CAPITOLO 28
Il mio cuore non mi apparteneva più. Mi sentivo come se mi fosse stato rubato, strappato dal mio petto da qualcuno che non voleva farne parte.
(Meredith T. Taylor)
Appoggiai tutto in un vassoio di legno faggio che avevo trovato in un cassetto.
L'ansia non mi aveva abbandonata e il mio animo ardeva ancora per quel mio gesto improvviso.
Quelle labbra mi richiamavano come un magnete... un'attrazione troppo forte da poter resistere.
Eppure ora mi chiedevo insistentemente cosa ne sarebbe stato di quel bacio segreto e di ciò che avevo provato.
Temevo più di ogni altra cosa che Adrian potesse scoprirlo...
sarei risultata una sciocca manipolatrice.
Mi avrebbe rifiutata di nuovo e non potevo più sopportare quella realtà tanto graffiante quanto tremenda.
Lui non faceva parte della mia vita e andava bene così, dovevo solo togliermi quel demonio dal cervello.
Camminai verso le scale con lo sguardo abbassato, avevo paura che il mio nemico improvvisamente spuntasse da lì, iniziando una battaglia in cui sarei rimasta ferita, se non totalmente sconfitta.
Le gambe parevano inchiodate al pavimento, ma dovevo raggiungerlo.
Dopo qualche secondo, respirai tutto il poco coraggio che mi era rimasto e incominciai a salire la scalinata lentamente, facendo anche attenzione a non far rovesciare il vassoio, combinando un macello.
La porta della camera di Adrian era aperta, come l'avevo lasciata.
Il tramonto era quasi sparito, rendendo la stanza nuovamente immersa nell'oscurità.
Cauta accesi la luce.
Lui era ancora lì, immobile come una statua.
Deglutii istintivamente al pensiero di doverlo accudire di nuovo.
Immaginarmi accanto a lui, mi scuoteva all'interno, rendendomi incredibilmente vulnerabile.
Fu un istante, percepii il vuoto sotto al mio piede sinistro.
Il piatto di ceramica cominciò a muoversi pericolosamente, stavo per cadere ritrovandomi con la faccia schiacciata al pavimento.
Ma fulminea appoggiai il mio esile braccio vicino alla scrivania, salvando me e il contenuto del vassoio.
Mi girai agguerrita verso quel qualcosa che stava per farmi ammazzare.
Una scarpa di Adrian...
Il mio coinquilino attentava alla mia vita anche inconsciamente.
Quasi mi venne da ridere, mentre un brivido mi percosse la schiena trasformando il mio accennato sorriso in una smorfia.
Raggiunsi tenue il bordo del sul letto, mi adagiai su di esso avvicinandomi rischiosamente al mio fardello.
Delicatamente posai il piatto ancora fumante sul piccolo comodino e fissai ammaliata il suo bel viso.
Dormiva beatamente come se tutto quel dolore al suo interno, fosse solo frutto della mia immaginazione.
Quel tormento che solo lui conosceva e poteva domare.
Sembrava più affascinante di prima, ero incatenata al suo volto dormiente.
Avevo voglia di assaporare nuovamente le sue labbra morbide.
Erano la linfa che dava esistenza alla rosa, perché ogni volta che Adrian mi allontanava, mi sentivo a pezzi e proprio come quel fiore, i miei petali cadevano uno a uno... il cuore in quel momento, si strinse stranamente in una morsa.
Un'orrenda sensazione, mai provata.
Ripresi il piatto con il cucchiaio riponendoli sulle mie gambe stese, mentre con le braccia sfioravo il viso liscio del mio nemico e lo avvicinavo inerme al mio corpo rovente.
Doveva mangiare, doveva assolutamente guarire.
Soffiai sulla posata ripiena del brodo caldo di mia madre e lo posi vicino alle sue labbra.
<< Dai Adrian mangia >> susurrai più a me stessa, mentre continuavo perpetua a squadrarlo.
<< Adrian ti prego >> ripetevo sconfitta, ogni volta che lui rimaneva con la bocca serrata facendo ricadere il contenuto sui miei vestiti stropicciati.
Riprovai infinite volte perché desideravo curarlo, ma stanca lo costrinsi a schiudere le labbra pressando il cucchiaio sulla fessura della sua cavità orale.
Fu in quel preciso istante che il mio animo tuonò per lo spavento improvviso.
<<Che cazzo stai facendo? >> Fu la voce di Andrian impastata dal sonno a farmi spalancare visibilmente gli occhi.
Rimasi pietrificata, impaurita.
Pareva ancora mezzo addormentato.
Poi si alzò di poco con il busto, strizzò le palpebre, cercando di capire la strana situazione.
In effetti ritrovarmi così, non era per niente piacevole per lui.
Captavo il suo nervosismo.
<< Hai la febbre... ti stavo aiutando >> farfugliai incredula per la sua reazione.
Poi repentino afferrò il cucchiaio che avevo ancora tra le dita lanciandolo via con una forza inaudita.
Il rumore della posata contro il muro risuonò per tutta la stanza, rabbrividii sbarrando ulteriormente gli occhi.
Strinse forte incomprensibilmente il mio piccolo polso, fino a farmi male.
Quel contatto mi stava incenerendo.
<< Ora vattene via! >> Mi urlo contro indicandomi l'uscita e liberandomi dalla sua losca presa.
Cercai di replicare invano, il suo sguardo trucido non faceva che sgretolare ogni pezzo della mia essenza, rendendomi impotente.
Presi tutto riponendolo nel vassoio, scesi dal letto velocemente con ancora il polso dolorante e mi affrettai a raggiungere la soglia, ma prima mi abbassai frettolosamente a raccogliere il cucchiaio che lui "gentilmente" aveva fatto volare via.
<< Ti ho detto di andare fuori da qui >> fu la sua voce severa, rassegnata a qualcosa di inimmaginabile, a sorprendermi un'altra volta... Pareva frustrato da qualcosa che ignoravo, non comprendevo.
Cosi velocemente fermai le mie iridi verdi sul suo volto oramai abbassato, ricoperto interamente dalle sue grandi mani e corsi via, giù in cucina.
Una volta lì, posai il portavivande nel lavello e scioccata camminai avanti e indietro nell'ampia stanza, irrequieta.
Come avevo potuto desiderarlo così tanto?
Perché era insistentemente nei miei pensieri?
Adrian rimaneva un essere spregevole, privo di sentimenti, solo questo per me doveva contare.
Avevo bisogno di stargli lontana.
Mi toccava proteggermi da lui, dalla sua cattiveria.
Eppure non riuscivo ad odiarlo...
Perché si sa, l'odio è un sentimento e lui meritava solo la mia indifferenza, ma in quel momento non provavo nemmeno quella...
Arrabbiata con me stessa per la situazione, sprofondai nel divano di pelle e accesi la TV, cambiando continuamente canale.
Il mio cellulare squillò poco dopo facendomi saltare terrorizzata.
Il nome sullo schermo non presagiva nulla di positivo.
Cercai di calmarmi.
<< Ciao mamma >> dissi disinvolta.
<< Tesoro scusami, ma siamo bloccati nel traffico. Io e tuo padre arriveremo con un'oretta di ritardo. Mi dispiace Judie...>> mi spiegò.
<< Cosa?? >> Domandai alzando la voce angosciata.
<< So che ti sto chiedendo tanto, ma prenditi cura di Adrian, non farmi stare in pensiero >> mi supplicò.
<< Ma mamma basta per favore! >> Risposi quasi urlando, sfiancata.
<< Judie se la febbre non sparisce, sarò costretta ad avvisare anche i suoi genitori e non voglio far preoccupare la mia amica... >> Poi continuò dopo una breve pausa:
<< tra un'ora siamo lì, scusami... ti preparerò delle pietanze deliziose domani, ok? >> Propose speranzosa cercando di corrompermi con del cibo.
Non volevo impensierire anche la madre di Adrian, così sconfitta risposi solamente:
<< Ok a dopo >>
E irritata staccai la chiamata, perché la mia genitrice non aveva considerato il mio stato d'animo.
Risalire era impossibile.
Basta non ne potevo più!
Occuparmi di lui era inaccettabile, non lo meritava!
Eppure ero obbligata a ritornare in quella camera e stargli nuovamente vicina, con la speranza che non mi uccidesse.
Restai comodamente sul sofà tonalità cammello per altri dieci minuti, dovevo prepararmi mentalmente alla guerra in atto.
Mi avvicinai al frigo, maneggiai il cartone del latte freddo sorseggiandolo, poi lo riposai.
Dovevo essere forte!
Non potevo farmi trattare così da lui, gli stavo "salvando la vita" era legittimo pretendere, invece, un ringraziamento.
Cautamente risalii le scale che per l'ennesima volta parvero la mia entrata all'inferno.
L'angelo decaduto, stava aspettando la mia dipartita.
Voleva vedermi crollare insieme a lui, desiderava rendermi polvere al suo tocco.
Fui allo stipite della sua porta con un tremore a percuotermi le ossa.
Accesi nuovamente la luce per decretare la mia presenza in quella stanza, ma non successe nulla.
Adrian pareva dormire di nuovo.
Così la tensione sembrò affievolirsi, mi accostai alla sua corporatura.
Riposava per davvero, pareva così rilassato, incatenai i miei occhi chiari alle sue palpebre chiuse.
Non sapevo cosa fare.
Allora decisi di sedermi sul letto acconto a lui e adagiai le mie dita vacillanti sulla sua fronte per verificare lo stato della febbre.
Ma quel contatto veloce, disarmante mi incendiò all'interno. La sua pelle mi richiamava, mi diceva di non fermarmi.
Mi resi conto che la mia mano era completamente bagnata.
La temperatura stava scendendo, la medicina stava facendo effetto.
Ma era così sudato che dovevo cambiarlo.
Deglutii al solo pensiero di dover spogliare un uomo.
Perché Adrian era pur sempre un maschio e io, una donna che in quel preciso istante lo considerava dannatamente ammaliante, struggente.
Presi i lembi della sua maglietta ormai zuppa, cercai di sollevarla, ma il corpo di Adrian sorprendemente era pesante, non riuscivo a smuoverlo.
Fortunatamente il mio coinquilino pareva caduto in un sonno profondo, mi domandai mentalmente su cosa stesse fantasticando per sembrare così maledettamente innocuo.
La passione che bramavo per lui parve coinvolgermi ancora come in un incantesimo fatale.
Provai infinite volte ad alzare la sua t-shirt, intravedendo la sua pancia bianca, piatta e ricevendo solo qualche mugolio contrariato da parte sua, che non faceva altro che agitarmi, immaginando l'ambigua scena se lui si fosse svegliato in quel momento.
Riflettevo se togliergli i pantaloni, parevano più facili da sfilare, ma era troppo imbarazzante per me.
La mia faccia arrossì violentemente alla sola idea del suo pacco dritto di fronte al mio volto.
Tolsi immediatamente quel pensiero inopportuno dalla mia mente.
Tentai nuovamente di rimuovere i suoi vestiti invano, così mi apprestai a scendere dal letto e raggiungere una tovaglia che era vicina alla sedia a fianco alla scrivania, per asciugare il suo sudore, ma stremata mi coricai ingenuamente accanto a lui, le palpebre diventarono pesanti, fin quando non scrutai il buio intorno a me, il cervello sembrò svuotarsi...
Infine, alla mia destra percepii un calore continuo ricoprirmi il corpo disarmato.
NOTE ❤️
Salveeeeee 🙃
Dopo il bacio improvviso nel capitolo precedente da parte di Judie, sono molto curiosa...
Fatemi sapere con un commento in quale gruppo vi rispecchiate:
TEAM " VOGLIO ANCORA SBACIUCCHIARE ADRIAN (OVUNQUE 😏) "
&
TEAM " VOGLIO AMMAZZARE A SUON DI PADELLATE ADRIAN 🤕🍳"
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