SUMMER 5 - Il dio della mia idolatria
Raven la guidò con calma fuori dalla sala, nell'atrio occupato dalla scalinata che conduceva al piano superiore della casa. Scrutò lo spazio che li circondava e, quando fu certo che non ci fosse nessuno, si fermò, si girò e tagliò la strada a Swan, che gli finì addosso. Lui l'afferrò dalla vita, la sollevò lievemente e la spinse contro il caposcala, bloccandola tra il freddo del marmo e il calore del suo corpo. Le sollevò il mento con la mano, ancorandole lo sguardo con i suoi occhi magnetici. Non sorrideva più e le stava studiando ogni dettaglio del viso con un'espressione intensa.
"Adesso guardami negli occhi e ripetimi quello che hai detto prima", le intimò con voce scura.
Lei prese un respiro profondo, che si infranse contro il petto di Raven, e sfoderò un'espressione provocante e sicura: se lui aveva intenzione di essere determinato e prepotente, lei non sarebbe stata da meno. E se qualche minuto prima gli aveva dato l'impressione di essere turbata e incerta, quello era il momento per dimostrargli che la piccola Swan era cresciuta, si era lasciata alle spalle i sogni da bambina ed era pronta.
"Ti amo", scandì lei continuando a esplorare le piccole schegge celesti annegate nelle sue iridi grigie. "Tienimi con te tutta la notte".
Il sospiro impercettibile che sfuggì dalle labbra di Raven era indecifrabile. Forse desiderio o sollievo, ansia o liberazione. Swan non ebbe comunque il tempo per concentrarsi su quel dettaglio, perché si era spinto ancor più contro di lei e aveva iniziato a baciarla con passione incontrollata.
Erano quelli i momenti in cui lui rivelava il suo intimo, sotterraneo legame con il proprio Elemento. Perché Raven sembrava di ghiaccio se lo si guardava da fuori, freddo e pigro come la crosta terrestre, ma aveva un fuoco che gli si agitava dentro, come nelle profondità magmatiche della Terra, e che veniva fuori con la forza devastante di un vulcano. Fu proprio quella sensazione di bruciante calore che Swan si sentì riversare addosso in quel bacio e che fece prendere fuoco anche a lei. Cercò un varco nella stoffa e infilò le mani sotto la giacca scura dello smoking, imprimendogli lungo la schiena la pressione delle sue dita.
Raven perse la presa sulle sue labbra e gemette. Si staccò da Swan senza un parola, le passò una mano dietro le spalle e le sollevò le ginocchia, serrandola tra le braccia. La ragazza rispose a quel gesto aggrappandosi al suo collo e si lasciò portare su per le scale. Quando raggiunsero il pianerottolo, scivolò lungo il suo corpo fino a toccare terra senza sciogliere la stretta e gli cercò la bocca per un altro bacio profondo. Senza smettere di rincorrersi, di mordicchiarsi, di toccarsi raggiunsero la camera di Swan. Lei si girò a fronteggiare la porta e cominciò a cercare tra le pieghe del vestito la minuscola tasca nascosta che conteneva la chiave. Raven, nel frattempo aveva cominciato a sfilare le perle che appena poche ore prima aveva tanto diligentemente abbottonato.
La porta si aprì e un attimo dopo si richiuse alle loro spalle. Swan accese la luce, Raven fece scattare il chiavistello. Quei due semplici gesti sembrarono creare una frattura nello scorrere del tempo, che fino a quell'istante era sembrato loro accelerato, come lanciato in corsa verso un punto distante. Lei fece un passo indietro e i due rimasero a guardarsi, come preda e cacciatore, antilope e leone, ognuno intento a carpire le intenzioni dell'altro e pronto al balzo.
Fu Raven il primo a muoversi, mentre Swan restava in piedi accanto al letto. Finì di aprirle il vestito e glielo sfilò dalla testa, abbandonandolo per terra. Passò uno sguardo sul suo corpo, sulla delicata biancheria che aveva lo stesso colore dell'abito e che si sposava perfettamente con la pelle bianca di lei, poi le prese le mani e la guidò fino a farla distendere sulle lenzuola. Swan gli obbedì docilmente. Voleva abbandonarsi completamente alla magia di quel momento. Voleva seguire ogni gesto di Raven, conservarne il ricordo e aderire a tutti i suoi desideri, perché in fondo somigliavano ai propri.
Raven si sollevò e, per prima cosa, si liberò dei vestiti. A dispetto della sua capacità di apparire impeccabile in abiti eleganti quando voleva esserlo, non amava particolarmente quel tipo di abbigliamento. In quel contesto, poi, lo percepiva solo come un intralcio alla propria voglia, quindi fu rapido a far volare via cravattino, giacca e camicia, e a sfilarsi scarpe, calze e pantaloni, per restare di fronte a Swan solo con il suo fisico elastico e i boxer neri. Lei si sollevò sui gomiti con un sorriso, mentre ammirava la scena dalle lenzuola in attesa della sua prossima mossa, e Raven, con una calma che le parve assurda, diede il via allo spettacolo con un gesto che la lasciò senza fiato: le si inginocchiò di fronte e cominciò a slacciarle i sandali d'argento. Le prese i piedi nudi tra le mani, poi si chinò a baciarle la parte più delicata e sensibile delle piante. Un brivido le attraversò il corpo e si precipitò nella testa, esplodendo come un fuoco d'artificio colorato, obbligandola a chiudere gli occhi e inarcare la schiena.
"Guardami, Swan", esclamò lui come in una preghiera. "Sono in ginocchio davanti a te e tu sarai il mio unico dio, stanotte".
Lei non si mosse, non riusciva a guardarlo perché la sua mente era completamente rapita da quella sensazione sconvolgente. Raven sorrise e proseguì. Le baciò la punta delle dita e risalì con le labbra il collo del piede, che lei aveva contratto e disteso verso di lui mentre il piacere sembrava quasi paralizzarla. Percorse a piccoli baci l'intera lunghezza delle sue gambe, avvicinandosi sempre più al suo corpo disteso. Le scostò con delicatezza le ginocchia chiuse e si fece strada per continuare il suo lavoro sulle cosce. Swan si ostinava a tenere le palpebre serrate e la testa rovesciata indietro. Il respiro le si era fatto accelerato e faticoso, e aveva l'impressione di non avere più controllo sulle proprie reazioni.
Tutto in lei apparteneva a Raven, rispondeva solo ai suoi comandi. Tutto in lei aveva cominciato a bruciare, mentre lui sembrava non avere alcuna fretta di spegnere quell'incendio che la stava torturando. Indulgeva in modo quasi spietato in quei baci leggeri e la sfiorava appena con le dita. Le fece scivolare via gli slip con negligenza, come se in fondo non gli interessasse davvero liberarsi di quell'ostacolo, e proseguì ostinatamente a far scorrere le labbra sul suo ventre che si sollevava affannato. Le slacciò il reggiseno e glielo sfilò dalle braccia con un movimento sapiente, quindi la spinse nuovamente giù sulla schiena e cominciò a tormentarle i seni, prendendole i capezzoli turgidi tra le labbra e stuzzicandoli con la lingua.
Un gemito basso e disarticolato di piacere fu l'unico suono che uscì dalla bocca di Swan, mentre le sue dita affondavano tra i capelli di Raven e cominciavano a scendere sulla sua schiena. A quel contatto, lui parve perdere quel ferreo controllo che aveva esercitato sulla situazione fino a quel momento. I suoi gesti, prima lenti e calcolati, iniziarono a farsi più rapidi e disordinati. Si abbandonò sul suo corpo e cominciò a esplorarla con le mani. La bocca corse a cercare quella di lei per strapparle un bacio profondo, violento, mentre le dita scivolavano tra le sue gambe aperte.
"Ti confesserò tutti i miei peccati", le ansimò nell'orecchio. "Te li descriverò tutti, uno per uno".
La punta delicata del suo indice cominciò a massaggiarle piano il punto più sensibile del suo sesso. Onde di piacere presero a scorrerle addosso, sempre più ampie e profonde, e Swan iniziò ad agitarsi sotto il corpo di Raven come la spuma del mare che si infrange contro le rocce. Si aggrappò a lui quando avvertì che una sensazione intensa e sconosciuta la stava scuotendo tutta, e invocò il suo nome.
Raven le coprì il collo e la guancia di piccoli baci, come se volesse placarla, ma la sua voce scurita dal desiderio riuscì solo a infiammarla di più.
"Mi assolverai, Swan?", mormorò a un millimetro dalla sua bocca. "Perdonerai tutti i miei peccati?".
Lei sollevò le ciglia e si trovò di fronte i suoi occhi ardenti e le sue labbra che rilucevano di un rosso acceso.
"Sì", rispose in un soffio. "Sì".
Poi chiuse gli occhi e si lasciò affondare, lasciando che solo gli altri sensi le raccontassero ciò che stava accadendo.
Sentì che Raven si sollevava, si liberava dell'ultima barriera di stoffa che li separava, che armeggiava con qualcosa prima di tornare di nuovo a baciarla. Avvertì la sua erezione che si insinuava tra le sue gambe e lì si fermava, come in attesa.
"Adesso guardami, Swan. Guardami davvero, non lasciarmi mai".
Dolcemente la obbligò ad aprire gli occhi, mentre con una mano le accarezzava il viso e i capelli. La baciò come se avesse voluto carpirle il fiato e l'anima, poi iniziò a farsi strada dentro di lei, fermandosi ogni volta che la sentiva irrigidirsi e spingendosi oltre ogni volta che si rilassava. Swan sentì quel calore estraneo che la invadeva, che la squarciava lentamente e che altrettanto lentamente la riempiva di piacere. Provò l'istinto di piangere e sospirare allo stesso tempo, ma quando infine si lasciò andare e gli fece spazio nel suo corpo, sentì che era pura emozione quella che le era esplosa dentro.
Raven cominciò a muoversi piano, poi le sue oscillazioni si fecero sempre più accelerate e decise. Si sollevò a guardarla, le prese la vita sottile tra le mani facendole inarcare la schiena e spingendole il bacino a fondersi ancor più con il suo. Guidando il movimento dei suoi fianchi, riuscì a farle provare quello stesso intenso piacere che le aveva fatto assaporare con le dita, prima di lasciarsi andare a sua volta, perdendo il controllo e abbandonando la presa sul suo corpo. Dopo qualche istante, si adagiò su di lei e restarono così, pelle contro pelle, in silenzio, per un tempo infinito.
Aveva gli occhi chiusi, le labbra lievemente aperte, la testa abbandonata sul suo seno. Swan si fermò a scrutarlo stupefatta. Gli sembrava una creatura meravigliosa, quella che giaceva sul suo petto. Non riusciva ancora a credere a quanto era successo, a quella sequenza di sensazioni vive che aveva appena sperimentato, che non avrebbe mai immaginato possibile se qualcuno gliel'avesse predetta. Sollevò la mano e gli sfiorò i capelli quasi con timore, come se temesse di infrangere una bolla di sapone, troppo perfetta e irreale per avere consistenza. Lui, a quella carezza, schiuse gli occhi e sorrise, e quel sorriso a Swan parve il più bello che avesse mai visto.
Raven scivolò al suo fianco, senza rinunciare a stringerle la vita. La fece girare e la incollò a sé, intrecciando le gambe alle sue e accogliendola nel suo abbraccio. Cominciò a carezzarle i capelli con un movimento lieve e cadenzato, e Swan sentì che le palpebre le si facevano pesanti, che tutto il suo corpo voleva abbandonarsi a uno strano languore. Lui le scostò delicatamente una ciocca dal viso e continuò a baciarle la guancia mentre lei si assopiva nella sua stretta. Quel tocco gentile e la sua voce affettuosa furono gli ultimi ricordi distinti di quella notte.
"Adesso sei mia", sospirò Raven mentre l'addormentava sul suo petto.
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SOUNDTRACK:
Take Me to Church, Hozier
"No Masters or Kings
When the Ritual begins
There is no sweeter innocence than our gentle sin
In the madness and soil of that sad earthly scene
Only then I am Human
Only then I am Clean
Amen. Amen. Amen. Amen.
Take me to church
I'll worship like a dog at the shrine of your lies
I'll tell you my sins and you can sharpen your knife
Offer me that deathless death
Good God, let me give you my life"
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