16. Mai più segreti.
Dopo cinque ore ed un immenso cielo scuro siamo ritornati di nuovo alla base. Quando ci siamo recati a Phoenix era pomeriggio, mentre ora è mezzanotte e ci siamo solo noi. La mamma si è rintanata nella sua camera a dormire, mentre io e Ander, dopo aver cenato insieme in un fast food di zona ed esserci fermati a far l'amore di nuovo, immersi nei boschi, siamo ritornati a casa con il cuore più leggero e gli occhi che brillano.
Credo che sia una delle sensazioni più nuove e speciali che abbia mai provato prima. Non fraintendetemi, sono già stata fidanzata. Sensazioni simili, inizialmente, le ho provate anche con Taylor, ma non sono mai state così forti, anzi. A volte mi facevo mille complessi, mi chiedevo se fosse normale amare meno dell'altra persona ed ora, col senno di poi, dico che sì, lo è. Non ci si deve far problemi. Anche perché, alla fine, la situazione tende sempre a capovolgersi e, nel mio caso, la batosta più grande l'ho presa io, mentre l'altra persona se la spassava al letto con qualcun'altra.
Quanto dolore e nervoso provo, pensando a Taylor. Il male che mi ha fatto è imparagonabile a qualsiasi altra cosa. Mi ha colpito proprio quando ero in uno dei miei momenti più fragili, quando non avevo ancora imparato a gestire né la mia situazione familiare né la mancanza di mamma. È stato solo sette mesi fa, sì, ma è come se fosse una ferita che brucia di continuo. Non perché ci tenga ancora a Taylor, attenzione, ma perché sono stata così tanto male da arrivare quasi al punto di ferire me stessa fisicamente e non voglio più tornare in quel periodo, per nessuno.
Il fatto che ora abbia al mio fianco un ragazzo figo, dall'aspetto stronzo e accattivante, non fa altro che farmi più paura. Forse perché non mi sento completamente adatta per lui, anzi, non lo sono per niente. Ho mille paranoie che mi frullano in testa...e se mi stesse prendendo in giro?
Sono arrivata addirittura a pensare che, siccome siamo quasi da quattro settimane rinchiusi nello stesso appartamento in riva al lago, lui sia stato fisicamente con me solo perché era, magari, in astinenza. Ho cercato di scacciare via questo pensiero da quando siamo tornati, ma il cervello si rifiuta di farlo, continuando a provocarmi dolori infinitamente lancinanti. Devo ammettere, però, che se così fosse sarebbe un bravo attore.
Durante il ritorno in auto e, soprattutto dopo aver fatto ulteriormente l'amore, rideva e scherzava con me, come se avessimo un rapporto di complicità da sempre. Si accingeva anche a toccarmi il ginocchio sinistro mentre guidava, e mi ha addirittura abbassato lo schienale mentre ero in dormiveglia. E se lo facesse solo per lavoro, veramente?
Vorrei parlargli, chiedergli cosa siamo, ma non ne ho il coraggio. Non ho il coraggio di spiccicare parola, né di pensare a come iniziare il discorso.
Ander apre la porta con le chiavi perlustrando, con i suoi occhi di falco, la zona intorno a noi per paura che ci possa essere qualcuno. Fortunatamente, va tutto liscio come l'olio e, dopo avermi fatta entrare per poi dare l'ultima controllata, varca anche lui l'uscio della porta. In silenzio, va a controllare se la mamma stia bene e poi torna da me. Un brivido percorre la mia schiena quando mi si avvicina.
Mi stringe in un forte abbraccio e, per un secondo, tutti i dubbi sembrano essersi volatilizzati. Un abbraccio può dare e dimostrare tanto e, per il carattere di Ander, per la sua freddezza, per le ferite che ha scoperto con me, forse questo è il suo modo per dirmi che ci tiene. Forse questo e tante piccole attenzioni che mi dà, mi fanno capire che niente è finto.
Mi sento tremendamente in colpa in questo momento ad aver pensato che fosse stata una sveltina e via per lui. Mi guarda con occhi che brillano più delle stelle in cielo, mentre un piccolo sorriso spontaneo gli spunta sul viso formando delle piccole e tenere fossette. Posa delicatamente la fronte sulla mia e inspira forte, come per liberarsi da un peso, tenendo gli occhi chiusi. Finalmente, è lui a prendere parola anche se, detto onestamente, non mi dispiaceva il silenzio che si stava creando tra noi.
«Ti va di andare a guardare le stelle sul retro?» nessuno mi aveva mai fatto questa proposta e sinceramente, credo che sia la più bella di tutte.
***
I suoi stanchi occhi piccoli e marroni riflettono il cielo trapuntato di stelle: alcune sono più luminose di altre, ma non posso fare a meno di osservarlo in tutta la sua bellezza. Il suo profilo sembra essere disegnato e dipinto da un pittore per quanto perfetto sia. Gli occhi piccoli e color cioccolato e il naso la cui punta si erge leggermente all'insù. Le sue labbra sottili che ho baciato così tante volte oggi, sembrano diventate un po' più gonfie. Il tutto è reso migliore grazie al sorriso spontaneo che gli spunta, all'improvviso. Inoltre, i capelli castani sono scompigliati per tutte le volte che glieli ho strattonati mentre era dentro di me.
Paradossalmente, è la prima volta che faccio l'amore con qualcuno. Con Taylor col tempo è diventato semplicemente sesso. È stata la mia prima volta con lui, la prima volta che qualcuno mi abbia toccata ed anche l'ultima oserei dire. Con Ander è stato tutto diverso. È stata la prima volta dopo essere stata quasi violentata da quello che pensavo potesse essere l'uomo della mia vita.
È proprio vero che la vita è imprevedibile: sono stata catapultata da un giorno all'altro, da una situazione in cui piangevo in camera per il mio ex, a una in cui il ragazzo che ho accanto ha sparato un colpo nella gamba del ragazzo in questione ed ora stiamo guardando le stelle dopo aver fatto l'amore in questo pomeriggio. Forse era destino, forse doveva andare semplicemente così.
«Quando Kyle mi ha chiesto di intraprendere questo compito, inizialmente ho preso tutto alla leggera.» china il capo a destra, verso la mia direzione sorprendendomi ad osservarlo. Sento le fiamme andare a fuoco e lui, di tutta risposta, mi tocca il naso con l'indice, ridendo.
«P-perché?» inizialmente balbetto, poi, però, cerco di ricompormi di nuovo, drizzando la schiena e facendo ondeggiare i capelli color nocciola. Continua a guardarmi intensamente, così tanto che devo distogliere lo sguardo dal suo.
«Perché pensavo fosse un qualcosa di semplice. Kyle non mi aveva mai chiamato da quell'episodio. Sapeva che, però, non avevo ancora trovato un lavoro stabile. Ho provato a lavorare un po' dappertutto, ma dopo un po' andava sempre male. Per cui, con i risparmi dei lavori precedenti, ho deciso di partire col mio pick-up nero in giro per l'America...sarei arrivato perfino in Europa!» sorrise entusiasta, e all'ultima frase la sua voce si alza un po' in più. «Poi, mi ha proposto questo lavoro e ho dovuto interrompere il mio viaggio. Inizialmente, avevo il compito di sorvegliarti da lontano...l'ho fatto per tre settimane.»
Mi è capitato che al college, prima di tutta questa storia, mi sentissi osservata. Era una sensazione così strana. Una volta mi capitò addirittura che, mentre stavo raggiungendo l'aula di Marketing, mi sentivo così tanto in ansia che dovetti girarmi più volte indietro per guardare se ci fosse qualcuno. Allora non avevo torto. Leila iniziò a dirmi che ero strana, che non avrei dovuto fissarmi di quella sensazione che mi faceva scalpitare il cuore così tanto da aver il rischio di una tachicardia. A volte, anche lei mi aveva assecondato, ma poi, girandosi verso la direzione opposta in cui ci dirigevamo, si accorse che davvero non era così. A questo punto, mia cara Leila, ti sei sbagliata.
«Allora eri tu quello che mi seguiva al college?» chiedo con una smorfia stranita. Lui la ricambia, non capendo a cosa mi riferisca.
«Mi è capitato di farlo una o due volte, dal parcheggio del collage.» chi diavolo era a perseguitarmi allora? Non mi stupirei se fosse stato Taylor, ma sarebbe troppo scontato. Spalanca gli occhi, come se avesse avuto un lampo di genio: «Aspetta...mi sembra di aver visto qualcuno una volta. Mi sembra fosse uno scagnozzo di tuo padre...Sì, doveva essere senz'altro lui.» il panico prende il posto di qualsiasi altra emozione, facendomi sussultare. Il ragazzo al mio fianco se ne accorge e tira il polso verso di lui, avvicinando il mio viso al suo petto. «Non volevo spaventarti piccola, non avevo terminato il discorso...ho avvertito Kyle e da quel momento non è più successo...anche perché i corsi al college terminarono e quindi avrei dovuto spiarti dalla finestra dell'appartamento che hai con Leila.» gli do uno schiaffo sui pettorali e lui ridacchia. «Non ho visto niente di compromettente...forse.» divento rossa come un peperone, mentre lui continua a prendermi in giro.
«Comunque, dicevo...» prosegue assumendo un'espressione seriosa, continuando a stringermi forte. «Quando ho iniziato ad osservarti, ho capito che era molto più di un lavoro. Era come se fossi nella tua vita senza esserci, come se fossi uno spettatore senza che tu lo sapessi. Quella sera, alla festa, ti ho vista mezza ubriaca ai piedi di quell'albero e sono corso da te prima che lo avesse fatto qualcun altro. È qui che ho capito che era più di un lavoro. Era un compito che, in realtà, non mi è mai pesato per niente. Quando ti ho portato a casa, quella sera, l'ho fatto perché l'avrei fatto anche se non avessi avuto quest'incarico da svolgere...» mi sciolgo ad ogni singola parola, constatando, ancora una volta, quanto sia immenso il cuore di questo ragazzo.
«Bree, mi hai colpito sin dall'inizio, perché eri così fragile e forte allo stesso tempo.» abbassa il capo nella mia direzione, incrociando il mio sguardo. «So tutto di te, come tu sai tutto di me ora. Non voglio ci siano più segreti tra noi.» sorrido, involontariamente.
«Te lo prometto, Ander Harris Ray Ramirez.» sorride, a sua volta fiondandosi sulle mie labbra. Una serie di baci si susseguono, mentre ci tocchiamo più e più volte. Non facciamo l'amore stavolta, ci spogliamo delle nostre paure e dei nostri pensieri. Le sue mani incrociano le mie e, dentro di me, credo sia la serata più bella mai vista prima.
***
Il mattino seguente, ci svegliamo abbracciati. Abbiamo dormito fuori, mentre parlavamo delle canzoni che ci piacciono. Abbiamo cercato di conoscerci più a fondo, parlando un po' di tutto.
Mi ha raccontato di quanto fossero amici Kyle, lui ed Ethan e di quanto si divertissero a giocare nel giardino di zia Mery il pomeriggio. A proposito, oggi andrà a trovarla. Mi ha confessato che non vede l'ora di vederla e di abbracciarla. Non sopporta di essere stata così tanti anni lontano da lei. Per lui, zia Mery è stata come una mamma che gli ha sempre aiutato a trovare la retta via. Non è mai stata invadente nei suoi confronti ed è per questo che Ander si confidava.
Non ha mai parlato di Ethan, ieri sera, e quando si sfiorava l'argomento, cambiava discorso. L'argomento legato a quel ragazzo, lo ferisce più di ogni altra cosa e, in un certo senso, colpisce tanto anche me, perché, è successo tutto a causa di mio padre. Era lui o uno dei suoi uomini che avrebbero dovuto assicurarsi che tutto stesse andando liscio. Invece, non è stato così.
Il fatto che si sia aperto così tanto con me ieri, il fatto che io sia stata la prima con cui lui ne abbia parlato, che mi abbia raccontato anche le cose più futili, non fa altro che rendermi orgogliosa di lui, al cento per cento.
Ander si stiracchia al mio fianco, facendomi scostare da lui. Pochi secondi dopo, mi tira nuovamente verso sé. «Buongiorno.» sussurra con la voce impastata di sonno. Gli sorrido, ancora ad occhi chiusi e lo sento ridacchiare. «Mi devo preparare per andare da zia Mery.» mi avvisa ed io mi scosto definitivamente da lui, lasciando che si alzi. Ho il collo a pezzi per la nottata passata e, anche se può sembrare romantico, dormire su un prato ti fa sentire a pezzi il giorno seguente.
Ne approfitto del fatto che Ander si sia alzato, per farlo anche io e portare all'interno della mia stanza, la coperta che ha preso il ragazzo al mio fianco. Era riposta nel mio armadio. Entriamo in casa e, sotto gli occhi compiaciuti e increduli di mia mamma alla vista di noi due dalle facce assonnate e dai capelli scompigliati, restiamo lì impalati senza saper bene cosa dire.
Imbarazzata, mi dirigo in camera mia, lasciando Ander lì impalato dinanzi a mia madre. Sicuramente non gli farà alcuna domanda. Sono io quella a cui dovrà farle e sarà meglio che la risponda, ovviamente tralasciando i dettagli più importanti e che custodiremo solo noi.
Mi reco in bagno, e mi accorgo che sullo specchio del bagno che ho in camera, c'è una frase scritta a mano e con un rossetto rosso. Il mio. Lo guardo, lasciato aperto sul lavandino su cui ci sono anche foto di me e di Ander sull'amaca e dentro la sua stanza, mentre facciamo l'amore. Torno, di nuovo, alla frase scritta di fronte a me: Non è finita qui.
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