Capitolo 12
-È il compleanno più bello della mia vita.
Mentre assaggiava una bruschetta con il caviale Arya pensò che non era mai stata ad una festa così sfarzosa. Accanto a lei Marco era già alla quinta fetta di pizza mentre Hiroshi e Reb scommettevano su chi sarebbe riuscito a finire per primo il proprio piatto di patatine.
Ad un tratto i musicisti iniziarono a suonare una musica più lenta e al centro della sala si formò uno spazio libero nel quale Nicholas aprì le danze con una ragazza che Arya non aveva mai visto. I loro movimenti erano eleganti e coordinati e ben presto la maggioranza degli ospiti si unì a loro. La giovane indossava un abito principesco color cielo. I capelli chiari, raccolti in un'elaborata acconciatura, lasciavano scoperto il volto ovale. Il leggero trucco faceva risaltare i grandi occhi azzurri e i suoi lineamenti delicati attiravano lo sguardo di tutti i presenti.
-È la sua ragazza?
Arya riusciva a scorgere i due ballerini fra la folla.
-Sì, l'hanno annunciato questa estate.
Reb sogghignò, poi si allontanò con Hiroshi.
-Mi concedi questo ballo?
Accettando la mano tesa di Marco Arya decise di lasciare da parte i rancori e divertirsi. Il resto della serata fu un turbinio di vestiti colorati e di volti. Danzò con vari uomini ansiosi di conoscerla e fra la folla vide di sfuggita i suoi amici. Ad un certo punto i musicisti rallentarono il ritmo fino a smettere completamente di suonare. In silenzio scesero dal palco e Nicholas annunciò la fine della serata. Gli ospiti iniziarono ad andare via lentamente, riempiendo il silenzio della strada con un chiacchiericcio allegro. Reb salutò Arya con un abbraccio, poi si allontanò in compagnia di Marco e Hiroshi. La ragazza che aveva ballato con il re uscì con una donna dal naso aquilino. Con la sua aria di sufficienza era esattamente l'opposto della figlia. Kayla e Nicholas si sedettero, esausti, distogliendo Arya dai suoi pensieri.
-È stata una festa fantastica, grazie!
-Benvenuta ufficialmente nella Città Bianca.
La giovane rimase con loro per un po' poi si ritirò nella sua stanza.
In seguito, quando avrebbe ripensato a quella serata, avrebbe ricordato con gioia un vortice di danze intervallate da cibi deliziosi e chiacchiere amichevoli.
Il mattino dopo Arya fu svegliata da alcuni colpi alla porta. Era esausta ma nella sua mente galleggiavano i frammenti della sera prima. Si rigirò, nascondendosi sotto le coperte. Lo scricchiolio della maniglia fu seguito da alcuni passi e da un tonfo. Il letto ondeggiò e una mano dalle dita sottili scostò la stoffa sottile dal suo volto.
-Ho sonno, Reb.
Con la coda dell'occhio aveva notato una ciocca blu ondeggiarle davanti.
-Anche io.
Le ragazze sorrisero, poi Arya sentì il caldo abbraccio delle coperte che le veniva strappato via e il cuscino sotto la sua testa sparire. Con un gemito di dolore per lo scontro contro il letto la ragazza si alzò, ricadendo subito dopo. Era stata colpita inaspettatamente dal proprio cuscino. Era iniziata la guerra. Rilanciando indietro l'oggetto prese uno dei peluches presenti nella stanza. Lo lanciò verso Reb, ricevendone un'altro in risposta.
La lotta continuò fra le risate fino a quando la porta non si aprì, facendo comparire Hiroshi e Marco. Il secondo fu colpito da un orsetto, rimanendo a bocca aperta davanti al tappeto di animaletti.
-Ragazze.
Disse, scuotendo la testa. Sorridendo il giapponese le avvisò che era tardi e che dovevano prepararsi in fretta. Un quarto d'ora dopo, che ai ragazzi sembrò un'eternità, Arya fu pronta e finalmente poterono uscire. Intanto i suoi amici avevano riordinato parzialmente la confusione nella stanza. Quando si avviarono fuori dal castello era ormai mezzogiorno e Marco le comunicò che sarebbero andati a fare un giro fuori dalla città. I caldi raggi del sole estivo scomparvero dalla loro vista mentre scendevano nella stazione della metropolitana. Era affollata, ma ciò non impedì alla ragazza di ammirare i mosaici che decoravano le pareti. Rappresentavano la città da vari punti di vista e in alcuni c'erano persino dei campi coltivati in varie stagioni dell'anno. Hiroshi le porse un pass di plastica, dicendole di non perderlo. Attraversarono i tornelli metallici e, dopo essere arrivati al centro della stazione, iniziarono a cercare il loro binario. Quando arrivarono videro che la metropolitana era già li. Salirono a bordo, seguendo la folla di Angeli, ma sfortunatamente non trovarono posti liberi per sedersi. Restarono in piedi, aspettando di arrivare a destinazione. Il chiacchiericcio intorno a loro variava di intensità a ogni fermata, quando i passeggeri salivano o scendevano.
Ad un tratto una voce metallica annunciò che erano arrivati al capolinea e tutti, compresi i ragazzi, si ritrovarono in una stazione completamente diversa dalla prima. Arya sentì un vago odore di terra e, avanzando verso l'uscita, vide molti contadini con la pelle abbronzata dal sole che chiacchieravano o riposavano dopo aver lavorato per tutta la mattinata.
Uscendo all'aria aperta furono investiti da un odore di erba, terra e frutta. Davanti agli occhi increduli della ragazza si stendevano file di viti, ulivi e ortaggi. Era cresciuta in città e non aveva mai visto niente di simile. Salirono sul retro di un furgone vuoto che successivamente avrebbe contenuto le casse con la frutta e la verdura. Mentre attraversavano i campi gli Angeli raccontarono ad Arya varie curiosità: si pensava che quella zona della città fosse lì da sempre ma non potevano saperlo con certezza perché tutte le informazioni sulle origini del luogo erano scomparse in un incendio. Dai campi proveniva il cibo che veniva venduto al mercato cittadino da alcuni contadini e tutte le operazioni di commercio venivano coordinate dal re che prendeva una parte del cibo per la sua famiglia. La ragazza cercò di memorizzare quelle informazioni ma era inevitabile che qualcosa sfuggisse alla sua attenzione. Gli uomini intorno a loro stavano concludendo il lavoro, preparandosi a pranzare. Reb, Marco e Hiroshi salutavano tutti con aria amichevole. Arya si godette gli ultimi brandelli di calore estivo, respirando quell'aria di campagna che era del tutto nuova per lei.
I ragazzi chiesero al conducente del furgone di farli scendere a una decina di metri da un grosso capannone bianco.
-Chi arriva per ultimo perde.
Reb guardò i suoi amici sogghignando e iniziò a correre senza guardarsi indietro.
-Ehi, aspetta, non vale!
Marco e Hiroshi la seguirono e Arya non ebbe altra scelta che imitarli. Zigzagando fra le persone e le casse di ortaggi la ragazza pensò che le ore di educazione fisica a scuola non erano state del tutto inutili. Sorpassò Marco e arrivò al traguardo con il fiatone. Gli altri due erano già lì, esultanti per la vittoria. L'italiano arrivò per ultimo, ansimando e facendo cenno agli altri di entrare. Non parlò per un po', cercando di riprendere fiato, ma Arya fu troppo occupata a guardarsi intorno per badare a lui.
Si trovavano in una sala enorme che tuttavia sembrava troppo piccola per contenere tutte quelle persone. Il forte brusio e il rumore metallico dei cucchiai facevano da sottofondo al pranzo. Ai lati dei lunghi tavoli era seduta una moltitudine di contadini, ognuno con il proprio piatto di minestra davanti. Dall'altra parte della sala c'era un bancone dietro il quale una donna con un volto conosciuto serviva i pasti sorridendo. L'aria era intrisa dell'odore di cibo, terra e sudore. Avvicinandosi al fondo della mensa Arya bloccò Marco, chiedendogli con voce tremante chi fosse la donna. Aveva riconosciuto i suoi tratti e non riusciva a credere a ciò che vedeva.
-Si chiama Erika. E, nel caso te lo stessi chiedendo, è proprio la tua vecchia professoressa di educazione fisica.
-Perché...
La sua mente iniziò a riempirsi di domande e la ragazza non riuscì a completare la frase. Il suo amico capì cosa intendeva e le spiegò in fretta la situazione.
-L'abbiamo mandata nella tua scuola per vedere cosa sapevi fare, quanto riuscivi a cavartela.
Si avvicinarono ad Erika che li salutò affettuosamente. Dopo che i loro piatti furono pieni di minestra verdognola i quattro si sedettero ad un tavolo accanto ad alcuni contadini allegri. Iniziarono a mangiare godendosi quel cibo straordinariamente buono e scambiandosi qualche parola fra un boccone e l'altro.
Ad un tratto la vibrazione del telefono di Marco ruppe la quiete e, leggendo il nome sullo schermo, il ragazzo iniziò a preoccuparsi. Non appena rispose sentì la voce agitata di Nicholas:
-Venite qui. Subito.
Marco chiuse il telefono sapendo che era inutile aspettarsi ulteriori spiegazioni. Si alzò avvisando gli altri. Hiroshi e Reb furono pronti in un attimo mentre Arya non capiva cosa stesse succedendo.
-Andiamo, è successo qualcosa.
La voce ferma del ragazzo la spinse ad alzarsi e a seguire i suoi amici. Nessuno si accorse del loro passaggio attraverso la mensa. Quando uscirono all'aria aperta un vento fresco accarezzò i loro volti. L'autista del furgone che li aveva portati li non era nei paraggi così Hiroshi si trovò costretto a sedersi al volante. Reb mise a tacere le proteste di Arya dicendo che se ne sarebbe occupato Nicholas. Guidando a velocità folle arrivarono alla fermata della metro in pochi minuti. Entrarono nel mezzo semivuoto usando i pass che il giapponese aveva distribuito all'andata. Qualche secondo dopo i ragazzi furono catapultati all'indietro e lo sferragliare delle ruote sovrastò ogni altro suono. Il fatto che lo scompartimento fosse quasi deserto gli permise di parlare lontano da orecchie indiscrete.
-Secondo voi cosa è successo?
Hiroshi era calmo come al solito.
-Probabilmente niente di grave.
Reb rispose con il suo solito tono pungente.
-Non ci avrebbe chiamato se non fosse stato importante.
Marco cercò di pensare a una spiegazione, senza successo. Arya, invece, era ancora scossa dalla rapidità dei fatti. Era così immersa nei suoi pensieri che quasi non si accorse che erano arrivati alla loro fermata. Scese appena in tempo e riuscì a seguire senza difficoltà i suoi amici fino all'uscita. La luce accecante del sole le ferì gli occhi e dovette fermarsi un momento. Quell'attimo di esitazione bastò per permettere agli altri di seminarla.
La ragazza si guardò intorno spaesata, poi notò il palazzo reale poco distante. Spiccava fra le altre case e lei decise di dirigersi in quella direzione. Fece un passo e, non notando lo scalino, cadde. Le sue mani assorbirono dolorosamente l'impatto.
-Iniziamo bene...
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