Capitolo 28

Mentre addentava un toast Arya si accorse che la sala si era svuotata e la voce di Nicholas era l'unica a rimbombare nel silenzio.
Ad un certo punto nel corso della spiegazione una domestica aveva portato la colazione e i ragazzi, affamati, si erano gettati voracemente sul cibo.
-Quindi, riassumendo, dobbiamo restare qui e aspettare fino a che Kira non esce allo scoperto? E non possiamo fare altro che guardare il massacro?
Il tono di Reb era più pungente del solito, riflesso dei suoi pensieri in tumulto.
-Calmati Reb, voglio solo evitare di perdere più persone del necessario. In prima linea ci sono i migliori soldati e stiamo in tutti i modi cercando di localizzare Kira prima che esca allo scoperto.
I giovani rimasero in silenzio, riflettendo sulle parole del sovrano. L'orologio sulla parete scandiva inesorabilmente il tempo ricordando loro che la battaglia sarebbe ripresa presto.

-Dovreste andare a riposare, ne avete passate tante. Vi voglio pronti alla battaglia.
Marco guardò le occhiaie del sovrano, più scure e marcate delle loro. Nicholas sembrava molto cresciuto dal suo primo incontro con Arya. La sua espressione era più adulta e determinata nonostante la stanchezza e le rughe che gli solcavano il volto.
-Anche tu dovresti dormire. Sei esausto.
Il re annuì, passandosi una mano fra i capelli in disordine.
-Andate. Vi farò chiamare se succede qualcosa.
Le sedie scivolarono silenziosamente sul pavimento mentre i ragazzi si alzavano pensando già al tanto agognato riposo.
-Hiroshi?
Il giapponese sobbalzò, pietrificandosi sul posto.
-Sì?
-Ringrazia tuo padre da parte mia. È anche per merito suo se abbiamo questi piani.
Il ragazzo annuì, chiedendosi se avrebbe mai avuto il coraggio di guardare nuovamente in faccia i suoi amici e la sua famiglia. Si vergognava profondamente di ciò che aveva fatto ma allo stesso tempo era consapevole di non aver avuto scelta.

Dopo un veloce saluto si avviarono verso la porta, ognuno immerso nei propri pensieri. Erano preoccupati per il futuro e speravano che Kira venisse trovata presto per evitare che la battaglia entrasse in città.
Mentre varcava la soglia Arya si girò, lanciando un'occhiata a Nicholas seduto con la testa fra le mani. I suoi occhi fissavano la cartina con aria assente e in quel momento la ragazza vide tutta la sua fragilità.
Chiudendosi la porta alle spalle Arya si voltò verso il corridoio giusto in tempo per salutare i suoi amici. Reb le rivolse un breve cenno per poi avviarsi lungo il corridoio con le mani in tasca senza degnare Hiroshi di uno sguardo.
Marco rivolse una lunga occhiata ad Arya, notando il modo in cui sussultò mentre alzava una mano per sistemarsi i capelli.
-Ci vediamo dopo.
La ragazza annuì e lo guardò allontanarsi, chiedendosi se valesse la pena di prendere una di quelle pillole per il dolore.
-Ciao.
Hiroshi attese il saluto di Arya che, con un cenno, si avviò verso la propria stanza. Non se la sentiva ancora di perdonarlo e quello era il massimo che poteva concedergli.

Nicholas aveva dato a Reb e Marco una stanza ciascuno all'interno del palazzo e Arya si chiese quante persone fossero radunate lì per la guerra. Quanti di loro avrebbero perso la vita?
Nonostante la ragazza sapesse che ci sarebbero state vittime una piccola parte di lei sperava che i suoi amici sopravvivessero. Sì sentì egoista a pensare al sacrificio di sconosciuti solamente per proteggere i suoi cari. Temeva il momento in cui avrebbero dovuto combattere e, soprattutto, era terrorizzata all'idea di scendere in campo.
Non aveva mai amato i giochi di guerra, persino i film le facevano chiudere gli occhi al pensiero che ciò potesse essere reale. Non avrebbe mai immaginato di trovarsi in una situazione simile, consapevole di essere responsabile per il destino di un intero popolo. Aveva sempre creduto di essere inferiore rispetto agli altri ma, pensò mentre varcava la porta della camera, tutta l'attenzione che non aveva mai avuto le si era riversata addosso in meno di un mese.
Arya si stese a pancia in giù sul letto candido, cercando di ignorare il dolore. Prima che potesse accorgersene i pensieri rallentarono fino a fermarsi, facendola sprofondare nel tanto agognato riposo.

Aprendo gli occhi la ragazza non seppe dire se fosse già notte in quanto la stanza era illuminata a giorno. Cercò di alzarsi ma i muscoli intorpiditi e la schiena bruciante le impedirono di muoversi. Il vassoio sul comodino attirò la sua attenzione, facendole brontolare lo stomaco.
Con uno sforzo Arya allungò la mano per prendere la bottiglia d'acqua e le pillole per il dolore, alzandosi su un gomito per ingoiarne una. Mentre aspettava che facesse effetto si chiese come avesse fatto la domestica che aveva portato il vassoio a non svegliarla. Il suo sonno era solitamente leggero ma stavolta la stanchezza aveva avuto la meglio persino sull'ansia.
Quando si sentì pronta si sedette sul letto, notando che il dolore era quasi scomparso. Prese il piatto di pasta al sugo, divorandolo senza neanche pensarci. Il cibo era ormai freddo e colloso a testimoniare il fatto che fosse lì da qualche ora, tuttavia la ragazza non se ne curò.
Mentre masticava il pane si avvicinò all'enorme finestra notando che era ormai calata la sera. La città era immersa in un chiarore talmente accecante che quasi nascondeva il cielo. Ogni singola luce era accesa e, in lontananza, si intravedeva del fumo: la battaglia era ricominciata.

Erano ormai le nove quando Arya, dopo essersi sciacquata la faccia, uscì dalla propria stanza diretta in infermeria. Aveva bisogno di farsi cambiare le bende e approfittò della calma apparente. L'alternativa sarebbe stata rimanere di fronte alla finestra a pensare a ciò che stava accadendo e la ragazza voleva cercare di distrarsi.
Attraversando i corridoi candidi si chiese se stesse andando nella giusta direzione e si ripromise di fermare una delle tante persone in divisa per chiedere informazioni. Erano in molti coloro che si affrettavano in varie direzioni, impegnati in faccende misteriose.
Arya fu oltrepassata da una donna con dei fascicoli in mano che, a passo svelto, la notò a malapena. Stava per rivolgerle la parola quando il suo sguardo fu attratto da una familiare zazzera di capelli rossi. Fece appena in tempo a distinguerne il profilo mentre Amun scompariva dietro l'angolo. In un attimo l'infermeria passò in secondo piano e la ragazza corse in direzione del bambino, sperando di non perderlo.
Si chiese dove fosse diretto, visto che Nicholas gli aveva ordinato di stare con Kayla e medicarsi le ferite.
Svoltando l'angolo Arya intravide la principessa che, tenendo la mano di Amun, lo precedette giù per una scalinata. Non ebbe neanche il tempo di chiamare i loro nomi che un'esplosione scosse il corridoio portandola ad appiattirsi contro il muro. Il cuore sembrava uscirle dal petto quando trovò il coraggio di affacciarsi alla finestra più vicina, dimenticando dei bambini che sfrecciarono via.
Un filo di fumo saliva da una casa a qualche quartiere di distanza, illuminato da brevi fiammate. Le urla terrorizzate e il fragore delle esplosioni non lasciavano presagire nulla di buono.
Arya sentì un brivido lungo la schiena.
I demoni erano entrati in città.

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