WINTER 10 - Dove Raven puntualizza le regole

"Non sono d'accordo".

La voce di Swan, inflessibile, mise fine all'ennesimo tentativo di raggiungere l'unanimità.

A dispetto della sua proverbiale calma, Eagle non riuscì a trattenere il nervosismo e colpì piano il tavolo con il palmo della mano. Il ragazzo più alto stentò a rivolgerle il suo solito sorriso cortese e quello con i capelli rossi le lanciò uno sguardo assassino e quasi le ringhiò contro. Persino il Secondo Maestro si lasciò sfuggire una smorfia, rinunciando alla sua abituale compostezza.

Lei, senza mostrare alcuno scrupolo, girò sui tacchi e uscì dalla sala. La discussione, per quella mattina, era finita. Si sarebbero rivisti nel pomeriggio.

"Swan!".

La ragazza si fermò al centro del corridoio. Mentalmente lanciò un dado: andarsene o restare? voltarsi o proseguire? Ma era la voce di Raven, quella che l'aveva chiamata, con quel suo tono che riusciva a essere suadente e imperativo nello stesso istante, che la offendeva e insieme l'attirava.

Lanciò un dado, un dado truccato, e si giustificò con se stessa dicendo che non sarebbe riuscita a sfuggirgli per sempre. Si girò a guardarlo e lui non si fece sfuggire quell'occasione. Le fu addosso in un lampo, come un falco sulla preda. Ma Swan, a dispetto dell'influenza che Raven riusciva a esercitare su di lei, era più che decisa, in quell'occasione, a vendere cara la pelle. Lo doveva a se stessa. E lo doveva a Phoenix.

Indietreggiò e si fece mettere con le spalle al muro, ma non mostrò il minimo timore. Piuttosto rimase a testa alta, affrontandolo con decisione.

"Che posso fare per te?", domandò fredda.

Lui la squadrò da capo a piedi senza rinunciare alla sua solita espressione indecifrabile e a quel sorrisetto ironico che gli aleggiava perennemente sul viso.

"Sai benissimo cosa potresti fare per me. Quello che potresti fare per tutti", rispose perentorio.

La ragazza serrò le braccia attorno al petto e gli rivolse un chiaro sguardo di sfida.

"Ho detto che non sono d'accordo con la scelta".

Di fronte alla sua cocciutaggine, Raven perse la pazienza, già ridotta al lumicino da quelle giornate sprecate attorno a una questione che, in fondo, non lo interessava granché.

"Andiamo, Swan!", sbottò. "Non puoi tenerci sulle spine per sempre. Guarda che ho una vita, là fuori".

Lei ridacchiò con cattiveria.

"No, non ce l'hai! Fai finta di averla, che è diverso".

Si prese una pausa per godersi l'espressione stupita e insieme risentita che si disegnò sul viso di lui. Lo stava mettendo alle strette ed era esattamente quello che voleva.

"E poi non è nemmeno questo il motivo per cui sei tanto arrabbiato con me. Ti conosco, Raven. A te non importa nulla di chi sceglieranno".

I lineamenti del ragazzo si incresparono in uno strano sorriso. Aveva capito che non c'era più molto da scherzare e sapeva perfettamente che, arrivati a quel punto, non sarebbe stato più disposto a darle alcun vantaggio. Si puntellò con una mano sul rivestimento di legno della parete e avvicinò il viso a quello di lei, sovrastandola con il suo corpo elastico e slanciato.

"Va bene", ammise con tono quasi condiscendente, "hai ragione. Non è questo il motivo".

Lei non si scostò di un millimetro dalla propria posizione battagliera e continuò a sostenere il suo sguardo.

"Allora?".

"Il punto è che tu non puoi smettere di parlarmi, Swan".

La ragazza sollevò un sopracciglio e lo squadrò con aria di finta indifferenza.

"Ah, davvero?".

Raven, istintivamente, si mordicchiò il labbro inferiore. Quella manifestazione di nervosismo trasmise una fitta al cuore di Swan. Per quanto fosse intenzionata a non cedere in quel braccio di ferro, non riusciva a non trovarlo irresistibilmente sexy.

"Urlami contro, offendimi, lanciami oggetti addosso, ma il silenzio no, non te lo permetto".

Quelle parole e l'intensità del suo sguardo metallico mentre le pronunciava con la sua bocca perfetta, precipitarono dentro lo stomaco di Swan e la fecero tremare. Era la prima volta che lui le parlava in modo tanto diretto. E tanto... intimo.

Una miriade di sentimenti contrastanti le sfrecciarono in testa, facendola vacillare. Prese fiato a fatica e si impose di scacciare quei pensieri che la stavano distraendo da ciò che era davvero importante. Chinò lo sguardo per sottrarsi al suo magnetismo e scosse il capo.

"Guarda che non è solo un capriccio", mormorò, affrettandosi a cambiare argomento. "Stanno sbagliando. Io ho sentito qualcosa".

Lui ebbe uno scarto di fronte a quella confessione. Staccò la mano dal muro e si drizzò sulla schiena.

"Stai dicendo sul serio?".

Swan tornò a cercagli gli occhi per dimostrargli quanto fosse sincera.

"Sì. Quando l'ho toccato, quel ragazzo dai capelli rossi, io l'ho sentito".

Raven rimase in silenzio per qualche istante, a valutare quella rivelazione. L'Acqua e il Fuoco si respingevano, non si attraevano. Sarebbe stato molto più logico che fosse stato Eagle a percepire il Phoenix, non lei. Ma era comunque possibile. Scrutò una volta ancora il viso della ragazza.

"Ti credo", disse infine.

Lei si concesse un mezzo sorriso.

"Mi sosterrai, allora?".

Raven si passò un paio di volte il pollice sul labbro inferiore con una lentezza tale da farlo sembrare una punizione.

"Potrei prenderlo in considerazione", sentenziò. "Devo parlarne con Eagle".

Swan, finalmente, riuscì a respirare. Non era un , ma quello era Raven, uno che non si concedeva mai interamente. Quella conclusione valeva quasi quanto una resa, ma la ragazza non ebbe il tempo di gustarsi quel trionfo. Lui aveva fatto un passo indietro, come per lasciarle spazio o per poterla osservare meglio. Sembrava sul punto di andarsene, dal momento che non avevano più nulla da dirsi, ma d'improvviso parve cambiare idea.

"Di' un po'...", la interrogò bruscamente. "Non è che tutta questa insistenza ha a che fare con quel tizio? Non ti sarai mica fatta abbindolare da un paio di occhi verdi e dal suo aspetto da belloccio?".

Il tono con cui le aveva rivolto quella domanda era sgradevole e voleva esserlo. Altre volte Raven aveva mostrato un atteggiamento possessivo, quasi geloso nei suoi confronti, ma l'aveva sempre fatto in modo leggero, scherzoso, senza mai prendersi troppo sul serio. E senza permetterle di prenderlo troppo sul serio. Swan si sentì punta sul vivo dalla severità che aveva appena avvertito.

"Non dire sciocchezze", tagliò corto.

Lui la valutò una volta ancora con fare esperto.

"Meglio così. Lo sai che puoi avere occhi solo per me, vero?".

Lei sbatté le palpebre un paio di volte e non riuscì ad arginare in alcun modo lo stupore che le si stava disegnando sul viso.

Che cavolo significano queste parole? Da dove se l'è tirate fuori? Proprio adesso, poi? Ma che...

"Che diavolo significa?".

La lingua era stata più veloce del suo cervello, e così anche il cuore, tanto che quella domanda le era uscita fuori quasi con violenza, come fosse stata un rimprovero o un'accusa. Per tutta risposta, lui sorrise. Ancora una volta lo aveva sottovalutato. Si era accontentata di una facile vittoria su di lui, senza considerare che il suo avversario non era il tipo da farsi battere senza almeno azzannare per ultimo.

Approfittando della sua reazione scomposta, Raven le si avvicinò con uno scatto felino e la intrappolò contro il muro con il peso del suo corpo.

"Adesso te lo spiego meglio", sussurrò con le labbra a un millimetro dalla sua guancia.

La ragazza rimase di sasso, incapace di reagire di fronte a quel contatto improvviso e meraviglioso, e lui si spinse fino a sfiorarle l'orecchio. Le carezzò l'elice con la punta della lingua, delicatamente e senza alcuna fretta, e lei si sentì avvampare.

"Tu devi guardare solo me".

Swan serrò i pugni, le labbra, le palpebre. La voce di Raven, roca e rovente, aveva innescato qualcosa di sconosciuto dentro di lei. Qualcosa che si era agitata dentro il suo petto, poi era esplosa e stava scivolando piano a irradiarle ogni parte del corpo. Era come se un vuoto improvviso le si fosse aperto nella pancia. Un languore, un'assenza che chiedeva urgentemente di essere riempita. Ma non gli avrebbe concesso di vedere quell'emozione, no. Di certo la indovinava, perché la sua pelle stava andando a fuoco contro il petto di lui. Ma non gli avrebbe concesso di avere quella certezza.

Fece violenza su se stessa, tese le mani con tutte le sue forze e lo allontanò quel tanto che le permetteva di sottrarsi a quella trappola.

"Chiarissimo", scandì cercando di infondere alla propria voce tutta la calma che le era rimasta. "Ci vediamo dentro".

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