Prologo

Lo squillo di un telefono ruppe il silenzio notturno di Londra. Meredith Johnson corse a rispondere, sperando di non svegliare le gemelle di tre anni.
Chi mai poteva chiamarla a quell'ora della notte?
Mentre parlava, la donna impallidì e riattaccò di colpo. Si sedette sulla poltrona accanto al telefono, passandosi una mano fra i capelli aggrovigliati. Solo in quel momento si accorse di quanto fosse stanca. Chiuse gli occhi e pensò che non poteva continuare a scappare.
Doveva fare qualcosa.

Il mattino dopo, svegliando Kira e Arya, cercò di comportarsi normalmente.
-Oggi andiamo dalla nonna.
L'annuncio fece esultare le bambine: adoravano la casa in campagna della madre di Meredith. Fortunatamente erano così felici che non notarono la stanchezza della donna né il leggero tremore della sua voce.
Ci misero tre ore per prepararsi e, salendo in macchina, Meredith si chiese se stesse facendo la cosa giusta. Decise che, quando le sue figlie sarebbero state abbastanza grandi da capire, avrebbe spiegato tutto. Ma quel momento non era ancora arrivato e lei sperava che non arrivasse mai.
L'estiva aria mattutina era fresca, gli uccelli silenziosi e stranamente invisibili, quasi come un presagio di sventura.
Durante il viaggio Arya cantava, storpiando le parole di una canzone alla radio. Sua sorella le urlava di smettere, ma anche lei canticchiava sottovoce. Meredith, intanto, rideva.

Il tempo passò velocemente, fra musica, giochi e risate. Era quasi ora di pranzo quando arrivarono su un ponte in mezzo a un bosco, a qualche chilometro dalla loro destinazione. Sotto di loro c'era un fiume, che l'acqua alta e turbinante e il fondo fangoso rendevano pericoloso e inquietante.
L'unica auto che incrociarono fuori dalla città fu un fuoristrada che, annunciato dal rombo del motore, li raggiungeva velocemente. Non aveva alcuna intenzione di frenare e la donna non fece in tempo a spostare la propria vettura.
Notò il ghigno dell'uomo alla guida, il volto coperto da un cappuccio.
Sentì le bambine che trattenevano il fiato, come se sapessero che sarebbe successo qualcosa.
All'improvviso calò il silenzio e le gemelle si presero per mano.
Il tempo sembrò rallentare in un istante infinito, poi arrivò la collisione. Meredith cercò di sterzare ma ai suoi lati c'era solo il fiume, scuro e impetuoso. Poco più avanti il bosco, la loro unica possibilità di salvezza.
L'auto era al margine della strada, qualche secondo e ce l'avrebbero fatta. Ma l'uomo aveva ricevuto istruzioni precise. Accelerò, poi colpì la macchina. Il fuoristrada ne uscì senza un graffio e dopo pochi secondi non ne rimase che la polvere. L'altra auto, invece, fu trascinata in avanti verso il bosco. Le bambine sobbalzarono all'impatto e il vetro alle loro spalle si ruppe, lasciando piccoli graffi sulla loro fragile pelle. Sul confine fra la vegetazione e l'asfalto c'era una sottile barriera metallica che fu sfondata con un tonfo.
Meredith perse il controllo della vettura, che avanzò fino a schiantarsi contro un albero. La donna sbatté la fronte contro il volante. L'ultima cosa che sentì prima di perdere i sensi fu il rumore di qualcuno che cercava di aprire la portiera e il lieve pianto delle figlie.

Si svegliò in una stanza bianca. Tutto intorno a lei era accecante. Si sedette con fatica, reprimendo un gemito di dolore, e vide una porta di fronte a sé. Alla sua destra c'era un macchinario con varie luci che emetteva un fastidioso pigolio. Un tubicino lo collegava al suo braccio.
Nella stanza non c'erano finestre né orologi: la donna non capiva che ore fossero e non sapeva quanto tempo fosse passato dall'incidente.
All'improvviso si accorse di una piccola figura seduta accanto al letto.
-Arya?
Fu solo un sussurro rauco ma la bambina lo sentì. Si alzò di scatto, guardandosi intorno con aria smarrita. Si stropicciò gli occhi, poi alzò lo sguardo verso Meredith.
-Mamma!
Lacrime di gioia le rigavano le guance mentre correva ad abbracciarla.
-Dov'è Kira?
Parlare le costava fatica ma la donna doveva sapere cosa era successo. La bambina s'intristì di colpo e abbassò lo sguardo.
-Persone... l'hanno presa...
-Com'erano? Descrivimeli.
Iniziava a sospettare dove fosse sua figlia, ma infondo sperava che stesse bene. Arya la guardò, con gli occhi verdi che brillavano e la voce triste.
-Avevano un cappuccio nero...
La bambina non disse altro ma la risposta bastò per confermare i suoi sospetti.
Meredith non ebbe il tempo di rispondere. Nella stanza entrò una una dottoressa che chiese gentilmente ad Arya di uscire, tenendole la porta aperta. Tuttavia la piccola si oppose fermamente. A tre anni sapeva farsi rispettare. Le sue urla attirarono un altro medico che sorrise scuotendo la testa.
-Non fa niente, è solo una bambina. Falla rimanere.
La donna annuì rassegnata. Solo allora Arya si calmò e tornò a sedersi sulla sedia troppo alta per lei.

Era passato poco più di un giorno quando a Meredith fu accordato il permesso di uscire dall'ospedale. Arya era rimasta per tutto il tempo nella sua camera e, nonostante le fossero stati portati dei giocattoli, si annoiava terribilmente. Una dottoressa aveva provveduto a procurarle un letto e portare un piatto anche a lei durante i pasti.
Per fortuna Meredith aveva solo battuto la testa ed era svenuta. Le fu raccontato che le grida di Arya avevano attirato l'attenzione dei passanti, che avevano chiamato l'ambulanza. Quando Meredith le chiese se qualcuno avesse visto una bambina con i capelli neri o degli uomini incappucciati nei dintorni la dottoressa la guardò con pietà.
-È sotto shock, deve riposare.
La donna capì che restando lì non avrebbe ottenuto niente, così si allontanò tenendo la figlia per mano mentre pensava a come trovare un mezzo a quell'ora della sera. Non appena uscirono dall'edificio si inginocchiò accanto ad Arya.
-Non devi raccontare a nessuno ciò che è successo, capito? Kira non c'è più e per ora non possiamo fare niente.
La bambina annuì. Aveva capito che la situazione era grave, ma non poteva dimenticare sua sorella in quel modo. Tuttavia non aveva mai visto sua madre così agitata e ciò la faceva preoccupare. Meredith sospirò.
-Andrà tutto bene.
Disse, più a sé stessa che alla figlia.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top