1. La festa.

Ho sempre pensato che il mondo racchiudesse tutto l'amore e la genuinità del mondo da bambina, ma crescendo, mi sono resa conto che è tutt'altro che rose e fiori. È un posto in cui, in più occasioni si dà adito alle cose brutte, in cui fanno più scalpore le notizie cupe anziché le belle; un posto in cui gli avvenimenti piacevoli vengono messi in discussione, dove le persone introverse vengono escluse perché diverse dalle altre e dove le piccole cose vengono date per scontato, quando poi nulla lo è!

Rifletto guardando dalla finestra dell'appartamento in cui vivo ormai da quando ho iniziato il college, insieme alla mia migliore amica Leila, la ragazza con cui farei mille pazzie senza pensarci nemmeno un secondo.

Anche io venivo messa da parte quando da bambina, a causa del mio fisico. Alcuni mi dicevano che ero addirittura in sovrappeso, quando, in realtà ero solo un po' più robusta rispetto alle altre bambine. Ho sempre pensato non dovesse essere un motivo di esclusione, ma, puntualmente, accadeva sempre l'opposto. C'erano molti ragazzi che ridevano di me, che mi ritenevano strana perché mi isolavo. Come avrei potuto sentirmi a mio agio di fronte a gente che mi giudicava senza sapere il mio passato? Semplice, non avrei potuto farlo. È per questo che mi estraniavo.

Ora sono dimagrita un bel po' rispetto a qualche anno fa, ma non nego di essere una ragazza in carne e non me ne vergogno per niente, perché sono del parere che non è il fisico a definire la persona, ma il cuore. E, tutt'oggi, sono ancora fermamente convinta che essere più robusta non debba essere un motivo di esclusione da parte degli altri.
Voglio dire, ho il seno prosperoso ed i fianchi leggermente più larghi rispetto agli standard di donne ideali presenti su tutti i social network. Non ho la pancia piatta, né le cosce snelle come quelle delle influencer; ho la cellulite e un po' di pancetta... Questa è stata una cosa che mi ha sempre fatto sentire inferiore a tutti gli altri, mettendomi addirittura a disagio a volte.

A ciò, si aggiungeva il mio essere introversa, per cui venivo presa in giro anche per questo. Finivo, così, per chiudermi ancora di più in me stessa, senza parlarne con nessuno; talvolta, a causa di tutto ciò che papà compiva a Phoenix, siccome la voce stava iniziando ad espandersi, alcuni bambini nemmeno mi si avvicinavano per paura che, nel caso in cui litigassimo, papà avrebbe fatto del male alle loro famiglie.

Così finivo per restare sempre sola, con le cuffie alle orecchie ad aspettare che finisse la ricreazione o l'orario scolastico per andare via. La scuola era diventata un vero e proprio inferno per me in quel periodo, tanto che non ci sono andata per qualche settimana fingendomi malata, ma, purtroppo, non è servito a fermarli.

Un giorno, però, mentre ero stesa sul prato della scuola durante l'intervallo ascoltando le mie solite canzoni depresse, al primo anno di liceo, mi si affiancò quella che oggi è la mia coinquilina e migliore amica. Ricordo di non aver avuto una vera e propria conversazione con lei, ma che mi ha proposto di pranzare insieme anche stando in silenzio, se avessi voluto. Mi aveva detto che l'importante era che fossi stata con lei e che non fossi stata più sola come i giorni precedenti.

Non sapevo come reagire di fronte a quelle facce anonime senz'anima, dalle cui labbra fuoriuscivano solo parole dispregiative nei miei confronti. Per la maggior parte delle volte, restavo in silenzio ascoltando i consigli di mia madre che mi diceva che l'indifferenza era la miglior arma; al contrario, Leila mi spingeva a reagire, di risponderli. Cercavo di ascoltare entrambe, ma era difficile sostenere quella situazione.

Dopo un certo periodo di tempo, si unì a noi un'altra ragazza, Cassie...Siamo state amiche inseparabili fino a sei mesi fa, ma quella è un'altra storia.

Fortunatamente sono cambiata e se tornassi indietro, quante cose trasformerei, soprattutto per quanto riguarda me stessa: magari non sarei la ragazza accondiscendente di prima, che si faceva andar bene di tutto per non perdere chi aveva intorno, quando poi, in realtà, chi ti vuole bene non ti abbandona mai. Magari sarei più stronza, perché in fondo il bene che cerchi di corrispondere alle persone, non è mai lo stesso che ricevi tu. E nel caso in cui compia un errore, verrà ricordato solo quello.

Ma ciò l'ho capito col tempo, dopo tante delusioni e porte in faccia da gente su cui avrei messo la mano sul fuoco. Purtroppo, la vita mi ha portato a non fidarmi più di tutte le persone che mi circondano e non so se definirlo un pregio o un difetto al momento.

In questi giorni di pioggia, i miei pensieri sono sempre più profondi del solito e spesso mi ritrovo a pensare al passato: a volte vorrei solo dire alla bambina di cinque o sei anni fa di svegliarsi, che il mondo non è come quelli nei cartoni animati, che ci saranno porte in faccia che faranno molto male e dispiaceri che la distruggeranno in mille pezzi...ma in fondo non è colpa sua se è troppo ingenua. Sono le delusioni a comportare le maturazioni, a spazzare via tutta l'ingenuità che si ha da bambini.

Leila, la mia coinquilina, nonché migliore amica, entra nell'appartamento minuscolo che dividiamo insieme composto da una cucina, una sala da pranzo, due letti ed un bagno. Tutto openspace, ad eccezione del bagno. Non avrei mai preso un appartamento così piccolo, ma il budget per entrambe era bassissimo e, onestamente, alla fine non siamo quasi mai in casa...o meglio, lei non è mai qui, a differenza mia! La mia migliore amica entra all'interno dell'appartamento piena zuppa d'acqua e sbuffando.

«C'è mai stato un acquazzone di questo tipo a Scottsdale a fine giugno?» butta lo zaino nero ai piedi della porta d'ingresso color legno scuro e si toglie la giacca blu, posandola 'delicatamente' sulla sedia nella sala da pranzo...e con 'delicatamente' intendo che l'ha quasi lanciata. I capelli corvini lunghi fino a metà schiena sono bagnati, così come il trucco che le scorre sul viso rendendola un panda. Leila è la classica tipa che noti in qualsiasi posto, la classica tipa che ti giri a guardare e pensi che sia stupenda. Di solito decide di truccare sempre un po' in più gli occhi grandi e di color verde menta, rispetto alle labbra a forma di cuore che ha.

«Almeno non c'è quel caldo afoso da far mancare l'aria.» la prendo in giro e lei mi lancia un'occhiata che potrebbe fulminarmi all'istante mentre aggrotta le sopracciglia tatuate da poco, scure. Mi fa ridere.

Leila è sempre stata una delle persone di cui posso fidarmi ciecamente, forse l'unica in assoluto. Con lei ho riso e pianto e ormai ci conosciamo dai tempi del primo anno di liceo. Abbiamo sempre fatto tutto insieme, compreso imbucarci a feste in cui non eravamo invitate, né avevamo idea di chi fossero i festeggiati principali. Ora siamo al secondo anno di college, ma ognuno ha intrapreso strade diverse, nonostante studiamo nello stesso college: lo Scottsdale Community College. È uno dei campus più belli della città: è enorme e ci sono diverse aree pranzo, oltre la mensa, nonché aree picnic per pranzare fuori nei periodi estivi. Sembra simile al college che Jamie Spears nella serie televisiva di Zoey 101 frequentava insieme ai suoi amici. Abbiamo sempre sognato di venire a studiare qui, infatti, dopo il liceo, ci siamo trasferite insieme da Phoenix quando abbiamo trovato l'occasione di questo appartamento proprio a due minuti distante dal college. Io studio economia, mentre lei infermieristica. Sogna di diventare un'infermiera.

«Vado a farmi una doccia.» dichiara prima di fiondarsi in bagno e mettere play ad una delle sue playlist preferite da "sono sotto la doccia e non voglio che nessuno mi disturbi" composto da canzoni rockettare e di discoteca straniere. Non ho mai visto Leila ascoltare canzoni lente, suonate al pianoforte, mentre io le amo! Sono un'amante delle canzoni profonde in generale. Le ascolto soprattutto nei giorni di pioggia, perché sembra che in questo periodo la mente mi diriga verso dei ricordi che vorrei solo soffocare ed eliminare dalla mia vita.

«Bree?» Leila lancia un urlo così potente dalla doccia che quasi riesce a farmi cadere dal letto.

«Che succede?» chiedo scocciata. È sempre capitato che Leila dimenticasse qualcosa lungo il tragitto per il bagno, ma ora mi chiedo cosa sia.

«Luke mi ha detto che stasera c'è una festa da lui e mi ha chiesto se venissi. Ho già detto di sì e non puoi tirarti indietro.» sbuffo. Non ne ho voglia. Vorrei solo stendermi a letto e restare in silenzio a fissare il soffitto, ma non obietto perché sarebbe inutile con lei. Mi costringerebbe ad andarci.

Non sono mai stata una tipa amante delle feste, ma devo ammettere che l'anno scorso era meno insopportabile andarci. Ovviamente ero accompagnata da Leila, e devo ammettere che in quel periodo avevamo trovato un bel gruppo di amici, ma, ora, di quelli ci è rimasto solo Luke. Non dico che non scorra buon sangue tra noi, ma mi è totalmente indifferente. Come ho detto prima, non riesco a legarmi facilmente a qualcuno e Luke lo conosco solo dall'anno scorso. È passato troppo poco tempo per aprirmi. Poi, sono passati sei mesi da quando non vado ad una festa.

Mi suona il telefono, lasciando che lo schermo resti acceso per un po' prima di rispegnersi nuovamente. Noto che mio fratello Kyle ha chiamato, ma ero troppo pigra per rispondere. Prendo un respiro prima di richiamarlo. Lo fa solo quando è successo qualcosa di estremamente importante, altrimenti preferisce mandare dei messaggi.

«Kyle, mi volevi?»

«Breanna, trovati pronta per le sette di sera domani, passo a prenderti.» mi dice attaccando frettolosamente dicendo che stava per dirigersi a lavoro e non aveva tempo di parlare, poi mormora un «poi ti spiego» quando gli chiedo spiegazioni. Spero solo che non sia ciò che penso, una cena da finta famiglia perfetta a cadenza annuale è l'ultima cosa che mi serve.

***

«Questo vestito ti sta d'incanto.» esordisce la mia coinquilina fissando la mia faccia insicura allo specchio. Indosso un vestito blu elettrico satinato e una cintura in vita color argento che ho abbinato con dei sandali dello stesso colore. Mi guardo allo specchio e, mille paranoie mi si frullano in testa. Andare ad una festa significa essere guardati da tutti e ciò significa anche vedere ragazze snelle, in forma molto più belle di me strusciarsi su ragazzi che sembrano usciti fuori da una rivista di moda. Inoltre, guardandomi allo specchio noto che i miei occhi ambrati sono diventati più spenti e non voglio che nessuno si accorga del mio periodo no.

«Non sono convinta.» dico voltandomi verso di lei.

«Del vestito o di venire?»

Abbasso lo sguardo sulle mie mani, mentre le torturo. In realtà non sono convinta di niente in questo periodo. È un momento un po' particolare per me: ho scoperto che il mio ex mi tradiva con l''amica' a cui mi sono riferita prima. Cassie. Proprio così, una delle mie migliori amiche del liceo. Inutile dire che ora non parlo con nessuno dei due, e in più c'è la situazione della mia famiglia che ultimamente mi sta tormentando sempre di più, lasciandomi sveglia intere notti con i pensieri che mi frullano in testa. Mi siedo sul letto e scrollo le spalle. Leila sa leggermi così bene dentro che non ho bisogno di parlare, perché mi capisce al volo. Mi abbraccia e io faccio di tutto per mandar giù il groppo che mi si è creato in gola, evitando di piangere.

«Bree...» mi accarezza la spalla. «...sono passati sei mesi ed è l'ora di mandarlo a fanculo. Ciò che ti ha fatto quello stronzo non può toglierti la vitalità e il sorriso. Non devi permetterglielo.» ed ha ragione, non dovrei lasciarmi andare per una persona che distrugge il mio cuore e la anima, gettandoli in un cassonetto della spazzatura. Per di più, non ha neanche fatto il minimo sforzo di riparare la nostra relazione. L'unica a rimanerci male tra i due sono io, perché a quanto noto dalle storie che pubblica su Instagram, sta molto bene senza di me. Non so come sia possibile distruggere una persona e il tempo passato con lei in così poco tempo, con un battito di ciglia. Lui ha la sua vita, proseguendola senza esitazioni, e sarebbe giusto che io continui la mia. Ognuno deve intraprendere la sua strada.

Mi alzo dal letto guardandomi allo specchio e sospirando. Il mio fisico non mi è mai piaciuto abbastanza: la cellulite, la "pancetta" che ho e le mie braccia enormi sono le cose che odio più di me. Seppur sia dimagrita in questi sei mesi, purtroppo non riesco a sentirmi bella. Con il mio ex ho sempre trascurato me stessa, le mie emozioni, mettendo lui al primo posto e solo ora mi rendo conto di quanto sia stato sbagliato. Non fatelo mai. Con nessuno e soprattutto per nessuno.

Mi sposto una ciocca di capelli color castano scuro dietro l'orecchio mantenendo scoperto il piercing che ho fatto qualche giorno fa, l'helix. Ho piastrato i folti capelli color nocciola lunghi fin alla metà dei miei seni, dal momento in cui Leila mi ha avvisato di prepararmi e mi sento già un'altra persona rispetto a quella che ero un'ora fa. Devo ammettere che già mi sento un po' meglio. Mi trucco velocemente mettendo l'eyeliner, un po' di mascara ed un lucidalabbra color carne. La mia migliore amica applica un po' di blush sulle mie guance paffute e un po' sul mio naso alla francese su cui applica, anche, in un secondo momento, un po' di illuminante. Questo outfit mette in risalto la mia pelle mediterranea e posso dire, come poche volte, che stasera mi sento carina. Continuo a guardarmi allo specchio osservando ancora una volta come siamo messi in risalto i miei occhi scuri e a mandorla, nonostante abbia applicato solo un po' di trucco. 

Quando esordisco con un «Andiamo» quasi impercettibile, la ragazza seduta sul letto al mio fianco fa un sorriso enorme, mettendo in mostra i suoi denti bianchissimi. Leila, al contrario di me, ama osare. Indossa un vestito bianco con le piume dello stesso colore poste sulle spalle ed il tessuto tende a scivolare, lasciando scoperto un po' di seno. Inoltre, ha lasciato i capelli nero corvino lisci e lunghissimi, ricaderle sulle spalle. La frangetta nera le ricade sulle sopracciglia e quasi le consiglierei di tagliarla, ma sono sicura che non lo farà ancora. I suoi occhi color cioccolato sono evidenziati dal mascara e, una volta aver tinteggiato le labbra con un rossetto rosso, usciamo dall'appartamento.

***

Vorrei poter dire che questa festa non sembra come quelle classiche feste americane, ma non è così, soprattutto se organizzata da Luke. Ciò significa alcool, droghe e qualsiasi tipo di sballo esistente. Questi ambienti non mi sono mai piaciuti da impazzire. Sono sempre venuta a queste feste per far compagnia a Leila perché, alla fine, come si può essere al sicuro con gente che fuma, beve e si droga? Meglio insieme che da sole, senza dubbio. Ora, non so se sia per il fatto che sono un po' giù di corda, trovo questo contesto un po' troppo pesante. Fiumi di persone si dirigono entusiasti verso l'enorme casa dalle pareti color caffelatte: una parte di loro si ferma intorno alla piscina per salutare dei gruppetti di ragazzi; altri si fiondano direttamente all'interno di essa ed altri ancora si dirigono verso l'interno dell'abitazione in cerca di qualcosa da bere.

Noi siamo tra questi ultimi, ma siamo costrette a fermarci quando vediamo Luke venirci incontro.

«Luke!» la mia migliore amica lo abbraccia mentre io mi guardo intorno. Se non conoscessi Luke, direi che questa casa enorme sia la sua, ma non è così perché l'ha 'presa in prestito' da un amico di famiglia, o almeno è quello che dice.

La realtà dei fatti è che colui da cui avrebbe ipoteticamente "preso in prestito" senza il suo permesso quest'enorme dimora, è partito in Spagna fino alla fine delle vacanze estive. Luke dovrebbe essere il guardiano di questa casa durante questo periodo di tempo, ma, ci organizza feste tutti i venerdì e sabato sera. Nemmeno i genitori di Luke che lui la utilizzi.

Saluto anche io il mio amico, che ci dà il benvenuto in casa offrendoci due bicchieri pieni di alcool.

«È vodka, provatela. Ora devo andare.» ci dice frettolosamente, come se avesse paura di non qualcosa, ed io faccio spallucce a Leila. Luke è un amante di queste feste e ama trovarsi nei casini tanto quanti ama i gossip del college. Per questo, a volte Leila insiste sul fatto che dovremmo tenerlo d'occhio, dicendomi che potrebbe trovarsi nei casini un giorno. Io credo che, alla fine, lui sappia cavarsela benissimo da solo.

Io e la mia amica facciamo un giro in questa enorme piena zeppa di gente che balla a destra e a manca. Decidiamo di fiondarci nella pista da ballo, scatenandoci. Dopo un po', improvvisamente, la vodka inizia a salire, facendomi mancare l'aria. Sento come se il respiro mi si bloccasse in gola ed è come se soffrissi improvvisamente di claustrofobia, notando la stanza colma di individui sconosciuti.

«Vado un po' fuori.» urlo per sovrastare la musica a Leila che annuisce ad occhi chiusi e continuando a ballare. Vedo la stanza girare e non mi sono accorta che ci fossero così tante persone finché non attraverso la casa. Sbatto contro più ragazzi, ed alzo la mano per scusarmi con coloro che urto. Sicuramente mi staranno lanciando occhiate torve.

Finalmente, dopo un tratto che sembra infinito, il venticello fresco delle serene notti di giugno mi piomba in faccia, facendomi sentire subito meglio. Quasi sembra che ricominci nuovamente a respirare. Chiudo gli occhi per godermi la beatitudine di questa sensazione.

Decido, barcollando leggermente e con la vista che gira a centottanta gradi, di sedermi vicino ad un albero di pesco, alla base del quale si può intravedere bene il giardino e la piscina. Appoggio la testa sulla quercia, ricercando un po' di silenzio che, in realtà, non esiste; l'alcol, al contrario, non fa altro che amplificare la musica e i rumori. Sento dei passi avvicinarsi nella mia direzione e chiudo gli occhi cercando di calmare il fulminante mal di testa che mi tormenta.

«Ti senti bene?» la voce del ragazzo che ho di fronte mi sembra tutt'altro che familiare, per questo, riapro lentamente gli occhi. Inclino la testa, sorridendo brilla. Un bel ragazzo mi guarda dall'alto: indossa una maglia bianca con un jeans chiaro e delle scarpe dello stesso colore della maglia. Il viso si intravede a metà a causa delle luci stroboscopiche poste ai lati della piscina che abbiamo a pochi metri di distanza: posso solo notare che gli occhi sono piccoli e castani e ha la bocca sottile, ma non riesco a vedere altro in modo chiaro. Anzi, non sono sicura nemmeno di ciò.

Sospiro e annuisco quasi scocciata della sua presenza, portandomi una mano alla tempia. Vorrei solo silenzio ora, ma purtroppo il mio desiderio non può essere esaudito.

«Ti ho vista da lontano. Sembra che tu non stia bene...anzi, in realtà sembra che tu sia abbastanza ubriaca. Per questo motivo, sono venuto a controllare di persona come stessi.» urla per sovrastare la musica che ci circonda, ma non fa altro che peggiorare la situazione. Faccio una smorfia di dolore, sentendo la mia tempia pulsare.

«Sto bene, grazie.» biascico cercando di liquidarlo, sperando che con lui possa andar via anche il mio mal di testa.

Si accovaccia sporgendosi di fronte al mio viso e io corruccio la fronte. Mi scruta per qualche secondo, inclinando la testa dal lato sinistro. I nostri occhi si incrociano per un momento che sembra interminabile, finché non sposta lo sguardo sulle mie gambe incrociate.

«Non credo.» si alza cercando di prendermi in braccio, a mo' di principessa. Cerco di divincolarmi, inutilmente, perché lui ha la presa salda sulla mia schiena. Quasi le nostre labbra si sfiorano quando lui mi prende in braccio. Sbatto i pugni sul suo petto, che sembra davvero muscoloso. Lui inizia a camminare, continuando a tenermi tra le braccia, sotto gli occhi di tutti.

«Che cazzo fai?» chiedo a voce abbastanza alta. Alcune persone si girano, ma tornano alle loro conversazioni come se niente fosse. Continuo a divincolarmi, inutilmente e, a causa delle condizioni in cui mi trovo in questo momento, purtroppo non ho nemmeno la forza di combattere. Vorrei solo dormire.

«Ti porto a casa.» Come diavolo fa a sapere dove abito? E, soprattutto, chi è?

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