra volta... ecco io... >> mi bloccai a disagio e dispiaciuta.
<< Basta non farlo più, ora sta tranquilla, va a lavarti prima che arrivi tuo padre >> mi suggerì facendomi l'occhiolino.
Se papà entra in bagno è la fine... peggio di una donna, su questo avevo preso sicuramente da lui... la mia lentezza nel fare qualsiasi cosa.
In conclusione, la mia genitrice era stata fin troppo clemente con me e io non potevo che sentirmi più in colpa.

Entrai, spazzolai i denti energicamente con un dentifricio alla menta, senza nemmeno guardarmi allo specchio e mi catapultai nella doccia.

Il getto dell'acqua calda avvolse il mio corpo nudo, scrutai attentamente ogni mia parte chiedendomi se fossi o meno attraente.
Solo gli ultimi due minuti finalmente riuscii a svuotarmi da ogni pensiero, da ogni cosa negativa.

Uscii velocemente da lì, indossando il mio accappatoio con gli unicorni di svariate tonalità, dal verde al viola.
Riflettendoci questa mia peculiarità l'avevo, invece, presa certamente da mia mamma, adoravo queste cose particolari.
Arrivata alla mia stanza finii di asciugarmi e presi il mio cellulare della scrivania faggio, di fronte a me.

Digitai il numero di Chloe, ma staccò dopo appena due squilli, forse dormiva ancora.
Così chiamai repentina Alexis.
<< Judie >> rispose subito con la voce bassa e impastata dal sonno.
<< Mia cara voglio assolutamente uscire, svegliati! >>  Le urlai contro ridendo, mentre lei mugugnava contrariata.
Poi proseguii << Alzati e rintraccia Chloe, io vado a vestirmi! >>
<< Cosa? Aspetta... >> ma non le feci finire la frase, staccai la telefonata con l'intenzione di indossare un abito molto carino.

Spalancai il mio grande armadio, scartando dopo lunghe riflessioni, oltre alle magliette, i pantaloni e le gonne, alcuni vestiti che parevano troppo leggeri o troppo pesanti per la giornata mite.
Dopo una buona mezz'ora avevo davanti a me due opzioni:
Un abito blu semplice, ma lungo oppure uno nero corto, senza spalline.
Sotto al seno aveva anche una linea di perle biancastre.

Alla fine scelsi il vestito corvino, mi piaceva di più.
Indossai delle scarpe da tennis del medesimo colore, abbinando una borsetta bianca.
Ora dovevo solo truccarmi un po', ma il telefono squillò.
Era già mezzogiorno, miseria!

Lo schermo si illuminò mostrandomi una chiamata di Alexis, ma non risposi. Dovevo finire l'opera.
Mentre mi incipriavo il viso, mettevo il mascara sulle mie piccole ciglia e dipingevo le mie carnose labbra di un rossetto tonalità malva chiaro, un messaggio di Chloe apparve sul touchscreen:
" Muoviti lumaca, siamo già giù!"

Chiusi la porta della camera lasciandola nel disordine più totale, un campo di battaglia sarebbe risultato molto più pulito.
Poi discesi frettolosamente la scalinata, ma un odore delizioso catturò la mia attenzione.

Mi addentrai nell'enorme cucina, era tutto perfettamente in ordine e splendente.
Trovai sul tavolino di ferro, però, un piatto di ceramica pieno di pancake deliziosi al miele, una delle tante specialità di mia madre.
Non potevo farne a meno, così ne presi uno a volo, incastrandolo tutto nella mia bocca, ormai gonfia per il troppo cibo all'interno.
Il liquido appiccicoso, cadde piano sul mio labbro inferiore, mentre scrivevo un bigliettino a mia madre, da attaccare sul frigo, dicendole che sarei tornata in serata perché ero in giro con le mie amiche.

Infine, finalmente raggiunsi il cortile, trovando le ragazze che mi fissavano in modo strano.
Capii fulminea di avere ancora il viso sporco di miele e pezzettini di pancake, un disastro praticamente.
Scoppiarono improvvisamente a ridere forte davanti a me, mentre io cercavo di pulirmi con un fazzoletto di stoffa che avevo nella borsa lattea.

<< Sei sempre la solita golosona >> mi indicò sorridendo Chloe, ma poi ricominciò a piegarsi per le troppe risate.
Per caso rammentavo qualcosa di stravagante?
Presa, però, da un leggero imbarazzo non replicai.
Notai, inoltre, che il "rottame" di Alexis, non era parcheggiato di fronte alla mia villa, com'era suo solito.

<< Dov'è la macchina? >> Domandai perplessa.
<< Mi dispiace oggi siamo a piedi, il mio tesoruccio è ancora dal meccanico >> rispose semplicemente la proprietaria.
" E ci credo" avrei voluto controbattere, dato che a quella povera auto le faceva passare le pene dell'inferno.

<< Camminare mi sta bene, solo che il tempo non mi ispira fiducia >> pronunciai dubbiosa, alzando gli occhi al cielo, in una smorfia contrariata.
Ma Alexis non fece in tempo a rispondermi che il suo cellulare squillò.

<< Ciao Peter come stai? >>
<< Oh io bene, come mai questa chiamata? >>
<< Capisco >>
<< Mi dispiace, ma sono già impegnata >>
<< Ok ci vediamo domani a scuola, ciao >>
Riuscii ad udire flebile, mentre Chloe mi raccontava come stava il suo amato cagnolino.

Le ragazze avevano indossato abiti più sportivi in confronto al mio, inaspettatamente:
La mia Rossa aveva un jeans lungo color tortora, una t-shirt amaranto, costellata da brillantini e le sue solite scarpe da ballerina scure.
Mentre la mia Bionda indossava un abito non troppo corto color viola, merlettato un po' ovunque e dei sandali dorati, parecchio luccicosi.

<< Allora che facciamo? >> Ci chiese improvvisamente Alexis dirigendosi verso di noi e interrompendo finalmente il lungo monologo di Chloe.
<< Prima cosa dobbiamo mangiare, è quasi ora >> propose la Rossa vicino a me.
" Ottima idea" pensai all'istante, esultando internamente.
Eravamo entrambe abbastanza golose.

<< Se il tempo non migliora possiamo andare al Cinema dopo, non è molto lontano e ho notato che c'è qualche film interessante in questo periodo >> ammiccai.
<< Film parecchio romantici? >> mi punzecchiò la mia Rossa, conoscendo la mia fissazione per i film d'amore un po' spinti.
<< Mi sembra un programma perfetto! Quindi muoviamoci! >> Urlò Alexis divertita dalla scena e incominciò a camminare veloce verso la zona dove si trovavano vari fast-food.
L'amavo già solo per questa scelta squisita.

Seguii la mia Bionda affiancata da Chloe, martellando il cervello su quanto mi sembrò strana la chiamata di Peter.
Quel ragazzo ultimamente non lo capivo più, pareva poter essere sia il sole che la luna in un secondo.
Forse dovevo passare un po' di tempo con lui per chiarire la situazione, ma ci avrei pensato bene al mio rientro a scuola.

Intanto mi aspettava una giornata molto interessante...




























NOTE ❤️

Ciao carissime/i 😊

Cosa pensate finora della situazione tra Adrian e Judie?

Quanti di voi odiano Olimpia?

Chi preferite tra Chloe e Alexis?
E tra Noah e Peter?

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