CAPITOLO 18
Non siamo mai così privi di difese come quando amiamo.
(Sigmund Freud)
Il respiro corto.
Il cuore continuava a battere forte.
Ero al centro dell'ingresso.
Dovevo salire le scale?
L'ansia mi devastava.
Ovviamente la scelta più saggia era andare via.
Lui era il mio nemico.
Perché sentivo la testa così annebbiata in quella situazione?
Qualche passo più avanti.
Dal soggiorno provenivano strani rumori, un fracasso di pentole.
Deglutii.
<<Adrian sei tu? >> Urlai.
Aspettai qualche secondo.
Nessuna risposta.
<<Adrian allora?? >> Insistetti.
Quel cretino che stava combinando?
La paura incominciò a far spazio alla rabbia.
Perché doveva sempre ignorarmi?
Trattarmi come voleva?
Io non sono il suo zerbino!
Nervosa, mi avvicinai svelta verso la cucina.
<< Adrian cavolo! >> Imprecai.
Eppure la mia bocca si spalancò all'istante.
<<Oh Judie... ecco io...>> pronunciò debolmente mia mamma.
<< Che succede qui? >> Chiesi curiosa.
Proseguii << sembra un campo di battaglia >>.
<< Tranquilla sistemerò tutto dopo. Va a prepararti >> mi obbligò quasi.
<<Aspetta... prepararmi? E papà dov'è?>>
Domandai perplessa.
<<Tuo padre ed Adrian sono quasi pronti. Andiamo a cena fuori. >> Confessò felice.
Adrian con me, anzi con noi al ristorante?
Oh miseria!!
Mia mamma doveva sempre complicarmi la vita?
Sarà un vero disastro!!
Desideravo solo evitarlo!
<<Mamma sono davvero stanca. Mangiamo qui qualcosa dai >> proposi speranzosa.
<<Non esiste. Dobbiamo festeggiare bambolina mia! >> Esclamò euforica.
<< Mamma che stavi facendo? C'è carta da regalo ovunque per non parlare degli adesivi, forbici, nastro... >> chiesi stufa.
<<Io e tuo padre siamo molto orgogliosi di te, quindi stavo cercando di impacchettarti un regalo >> disse in imbarazzo.
Purtroppo in queste cose non era il massimo.
<< Grazie, ma davvero non era necessario >> le spiegai.
<< Ecco, prendilo e va a cambiarti >> esordì porgendomi il pacco e spingendomi dolcemente fuori dalla stanza.
Mentre salivo le scale.
Il pensiero di stare così vicino al mio nemico, mi agitava troppo.
Ma dovevo essere forte!
Non potevo sentirmi così strana per quello scontroso!
Lui non significava nulla per me!
Quella sera, stranamente volevo sentirmi bellissima.
Tutti dovevano avere occhi solo per me.
Dopo un'oretta scesi di corsa.
Papà mi stava chiamando già da un po'.
Avevo tardato parecchio, ma desideravo essere perfetta.
I miei capelli castano, ricadevano morbidi sulle spalle in piccole curve.
Il mio viso chiaro era evidenziato da un trucco non troppo semplice.
Le palpebre argentate e le labbra cremisi.
Il vestito rosso scendeva liscio sul mio corpo.
Era costellato di diamanti sulla scollatura a cuore.
Dietro, la schiena completamente scoperta.
I tacchi ardesia leggermente alti, sembravano non darmi equilibrio, rischiavo una brutta caduta.
<< Sei stupenda amore>> mi sussurrò all'orecchio papà dopo avermi squadrata per qualche secondo.
<< Non ti sembra esagerato per una pizzeria? >> Domandò mia mamma.
Sbiancai.
Non era un ristorante?!
Poi continuò << scherzo! È perfetto! >> Avvolgendomi in un caloroso abbraccio, rischiando di ritrivarci entrambe sul pavimento.
Adrian non c'era.
Seduto in macchina nemmeno mi guardava.
Feci un bel respiro.
Aprii la porta della macchina.
Dovevo sedermi dietro con lui.
Fortunatamente il suo sguardo era perso ad osservare la città di notte, fuori dal finestrino.
Perché continuava a comportarsi così?
Mi odiava così tanto senza un motivo...
ma soprattutto perché avevo esagerato nel volermi vedere apprezzata?
"Non l'avevo fatto mica per lui?"
Iniziò a sorgermenti questo insidioso pensiero.
Eppure non era lui la persona con cui sognavo di raggiungere il mio obiettivo.
L'amore...
Il ristorante da fuori era splendidamente stupendo. Il nome del locale scritto a caratteri cubitali, illuminati da una luce giallastra, la grande porta all'ingresso di vetro e legno faggio.
Vicino, i vasi squadrati erano pieni di rose color pesca.
All'interno la sala enorme aveva il soffitto tempestato da grandi lampadari luccicanti, dorati.
Le pareti color avorio. I tavoli di diverse grandezze erano ricoperti come le sedie da stoffa ricamata in fantasie floreali.
Ai muri piccoli quadri rappresentavano Newport in diverse stagioni dell'anno.
Ero veramente stordita da tanta bellezza.
Ma mi sentivo anche terribilmente irrequieta.
Dovevo cambiarmi.
Avevo sbagliato semplicemente tutto!
Dove avevo il cervello??
Presi le chiavi della macchina, ancora nelle mani di mia madre e andai verso il parcheggio.
Lì doveva esserci un mio abito blu cobalto, molto più sobrio, posto in una busta sul sedile posteriore e un paio di ballerine nere.
Trovati, li presi svelta tra le braccia e corsi verso il bagno delle donne del ristorante.
Indossai piano il vestito, perché l'unica cosa a cui riuscivo a credere, era che non mi sentivo in me...
Avvolsi l'altro abito nella busta presente in macchina. Lo posai lì con i tacchi e poi ritornai al tavolo che c'era stato assegnato.
<< Judie sono dieci minuti che ti cerco>> mi sgridò papà preoccupato.
<< Perché hai cambiato il vestito? >> mi chiese dubbiosa mamma.
<< Preferisco questo. Sono più a mio agio>> mentii.
Poi proseguì << Va bene. Siediti vicino ad Adrian, ora arriva il cameriere. >>
Mi feci coraggio mentalmente.
Pochi centimetri a separarci.
Il suo profumo forte, mi riempiva le narici.
Ma continuava a non guardarmi.
I suoi occhi fissi sul bicchiere di vino rosso davanti a lui.
Era un tormento.
La sua anima così dannata...
Indossava un abito classico, nero.
Sempre molto bello...
I suoi capelli a fare da contrasto a quei suoi occhi magnetici.
Le labbra rosate dischiuse.
E la sua figura alta, ad imprimermi il suo charme.
Guardai per minuti infiniti il menù.
Ma la fame ormai era sparita.
Il cameriere tardava ad arrivare, facendomi agitare ulteriormente.
Incominciai a dondolare le gambe.
Malauguratamente il mio piede colpì la caviglia di Adrian.
Rimasi impietrita.
La mia salvezza in quel momento era la presenza dei miei genitori.
Lui si voltò di colpo, penetrò le sue iridi acquamarina alle mie.
Il suo sguardo astio. Pareva volermi uccidere.
Distolsi immediatamente il volto dalla sua direzione, da quei lineamenti fatali.
Dopo poco arrivò il cameriere.
Un signore di mezza età, un po' paffuto.
I suoi baffi particolari, lo rendevano un soggetto davvero divertente.
<<Cosa desidera signorina? >> Mi domandò gentilmente.
Adrian aveva ordinato la bistecca, quindi non volevo mangiarla anch'io.
<< Per me pesce spada alla griglia, grazie>> risposi con un sorriso.
I miei genitori nell'attesa continuavano a chiacchierare tra di loro, della promozione di papà e del corso di cucina che desiderava seguire la mamma. Adrian sembrava ascoltarli annoiato.
Il cameriere tornò dopo un quarto d'ora circa, con piatti fumanti. La fame improvvisamente tornò, facendo brontolare il mio stomaco, anche se la carne pareva più invitante.
Presi la forchetta alla mia destra distrattamente, ma in realtà la mia mano si appoggiò delicatamente su quella del mio nemico, anche lui pronto a prendere quella posata.
Cavolo la mia forchetta era a sinistra!!
La mia faccia cremisi.
La mano ancora ferma sulla sua, morbida e calda.
Fissai sbalordita quel contatto che mi aveva sorpresa.
Quella sensazione che mi rammentava quel giorno.
La sua pelle contro la mia.
Un fuoco ardente, pronto ad esplodere.
Ma lui da sotto la sfilò repentino dal mio tocco.
Sembrava ringhiarmi, pareva dirmi di non farlo mai più o avrei rischiato la vita.
Mi guardò per pochi secondi con una strano ghigno sulle labbra.
Non prometteva nulla di buono.
Il cuore sembrò scoppiare.
Dovevo restare calma.
Feci un bel boccone. Assaporai lentamente il cibo squisito.
<< Judie raccontaci della presentazione dai >> propose mia mamma euforica.
Fu quello il momento esatto in cui pagai la mia pena.
Avevo sfiorato il diavolo e lui non mi avrebbe lasciata andare così facilmente.
Da sotto il tavolo, ben coperto dalla lunga tovaglia dorata, le dita grandi di Adrian mi sfiorarono volontariamente il ginocchio.
Spalancai gli occhi visibilmente colpita.
Incominciai a tossire.
Ma la cosa sembrava far piacere al mio nemico.
Piano con i polpastrelli iniziò pericolosamente a raggiungere l'interno della mia coscia.
Lasciando una scia di emozioni contrastanti.
Sentivo le sue dita avvicinarsi maledettamente alla mia intimità.
Non sapevo cosa fare.
Quel contatto mi bruciava, percepivo scosse percorrermi il basso ventre.
In una sensazione che non avevo mai provato prima.
Fin quando Adrian posizionò le sue dita proprio nel mio inguine tiepido, solleticandomi.
Come a voler spostare il mio tanga di pizzo beige e sconvolta sputai incomprensibilmente sul tavolo tutto ciò che stavo masticando.
Quello fu il momento esatto in cui malefico lo vidi ridere a crepapelle.
E abbandonare il mio corpo incenerito.
NOTE ❤️
Ciao 🙃
cosa ne pensate del comportamento di Adrian?
Baci 😘
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