Tra il ricco e il povero...

Ciò che restava del cinghiale arrostito giaceva abbandonato ai piedi del grande tavolo.

"Quisquilie", bofonchiò serrando le mascelle. Lo schiocco secco dell'osso gli restituì un brivido di piacere. "Sempre e solo avanzi, avari! Tirchi!"

La porta si spalancò con un tonfo secco, che riecheggiò nella sala come un tuono. Mollò la presa e scattò sull'attenti, strattonato dalla catena. Puntò l'uomo che avanzava sicuro, brandendo una spada sanguinante. Lo stolto s'era presentato a fine banchetto e con tenuta indecente.

"Oh, carne fresca... Carne cruda", esultò cercando di non sbavare, ma mostrando compiaciuto le zanne. "Non ha nemmeno l'armatura questo biondino. Un sudicio villano".

La padrona non ebbe il tempo di slegarlo, che un pugnale saettò conficcandosi nella sua gola. Guaì nel vederla stramazzare al suolo, pur non resustendo a saggiarne il sangue caldo, che andò a imbrattare le assi di legno.

"Era buona, in fondo", si dispiacque con un'ultima lappata. "Adesso so il perché".

Si voltò e una farfalla, spuntata dal nulla, attirò la sua attenzione. Sbatteva con fare delicato le ali celesti bordate di nero, librandosi nell'aria come una piuma scintallante. Latrò per chiamarla, un istante che morì quand'ella passò innanzi al barbaro.

"Oh, quegli occhi..."

Avevano lo stesso colore dell'insetto, ma bruciavano d'un fuoco ferale in cui si specchiò, proprio nel momento in cui calò il fendente sul suo grasso padrone. No, non aveva intenzione di prendere nulla da lui, giacché sospettava che il sapore sarebbe stato orrendo, stantio e acido come era stato in vita. Ben rammentava le bastonate e i calci che gli aveva regalato in cambio di gesti d'affetto non richiesti.

Lo straniero si avvicinò puntandogli contro l'arma, ma lui si sedette fissandolo altero e rispettoso.

«Mi piaci!» sentenziò deciso quello, ricambiando in egual modo lo sguardo. «A te la scelta».

Schivò il corpo della donna e lo liberò, restando davvero in attesa che fosse lui a decidere.

"Quale libertà più grande vi è per un cane, se non quella di sceglier da solo chi seguire?"

Gli si accostò senza chinar il muso, abbassando però le orecchie. Ricevette una carezza pesante da una grossa mano, di certo abituata a menar colpi; eppure, era calda e gentile.

«Dopo ci presenteremo e ci spartiremo il bottino, adesso dobbiamo finire di far pulizia».

Il guerriero si avviò verso il corridoio e lui lo seguì felice, come non era mai stato.

"Il villano mi par meglio del barone!" ringhiò a denti stretti ridendosela di gusto. "Finalmente mi divertirò un po' anch'io".

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