Vacanze Romane
Poe
"Ho pensato a tutti i dettagli, Jen. Voglio portarti in Italia. Il generale in carica della Seconda Regione Aerea di Roma ha indetto un meeting la prima settimana di agosto. Si tratta di una giornata, poi saremo in grado di svincolarci e girare per la capitale liberi da impegni."
"Poe, farà tanto caldo temo, con la sedia a rotelle... forse è meglio che tu vada da solo e al tuo ritorno sceglieremo un posto al fresco, su ai laghi, per passare qualche giorno con la bambina."
"Non se ne parla. Ho già trovato una baby sitter che possa aiutare Tess nella gestione di Lily. Voglio portarti in un posto magico, l'Italia. Sette giorni per gustarci pranzetti luculliani e cene romantiche nelle trattorie tipiche, nei luoghi della Dolcevita, sul Lungotevere. Non puoi dirmi di no!" Le faccio un musetto così ruffiano sporgendomi verso la sua boccuccia arcuata in un sorriso arrendevole. Sono o no un generale? Mica per caso.
"L'incontro si terrà al Museo Storico dell'aereonautica militare di Vigna di Valle, a Bracciano. Atterreremo con il jet di servizio alla base aerea di Pratica di Mare. L'aeroporto non è aperto al traffico commerciale, pertanto niente file interminabili ai gate di Fiumicino. Che te ne pare? Ho prenotato l'attico di un albergo a Trastevere, veduta Gianicolo, amore. Uno spettacolo per la mia regina."
"Tu sei tutto matto, insopportabile, folle e io ti amo per tutte queste ragioni," la mia musa mi premia con un bacino a fior di labbra per non rovinare il rossetto rosso rubino che le incastona la fila di perle d'avorio che splende per me. Siamo a teatro, nel palchetto centrale del primo ordine che ho riservato solo per noi due acquistando tutti e cinque i biglietti. La Traviata è la sua opera preferita e inizierà a breve, quale occasione migliore delle note di Verdi per parlare di Italia. E poi amo guardarla quando, libera da occhiate indiscrete, qualche lacrima di commozione fugge sulle guance di pesca sulle note della sua aria preferita: Amami Alfredo. Lei che si rivede in tanti aspetti della sfortunata Violetta, emancipata quanto fragile eroina verdiana. E io, complici la privacy della loggia solo nostra e le luci soffuse, riposta la ferraglia in un angolo, godo della vicinanza dei nostri corpi nel buio e mi prodigo nel ricordarle, attraverso studiate, licenziose effusioni malandrine che il suo finale è differente. Non c'è nessuna tragedia ad attenderci al varco, non più finché saremo insieme.
La mia ultima volta a teatro, a Boston, due anni fa, fu un disastro, ma quella era un'altra vita, talmente lontana che quasi l'ho rimossa. La felicità, quella vera, è iniziata quando ho incontrato Jen Lindley e la sua bambina.
Due settimane e molti gradi in più dopo, ci ritroviamo all'ombra di una pensilina di plexiglass che ci sta letteralmente friggendo a cottura effetto serra. Aspettiamo il bus turistico che, secondo il dépliant dell'albergo, ci porterà in visita ad alcuni tra i monumenti principali della città.
È il quindici agosto, giornata festiva in terra italiana. La capitale, svuotata dei suoi abitanti che migrano verso il mare, mostra un lato più vivibile. Riconosciamo solo i nostri simili: i turisti che, con le macchine fotografiche al collo, si contendono la bellezza della Città Eterna in una sfida all'ultimo scatto.
Il generale Brancaleone si era offerto di prestarci il suo coiffeur personale per la gita ai monumenti. Con la macchina d'ordinanza saremmo stati più tranquilli forse, ma Jen non gradisce sempre i trattamenti di privilegio, la fanno sentire diversa più di quanto non faccia già la ferraglia e io, pur dissentendo da questa sua opinione, la rispetto e non posso essere sempre quello che decide tra noi due.
Abbiamo rinunciato già a due corse perché avevano il predellino per i disabili rotto e niente aria condizionata. La soglia della mia pazienza inizia a farsi sottile come lo sguardo truce che allungo sotto la visiera del berretto da baseball, quando cerco di mettere a fuoco il numero del prossimo mezzo pubblico in avvicinamento. È la nostra linea. E speriamo bene.
Non mi sembra vero che per quanto costi la vacanza nel Bel Paese mi pare di aver portato Jen in Iraq, tra caldo insopportabile e disservizi. "Hey, excuse me driver, does the running board not work on this bus, either? It is the third we lost and we're very tired. We wont wait over" sento di stare per scoppiare quando al terzo bus scopro che pure questo è malmesso. L'autista, un tipo piazzato del quale vedo solo la zazzera riccia che gronda sudore sul viso mezzo coperto dalla mascherina, mi guarda con la faccia da punto interrogativo. Dimenticavo che la maggior parte degli italiani l'inglese lo mastica molto poco.
Prendo l'ennesimo respiro, mentre vedo la mia Jen, provata, con una mano sulla fronte in segno di preoccupazione. Me ne rammarico subito e cerco l'ultima briciola di diplomazia che non possiedo inserendo la modalità spagnola: è più simile all'italiano.
"Oye, lo siento conductor, ¿el estribo tampoco funciona en este autobús?" ma quello strabuzza gli occhioni scuri come due fanali perché estribo tampoco sono certo non abbia minimamente capito cosa sia per cui tento nel linguaggio dei gesti. Che poi dico, la seggiola a rotelle non la vede? C'è bisogno di chiedere?
Ho perso le parole e pure le parolacce, dovevamo optare per la macchina di servizio. Disperazione al limite, una bella ragazza dai tipici tratti mediterranei finalmente interloquisce con me nella mia lingua, la più parlata del mondo del resto. E che ci vorrà mai?
"You need help, sir. We have the solution!" interviene quest'angelo sceso dal cielo cosicché io possa smettere di sembrare la versione rivisitata dell'uomo di Neanderthal che comunica a gesti.
Jen
Santa pazienza, lo sapevo che non dovevo accettare di venire in Italia, specie in un mese tanto caldo come agosto. Il Bel Paese è suggestivo e Roma veramente incantevole, ma i disagi sono a ogni angolo. Dai passaggi di accessibilità urbani sbarrati, nonostante le multe, che rendono una semplice passeggiata uno slalom olimpionico tra lamiere roventi di auto in sosta selvaggia, alle vetture che ostacolano l'imboccatura delle strisce pedonali.
Oggi, quindici agosto, in Italia si festeggia la ricorrenza cattolica dell'Assunzione in cielo della Vergine Maria, la quale, sono certa, tra un po' chiamerà pure la sottoscritta per disidratazione. L'acqua nella bottiglietta termica è ormai finita, dopo tre quarti d'ora di attesa.
La città si svuota notevolmente a Ferragosto - questo il nome della ricorrenza -, mi hanno detto nei giorni scorsi, in albergo, quindi, tra una coccola nel letto king size dell'attico con vista Gianicolo e l'aria condizionata che mi increspava la pelle, insieme ai baci appassionati del mio aviatore, non me la sono sentita di rifiutare la proposta della gita turistica.
Il mio Poe è felice come una pasqua, però sa che non voglio essere sempre soggetta ai privilegi che il suo grado mi consentirebbe. Messa da parte la generosa offerta del collega Brancaleone di prestarci, una volta in più, auto diplomatica e autista con tanto di accesso a parcheggi esclusivi e alle corsie preferenziali, siccome io non sono Jaqueline Kennedy, acconsento alla proposta del mio generale a patto di avere io il comando, stavolta. Optiamo per il bus turistico proposto in uno dei dépliant dell'albergo; la corsia preferenziale ce l'ha, l'aria condizionata pure ed è bello largo e comodo, oggi che i romani sono tutti al mare, lontani dal centro che pare ovattato.
Er cuppolone, come lo chiamano affettuosamente, rifulge in lontanza, baciato dalla luce del sole delle 10.00 del mattino. Biancheggia contro la volta di un cielo azzurro e tremolante per effetto della fata morgana prodotta dai gas di scarico dei troppi veicoli che stridono sull'asfalto e sulla magnificenza della città senza tempo. Aspettiamo la terza corsa del bus, i primi due mezzi avevano predellino disabili e aria condizionata fuori uso.
Eccone un altro, finalmente, ma non faccio in tempo a pensarlo che realizzo sia l'ennesima sola rifilataci da questa bellissima città. Sola, fregatura, termine che ho imparato in questi pochi giorni di permanenza dal simpatico autista di Brancaleone, il quale, nei giri in auto blu ci ha istruito su come destreggiarci nella capitale, con tanto di glossario esplicativo.
Il mezzo si ferma e... della pedana nemmeno l'ombra, pure stavolta. Mi porto una mano alla fronte, sotto il berretto di paglia. Gli occhiali da sole oversize sono provvidenziali a mascherare il mio viso paonazzo dall'agitazione. La voce di Poe si alza di tono all'ennesimo disguido e all'ennesimo autista che non capisce un minimo d'inglese. Si scorda spesso che, fuori dalla caserma, può dare ordini al massimo ai soldatini giocattolo.
Il conducente sembra un uomo di buon cuore, lo vedo prodigarsi in mille spiegazioni all'indirizzo del generale Dameron, con fare concitato. Poco dopo spunta una moretta dai modi gentili. Parla la nostra lingua, e pure bene. Si scusa mille volte e ci fa sapere che non pagheremo la corsa, di cui si accolla il costo il conducente, come indennizzo. L'omone dai grandi occhi tondi e ridenti annuncia che, in barba al distanziamento previsto dai protocolli covid, mi prenderà in braccio mentre Poe caricherà sul mezzo la sedia a rotelle.
Pace raggiunta, anche se la faccia del mio generale è ancora scura e non per il sole.
"Marco, signorì, piacere! Permette?", la mora traduce, io gli sorrido, il buonuomo mi solleva come una piuma. Caldo fa caldo, e avverto la camicia madida del povero autista sigillata ai miei vestiti che manco il silicone Saratoga potrebbe di più.
Yasmin e Marco, i due si presentano. Sono una coppia e lei gli fa compagnia al lavoro in un giorno festivo. Sorrido sotto la falda del cappello di paglia smosso dal vento caldo che entra dai finestrini. Per fortuna il mezzo è del vecchio tipo, di quelli che potevi ancora far scorrere i vetri se si rompeva il climatizzatore.
"A' signorì, Jennifer, state bene?" si sincera Marco con il suo adorabile accento marcato, mentre Yasmin è il nostro cicerone. Colta e raffinata, pronuncia un inglese perfetto e ci guida lungo il percorso che tocca i Fori Imperiali, il Colosseo e piazza Venezia.
In quella fermata chiedo di scendere, vorrei gettare una monetina nella fontana, non so se riuscirò ad avvicinarmi ar Fontanone, Marco e Yasmin ci hanno spiegato che vi si arriva solo attraverso uno stretto dedalo di vicoletti nel quale nessun autobus può addentrarsi.
"Ci andremo con la macchina di Brancaleone," mi incoraggia subito Poe che vorrebbe demordessi dal far fermare Marco in piazza Venezia.
"Non per scoraggiarla, generale, ma ammesso arrivaste proprio a ridosso del monumento, c'è sempre tanta calca. Difficile passare pure a piedi," Yasmin tenta di essere delicata nell'esporre a Poe le difficoltà di accesso alle acque della famigerata fontana.
"Capisco, Yasmin, e fermata sia, dunque. Con questo caldo non voglio proprio far fare gli straordinari a Marco e, datemi del tu, per favore, in inglese non esistono queste formalità così marcate."
Vedo gli occhietti verdi da cerbiatta di Yasmin illuminarsi e il giro prosegue intanto. Il romanesco lo sto imparando proprio bene e Marco è delucidante, meglio dell'autista di Brancaleone. Con l'aiuto della traduzione accurata di Yasmin, poi, che spiega anche i termini in vernacolo, mi sto divertendo una cifra, come dicono qui. L'Italia sarà pure il Bel Paese caro da morire e con mille limitazioni, ma la simpatia dei suoi abitanti è impareggiabile.
Marco fa per replicare la scenetta di quando sono salita per permettermi di scendere a piazza Venezia, ma Poe gli posa la mano sul braccio, "lascia, amico, ci penso io." Mi porta in braccio fino al bordo dove non c'è molta gente. Essa si dirada al nostro passaggio, vedendo questo aitante esemplare maschile portare in braccio la sua promessa fino alle acque dei desideri inespressi.
- Ti amo incredibilmente, Poe Dameron. Mormoro a mente l'unico auspicio che desidero. È sempre lo stesso, ogni volta, da quando tu, mio adorato generale comandone, hai portato il sole nella mia vita. E mentre torno sul bus, tra le tue braccia, spero con tutto il cuore che si avveri.
Siamo restati a bordo più del dovuto. Marco ha pure detto a Poe di quando ha fatto il servizio di leva a Bracciano, proprio vicino la sede del Museo dell'aereonautica. Tutto merito di un angelo dagli occhi verdi e i capelli di velluto che traduce per noi. Ci raccontano pure di loro e del galeotto autobus dell'amore teatro della freccia di Cupido scoccata proprio nel giorno degli innamorati.
A turno finito, Marco e Yasmin ci invitano ad andare con loro in una trattoria di fiducia dell'autista moraccione dal viso tondo e sorridente che finalmente si palesa, una volta dimessa la museruola di protezione. "È molto quotata, ah generà, ti leccherai i baffi." E che dire? Marco ha pienamente ragione. Ce n'è per tutti i gusti dalla carbonara classica e cremosa di uova freschissime, a quella vegana per Yasmin, per finire all'amatriciana e al pollo coi peperoni; che prelibatezza la vera pasta fatta in casa, cucinata dalle massaie italiane, nulla di paragonabile a quella sui banchi dei mall americani, molto cara, e che noi d'oltreoceano sappiamo rovinare come pochi.
Il Ferragosto volge verso il termine, sono le quattro del pomeriggio e con le pance pienissime ci salutiamo unti e felici per quest'amicizia inaspettata, con la promessa di rivederci negli Stati Uniti, a casa nostra, dove il mio generale, re del barbeque, arrostirà le sue mitiche top blade stick ricavate dal taglio di quarto e che permette di ottenere filetti di carne piuttosto tenero e saporito. Per Yasmin preparerò la più buona rataouille al mondo, con le verdure a chilometro zero e biologiche così saporite che le mangia persino Lily. Abbiamo mostrato una sua foto ai nostri amici italiani, durante il pranzo, raccontando come ci siamo incontrati e gli occhi lucidi di Yasmin ma pure del suo Marco cuore d'oro, ci hanno accompagnato in ogni tappa ripercorsa in breve.
Al momento di pagare, Marco insiste per accollarsi il costo del pranzo. "Ah, generà, per il disaggio de' oggi, su! E poi me state simpatici."
"Non se ne parla, Marco, sei stato troppo gentile," insiste Poe.
"Niente da fa', insisto. Nun fate er' damerino americano, suvvia, pure si ve chiamate Dameron," - un nome, un programma - l'autista muove di gran carriera verso la cassa.
"Signori, scusate," interviene l'oste, "ma fate alla romana, così semo contenti tutti, no? Il dolce e er vinello de li Castelli l'offre la casa."
La proposta pacifica gli animi degli uomini infervorati dalle temperature e dal vino buono già gustato in quantità. "Aspettate, signò, già ve n'annate? 'Na cantata tutti insieme prima di separarci è d'obbligo per chi viè qua da noi. Poi oggi è pure feragosto, bisogna festeggià."
E senza poterci opporre ci ritroviamo incastrati nei cori allegri de sta' gente bella.
Ma che ce frega,
ma che c'è m'porta
se l'oste ar vino ci ha messo l'acqua,
portace 'nantro litro che noi se lo bevemo. Pe' falla corta pe' falla breve,
mio caro oste portace da beve.
Note
Buon ferragosto da Poe, Jen, Marco e Yasmin. I miei opposti innamorati hanno incontrato quelli di MarvelAvengersHawk in un afoso quindici agosto romano, come da prompt della nostra amica AnthophoraMannara
Passate un buon quindici agosto. E ci vediamo negli States, promessa suggellata all'unto di guanciale sulla barba da buongustaio del generale Dameron e sulla camicia della divisa Atac di Marco, roba da veri maschi primitivi. 🤣
Glossario
Er Cuppolone: cupola della basilica di San Pietro
Er Fontanone: la fontana di Trevi.
Canzone finale cantata all'osteria è La Società dei Magnaccioni di Lando Fiorini.
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