3. Spiegazioni.
Oggi è il giorno della partenza di papà e di Kyle, ed io sono sul letto a fissare il soffitto bianco di fronte a me. Mi sento come se mio fratello mi avesse abbandonato. C'è sempre stato un legame strano tra noi: abbiamo sempre avuto un rapporto d'amore e, a tratti, d'odio. Quando eravamo al liceo, nonostante i tre anni di differenza che ci separano, non sopportavo la sua aria da arrogante a scuola. Non ha mai preso in giro nessuno, a differenza dei suoi amici di squadra, fortunatamente.
Sì. Mio fratello era il capitano della squadra del Phoenix Union High School District. Ciò significava: fama, ragazze che urlavano come oche, occhi addosso. Di conseguenza, ero "notata" anche io per essere sua sorella. È anche capitato che alcune ragazze diventassero mie amiche solo per mio fratello che, purtroppo per loro, non le ha mai calcolate perché erano off limits. Credo che, in fondo, lo sapesse che stringevano amicizia con me solo per lui, buffone com'era!
Dopo che mio fratello ha terminato il liceo, sono iniziati gli atti di bullismo nei miei confronti. Mi ha sempre detto che avrei dovuto imparare a proteggermi, ma il suo mancato appoggio non ha fatto altro che farmi chiudere in me stessa, pensando addirittura di non farcela a volte. Non sempre ciò che al di fuori sembra semplice, lo è quando lo si vive in prima persona.
Non gli ho mai raccontato i miei affari personali, ma a volte ha cercato di tutelarmi quando le cose diventavano più grandi di me. Ricordo che una volta, un ragazzo che frequentavo, a seguito della mia volontà di chiudere ogni vincolo di conoscenza con lui, mi stalkerizzò per tutto l'ultimo anno, facendosi trovare addirittura sotto casa mia nel cuore della notte. Inquietante.
Ero terrorizzata, così tanto che sentivo una continua presenza alle mie spalle persino quando andavo a scuola e devo ammettere che a volte l'ho visto nascondersi e sbirciarmi da lontano. Ha continuato per un bel po' finché mio fratello non ha minacciato di denunciarlo per stalking ed io, poi, sono venuta a Scottsdale per il college. Grazie al cielo, da quando sono qui si è tutto placato. Forse è anche per questo che amo questa città.
Come ho già detto prima, abbiamo sempre avuto un rapporto di alti e bassi, ma sapevo e so tutt'ora che posso contare su di lui per qualsiasi cosa. Anche se, ora mi sento ingannata. In quei venti minuti di auto per tornare al mio appartamento, notando il mio silenzio, mi ha detto che c'era un motivo al viaggio che dovrà fare con papà, che era per tenerlo sotto controllo e che non era assolutamente per intraprendere il suo lurido giro d'affari.
Qualcuno bussa alla porta e mi alzo per aprire seppur sbuffando. Da quando ho pranzato con papà e mio fratello, due giorni fa, mi sono rintanata nel mio appartamento, rifiutando anche di andare alla festa di sabato sera da Luke, nonostante le opere di convincimento di Leila. Non ce la facevo. E, onestamente, avevo ansia ad incontrarlo.
Ander. Un nome così bello che ascolterei per ore. Ma non riuscivo a capire cosa c'era dietro questo ragazzo e perché avrei dovuto stargli così lontano come mi avevano detto. Cosa diamine aveva combinato? E, se davvero è così pericoloso come dicono, perché mi ha riaccompagnato a casa quella sera, come se niente fosse e senza farmi del male?
Apro la porta e mi ritrovo mio fratello con le mani nella tasca del jeans scuro che indossa. Ha i capelli scompigliati dall'aria condizionata che avrà sicuramente acceso in auto. La puzza di fumo si sente dalla mia postazione, a pochi metri di distanza da lui. Si passa una mano nei capelli biondi, guardandomi negli occhi con aria... dispiaciuta oserei dire.
«Oh...ciao.» sussurro con un tono così glaciale che in Antartide al momento ci sono quaranta gradi. Gli lascio la porta aperta per entrare e mi dirigo in cucina a prendere una tazza di caffè. Lui resta sull'uscio della porta, così gli faccio cenno di entrare. Sembra quasi imbarazzato: in questi due giorni tra me e lui non scorre buon sangue...addirittura non ho risposto ai suoi messaggi in cui mi chiedeva di parlare e di non fare la bambina viziata "come mi avevano abituato i nostri genitori". Purtroppo, però, la parte tossica del mio carattere è che non riesco ad essere falsa e a far finta che non sia successo nulla quando vengo delusa. La freddezza nel mio atteggiamento si nota, ma non riesco a comportarmi diversamente. Non riesco a nascondere il mio stato d'animo, né a starmene zitta quando c'è qualcosa che mi tocca profondamente. Non ho mai capito se fosse un bene o un male, ma ho perso tantissime persone per questa ragione.
«Andiamo a pranzo insieme prima che parta?» mi chiede e annuisco senza lasciar trasparire alcun emozione. Purtroppo, sono così quando qualcosa mi fa star male: faccio capire agli altri che non mi interessa nulla, tendendo addirittura ad ignorarli.
Lui lo sa, lo sa bene, perciò è venuto qui. Non avrei mai voluto trovarmi in questa situazione, soprattutto con lui. L'uomo più importante per me. Da piccoli mi ha sempre difeso da papà e ora lo sta aiutando. Perché?
***
Ci sediamo nel ristorante di Blake, un amico di famiglia, ormai sulla sessantina.
Devo dire che il locale non è cambiato affatto: è una specie di roulotte, simile a quella del Pop's della serie di Riverdale. Le pareti sono dipinte di un giallo scuro, mentre le panchine ed il tavolo sono ricoperte da stoffa bianca. A destra del nostro tavolo, c'è un bancone su cui è posizionata la cassa e una vetrina che mette in mostra tutti i cibi di rosticceria già pronti. Dietro al bancone c'è una porta in legno bianco, dello stesso colore del bancone, che dovrebbe essere la cucina.
Blake ci saluta da lontano: ha i capelli brizzolati e gli occhi verde smeraldo. Il suo sorriso è sempre stato caloroso, accogliente e non nego di aver desiderato spesso che fosse lui mio padre. Quando papà picchiava la mamma, mio fratello mi accompagnava qui per distrarmi e per comprarmi il mio hamburger preferito. Blake ci ha sempre accolti come se fossimo suoi figli; quando ci vedeva entrare da quella porta bianca, sapeva già cosa stesse succedendo in casa nostra senza che noi fiatassimo. Tutti nel nostro vicinato lo sapevano, ma nessuno ha fatto nulla... né per noi, né per mia madre.
Inoltre, fantasticavamo sulle persone sedute al locale. Ricordo che una volta, una signora ci ha sentito mentre ipotizzavamo una situazione tra lei e il marito e ci ha lanciato un'occhiataccia. Io mi imbarazzai tantissimo, mentre mio fratello se la rideva per la mia espressione dopo che aveva dato completamente la colpa a me.
Mi viene un groppo alla gola pensando ai momenti passati qui con lui, anche perché la maggior parte delle volte che sono venuta qui con lui era perché c'era qualcosa che non andava. Perciò, dentro di me, ora spero tanto che non sia lo stesso.
«Non evitarmi, Bree.» mi dice avvicinandosi col viso nella mia direzione e sussurrando, prima che una ragazza ci portasse il menù. Ringrazio la ragazza con un sorriso e, nuovamente, lo ignoro per qualche minuto.
«Pensi che per me sia semplice pensare che tu sia immischiato in uno di quei giri loschi di papà?» sussurro per evitare che qualcuno ci ascolti. Lui si avvicina al centro del tavolo.
«Te l'ho già detto. Non ne faccio parte, te lo giuro. Andrò con lui per un altro motivo.» ruota gli occhi al cielo posando sul tavolo il suo telefono nuovo e il pacchetto di sigarette. Cosa diavolo significa che andrà con lui per un altro motivo? E quale sarebbe questo motivo?
«Che diavolo significa?» stringo forte i pugni della mano destra infilandoci le unghie corte e prive di smalto.
«Bree, vedi...» la ragazza che ci ha portato i menù ci interrompe chiedendoci cosa ordiniamo. Dopo aver terminato le ordinazioni e dopo che lei ha praticamente fissato mio fratello senza rivolgermi neanche uno sguardo. Confesso che questa situazione mi ha fatto alquanto divertire, ma se fossi stata una sua ragazza mi sarei innervosita da morire. Pochi secondi dopo, deciso di riprendere il nostro discorso.
«Continua.» sperava che me ne fossi dimenticata. È così che fa quando viene messo alle strette. Cerca di ignorare la cosa, parlando di altro. Io, invece, mi allontano e basta. È proprio per questo che il fatto di essere venuto da me a parlarmi, mi insospettisce parecchio.
«Andrò con lui per mettere fine a questa storia.» mi guarda negli occhi, convintissimo di ciò che dice. Ma è serio?
«Cosa? Non puoi mettere fine ad un giro di droga nella quale è coinvolta tutta la città di Phoenix da solo.» minuti di silenzio riecheggiano tra noi, finché non pronuncio le parole: «Vengo anche io.»
Mio fratello si alza stizzito, prendendo il pacchetto di sigarette e stringendolo forte tra le mani. È una cosa che fa spesso quando è arrabbiato e non può o non vuole andar via dal posto in cui si trova. Ovviamente, ora si trova nella situazione in cui non può farlo.
«No, non esiste.» stringe i pugni lungo i fianchi, sfilando una sigaretta dal pacchetto e portandosela alle labbra. «Sapevo che non avrei dovuto dirtelo.» borbotta a voce bassa, mentre si dirige verso la porta per accendere la sigaretta. All'interno del locale, non si può fumare. Mi alzo anche io, a mia volta, e il fatto che lui non si sia girato nemmeno per un attimo mi fa imbestialire ancora di più di quanto non lo fossi già.
«Cosa ti aspettavi? Che ti avrei fatto una festa di "Buon viaggio"?» gli urlo contro. Lui si guarda intorno e poi posa i suoi occhi su di me, ancora con la sigaretta tra le labbra. Stiamo dando spettacolo e lui non lo sopporta.
Paradossalmente, nonostante sia stato il capitano della squadra di football della scuola anni fa, odia essere al centro dell'attenzione. È sempre stato un tipo riservato e so anche io che sto facendo una pessima figura dinanzi a gente che non conosco minimamente, ma sono troppo arrabbiata per occuparmene. Non può fare una cosa così pericolosa. A nostro padre, per giunta. Anche io sono d'accordo sul fatto che questa storia debba finire, ma di certo non voglio sia lui a farla terminare. O che sia lui ad averne la peggio. E se papà scoprisse che sta architettando tutto per incastrarlo?
Si gira nuovamente e si dirige fuori dal locale per fumare, facendomi restare lì in piedi, impalata come una cretina con gli occhi di tutti puntati su di me. È la cosa che più non sopporto di lui: quando le cose non gli vanno bene o si fanno più critiche, scappa, o gira i tacchi e va via senza degnare gli altri di una risposta. Scrivo un messaggio a Leila:
BREE: Non sopporto mio fratello e non sopporto essere qui con lui.
Pochi secondi dopo, mi risponde:
LEILA: Perché? Che succede?
Mentre sto per rispondere alla mia migliore amica, mi ritrovo mio fratello davanti. Blocco il telefono per evitare che legga. Ha pacchetto in mano ricoperto da una carta regalo rossa.
«Cos'è questo?» gli chiedo prendendolo e scrutandolo.
«Scartalo.» è un telefono, uno di quelli vecchi con i tasti. Mi prende le mani stringendole forte e mi guarda con occhi lucidi. Il respiro mi si blocca in gola vedendolo così. «Mi dispiace che dobbiamo lasciarci così. Ti prometto che ci sentiremo ogni giorno e, se non mi senti per un paio di giorni, chiama la polizia.» mi avvisa. «Cercherò di mandarti messaggi sempre, ma credo di poterlo fare solo la notte, per non farmi beccare da papà, visto che dormiremo in stanze diverse, a quanto ho capito. E comunque, no, non sarò da solo. Ho una squadra lì, è tutto organizzato da mesi. Tornerò tra quattro o cinque settimane, se non prima. Stai tranquilla.» Le lacrime scorrono lungo il mio viso bagnandolo. Non mi piace questa situazione, per niente. Ho paura che qualcosa possa andare storto.
«Se non mi senti per un paio di giorni, chiama la polizia.» Questa è la frase che più mi fa rabbrividire. Papà potrebbe davvero fare qualcosa a mio fratello nel caso lo beccasse? Spero che vada tutto liscio, anche se sono contraria a tutto ciò che sta combinando. Egoisticamente, penso sarebbe stato meglio che fosse stato papà quello ad andare via al posto della mamma; così, almeno Kyle non sarebbe stato in pericolo e lei, magari, sarebbe stata ancora qui. Saremmo stati meglio, insieme, noi tre.
«Ho una squadra lì, è tutto organizzato da mesi.» Ha organizzato tutto nei minimi dettagli e non ha voluto dirmi nulla, per difendermi. Proteggendo me, però, c'è il rischio che io perda lui. E questa cosa mi fa malissimo. Vorrei poter far qualcosa per lui, magari intrufolarmi e scoprire dove va, siccome non mi ha detto neanche la destinazione. La paura mi divora lo stomaco e il cuore perché c'è anche la possibilità che questa possa essere l'ultima volta che ci abbracciamo, l'ultima che ci stringiamo. Queste quattro o cinque settimane, per me, saranno infinite. So quanto Kyle possa essere una testa calda e ci tiene a me, per cui non posso far altro che acconsentire a malincuore. Mio fratello è un tipo sveglio, non si lascerà scoprire né si caccerà nei guai.
Ha omesso delle cose, come ad esempio il posto in cui andranno, per evitare che io possa piombare lì ed aiutarlo. L'ha fatto perché sa che se fossi a conoscenza di dove si trovi, prenderei il primo aereo per arrivarci. Nonostante il nostro rapporto, come quello di ogni fratello, sia tormentato e ricco di tempeste, sarà sempre il mio arcobaleno nei giorni di pioggia.
«Avremmo potuto farlo insieme...» sussurro tra le lacrime, lui si siede accanto a me, mentre la cameriera ci porta le ordinazioni. Kyle le sorride dolcemente, intanto lei fa una faccia strana e scompare subito dopo. Le sue dita che puzzano di fumo mi scostano i capelli dietro l'orecchio, costringendomi a guardarlo.
Gli occhi azzurri mi fissano e solo ora mi convinco che siano così simili ai miei, che, al contrario, sono castani. Sono gli occhi di una persona che non molla, che vuole lottare per eliminare tutto il marcio che c'è nella nostra famiglia e nella nostra città natale. Solo ora scopro che tutta la forza che io non ho avuto in questi anni, ce l'ha lui. Nei suoi occhi. Nel suo modo di fare. Nell'essere se stesso.
«Non permetterei mai che qualcuno possa farti del male. Per questo ho un mio "amico" qui che si occuperà di te.» ruoto gli occhi al cielo, mentre lui sospira soffocando una risata. Tuttavia, subito dopo ritorna serio.
«Però, ti prego Bree, non essere acida con lui. Ovviamente, avrà le sue regole. Niente rapporti che vanno oltre a quello professionale, niente stronzate, niente di niente. Il suo sarà un rapporto professionale e non ci dovrà assolutamente essere altro. Gli ho già detto che deve solo sorvegliarti alle feste, non deve mai lasciarti sola e non deve immischiarti nelle sue bravate. Anche la sua è una situazione complicata. In più, papà non dovrà mai scoprirlo. Intesi?» annuisco. Avrei così tante domande in merito al ragazzo misterioso, ma voglio godermi gli ultimi momenti con mio fratello, prima che parta.
***
Kyle è appena andato via. Sono dovuta andare all'aeroporto di Phoenix per salutare lui e mio padre. L'aereo è decollato sotto i miei occhi, mentre con la mano continuava a salutarmi trattenendo le lacrime agli occhi. Inutile dire che io, al contrario, ero un fiume in piena. Mi sono dovuta sedere un attimo prima di ripartire per tornare nel mio appartamento, ed ora ci sono quasi.
Mi sento un vuoto dentro e la testa da tutt'altra parte, nel frattempo che cerco di distrarmi con le canzoni che passano alla radio. Spero davvero che mio fratello mantenga la sua promessa di farsi sentire tutti i giorni, altrimenti penso che potrei morire al pensiero di non sapere cosa stia facendo lì.
Butto la borsa sul letto. Leila è uscita per delle commissioni, per cui mi ritrovo nuovamente sola a casa. La porta bussa e lancio un urlo che soffoco nelle federe bianche del cuscino che ho cambiato ieri pomeriggio.
«Chi è?» urlo, ma nessuna risposta. I pugni battono nuovamente la porta, insistentemente. Mi alzo di tutta fretta, come una furia. Ora vorrei solo stare da sola, chiedo tanto? A quanto pare sì. Apro la porta e alzo gli occhi al cielo.
«Si può sapere chi diavolo è?» urlo. Apro la porta restando lì impalata sia per la figuraccia che ho appena fatto, sia per l'incredulità che provo. È lui.
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