Capitolo 6
L'azione frenante del paracadute di fortuna fu minima ma impedì ad Arya di subire danni troppo gravi.
Il prato su cui si schiantò non bastò ad attutire la brusca caduta. La spalla destra assorbì l'impatto mandandole una fitta di dolore per tutto il braccio e la ragazza si trattenne dall'urlare. La stoffa che aveva in mano le cadde sul viso, per poi essere portata via dal vento.
Arya si sedette con difficoltà, alzando lo sguardo in tempo per vedere degli uomini vestiti di bianco tornare dentro l'edificio. Un sorriso le attraversò il volto quando notò che fra di loro non c'erano i due che l'avevano catturata, ma fu subito rimpiazzato da una smorfia di dolore quando cercò di muovere il braccio. Sperava solo di non esserselo rotto. Lentamente le scariche si ridussero ad una pulsazione sorda che la ragazza cercò di ignorare.
Mentre provava ad alzarsi si accorse di avere i pantaloni strappati all'altezza delle ginocchia e vari graffi sulle braccia, sporche di terra. Con cautela si appoggiò al muro accanto a sé e si rimise in piedi. Nell'istante in cui ritrovò l'equilibrio la caviglia le cedette, facendola ricadere a terra. "Questo non ci voleva." Fu uno dei suoi tanti pensieri prima di ritrovare la forza di alzarsi.
Si allontanò in fretta dall'edificio e solo quando fu alla fine della strada si azzardò a voltarsi. Credeva che quello da cui era fuggita fosse il palazzo più alto della città, di ben quattro piani in confronto ai due degli altri edifici. Era fatto di mattoni bianchi e spiccava fra le case gialle e azzurre, soprattutto a causa del giardino ben curato. Fortunatamente l'enorme cancello metallico era aperto e, varcandone la soglia, la visuale di Arya non fu più bloccata dagli alti muri. All'improvviso un pensiero la fece sobbalzare. "E se quello fosse un carcere? Ma io non ho mai fatto niente di male... E non credo che ci vogliano una decina di guardie per inseguire una sedicenne." Dopo un breve attimo di riflessione pensò che quello strano luogo dovesse essere un centro di comando e, proseguendo, se lo lasciò alle spalle senza voltarsi indietro. Ignorando il dolore si affrettò ad inoltrarsi nella città affollata.
Notò che tutte le persone avevano i vestiti chiari e i capelli di varie sfumature di biondo, così come aveva visto dal balcone. Arya si pentì di essersi vestita di nero quel giorno: era facilmente riconoscibile anche in quella folla. Mentre camminava in molti si scostavano al suo passaggio e alcuni la fissavano bisbigliando. La ragazza non capiva né il loro comportamento né la strana scelta di colori. Pensò ad un evento o una festa e si sentì improvvisamente a disagio.
Iniziò a correre, cercando di sfuggire a quegli sguardi sospettosi. Svoltando un angolo inciampò e cadde. Il dolore alla caviglia aumentò di colpo e solo dopo un minuto riuscì a rialzarsi appoggiandosi al muro, maledicendo la propria sbadataggine.
Era contenta di essere finalmente sola.
Ai suoi lati c'erano due pareti bianche, con la vernice rovinata che lasciava intravedere la pietra grigia di cui erano fatti. Alla fine del vicolo si intravedeva una luce e Arya sentiva le risate anche da quella distanza.
Attraversò lentamente la stradina e si ritrovò in una piazza inondata dal sole. Dopo la penombra del vicolo dovette sbattere le palpebre per abituarsi a quel nuovo chiarore.
I quattro ragazzi presenti non si accorsero di Arya fino a quando uno di loro non fece rotolare la palla ai suoi piedi. Le risate s'interruppero di colpo, trasformandosi in espressioni sorprese.
Una ragazza si avvicinò ad Arya con l'espressione truce. I capelli biondi lunghi fino alla vita avevano le punte blu, segno distintivo fra le persone tutte uguali presenti in quella città.
-Ehi! Che ci fai qui?
Il suo grido colse Arya di sorpresa. Doveva avere circa diciassette anni ma la voce acuta non permetteva di stabilirlo con precisione.
Alle sue spalle c'erano due giovani gemelli con un'espressione confusa e un po' spaventata sul volto. Accanto a loro un giovane alto, il cui volto era una maschera impenetrabile di indifferenza, doveva avere qualche anno in più della ragazza urlante e somigliava tremendamente a un istrice a causa dei capelli ritti dipinti a strisce verde fluo.
Il dettaglio che attirò l'attenzione di Arya furono gli occhi a mandorla di un intenso azzurro ghiaccio che la fissavano imperturbabili.
La ragazza spostò nuovamente lo sguardo sulla sconosciuta e, senza rispondere alla domanda sgarbata, si avviò verso il gruppo alle sue spalle.
Sulla piazza era calato il silenzio e tutti gli sguardi erano puntati sulla nuova arrivata che cercò di sembrare sicura di ciò che stava facendo.
Si avvicinò ai tre, pensando a cosa dire. I suoi pensieri durarono un attimo di troppo e furono interrotti dalla domanda dell'"Istrice":
-Che ci fai qui?
I gemelli si guardarono e i loro pensieri furono gli stessi di Arya.
Era come se la conoscesse.
Infatti la loro domanda fu:
-Prima di tutto, chi sei?
La ragazza sospirò. Non si sentiva la benvenuta in quel posto.
-Mi chiamo Arya. Sapreste dirmi dove ci troviamo?
Cosa ne pensate della storia finora? Vi piace? Vorrete che modificassi qualcosa?
Secondo voi quale attrice potrebbe interpretare al meglio il ruolo di Arya? (ricordate che l'attrice dovrebbe avere una gemella😉)
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