6. Scusa.

Alla fine, anche Leila decide di tornare a casa con me e il mio accompagnatore, per evitare che io possa ritrovarmi da sola a casa con quel pazzo del mio ex in giro per la città. Ho insistito affinché continuasse la sua serata tranquillamente e assicurandole che l'avrei aspettata a casa sveglia, ma lei ha detto che era troppo preoccupata; il mio 'bodyguard', se così si può definire, l'ha anche rassicurata dicendole che se fosse voluta restare alla festa, ci sarebbe stato lui al mio fianco fino al suo ritorno. Ma lei ha detto che non sarebbe stata per niente tranquilla conoscendo Taylor, perciò tanto valeva tornare. Neanche io mi meraviglierei se Taylor venisse fuori la porta dell'appartamento ad implorarmi perdono. Faceva sempre così quando sbagliava, oppure m'inviava, come ho già detto, dei regali e dei fiori il giorno seguente.

Ander guida la sua pick up nera lucida fin sotto il nostro appartamento e, una volta arrivati, spegne il motore. Faccio per scendere, ma mi blocca il polso sinistro con la sua grande mano destra piena di graffi. Mi chiedo, inconsciamente, cosa abbia fatto per procurarseli. Siccome restiamo fermi per qualche secondo, senza che nessuno proferisca parola, Ander apre la bocca per parlare, ma la mia migliore amica lo precede.

«Ehm... io vado. Grazie Ander per il passaggio, sei stato gentilissimo! Bree ti aspetto di sopra.» Leila, enunciando questa frase, scende dalla macchina in fretta e furia, lasciandoci da soli. Strano come qualche giorno fa avevamo timore nei confronti del ragazzo seduto al lato del guidatore, al mio fianco, che mi aveva portato fin qui mentre ero fuori di me, mentre ora la mia migliore amica mi lascia addirittura da sola con lui in auto. Che c'è? Ora nessuno ha paura di Ander?

«Dimmi.» dico rompendo questo silenzio diventato ormai insopportabile. Mi ha fissato tutto il tempo, facendomi sentire così tanto vulnerabile e così...nuda di fronte ai suoi occhi. È una situazione che mi ha messo particolarmente a disagio, perché non mi sono mai sentita così, con nessuno. Mai. Per questo ho iniziato io a proferire parola, notando che lui non l'aveva ancora fatto.

«Mi dispiace, Breanna... Stai bene?» gira la mia faccia nella sua direzione e nota il mio naso: le narici sono coperte da ovatta bianca. «Non sembra niente di grave, fortunatamente.» mentre continua a scrutarmi, mi allontano dalla sua mano. In questo momento, ho solo voglia di chiudermi nell'appartamento e sperare sia stato solo un incubo.

«Non sapevo facessi il dottore, oltre al ''babysitter''.» rispondo acida e in modo sarcastico. Mi dispiace dirlo, ma se l'inizio è così non immagino cosa succederà nel corso di queste settimane. Continua a guardarmi, ma serra i pugni lungo i fianchi e distoglie lo sguardo su di me portandolo sul sentiero in pietra di fronte a noi. Fissa la porta in legno scuro che porta al palazzo in cui ci sono diversi appartamenti. La maggior parte dei ragazzi del college vive qui, ma alcuni, con l'inizio dell'estate, ritornano nella loro città natale. Io no, anche perché non saprei dove andare e, fortunatamente, c'è la mia coinquilina a farmi compagnia. Le ho detto più volte che poteva tornare dai suoi, ma ha sempre scosso la testa dicendomi «Non ti lascio sola qui.».

«Non lo faccio.» Il ciuffo castano gli ricade sugli occhi dello stesso colore che fissano la porta in modo indecifrabile, come se fosse perso nel vuoto.

«Bene.» faccio per scendere, ma a quanto pare ha innescato il sistema di sicurezza per bambini impedendomi di farlo. L'ansia inizia ad impossessarsi di me: sono con uno sconosciuto in una macchina, al buio. Mi giro verso di lui, incrociando i suoi occhi color cioccolato. Anche lui incrocia il mio sguardo, con aria dispiaciuta. Le sue labbra sottili si piegano verso il basso per un piccolo istante.

«Breanna, io non volevo. Mi ha innervosito come ti ha stretto, come ti ha parlato e, siccome sono chiamato a proteggerti, non potevo non fare nulla.» faccio una smorfia e il naso inizia a pulsarmi dal dolore. Cosa potrei dirgli? In fondo non ha tutti i torti, ma conosco il mio ex, per cui poteva evitare di mettersi in mezzo. Riconosco, però, che da una parte sono sollevata dal fatto che lui fosse lì con me. Se non ci fosse stato chi sarebbe venuto in mio soccorso? Taylor quando è arrabbiato e ferito dà di matto e nessuno può calmarlo. Lo si può solo assecondare in questi casi, anche se è sbagliato.

Vederlo non mi ha fatto altro che schifo e mi è tornato in mente tutto il male che ho provato nel corso di quest'anno. Non nego che avrei voluto vederlo, ma non ora. Non mentre eravamo ad una festa. Non volevo che mi chiedesse se l'avessi dimenticato, perché sì, ci sto provando, ma ogni volta che ci provo lui compare sempre facendomi stare peggio. Purtroppo, nella mia mente si rievocano solo i ricordi brutti passati con lui. Non ricordo più i momenti belli e nemmeno se ce ne siano stati. Dopo stasera, ho capito che ciò che diceva Kyle era vero: viviamo in un rapporto tossico, in cui l'uno vuole far del male all'altro e quando l'altro sta bene, l'uno ritorna per far sì che l'altro non sia felice. E ci riesce. Sempre. O almeno fin quando non è l'altro a toglierselo dalla testa e a chiudere tutto con lui, per sempre. Ci vuole forza per farlo. Forza e coraggio.

«Lo so. Hai ragione. Il tuo lavoro ti obbliga a farlo, quindi va bene.» i suoi occhi si fermano nei miei e lui annuisce sollevato. Il fatto che Ander sia con me solo da un giorno, ma dimostra tutta questa premura nei miei confronti mi fa sorridere e mi fa sentire come se, ai suoi occhi, fossi una persona totalmente diversa da quella che sono in realtà.

«Sono contento tu abbia capito.» gli faccio un mezzo sorriso, annuendo. Forse non è così male.

«Posso andare su ora?'' gli chiedo sfacciatamente. Non so con quale coraggio gli ho posto questa domanda. Lui, inizialmente, mi guarda intensamente, poi scuote il capo. Chissà cosa pensa.

«S-sì... scusami.» sembra... imbarazzato. Non credo sia un aggettivo che possa essere appropriato ad Ander. Gli squilla il telefono e si rabbuia vedendo il nome sullo schermo. «Devo andare. Ci vediamo domani?» annuisco, scendendo dalla macchina e lui mi saluta con la mano facendomi un mezzo sorriso. Aspetta che io entri nell'atrio prima di andar via.

***

Racconto a Leila la breve conversazione in macchina con Ander. Leila mi guarda in modo strano.

«Come se fosse imbarazzato?» mi chiede. Annuisco. So che voleva scusarsi, ma se poi si è giustificato dicendo che era il suo lavoro, perché l'ha fatto? Voglio dire, apprezzo che lui abbia avuto questo pensiero, ma ci sono cose che non mi quadrano. Chissà chi era al cellulare.

«Comunque...» inizia la ragazza dai capelli neri di fronte a me, con un sorriso a trentadue denti. «Ho visto come ti guarda.» ruoto gli occhi. Sapevo che andava a parare su qualcosa del genere. Mi tuffo sul letto, mettendo i palmi delle mani sotto il mio viso paffuto.

«Non credo di essere esattamente il suo tipo.» lei mi raggiunge, alzando gli occhi al cielo. Ed è vero. Non ci vedo una tipa come me vicino ad Ander, anzi. Ci vedo una ragazza più magra, più bella, più affascinante, magari con gli occhi azzurri e i capelli chiari, col corpo di una modella... il contrario di me. Leila mi ha sempre ripetuto che la bellezza principale è quella che abbiamo interiormente e dev'esserci qualcuno che, prima o poi, possa vederla...ma non tutti ci riescono. Soprattutto al giorno d'oggi, i ragazzi sono superficiali al massimo, per cui è raro trovare una persona che abbia la pazienza e la voglia di capirti e leggerti dentro, senza farti male.

Purtroppo, per colpa delle mie insicurezze a volte sono riuscita a buttare tutto all'aria con i ragazzi e Leila mi ha sempre canzonato per questo, perché ritiene io sia una bellissima ragazza. Ma chi vorrebbe una ragazza formosa, un po' in carne, con tutte quelle ragazze in giro che rappresentano stereotipi ideali della società? Ormai sono pochi i ragazzi che cercano ragazze al di fuori di questi ''standard'', imposti dal regime maschilista dei giorni d'oggi, che vedono le ragazze troppo grasse sbagliate, o quelle bionde stupide senza un senso logico, o quelle troppo truccate delle poco di buono.

«Bree, non tutti sono quel che sembrano. Magari sei la sua tipa ideale.» sbuffo girandomi dall'altra parte del letto. Mi sembra un po' presto per parlarne. Lo ''conosco'' da solo un giorno! «Tu sei bellissima.» continua a ripetermi la mia migliore amica e in realtà vorrei che fosse così. Sarebbe più semplice.

***

L'indomani mi alzo verso le dieci dal letto. Il naso mi ha fatto malissimo stanotte, tanto che mi sono svegliata verso le cinque e ho dovuto fare degli impacchi di ghiaccio perché il dolore era lancinante. Ricordo di essermi appoggiata sul letto col ghiaccio sul naso e poi, il buio totale. Probabilmente mi sono addormentata così, ma sul letto non c'è più il ghiaccio. Mi giro intorno e, non vedendo la mia coinquilina, prendo il cellulare che si trova sul comodino in legno, ritrovandomi un suo messaggio:

LEILA: Amore sono uscita per delle commissioni. Ho trovato qualcosa fuori la porta, l'ho lasciato sul tavolo. Ti voglio bene. x, L.

E uno da parte di Ander:

ANDER: Buongiorno, come va oggi? E il naso?

Decido di rispondere ad entrambi, poi mi dirigo in cucina: sul bancone trovo dei fiori e una scatola con la colazione. Sopra c'è un biglietto:

''Buongiorno, scusami ancora per ieri.''

Non c'è la firma e, non so perché, penso subito ad Ander. Un enorme sorriso mi si dipinge in volto e inizio a mordermi il labbro inferiore. Continuo a fissare i fiori freschi riposti sul tavolo del mio appartamento, contornati da una carta velina rossa: ci sono due rose rosse (che io amo), dei giacinti bianchi, delle peonie e dei gigli dello stesso colore. Ho letto da qualche parte, una volta, che i giacinti sono simbolo di scusa diretta e vengono usati quando l'errore è grave; stessa cosa la peonia: viene usata quando si ha il rammarico di un errore di cui non si ha il coraggio di parlare. Infine, i gigli esprimono la sincerità dei sentimenti e la volontà di cancellare gli errori passati.

Apro la scatola rossa e, all'interno, c'è un cappuccino freddo e una brioches al cioccolato. Le uniche due cose che amo di più. Sorrido, non credendo ancora a ciò che ha fatto Ander, per cui gli mando un messaggio.

BREE: Grazie per la colazione e i fiori di stamattina :)

Blocco lo schermo del cellulare, e dopo pochi secondi arriva una risposta:

ANDER: Quale colazione? E quali fiori?

Guardo il messaggio stranita e, purtroppo, mi viene in mente che l'unica altra persona ad avermi potuto mandare la colazione è il mio ex. Mi irrigidisco. Siamo di nuovo a punto e a capo. Il fatto che non sia stato Ander, devo ammettere che mi ha lasciato un po' di amarezza e mi fa sentire una stupida aver pensato a lui. Avrei dovuto capire subito che era opera di Taylor.

Pochi secondi dopo, qualcuno bussa alla porta. Guardo il messaggio di Leila, inviatomi 15 minuti fa e ignoro quello di Ander, visualizzandolo. Mi esce un ''sta scrivendo...'' sotto il suo nome e pochi secondi dopo mi arriva un altro suo messaggio.

ANDER: Breanna, ci sei?

Decido di non rispondere nuovamente e di dirigermi verso la porta per vedere chi ha bussato. Guardo dallo spioncino. È di fronte a me, con solo la porta che ci divide. Deglutisco e mi maledico mentalmente per ciò che sto per fare. Ho vissuto e rivissuto questa scena per così tanto tempo. Succedeva sempre così: faceva il carino e poi boom, un'altra mazzata. Apro la porta e me lo ritrovo davanti. Si gratta la nuca con la mano sinistra ed ha un occhio nero e gonfio. Si sistema gli occhiali neri posando il suo indice destro al loro centro, proprio sul naso. La polo bianca risalta il suo occhio tumefatto. Ha i capelli ricci bagnati e i suoi occhi grigi mi fissano imbarazzati e con aria di scuse.

«Possiamo parlare?»

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