CAPITOLO 108
"Ci imponiamo di non aspettarci niente... Ma nel cuore, in realtà, la speranza non si spegne mai."
-T. Cannistrà
Dopo l'incontro con Noah e la sua sorellina, arrivai lentamente fuori alla mia modesta abitazione. Feci un profondo respiro e spalancai la porta principale. Entrai e la solitudine mi avvolse prepotente, ma prima che crollassi definitivamente in un grande pianto colmo soltanto di dolore, presi tra le mie mani tremante il cellulare e chiamai le mie migliori amiche...
Avevo bisogno di capire se per loro avevo sbagliato ad accettare di fare da babysitter ad Emily per qualche giorno.
Finita la lunga chiamata con le mie amiche, fui abbastanza perplessa dal loro comportamento apparentemente tranquillo poiché mi dissero semplicemente di fare qualsiasi cosa mi rendesse felice. Volevano vedermi stare di nuovo bene con me stessa, senza più affligermi continuamente e mi sentii quasi rasserenata da quelle inaspettate parole.
Trascorsa l'ennesima notte insonne, il giorno seguente mi svegliai con una forte ansia giacché dopo la scuola sarei dovuta andare direttamente a casa di Noah dato che, sinceramente, non avevo proprio voglia di studiare.
Sperai disperatamente di restare tutto il pomeriggio soltanto con Emily dato che stare con lui mi riportava automaticamente alle mente, in una maniera assurda, quasi inspiegabile, il ricordo del mio coinquilino.
Prima di uscire di casa e andare a scuola, decisi di vestirmi con più accuratezza visto che ormai non mi importava più nemmeno di quello... Eppure, volevo provare a riprendere in mano almeno quella piccola parte della mia vita. Così, dopo aver pettinato i miei lunghi capelli e applicato un leggero make-up sul mio viso pallido, decisi di indossare un jeans scuro con un maglioncino color albicocca.
Mi sentii per un attimo più fiduciosa, più serena...
Quella mattina non feci nemmeno colazione, non avevo fame e uscii frettolosamente fuori dalla mia abitazione, ormai già vuota.
Il cielo era abbastanza nuvoloso, sembrava voler piovere perciò, camminai velocemente e arrivata a scuola, non mi soffermai ad osservare ciò che mi circondava, ma entrai direttamente nel vasto corridoio per raggiungere il mio piccolo armadietto e notai che la maggior parte degli studenti era già lì... Forse per il tempo incerto.
Tuttavia, mentre stavo per allontanarmi dal corridoio principale per giungere nell'aula in cui avevo lezione, un messaggio sul cellulare mi fece sobbalzare internamente, facendomi riemergere dai miei pensieri tortuosi giacché, inevitabilmente, la mia mente sperò che fosse soltanto Adrian, invece, ogni mia aspettativa cessò quando sullo schermo illuminato apparve un messaggio che non apparteneva a lui:
"Ciao Judie, sono Noah.
Alla fine delle lezioni incontriamoci nel cortile, vorrei offrirti un passaggio con la mia macchina per portarti da Emily visto che sinceramente non so se tu ricordi ancora dov'è la mia abitazione...
Dopo però, andrò subito via perché devo partecipare agli allenamenti, mi dispiace. Aspettami mi raccomando, voglio accompagnarti io a casa appena finisco."
Fui veramente sconcertata da quel messaggio apparentemente normale, eppure, un'ansia terribile automaticamente mi invase completamente poiché non solo dovevo stare nella sua abitazione con sua sorella, ma dovevo anche accettare un passaggio in automobile da lui sia all'andata che al ritorno da casa sua...
Sperai vivamente che quel comportamento fosse basato semplicemente sull'amicizia giacché io, in quel momento delicato, avevo soltanto bisogno del cuore di Adrian.
Noah poteva distrarmi un po', ma non poteva farmi dimenticare il mio coinquilino.
Dopo alcune ore, finalmente le lezioni a scuola terminarono... Ciononostante, parvero decisamente passare velocemente.
Non prestai molta attenzione ai professori mentre spiegavano le varie materie e questo mio atteggiamento sbagliato rischiava davvero di peggiorare i miei voti.
Eppure, fu inevitabile, la mia mente fu altrove e pensai più volte a come intrattenere Emily in quelle ore insieme, oltre a dover sicuramente giocare con le sue bambole.
Quando la campanella per la fine delle lezioni suonò rumorosa, l'ansia mi invase totalmente e con uno strano timore a percuotermi l'anima mi diressi nel vasto cortile per incontrare Noah.
Dovevo solo mantenere la calma, dovevo essere più spensierata.
Arrivata nel luogo prestabilito, mi posizionai in un punto ben preciso, affinché Noah riuscisse subito ad adocchiarmi... Tuttavia, osservando attentamente ciò che mi circondava, mi resi conto che la sua muscolosa figura mi stava già aspettando alla fine del cortile, quasi vicino al parcheggio.
A quel punto, camminai frettolosamente verso di lui per raggiungerlo e quando fui a pochi passi da Noah, finalmente i suoi occhi incrociarono i miei e automaticamente, incollò il suo sguardo felice nel mio, quasi imbarazzato e iniziò a sorridermi ampiamente.
Il ragazzo più figo della scuola quel giorno indossava un pantalone color bordeaux con un giubbotto abbastanza imbottito tonalità ambra. I suoi occhi azzurri parevano la fotocopia del cielo nuvoloso che sovrastava da stamattina Newport... Le sue iridi più tendenti al grigio e i suoi capelli biondi erano in perfetto ordine.
Era proprio un bel ragazzo, il soprannome che gli era stato dato rispecchiava completamente la realtà, quel titolo che aveva era veramente meritato...
Ciononostante, adesso non mi attraeva più come in passato, il suo aspetto fisico mi era davvero indifferente.
Quando fui finalmente accanto alla sua corporatura muscolosa, Noah fissandomi ancora con voce contenta e tranquilla pronunciò:
<< Ciao Judie >>
Poi aggiunse con un tono più serio:
<< Come stai? Stamattina sei ancora più bella >>
E fu veramente come un fulmine a ciel sereno, mi colpì inaspettatamente e arrossii repentina, in maniera involontaria.
Aver dato finalmente più attenzione al mio aspetto esteriore aveva portato già i suoi vantaggi, ma d'altronde, dopo la partenza di Adrian avevo manifestato in tutti i modi il mio stato d'animo distrutto dalla sofferenza.
A quel punto, ancora timida, affermai con falsa quiete:
<< Ciao Noah, io sto bene. Tu come stai? >>
Evitai palesemente quel suo complimento per non rendere quella situazione ancora più imbarazzante.
<< Anch'io sto bene >> annunciò con un tono più basso e poco soddisfatto, eppure, continuò a sorridermi leggermente.
Poi, continuò lievemente irrequieto e nel contempo, autoritario:
<< La macchina l'ho parcheggiata qualche metro più avanti, seguimi. >>
Successivamente, dopo una breve pausa, speranzoso mi comunicò:
<< Spero non sia un problema per te venire in macchina con me, ho solo pensato che probabilmente non ricordavi la strada. >>
<< Noah ti ringrazio, hai fatto benissimo a chiedermelo... In effetti, non la ricordo perfettamente. >>
Chiarii con serenità per non sembrare scortese e per non farlo preoccupare anche se la mia voce non sembrò veramente convinta di quella affermazione.
Noah non disse nulla, iniziò semplicemente a camminare in silenzio verso la sua automobile e io lo seguii, restando accanto a lui.
Dopo circa due minuti, fui finalmente vicina a quella lussuosa e bellissima macchina.
In realtà, fui veramente emozionata di potermi sedere dentro di essa.
La squadrai automaticamente incantata.
Giunto davanti all'automobile, Noah restò ancora nel suo mutismo e velocemente salì al suo interno ed io feci lo stesso.
Accomodata su quel soffice sedile, fui subito invasa da un buon profumo per ambiente che mi ricordava l'odore delle rose.
All'interno della macchina tutto era in ordine e pulito.
Alla fine, sprofondai in quei sedili in pelle tonalità carbone e inconsciamente, incominciai a rilassarmi.
Noah si posizionò davanti al volante, ma prima di accendere la macchina e partire, mi guardò con una strana attenzione e io, involontariamente, lo squadrai visibilmente perplessa.
Mi sembrò voler dire qualcosa che, in realtà, non pronunciò...
Quando finalmente incominciò a guidare e l'automobile lentamente si allontanò dal parcheggio dell'istituto, mi resi conto che la maggior parte degli studenti ci stava fissando con un volto prettamente sconcertato e probabilmente nei giorni successivi non avrebbero fatto altro che parlare di noi, di ciò che avevano visto e che credevano...
Tuttavia, non mi importò poiché la verità la conoscevamo sia io che Noah.
Il ragazzo più figo della scuola inspiegabilmente non accese la radio e in parte, né fui felice perché era l'occasione perfetta per chiacchierare un po'.
Allora, con falsa spensieratezza e gioia gli chiesi, comprendendo solo dopo il mio errore:
<< Tu e Olimpia siete molto amici, ma sarà d'accordo su tutto questo? Come avrai notato, non mi sopporta. >>
<< Olimpia non è più mia amica >> Affermò subito con autorità e lieve nervosismo e ciò non mi diede il coraggio di chiedere di più su quella faccenda...
Poi, costatando il mio improvviso silenzio, continuò sincero con lo sguardo fisso sulla strada da percorrere:
<< In realtà, può sembrare improbabile, ma non ho molti amici >>
Fui visibilmente allibita da quella confessione, però, mi sembrò anche il momento giusto per iniziare una conversazione più seria con lui:
<< In che senso? Sei sempre circondato da tanti ragazzi e ragazze >>
Ciononostante, Noah restò di nuovo nel suo mutismo e a quel punto, con un tono più basso e amorevole dichiarai:
<< Se non hai voglia di parlarne, non è un problema. Non devi preoccuparti. L'importante è che nonostante tutto, stai bene. >>
<< Judie come potrei definirli amici se, in realtà, non si interessano minimamente alla mia vita?! >> Mi domandò Noah inaspettatamente, in maniera retorica, quasi scombussolato da se stesso e palesemente deluso, sorprendendomi ancora.
Poi, fece un lungo respiro e infine, mi confidò con evidente tormento mentre io, avevo gli occhi puntati sul suo volto dispiaciuto:
<< Le ragazze che sono sempre accanto a me a scuola, sono lì solo per la popolarità che mi hanno attribuito gli altri studenti, ma credimi, non mi interessano minimamente e loro sono vicine a me soltanto per vantarsi davanti ad altri ragazzi. >>
Restai scioccata.
Stranamente udii il mio cuore soffrire per quella delicata situazione, quella sua tangibile solitudine pareva, in maniera illogica, poter far soffrire anche me.
Di conseguenza, cercai di migliorare quel discorso opprimente, perciò chiesi speranzosa:
<< E i tuoi compagni di squadra? >>
<< Sono solo quello... Compagni di squadra. >> Affermò subito con convinzione e un tono abbastanza abbattuto.
Allora, inconsciamente, diedi voce alle parole che sentivo provenire dal mio cuore e con la massima comprensione e benevolenza, gli comunicai:
<< Avere dei veri amici è davvero difficile, ma questo non deve farti sentire solo. >>
<< In verità, preferisco non pensare a questo. Sai, mi tengo impegnato con lo sport per non riflettere sempre su ciò che non va nella mia vita. >> Mi confessò ancora con visibile rammarico verso se stesso e fui nuovamente sorpresa di ascoltare quelle dolorose parole proprio da lui perché quel male che lo affliggeva pareva assurdamente invisibile esteriormente.
A quel punto, decisi di azzardare ancora e chiesi seria:
<< Ti riferisci al rapporto con i tuoi genitori o c'è altro? >>
<< Mi riferisco a tante cose, ma preferisco non parlarne. >> Mi annunciò autoritario con voce piatta e quasi vuota.
<< Scusami >> pronunciai immediatamente dispiaciuta e colma di imbarazzo.
Eppure, Noah dopo una breve pausa, proseguì con rabbia e delusione:
<< Judie tutto quello che ho, come questa macchina, lo devo ai miei genitori, ma la loro costante assenza mi pesa. >>
<< Non sono mai a casa con te ed Emily? >> Domandai con troppa leggerezza ed incoscienza.
<< Mia madre torna a casa la sera, qualche volta cena con noi, ma è immersa nel suo lavoro. Figurati che per pulire l'abitazione chiama ogni settimana un'impresa di pulizia >> spiegò con fastidio e una leggera ironia.
Poi, fece un profondo respiro e mi chiarì palesemente rancoroso:
<< Mio padre, invece, si fa vedere solamente nel weekend, ma anche lui è troppo preso da altro... Come le sue amanti, da dimenticarsi continuamente della sua famiglia, specialmente di Emily. >>
Quell'argomento era talmente serio e colmo di sofferenza che non mi sentii più in grado di poter dire qualcosa.
Lo osservai con occhi lucidi, percependo il suo dolore, ma restai in silenzio.
Allora, Noah si girò per un attimo a guardare il mio volto preoccupato e con un lieve sorriso mi chiese con gentilezza:
<< Tu hai un buon rapporto con i tuoi genitori? >>
<< Si >> asserii solamente con convinzione e lievemente mortificata.
Noah mi guardò ancora per qualche secondo, ma il suo soffice sorriso si spense e a quel punto, chiesi in modo probabilmente impertinente:
<< Quindi non hai un buon rapporto con i tuoi genitori? >>
<< Non saprei definirlo sinceramente, ma con mia madre vado molto più d'accordo. >>
<< Capisco >> risposi soltanto con voce comprensiva e ancora inquieta.
Poi, dopo una lunga pausa, immersa in quel mutismo che in realtà pareva scalfirci, aggiunsi con dolcezza e falsa tranquillità:
<< Noah sei un bravissimo ragazzo, devi essere felice e orgoglioso di questo. Sei solamente da apprezzare e credimi, mi dispiace davvero per questa situazione, ma se avrai ancora voglia di sfogarti un po', conta pure su di me. >>
Dopo alcuni secondi, però, continuai con premura:
<< Tu non sarai mai veramente solo con i tuoi tormenti perché c'è Emily che ti adora, più di ogni altra cosa al mondo ed è questo quello che conta davvero... Essere amati. >>
<< Ti ringrazio >> aggiunse solamente, con un sorriso quasi forzato mentre la sua mente sembrava immersa ancora in pensieri impenetrabili.
Dopo alcuni minuti, mi guardò con insistenza e alla fine, con un tono più allegro mi comunicò:
<< Siamo quasi arrivati >>
Automaticamente, osservai con attenzione e curiosità fuori dal finestrino, vedendo nuovamente quella zona residenziale molto prestigiosa, colma di ville bianche maestose.
<< Che meraviglia! >> Esclamai inconsciamente, estasiata da quella bellezza che si poteva scorgere solamente nei film e restai così per un tempo indefinito, scrutai con stupore ciò che ci circondava.
Senza rendermene conto, Noah giunse fuori alla sua abitazione e parcheggiò la macchina davanti all'ingresso della villa e alla fine, mi squadrò di nuovo con tranquillità e con una voce felice mi chiarì:
<< Siamo arrivati >>
Mi sorrise, finalmente con uno sguardo più sereno, mentre mi osservava togliere la cintura di sicurezza.
Di conseguenza, mi dichiarò palesemente mortificato:
<< Io non entro. Ritorno tra qualche ora a prenderti. Divertitevi. Emily è già dentro casa che ti aspetta. L'amica di mia mamma è andata a prenderla a scuola prima. >>
<< Va bene >> asserii soltanto con un lieve sorriso, non molto convinto dato che credevo entrasse almeno qualche minuto per salutare la sua sorellina.
Infine, quando mi alzai parzialmente da quel comodo posto per aprire la porta della macchina, Noah con delicatezza afferrò nella sua grande mano il mio esile polso per qualche secondo, come a volermi fermare... Quel contatto improvviso mi scombussolò visibilmente.
Alla fine, quando l'ansia iniziò a percuotermi, girai lentamente il mio volto incerto nel suo, catapultandomi automaticamente nelle sue iridi chiare e a quel punto, mi confessò amorevole:
<< Judie grazie, mi stai aiutando tantissimo... Questo per me è un periodo fondamentale. >>
<< Non preoccuparti, lo faccio con piacere. >> Affermai all'istante con non serenità, sorridendogli sinceramente.
Mi sentii improvvisamente sollevata.
Di seguito, senza dire altro, scesi da quella lussuosa automobile e mi diressi davanti alla porta principale della villa e bussai al campanello.
<< Sei Judie? >> mi accolse subito la timida voce di Emily da dietro alla porta ed io, risposi subito con convinzione ed entusiasmo:
<< si, sono io. >>
A quelle parole, Emily spalancò repentina la porta in legno scuro e mi abbracciò con tutta la sua forza.
Mi abbassai leggermente per assaporare di più quel contatto amorevole e spontaneo.
<< Entriamo! >> Urlò euforica Emily, dopo qualche secondo, distaccandosi cautamente dal mio esile corpo.
Così, senza pronunciare nulla, la seguii semplicemente e mi addentrai con meraviglia in quella abitazione che ricordavo ancora perfettamente. Emily, intanto, chiuse la porta principale alle mie spalle.
La casa era di una bellezza davvero sofisticata. Era ordinata, pulita e decisamente profumata... La adoravo.
Improvvisamente, però, mi sentii osservata e inconsciamente, il mio sguardò ammaliato si soffermò su Emily e notai che i suoi folti capelli erano sciolti, quella naturalezza sembrò illuminare di più il suo tenero volto. Indossava delle piccole pantofole color rosa e aveva un vestito molto semplice, ma grazioso di una tonalità tendente all'azzurro e qualche sfumatura di bianco.
<< Cosa stavi facendo? >> Chiesi interessata, per iniziare una piacevole conversazione con lei.
<< Ho portato tutte le mie bambole preferite nel salotto per giocare >> Affermò soddisfatta ed entusiasta.
<< Non potevamo giocare direttamente in camera tua? >> Domandai incerta e spontanea.
<< Hai ragione, ma qui abbiamo più spazio >> chiarì sicura e con un leggero imbarazzo.
Poi, insicura e speranzosa mi domandò:
<< Vuoi vedere la mia casa? >>
Ero super curiosa, ma non volevo esagerare... Non volevo rischiare di entrare nella stanza di Noah a sua insaputa, perciò preferii evitare.
<< Non preoccuparti. Mi basta vedere la cucina. Dopo vorrei prepararti una merenda gustosa >> esordii con falsa felicità.
<< Judie... Io ho già fame! >> Mi confessò dispiaciuta e colma di vergogna.
Allora preoccupata le chiesi con un timbro allarmato:
<< Non hai mangiato a scuola? >>
<< Oggi no... c'erano gli spinaci e altre cose che non mi piacciono > Mi confidò ancora mortificata e con imbarazzo.
Poi, continuò visibilmente preoccupata:
<< Non dirlo a Noah! >>
A quel punto, inevitabilmente, le spiegai seria e nel contempo, comprensiva:
<< Emily devi provare a mangiare ogni cibo che ti viene proposto dalla mensa della scuola perché non puoi restare digiuna, inoltre ogni pietanza è importante per la nostra salute, soprattutto le verdure. Comunque non preoccuparti, resterà il nostro segreto. >>
Successivamente, dopo una breve pausa, proseguii più serena:
<< Ora accompagnami in cucina, così ti preparo qualcosa di buono da mangiare. >>
Emily restò in silenzio, in attesa del pranzo.
Piano si diresse verso la vasta cucina ed io, ovviamente la seguii.
Non sapevo cosa ci fosse in casa da poter cucinare... Così, le chiesi dubbiosa e nel contempo, quieta:
<< cosa vorresti mangiare? >>
<< Nel mobile c'è della pasta... Vorrei la pasta al formaggio! >>
<< Va bene >> affermai tranquilla, soprattutto nel sapere che non voleva che le cucinassi qualcosa di complicato.
Di conseguenza, Emily si accomodò vicino alla larga tavola e incominciò ad osservarmi con immensa curiosità ed impazienza.
Nel frattempo, aprii vari mobili in cerca della pasta e finalmente dopo alcuni tentativi la trovai.
Intanto, Emily mi spiegò dov'erano le pentole e ne presi una piuttosto piccola. Aggiunsi all'interno dell'acqua e del sale che fortunatamente era già sopra al lavello e accesi il fornello.
Poi, aprii il modesto frigo, che stranamente era quasi vuoto e cercai del formaggio. C'erano tre tipi diversi e decisi di prendere tutti per rendere il sapore ancora più buono.
I minuti trascorrevano lenti mentre aspettavo che la pasta si cuocesse, Emily contenta, nell'attesa, mi raccontò cosa aveva fatto oggi a scuola e io la ascoltai volentieri, senza però, fare alcuna domanda invadente in merito poiché in quel momento tranquillo, assurdamente, la mia mente ritornò involontariamente su Adrian e il cuore, in automatico, iniziò a fare nuovamente male.
Dopo una decina di minuti, la pasta fu finalmente cotta e preparai il formaggio da mescolare all'interno.
Quando il pranzo fu pronto, soddisfatta portai il piatto con le posate davanti al viso euforico di Emily che cominciò a scrutare affamata e stupefatta dentro al piatto.
Successivamente, soffiò più volte sulla pasta per non scottarsi la bocca e dopo qualche istante, iniziò a mangiare velocemente.
Il suo sguardo era veramente incredulo...
Poi, con le guance ancora piene di cibo, dichiarò felice:
<< È davvero buonissima! Grazie Judie! >>
Di seguito, mi fissò incerta e alla fine, mi domandò perplessa:
<< Vuoi provarla anche tu? >>
<< Non preoccuparti, ho già mangiato. >> proferii con calma, mostrandole un sorriso sincero.
Dopo qualche secondo di esitazione, decisi di accomodarmi accanto a lei.
La guardai, per un tempo indefinito, mangiare con grinta quel semplice cibo, tuttavia, il mio fardello continuava ad insediarsi involontariamente nel mio cervello perciò, per non essere circondata da un pericoloso mutismo, le raccontai della mia noiosa giornata a scuola.
Quando Emily finì di mangiare, presi il piatto ormai vuoto con le posate sporche e adagiai tutto nel lavello.
Successivamente, mi avvicinai di nuovo ad Emily e parzialmente contenta le chiesi:
<< Andiamo in salotto? >>
<< Si! voglio giocare con le bambole >> mi supplicò quasi.
Giunte nel grandissimo salotto, trascorremmo lì più di un'ora a giocare con le tantissime bambole a nostra disposizione e quando, oramai stanca, stavo per proporle un altro gioco da fare insieme, mi ricordai di una cosa essenziale e preoccupata le domandai:
<< Emily oggi non devi fare i compiti che le maestre ti hanno assegnato? >>
<< Si >> sussurrò con un sorriso furbo.
Poi, aggiunse scaltra e falsamente innocente:
<< Mi aiuti? >>
<< Certo >> confermai con sicurezza anche se non non ne avevo molta voglia.
A quel punto, Emily prese dal suo zaino colorato, posizionato vicino al divano, due quaderni e palesemente annoiata sentenziò:
<< Devo fare matematica e scienze >>
<< Ok >> esordii soltanto, mentre internamente speravo davvero che non fosse nulla di difficile da svolgere.
Per fortuna, quando Emily mi mostrò i compiti da fare, notai che erano veramente facili, così in breve tempo finimmo anche di studiare.
Di conseguenza, le chiesi speranzosa:
<< Vuoi disegnare e colorare? >>
<< No >> sibillò subito con convinzione.
Poi, euforica e desiderosa mi chiarì:
<< Voglio giocare ancora con le bambole >>
A quel punto, ormai, avvilita non avevo più voglia di vedere quelle bambole.
Allora, le proposi entusiasta e velatamente autorevole :
<< Vogliamo vedere un cartone animato delle principesse? >>
Emily mi osservò con attenzione, decisamente incerta e dopo qualche secondo interminabile, colmo di titubanza, esclamò felice:
<< Siii! >>
Infine, pensierosa bisbigliò più a se stessa:
<< È da molto che non guardo un cartone animato delle principesse... >>
Di seguito, presi il mio cellulare e cercai con accuratezza su internet qualche film che poteva piacerle. Dopo una lunga ricerca, decisi di mostrarle la mia principessa preferita.
Per tutta la durata del cartone animato, quasi due ore, Emily restò incollata al mio telefono... Probabilmente quella principessa le piaceva davvero ed io, finalmente, riuscii a riposarmi un po'.
Successivamente, quando il cartone animato finì, Emily esclamò contenta:
<< Bellissimo! Domani voglio vederne un altro! >>
<< Va benissimo. >> Affermai subito, visibilmente grata per quella sua richiesta.
Ormai, il sole stava tramontando e Noah probabilmente sarebbe arrivato a momenti.
Eppure, non ebbi il tempo nemmeno di pensare a ciò che un messaggio sul mio cellulare illuminò di nuovo lo schermo e scrutandolo, intravidi il nome del ragazzo più figo della scuola...
Mi aveva semplicemente scritto che stava arrivando, quindi, dovevo salutare Emily e aspettarlo nel suo cortile.
Spiegai la situazione ad Emily che inizialmente sembrò volersi opporre sul serio a quella concretezza, ma quando con dolcezza la abbracciai forte, parve seriamente rassegnarsi a quella realtà.
Quando giunsi davanti alla porta principale, presi il mio zaino dal pavimento dell'ingresso e salutai calorosamente Emily.
Lei palesemente felice per quella giornata insieme, mi gridò estasiata:
<< Ci vediamo domani. Grazie Judie! >>
Era stato un pomeriggio abbastanza spensierato, mi sentivo più quieta del solito.
Fui sorpresa da me stessa.
Chiusi la porta principale alle mie spalle, ritrovandomi improvvisamente nel vasto cortile, godendo di quell'aria fresca e del lieve odore di fiori.
Prima di andar via, raccomandai ad Emily di aprire la porta solamente a suo fratello o ai suoi genitori.
Intanto, scrutai attentamente l'orizzonte, ormai, tinto di varie sfumature tendenti all'arancione e solamente in quell'attimo preciso mi resi conto che Noah era già lì ad aspettarmi.
La sua macchina era ferma fuori al cancello della villa.
Con un leggero imbarazzo mi affrettai a raggiungerlo e dopo qualche secondo, finalmente entrai all'interno di quella macchina mozzafiato.
Mi accomodai sul sedile in pelle e automaticamente, guardai Noah con attenzione e gli sorrisi ampiamente. Aveva davvero un buon profumo, probabilmente aveva appena fatto la doccia.
Lui mi fissò a lungo, restando in silenzio. Eppure, mi sentii terribilmente a disagio poiché non mi aveva ancora salutata...
Ciononostante, Noah improvvisamente spezzò quel mutismo opprimente e con gentilezza mi chiese:
<< Judie com'è andata con Emily? Tutto bene? >>
<< Tutto benissimo! >> Esclamai repentina, visibilmente felice.
Poi, con tranquillità e cordialità gli domandai:
<< Com'è andato il tuo allenamento? È stato faticoso? >>
<< Tutto alla grande, grazie per avermelo chiesto. >> Mi comunicò solamente con un timbro sereno e benevole.
Di conseguenza, accese la macchina e imbucò la strada che dirigeva alla mia modesta abitazione, gli spiegai brevemente il percorso più veloce per arrivarci... Tuttavia, Noah stranamente parve già conoscere quella strada perfettamente.
Ne fui veramente sorpresa, ma preferii non indagare.
Poi, dopo alcuni minuti di silenzio, Noah serio e pacato mi raccontò:
<< Judie la partita è tra quattro giorni. Confido che verrai davvero a vederla... Per quel pomeriggio ho già chiesto alla mia vicina di casa di tenere qualche ora Emily con lei >>
<< va bene >> pronunciai semplicemente poiché mi prese veramente alla sprovvista.
Speravo solamente che per lui non fosse una specie di appuntamento perché per me era una semplice uscita per distrarmi un po'... Ne avevo bisogno.
Ciononostante, il panico sembrò colpirmi ugualmente.
<< Comunque dopo la partita, non c'è bisogno che vieni tutti i giorni a casa... So che è pesante passare continuamente del tempo con Emily.
Inoltre, devi studiare anche tu. >>
Poi, si bloccò qualche istante e con scrupolo sentenziò:
<< Ovviamente la scelta è tua perciò, fammi sapere come preferisci fare. >>
Ero abbastanza sbigottita per quel suo premuroso discorso... Inoltre, terminata quella sua partita importante, mi aveva chiesto di restare ancora a casa sua con Emily come se volesse improvvisamente dare un altro significato alla mia permanenza.
Allora, leggermente a disagio, decisi di chiarirgli con parziale sincerità:
<< Dopo la partita non credo che continuerò a venire... Mi dispiace per Emily perché davvero adoro stare in sua compagnia, ma come hai detto pure tu, devo studiare anch'io e devo veramente impegnarmi per poter recuperare alcuni voti. >>
<< Hai ragione. Lo capisco perfettamente. >> Sentenziò Noah con un tono basso e freddo.
Pareva quasi deluso dalla mia risposta giacché tenne lo sguardo fisso sulla strada.
Poi, dopo alcuni secondi, aggiunse con disinvoltura:
<< Domani ci incontriamo di nuovo vicino al parcheggio? >>
<< No >> borbottai automaticamente con schiettezza.
Successivamente, continuai con un timbro più gentile e premuroso:
<< Non preoccuparti per me, resta pure a scuola ad allenarti. Ora la strada la conosco quindi, vado da sola a casa tua. >>
Noah sembrò veramente pensiero e contrariato.
Dopo un lungo silenzio, quasi inquietante, affermò poco convinto:
<< Va bene, proverò a concludere prima l'allenamento. Almeno così, posso accompagnarti a casa tua a piedi. >>
Poi, fece un profondo respiro, mentre io cercavo di capire il vero significato di quel suo discorso e infine, proseguì speranzoso e serio:
<< Voglio avere più tempo per chiacchierare con te >>
Eppure, non ebbi il tempo nemmeno di metabolizzare quella frase importante che Noah, fulmineo accese la radio e la musica, inevitabilmente, coprì i nostri tortuosi pensieri.
Non riuscivo più a comprenderlo.
Il suo comportamento era strano e la mia mente si rifiutava di pensare che lui mi vedesse ancora come una ragazza con cui volersi fidanzare.
Inaspettatamente, il tormento di Adrian parve perseguitarmi nuovamente, facendomi sentire inadatta a quella situazione che stavo vivendo involontariamente con Noah. Mi sentii in colpa per qualcosa di incomprensibile.
Un male indescrivibile mi divorò e un dolore al petto continuo rischiò di farmi soffocare e tremare visibilmente.
Trascorsi alcuni minuti, finalmente da lontano intravidi la mia abitazione. Noah qualche attimo dopo, fermò la macchina davanti alla mia casa e il mio respiro, inconsciamente, si regolarizzò.
Poi, con voce più cordiale e serena dichiarò:
<< Ci vediamo domani. Grazie di tutto >>
Sembrò improvvisamente volermi evitare o allontanare da sé la possibilità tangibile che io, non volessi trascorrere del tempo da sola con lui.
A quel punto, spaesata e incerta, pronunciai velocemente:
<< Ciao Noah >>
Tuttavia, prima che andassi davvero via da lui, il mio sguardo si incollò automaticamente al suo e dubbiosa, gli sorrisi leggermente.
Eppure, un attimo prima che aprissi la porta della sua macchina per raggiungere finalmente la mia abitazione, Noah in maniera totalmente inattesa, strinse con delicatezza il mio polso per qualche secondo e con un volto abbastanza serio, intrappolò nuovamente le sue iridi limpide alle mie e autorevole mi confessò:
<< Non ho rinunciato a te Judie. Adesso che Adrian è andato via, voglio che tu capisca quanto sei importante per me. >>
Ero scioccata.
Ero talmente allibita da quella realtà inverosimile che restai in silenzio, mentre il mio sguardo incredulo era fisso nelle sue pupille.
Ero travolta da così tante emozioni contrastanti che mi agitai terribilmente.
Non risposi nulla, il mio timore era diventato una solida concretezza. Perciò, andai velocemente via dalla sua macchina e senza girarmi a guardarlo ancora, raggiunsi di corsa la porta principale della mia abitazione.
Presi frettolosamente le chiavi della porta dallo zaino e entrai repentina all'interno della mia modesta villa.
Il buio della casa mi inghiottì come quel sordo dolore che continuava a divorarmi l'essenza.
Ero sola e spaventata da una verità che non volevo comprendere.
Inconsciamente, iniziai a correre nell'oscurità, colma di disperazione e rischiai più volte di cadere sul serio dalle scale.
Giunta nel corridoio il mio respiro affannoso parve mancarmi terribilmente.
Ebbi seriamente paura di poter morire in quell'istante... Ormai, travolta da un'agonia palpabile.
Mi soffermai involontariamente davanti alla porta della stanza del mio coinquilino, oramai, spoglia di ogni suo oggetto, del suo profumo, della sua presenza... ma ancora ricolma di ricordi indelebili e senza avere il coraggio di entrare, scoppiai a piangere.
Adrian mi mancava terribilmente.
Cosa cavolo stavo facendo con Noah?!
Probabilmente la sua compagnia mi avrebbe soltanto distrutto di più...
Ed ora, quella sofferenza per il mio coinquilino mi stava logorando sul serio.
Avevo bisogno di Adrian, eppure, al mio fianco ora c'era un ragazzo che non amavo, che non desideravo minimamente...
Avrei rifiutato ripetutamente Noah, se fosse stato necessario anche rischiando seriamente di distruggere il suo cuore e la nostra amicizia, ma non potevo governare quel sentimento che mi travolgeva ogni attimo, ormai... Era impresso in modo perpetuo nella mia anima.
Lì risiedeva solamente il mio coinquilino.
Adesso, però, mi attendevano ancora tre giorni in compagnia di Emily, prima di quella partita fondamentale per Noah.
Avrei trascorso quattro infiniti giorni con lui, sperando solamente di poter riabbracciare Adrian al più presto.
Oh Adrian...
I nostri ricordi sono incisi in queste pareti, in questa stanza dove di te non resta più nulla.
Sto crollando.
Lo sai, siamo destinati a rincorrerci...
Perciò, non fingere che vada tutto bene ora che sei lontano da me perché tu, ormai, sei essenziale per la mia felicità.
Domani sarà un'altra lunga giornata da trascorrere senza di te.
È veramente complicato provare a ricominciare a vivere senza la tua presenza.
Se non tornerai qui, sprofonderò nell'oscurità e nel dolore più atroce.
È notte sai e non ti vedo brillare in nessuna stella di questo cielo.
Le mie speranze iniziano a vacillare. Sono sola nella tua camera, osservo ogni minimo dettaglio che mi rammenta ancora qualcosa di te o di noi...
È tutto incancellabile, eppure, non riesco più a percepire il tuo odore, ormai sono passati troppi giorni da quando sei fuggito via.
Ritorna da me.
Ti supplico.
NOTE ❤️
Ciao a tutti/e 🙂
Vi chiedo scusa per la mia lunga assenza...
Dovrei giustificarmi per questa eterna attesa, ma mi sento solo di dirvi che ho sempre più bisogno del vostro sostegno.
Non è un periodo facile per me.
Mi sento veramente a pezzi psicologicamente.
Vi chiedo umilmente scusa.
Continuerò a scrivere, ci sarà un finale perciò, se vi fa piacere continuate pure a leggere la mia amata storia.
Io aggiornerò con più frequenza, è una promessa.
Non aspetterete più tanto tempo, ma avevo veramente bisogno di una pausa da tutto.
Allora, sperate ancora nel ritorno di Adrian o fate il tifo per Noah?
Le vostre considerazioni su Noah a questo punto, sono cambiate?
Inoltre, secondo voi Adrian tornerà veramente a Newport? E Quando precisamente?
Oppure sarà Judie a dover fare ancora di tutto per riaverlo tra le sue braccia?
Volevo informarvi che quando sarà finita questa parte della partenza (vi avviserò io), mancheranno davvero pochi capitoli per la conclusione 🤩
Vi voglio veramente bene, grazie infinite del vostro sostegno perché è grazie al vostro costante interesse per i miei amati protagonisti che nonostante le avversità, sono giunta fino a qui 💫
A presto!
❤️💪❤️
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