Capitolo 24

Erano quasi arrivati al castello quando Marco si fermò. Reb strinse la mano di Amun, bloccandosi alle spalle dell'amico. Per tutto il tragitto non avevano incontrato nessuno e i ragazzi sapevani che quella quiete non sarebbe durata a lungo.
Marco si sporse dall'angolo per spiare i Demoni. I due uomini discutevano a bassa voce e nel silenzio della notte il ragazzo riuscì a sentire qualche parola.
-Sicuro che non fosse uno scherzo?
-Si. La donna era terrorizzata.
-Dobbiamo cercare la spia.
Marco sentì il sangue gelarsi nelle vene. Reb non gli aveva detto di essere stata vista ed ora la loro copertura era saltata. La rabbia verso la disattenzione dell'amica si mischiò all'odio nei confronti dei Demoni. Questi sentimenti diedero al ragazzo la forza necessaria per attaccare. Sbirciando dietro l'angolo creò una sfera d'acqua sopra le teste dei soldati ma prima che potesse ingrandirla abbastanza uno dei due alzò lo sguardo.
-Ma cosa...
Marco non gli lasciò il tempo di finire, inglobando i volti dei due uomini nella bolla. I due contrattaccarono, cercando di sfuggire alla stretta dell'acqua. La pietra ai piedi del ragazzo iniziò a salire avviluppandolo in un bozzolo. Per quanto cercasse di divincolarsi fu impossibile fuggire dalla morsa rocciosa.
Vedendo l'amico in difficoltà Reb ordinò ad Amun di non muoversi ed entrò in azione. Sollevò uno dei due soldati, sperando che fosse lui a manovrare la pietra. Purtroppo il suo intervento non bastò ad evitare che la roccia si chiudesse sul ragazzo. L'ultima cosa che vide fu il soldato intrappolato nella bolla cadere a terra privo di sensi, poi il buio lo avvolse bloccandogli il respiro.

Non appena la roccia inglobò Marco il soldato trattenuto da Reb sogghignò. Ciò fece infuriare ancora di più la ragazza che aumentò la forza del vento. Le sferzate provocarono diversi tagli nell'uomo che non se ne curò. Per pura fortuna la ragazza riuscì ad evitare i massi lanciati dal suo oppositore che si schiantarono alle sue spalle. Coloro che abitavano nei dintorni spiavano impauriti dalle finestre. Nessuno voleva essere coinvolto nel conflitto.
Lanciando un'altra occhiata all'amico Reb si sentì travolgere dalla rabbia. Doveva proteggere Amun e salvare i suoi amici. Contavano tutti su di lei.
Con uno scatto la guardia fu scaraventata a terra e, nonostante il vento, il rumore di ossa spezzate riecheggiò nella notte. L'uomo sembrava svenuto e ciò permise alla ragazza di rilassarsi. Si avvicinò all'uomo, controllando che avesse perso i sensi.
Abbassare la guardia fu l'errore più grave. Un masso la colpì alla schiena, facendola cadere. Prima che potesse difendersi fu colpita alla testa e ciò, sommato alla stanchezza, le sfocò la visuale impedendole di muoversi.

Marco, intanto, cercava di fuggire da quella che sarebbe potuta diventare la sua tomba. Non riusciva a trovare una fessura per far passare l'acqua che aveva raccolto all'esterno ed estrarla dall'aria circostante gli costava troppa fatica. Aveva impiegato tanto tempo ad imparare quella tecnica ma non riusciva ancora a padroneggiarla pienamente.
Tentò di tempestare la roccia di pugni ma il poco spazio di manovra gli procurò solo delle lesioni alle mani nude. L'ossigeno scarseggiava e il ragazzo cercò di non farsi prendere dal panico. Non gli restava altra scelta che usare i suoi poteri. Mentre estraeva l'acqua presente nell'aria sentì dei rumori provenire dall'esterno. Sperò con tutto il cuore che Reb stesse vincendo contro l'ultimo soldato rimasto.
Creare l'acqua lo affaticava ma sapeva che per liberarsi doveva provocare una pressione abbastanza forte da distruggere la roccia.
Con la fronte imperlata di sudore cercò di ignorare il rumore che proveniva dall'esterno e concentrarsi. L'acqua gli aveva ormai raggiunto la vita quando le forze vennero meno. Le pareti strette gli impedirono di cadere ma le gambe non riuscivano più a reggerlo.
Era esausto e sperò che i suoi sforzi fossero serviti a qualcosa. Il tempo sembrava scorrere con estrema lentezza e la mancanza di ossigeno fece appannare la vista di Marco. Con le ultime forze spinse l'acqua verso la pietra, con l'unico risultato di creparla leggermente. La disperazione prese il sopravvento e man mano che sprofondava nell'incoscienza la sua mente si affollò di pensieri.
"Ho fallito. Non sono neanche riuscito a salvare Arya. Non saprà mai che la amo. Continuerà ad odiarmi. Spero che Reb sia riuscita a sconfiggere quell'uomo, altrimenti sarò morto invano. Sto delirando. Inizio a sentire le voci. È la fine.". Qualcuno dall'esterno chiamava il suo nome e, prima di svenire, gli sembrò di riconoscere la voce di Hiroshi.

Arya attraversò di corsa i corridoi del palazzo senza incontrare nessuno. In lontananza sentiva delle voci e sperava di riuscire a evitarle. Le luci erano spente e l'unico chiarore proveniva dalle poche finestre. Quando un bagliore improvviso penetrò dalla finestra più vicina la ragazza ne approfittò per creare un globo luminoso da usare come eventuale arma. Poi, spinta dalla curiosità, si sporse a guardare all'esterno. Una piazzetta era cosparsa di rocce e delle figure scure erano stese a terra. Un palazzo bloccava la visuale e le impediva di vedere cosa avesse provocato lo scoppio di luce.
"Devo sbrigarmi. Non ho tempo da perdere." Con questo pensiero fisso in testa Arya proseguì. Non sapeva se la causa della confusione all'esterno fossero i suoi amici che erano venuti a salvarla e non era il momento per i dubbi. Sarebbe stata contenta di avere un aiuto nella fuga ma al momento doveva cavarsela da sola.
Era così immersa nei suoi pensieri che non si accorse che Seth era sfrecciato fuori dalla finestra, consapevole della presenza di Amun.

Credendo di essere in un sotterraneo Arya era salita troppo così proseguì alla ricerca di una rampa di scale per scendere. L'aveva finalmente trovata quando si rese conto dell'assenza del corvo.
-Seth? Dove sei?
Il sussurro si propagò per il corridoio deserto e la ragazza capì di aver fatto un errore. Le voci in lontananza tacquero e l'eco dei passi rimbombò allo stesso ritmo del cuore di Arya che non ebbe altra scelta che proseguire. Seth era stato la sua unica compagnia in quella prigione buia e anche se la sua presenza non si notava era confortante sapere di averlo lì. La speranza che il corvo fosse stato mandato da Amun si affievolì lasciando il posto alla consapevolezza che era stata una casualità e l'uccello non vedeva l'ora di tornare all'aria aperta.
Ad esclusione dei suoi inseguitori la ragazza non incontrò nessuno e trovò strano il fatto che non ci fossero guardie ad ogni angolo. Aveva immaginato che il castello dei Demoni fosse molto più sorvegliato ma evidentemente o si sbagliava oppure si stava dirigendo dritta verso una trappola.
Concentrandosi su questo pensiero Arya esitò per un fatale attimo: due soldati la raggiunsero squadrandola per un attimo prima di attaccare. Poco prima che la raggiungessero la ragazza lanciò la sfera che stava sostenendo con fatica. Gli uomini, accecati, si fermarono urlando. Mentre le ustioni iniziavano a comparire sui loro volti uno dei due provocò una serie di fiammate. Arya non riuscì ad evitare di essere colpita di striscio e indietreggiò con gli abiti fumanti. Il giubbotto antiproiettile le era stato tolto, così come il cellulare, e la giovane sapeva di essere più vulnerabile rispetto ai suoi aggressori. Il bruciore alle ferite le impediva di pensare lucidamente e, come già era accaduto alla palude, il suo corpo agì da solo creando una frusta di luce che lacerò i vestiti dei soldati.
Mentre creava uno scudo per proteggersi dal fuoco Arya non si accorse dell'attacco alle sue spalle. L'altro uomo aveva finalmente rivelato i propri poteri facendo sgorgare una serie di scintille dai cavi appesi al soffitto. La ragazza sentì un forte dolore alla schiena, dove il fascio di elettricità l'aveva colpita. Le gambe le cedettero e Arya cadde con la vista appannata. "Non può finire così. Devo scappare. Devo trovare i miei amici, salvare mia sorella."
I soldati avanzarono ghignando nonostante le ferite. Una piccola sfera di elettricità era pronta nel caso in cui la ragazza si rialzasse, ma l'uomo non ebbe mai l'occasione di usarla. Fu distratto da una figura scura che attraversò il corridoio per poi fiondarsi su di lui. Il corvo gli procurò profondi graffi sul viso e a nulla servirono i tentativi del soldato di scacciarlo. Il suo compagno indietreggiò, per poi tornare a concentrarsi su Arya. Era a conoscenza dell'importanza della ragazza per il suo capo e non poteva lasciarla andare.
La giovane si sentì afferrare per un braccio ma non aveva ancora riacquistato la sensibilità degli arti e non riuscì a reagire. La disperazione si impadronì del suo cervello, mischiandosi alla consapevolezza di aver condannato gli Angeli ad una disastrosa sconfitta.

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