«enemies to lovers» "andrea kimi antonelli"

miriana thalia baldanzi

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«Miriana Thalia Baldanzi, COSA CAZZO È SUCCESSO?»

Eh. Cos'è successo? Forse è meglio fare un passo indietro.

Venerdì mattina ero entrata nell'autodromo con un umore stranamente positivo. Non entro mai in un weekend di gara convinta che possa andare bene.

Qui sono a casa. Ho sempre fatto bene a Monza negli ultimi anni, perché non dovrebbe andare bene?

«ti vedo contenta. Devo avere paura?» «si, Gabi, sono pronta a distruggerti» entrammo nella "tenda" dell'Invicta Racing. Ci cambiammo velocemente e iniziammo a riscaldarci per la gara.

Ero uscita prestissimo quella mattina, riuscendo a non svegliare né mia sorella, né Artemisia. Ho fatto colazione con calma assieme al mio team, compreso Gabriel, e siamo scesi in pista.

«pensavo che con Kimi che guida la Mercedes, tu ti svegliassi con la luna storta» scossi la testa.

«abbiamo la possibilità di fare due sessioni per gli junior driver. Una a testa, okay?»

Questo Toto ce l'aveva detto a inizio a stagione e sapevano che sarebbero avvenute dopo la pausa estiva. Ho lasciato io di mia spontanea volontà Monza ad Antonelli.

Io volevo puntare il GP del Brasile, pista in cui non ho mai corso, ma in cui mi diverto molto sul simulatore, ma blindata data la presenza della sprint.

Ho puntato sul Messico: bella atmosfera, poi intorno ad Halloween, la mia festa preferita, e pista interessante. Avevo anche visto che altri team avevano optato per il Messico, visti gli annunci.

«no, tanto so già che verrà il mio momento»

Avevo già fatto dei test con una Formula 1. Uno a Imola, per esempio.

Ero in piena corsa per avere il mio posto sulla Mercedes. Io contro di lui, sfida che va avanti dal 2011. Dalla nostra prima gara di kart. Quella l'ho vinta io.

Non sapevo però che la guerra l'avrei persa, ovviamente. A cinque anni pensavo di poter facilmente sbaragliare la concorrenza.

Durante la prova libera in scioltezza arrivai in prima posizione. Non mi monto la testa per così poco: non ci vuole nulla ad arrivare primi in prova libera e far male tutto il resto del weekend.

Feci velocissima il briefing e poi mi cambiai velocemente, mettendomi una polo bianca della squadra di Stoccarda, con sotto dei jeans azzurri e delle Jordan dello stesso colore dei pantaloni, ormai consumate dal tempo. Direzione: box Mercedes.

«ciao Miriana» abbracciai sia Lewis, che sarebbe sceso in macchina a breve, che George, con cui avrei affiancato Toto Wolff in quella sessione di libere.

Ad Antonelli feci solo un cenno con la mano. Lo feci solo perché era scortese non salutare anche lui.

«non ce la fai ad andarci d'accordo» «tu vai veramente d'accordo con tutti i piloti, Geo?» lui ridacchiò, alzando le mani.

Apparve Toto, cosa che preannuncia l'inizio della sessione. Giù le macchine, semaforo verde e via.

Non mi interessavano particolarmente i tempi di Lewis, se devo proprio essere sincera. Avevo gli occhi bloccati sugli intertempi del pilota bolognese.

E, cosa che avrebbe preannunciato la mia sconfitta, erano tutti "fucsia". A meno di dieci minuti, con tutti i top che avevano fatto un giro, lui, il mio peggior nemico, era primo in classifica.

«merda» era un soffio, che sapevo che Toto aveva notato. A lui non piaceva questa nostra faida, ma non sapeva di starla alimentando inconsapevolmente.

Deve ammettere che non ci siamo mai ostacolati e ci siamo sempre congratulati l'un l'altra. Era una guerra pulita, ma era pur sempre una guerra.

Dopo dieci minuti, vuoto, buio totale. «Kimi a muro» ero stata io a notarlo per prima. Intertempi stoppati, macchina ferma sulla mappa. Poi iniziarono a girare le immagini.

Strizzai gli occhi. Per la prima volta, avevo paura per lui, prima che uscisse dalla macchina.

Guardai accanto a me, George che vedeva la sua macchina distrutta. Anche lui è stato in ansia per il ragazzo, ma quando è sceso dall'auto vide in faccia la realtà: la sua macchina era completamente da ricostruire.

«scusate, esco un attimo» mormorai. Sia Toto che George mi seguirono con lo sguardo, fino a quando non fossi uscita dal box. Arrivai nel paddock, appoggiandomi alla porta.

Non aveva mai sbagliato in quel modo. Non era mai uscito così forte. Ritornai con la mente ai numeri. «50 G circa, vista la velocità che aveva» mi ero fatta spiegare dalla mia prof di fisica come funzionava esattamente la Forza G.

Non sapevo neanche perché lo stessi aspettando. Volevo solo assicurarmi che stesse veramente bene. A me non doveva mentire, anzi spesso era particolarmente sincero. Agli altri avrebbe mentito perché doveva fare la qualifica.

Aveva la testa bassa quando entrava ai box. Non mi aveva neanche visto. «stai bene?» alzò lo sguardo: era terrorizzato.

«si si, è tutto okay» «sicuro?» volevo essere certa. Non faceva per me una sfida impari e se stava poco bene, non l'avrei considerata una vittoria.

«sicuro, tranquilla» mi sorrise.

«qui mi si era smosso qualcosa. Poche volte mi aveva sorriso realmente» specificai mentre stavo raccontando questo a Charles, Raissa e Artemisia.

Poi entrò dentro il box e io lo seguii per ritornare ad assistere alla sessione che ormai stava per ricominciare.

Tutti erano intorno a Kimi per sapere come stesse. Io però non ero ancora completamente sicura stesse bene. Volevo dei numeri.

Quando aveva fatto tutto il giro degli "scusate ragazzi", lo bloccai per un polso.

«puoi andare al centro medico?» lui ridacchiò. «Baldanzi, sto bene. Devi stare tranquilla»

«è prassi che uno che ha avuto un impatto a più di 50G vada al centro medico»

«e tu come lo sai a quanti G è stato il mio impatto?» tirai fuori il telefono dalla tasca e gli feci vedere una foto.

«questo è il dato della decelerazione che hai avuto al momento dell'impatto con il muro. Fai diviso 9,81, cioè la forza di gravità, e ottieni neanche 50, quasi 51G.»

Se avessi fallito come pilota, avrei provato come ingegnere, ecco perché mi sono iscritta a una scuola di meccanica. Ecco perché sapevo tutte queste cose.

«quindi, mi puoi fare il piacere di andare al centro medico?» «va bene, tenente colonnello» disse alzando le mani. Lo guardai, in modo molto storto, uscire dal box.

Mi godetti il resto delle prove, poi ritornai nel paddock dei pilotini per cambiarmi per la qualifica. Mancava ancora un bel po' di tempo, ma dovevo andare a salutare Charles, mangiare e riscaldarmi. Se già mi vestivo, avevo più tempo di fare tutto.

Non mi misi la maglia termica per il troppo caldo, lasciai la polo dell'Invicta.

Guardando il cellulare, avevo ricevuto due messaggi: uno di Kimi, che mi diceva che anche per i medici era tutto apposto, e uno di Toto che mi voleva parlare.

Allacciai le maniche della tuta in vita e andai verso l'hospitality Mercedes. Visto che ero in zona, sarei andata anche a fare un salto da Leclerc in Ferrari.

Entrai e trovai solo Toto. Non c'erano alla vista i meccanici, occupati probabilmente a riparare la macchina di George, né gli altri piloti. Solo noi due. Non che la cosa che mi spaventava.

Sarebbero state le sue successive parole a rivelarsi il mio peggior incubo.

«abbiamo preso una decisione per il 2025, Miriana» annuii semplicemente, supplicandolo di continuare.

La mattina Kimi aveva sbattuto completamente la macchina. Non poteva che essere positiva la notizia.

Quanto mi sbagliavo.

«mi dispiace, ma domani annunceremo l'ingresso di Kimi in Mercedes l'anno prossimo»

Il mio cuore si spezzò.

Anche dopo un botto del genere, Andrea Kimi Antonelli rimaneva il preferito di tutti.

Io non ero nessuno. Non contavo niente per loro.

Il colpo di grazia è stato quello dopo. «visto questo, pensavamo di dare a lui la possibilità di fare la prova libera in Messico. È un problema?» non sarebbe cambiato nulla se io avessi detto che "si, per me quello era un problema", perché ormai era quella la decisione.

«tutto apposto?» «si si» cercai di sorridere, cercai di trovare qualcosa di positivo, cercai qualcosa per cui combattere, cercai di essere la Miriana di sempre, ma era del tutto impossibile.

«tu potresti essere il nostro terzo pilota e abbiamo già fatto un accordo con McLaren e Aston Martin per essere anche la loro. Poi possiamo provare a smuovere Aston Martin per darti un posto»

Apprezzo l'impegno e la premura che ha avuto Toto: avevano già pensato loro a tutto quello che sarebbe stato il mio anno successivo. Si, perché c'era un piccolo problema: io avevo una grande possibilità di vincere il campionato in Formula 2 e ciò non mi permetteva di correre nuovamente in quella categoria.

«hai tutto il tempo per decidere» «no no, sono già decisa a firmare. Non voglio lasciare la Mercedes»

Lasciare la Mercedes era come firmare la mia condanna. In nessun multiverso c'ero io che facevo quella decisione.

«perfetto» firmai tutto e uscii da lì alla velocità della luce.

Tutta la tristezza che avevo, si è trasformata in rabbia. La rabbia della consapevolezza che avevo perso su tutti i fronti. Neanche la vittoria della bandiera mi aveva lasciato.

Anche se non era colpa di Kimi, io ce l'avevo con lui. Con questa rabbia entrai nell'hospitality Ferrari e mi presentai davanti a Raissa e Charles.

«io lo ammazzo» «BUONGIORNO FIORELLINO» mia sorella e il suo innato senso dell'umorismo. Sia lei che Charles stavano ridendo.

«mi hanno cancellato la prova libera in Messico» adesso che l'ho detto ad alta voce suona anche peggio. Era la realtà e io non potevo farci nulla.

Vidi la loro faccia e credo che la mia era stata esattamente uguale.

«perché?» «PERCHÉ QUEL COGLIONE È ANDATO A MURO IN NEMMENO DIECI MINUTI...» presi un bel respiro, perché non mi dovevano sentire anche a Milano.

«e visto che è lui che guiderà la Mercedes l'anno prossimo, deve abituarsi LUI a guidarla. Non IO, LUI» altra nozione che non avrei dovuto dire ad alta voce. Fa male, molto più dell'altra.

«ti lasciano a piedi?» chiese Charles. In realtà non sapevo esattamente come rispondere.

«Mi hanno detto che domani annunceranno l'ingresso di Antonelli in Mercedes nel 2025. O non vinco la F2 o rimango senza sedile»

Non potevo rinunciare a vincere la Formula 2. Era l'unica volta dopo tre anni che sarei riuscita a battere Kimi.

Sui kart ero la migliore, ma approdati in monoposto la luce si è accesa sul bolognese e la mia ha iniziato a scaricarsi.

«nelle altre scuderie non c'è possibilità?» «allora Charlie, ti faccio un disegnino»

Avevo fatto bene a prendere il mio zaino. Nel mentre che Toto mi portava il contratto da firmare, stampavo una foto di Kimi da mettere nella mia griglia 2025 con la stampantina termica che avevo comprato. Ormai da cinque anni facevo uno schema della griglia su quel quaderno, con foto e disegni vari.

Feci vedere tutto ai due, spiegando tutto quello che sapevo, perché il paddock di Formula 2 era il più caldo riguardo ai sedili del 2025. Ormai avevo chiaro tutto.

«mi hanno offerto la posizione di terzo pilota sia per Mercedes, che per McLaren, che per Aston Martin. Poi proveranno a spingere per il mio ingresso al posto di Stroll in Aston, ma dubito che riusciranno già quest'anno.» omisi la parte sul fatto che avessi già firmato. Non volevo ancora dire ad alta voce che sarei stata terzo pilota.

Alzai gli occhi verso l'orologio. «vado, che ho il briefing pre qualifica» non ero neanche riuscita a mangiare qualcosa.

Diedi un bacio sulla guancia a mia sorella e abbracciai il pilota Ferrari prima di uscire dalla porta.

«hai mangiato?» mi aveva urlato dietro Raissa. Ovviamente lei sapeva tutto. O meglio, si immaginava tutto.

Scrissi al mio PT se mi portasse qualcosa da mangiare al briefing. Lui, come qualsiasi padre, anche se non mio, mi rispose con l'emoji del pollice in su.

Entrai al briefing con un paio di minuti di anticipo, ma con la testa da un'altra parte. Mi sedetti di fronte a Gabi, come al solito, aspettando il mio cibo.

Lui, vedendo il mio stato, mi diede un calcetto alla gamba per capire cosa stesse succedendo. «Kimi guiderà la Mercedes l'anno prossimo e io terzo pilota»

Bortoleto e gli ingegneri mi guardarono straniti. «seria?» «serissima. Ho il contratto firmato, se vuoi vederlo» lo tirai fuori ed ero vicina a mettermi a piangere. Non era sicuramente un gran umore per entrare in qualifica.

Almeno arrivò il mio cibo: della pasta al pesto. Geremia, il mio personal trainer, ovviamente sapeva già tutto, avvertito da Toto probabilmente, e mi portò uno dei miei cibi preferiti. Voleva alzarmi il morale.

Iniziammo il briefing. Strategie varie, ma io ne avevo solo una: stare, qualsiasi cosa accada, davanti ad Antonelli. Non avrebbe cambiato le cose, ma mi avrebbe fatta sentire meglio.

Con questo unico obbiettivo, salii in macchina. Senza essermi riscaldata per niente, ma con l'assoluta certezza di fare la pole. Su questa pista non ero seconda a nessuno.

A pochi minuti dall'inizio della sessione, trovai Raissa davanti a me. Ero già in macchina, ma lei voleva sincerarsi delle mie condizioni.

«sei okay, vero?» «non mi sono mai sentita meglio» mi stupisco sempre di come il mio corpo respinga la tristezza e la trasformi in qualcos'altro: in questo caso è passata prima alla rabbia e poi alla determinazione.

Sentii delle pacche sul capisco e immaginai che ci fosse Charles assieme a mia sorella.

Dopo che loro andarono via, io entrai completamente nel mio mondo.

Il primo stint non andò bene. I tempi erano buoni, ma sapevo di essere dietro ad Antonelli. Non l'avevo chiesto per radio, ma l'avevo visto dal mega schermo quando tornavo ai box.

Dovevo dare il tutto per tutto. «o pole o niente, Josh. Fatemi uscire per ultima o, per lo meno, fatemi uscire dietro ad Antonelli»

Sapevo che il mio team radio sarebbe girato, ma ormai tutti sapevano che la lotta per il campionato era meno importante di quella contro Andrea Kimi Antonelli.

Riuscii a essere sia ultima, sia essere direttamente dietro al pilota della Prema. Cercai nel giro di lancio di ricordarmi tutti i miei errori precedenti e in quei quasi due minuti, ripercorsi l'autodromo di Monza per un milione di volte.

Tirai fuori il giro della vita. Ovviamente fu una pole position. Dietro di me Isack e poi Paul. Nessun'altra bandiera italiana in giro.

Venni a scoprire che fu sesto mentre tornavo in hotel. Chiesi di poter saltare il briefing quella sera e, dato che avevo fatto la pole, me lo concessero.

Volevo fare comodamente la doccia e riposarmi prima di avere fotografa e social media manager Ferrari a urlarmi nelle orecchie.

Mi feci una doccia gelida, di quelle che mi mancheranno quando sarà inverno. Mi lavai e mi asciugai i capelli.

Quella doccia lavò via tutti i residui del mio cattivo umore di quella giornata, facendomi rimanere in focus solo su quel weekend.

Misi solo un reggiseno, le mutande e i pantaloncini del pigiama prima di sdraiarmi sul letto e prendere il telefono.

"stai bene?" Ovviamente Kimi sapeva tutto, ma invece che sfoggiare tutto il suo ego, mi fece la stessa domanda che feci io a lui quella mattina.

"si si" "sicura?" Mandai a lui un emoji con il pollice in su, quasi sicuro che avrebbe ribattuto con qualcosa inerente al centro medico. Non rispose.

Nel mentre Art e Issa rientrarono in stanza. «la devi smettere di stalkerarmi, Artemisia»

Stavano parlando della quantità infinita di foto che Artemisia fa a Raissa e Charles, che ovviamente ricevo anche io. «devi ammettere che fa delle foto bellissime, Issa» «grazie tata»

Art arrivò accanto a me, dandomi un bacio tra i capelli.

Poi iniziammo a litigare sul fatto che a Raissa piaccia molto Charles, cosa assolutamente non sconosciuta a nessuno.

Dichiarandosi in silenzio stampa, se ne andò a fare una doccia.

Quasi in contemporanea, mi chiamò Russell. «è successo qualcosa?» non che mi aspettassi chissà che cosa, ma speravo che qualcosa fosse successo.

«Toto ci offre una pizza. Fatti trovare giù tra dieci minuti» «okay»

Non avevo assolutamente voglia, ma una pizza offerta non si rifiuta mai.

Iniziai a rivoltare la mia valigia per trovare i due outfit da "fuori paddock' che avevo nello zaino.

camicetta hawaiana sui colori del lilla, azzurro e indaco, una salopette corta e le stesse Jordan che avevo usato quella mattina. Non aveva chiesto un dress code particolare. Non che io avessi fatto parlare troppo Russell, sia chiaro.

«Raissa mi ha detto tutto. Sicura che andare sia la scelta giusta?» «tu rifiuti mai una pizza offerta?» Artemisia ridacchiò. «tutto ciò non fa una piega. Vieni che ti faccio i capelli»

Mi fece due mini codine sulla testa, lasciando la maggior parte dei capelli sciolti. Mi truccai velocemente, presi gli occhiali da sole, il portafogli e una delle tessere che apriva la stanza.

«good luck, Mira» le diedi un bacio sulla guancia prima di scendere.

Ci avevo messo circa sei minuti, vista la mia assoluta velocità nel prepararmi.

Non trovai nessuno, quindi mi sedetti su uno dei divanetti nella hall.

Neanche trenta secondi dopo, sentii qualcuno arrivare accanto a me. «sei veramente sicura di stare bene?» «ho fatto la pole position, mi hanno comunque offerto un lavoro da cinque milioni, più vari bonus se faccio delle gare, e mi stanno offrendo una pizza. Ho un bel po' di tempo per riscattarmi, Antonelli, non preoccuparti»

Lui annuii. Non avevo bisogno di mentirgli, ormai mi conosce troppo bene per sapere quando dico cagate o l'assoluta verità.

Guardai com'era vestito e risi del fatto che eravamo molto simili in quel momento, tranne che lui aveva dei jeans corti e non una salopette. Non era una novità, dato che abbiamo gusti molto simili sul fatto di moda. Le persone che ci circondano ormai non fanno troppo caso quando ci vestiamo in modo identico.

«buonasera ragazzi» prima Lewis e poi George, mancava solo Toto.

«ha detto che dobbiamo raggiungerlo là»

Guardai George speranzosa di una cosa. «non ti faccio guidare la mia macchina, Miriana» «tesoro, ho la patente e l'ho presa al primo colpo, al contrario tuo, e ho vinto la scommessa»

La scommessa era che se lui avesse vinto almeno una gara quell'anno, io avrei potuto guidare la sua macchina, dato che lui non aveva fiducia nelle sue potenzialità. L'Austria mi ha fatto vincere.

Kimi aveva già avuto l'ebbrezza di vedermi guidare una macchina da strada, grazie alla settimana di vacanza che abbiamo fatto insieme agli altri junior driver Mercedes nella riviera romagnola.

Non chiedete nulla su quella settimana. Abbiamo giurato di non raccontarla a nessuno. Neanche Raissa sa qualcosa.

«guida bene, lo assicuro» se anche Antonelli era dalla mia parte, George non poteva fare altro che non farmi guidare.

«poco egocentrico, William» aveva una GT-63, chiamata ovviamente così in suo onore.

Dovettero ammettere sia George che Lewis che guidavo benissimo anche su strada e che avevo un assoluto culo a trovare parcheggio.

Non succedette altro quella sera, se non grandi chiacchierate su argomenti completamente a caso. Il fulcro della storia successe dopo.

Guidai io anche a tornare in hotel. Nel momento che salutai gli altri, Kimi mi fermò.

«Miriana, possiamo parlare...in privato»

«qui, la mia coscienza mi aveva sussurrato all'orecchio e cervello e cuore iniziarono ad andare in conflitto» fermai per la seconda volta il mio racconto per precisare quella cosa.

«certo»

uscimmo nel giardinetto, davanti alla piscina.

Ormai tutti erano a letto, quindi cercavamo di fare poco rumore.

Rimanemmo in piedi, appoggiati al muro dell'albergo.

«prima di qualsiasi cosa: sto veramente bene, Andrea. Non ho nessun vantaggio a raccontarti delle cazzate. Non sono una di quelle persone che porta rancore per anni. Si, ha fatto molto male, ma l'anno prossimo il contratto di George finisce e ho le mie chance.»

Probabilmente i miei occhi non rispecchiavano le parole che stavo dicendo, ma ci credevo veramente in quelle parole.

«ti credo assolutamente, Miriana. Sono solo assolutamente sorpreso di questa cosa. Io non ci avrei messo così poco ad assimilare tutto»

«credo di averlo fatto perché mi hanno costruito tutto il percorso da poter fare. Hanno capito il mio gran potenziale di vincere questo campionato e il fatto che io potrei dover aver bisogno di un piano B, nel caso in cui ce la facessi veramente e l'hanno fatto loro. Terzo pilota per tre scuderie diverse, possibilità, anche se remota di un sedile in Aston Martin, test driver e chi più ne ha più ne metta. Magari provo anche la 24h di LeMans, che non si sa mai che vada bene»

Però il male c'era. Non grande come poteva essere qualche anno fa, quando questa guerra era al culmine, ma c'era. C'era perché ero comunque seconda a qualcuno, a Kimi in questo caso.

«non era però questo di cui ti dovevo parlare»

Mi voltai verso di lui. Lo guardai negli occhi: aveva la stessa identica espressione di questa mattina.

«potresti mai pensare che, oltre a questa guerra, ci sia qualcosa di più?»

Per la quantità di volte in cui la gente mi aveva posto quella domanda, o altre versioni di essa, si, ci avevo pensato.

Volere la presenza costante dell'altro nella vita, perché non mi immaginerei mai la mia vita senza Kimi.

Volere la sua attenzione.

Ogni pensiero di un reale "qualcosa di più", a cui il mio cuore aveva pensato, era stato discostato dal mio cervello. Erano lì quei pensieri, ormai accumulati, la cui pressione iniziava a essere pesante da sopportare.

Era come se non volessi cedere, però.

Annuii, ovviamente, alla sua domanda. «ci conosciamo da tredici anni ormai. Non conosco nessuna persona, ancora oggi nella mia vita, da così tanto. È stato inevitabile pensarci»

Di una cosa ero certa, perché c'erano i numeri.

Prendiamo Instagram. Nessuno dei due segue l'altro, però bazzichiamo sul profilo dell'altro costantemente. Lo vedo perché è sempre tra chi mi guarda le storie.

«potrebbe mai funzionare tra noi, Kimi?»

«se non funzionasse, sarebbe un disastro»

Se qualcosa ci poteva far fare un passo indietro era proprio il "se non funzionasse".

Ci guardammo però. Il nostro rapporto dura da tredici anni. In questi anni ho odiato molte persone: lui non è tra queste. Lui è il mio rivale.

Quando dico di odiarlo, non sono mai seria. Se lo odiassi veramente, dopo un po' non ci farei caso a lui. Me lo toglierei dalla testa.

Lui è nella mia testa da quando ci è entrato per la prima volta. Non si è mai tolto, neanche per un secondo. Magari alcune volte è buono, solo in un angolo, ma c'è.

«ma, come potrebbe non funzionare?» fui io a porgli questa domanda.

Lui era entrato in quella conversazione pensando che lo avrei mandato a cagare in pochi minuti.

Invece ero lì con i suoi stessi dubbi. Dei dubbi che mi avevano realmente rovinato delle notti, anche, e soprattutto, nei weekend di gara. Soprattutto in quelli importanti.

Sono questi dubbi che mi hanno fatto perdere prima in Formula 4 e poi in Formula Regional.

Perché questi dubbi erano scomparsi quando avevamo iniziato a essere insieme ovunque: Mercedes e Prema. Non c'erano momenti in cui eravamo separati.

Lui era riuscito a gestirli meglio, per questo aveva vinto entrambe le volte.

Mi mise una mano su un fianco.

Io subisco molto il contatto fisico. Il mio corpo respinge tutto ciò che non vuole. Lui non era tra quelle persone.

Alzai lo sguardo. Per la prima volta indugiai veramente sulle sue labbra, prima di spostare lo sguardo sui suoi occhi. Lo vedi fare la stessa identica cosa.

«fallo» era una sfida la mia. Una delle tante che gli avevo proposto nella vita. Forse la più pericolosa.

Lui non se lo fece ripetere due volte. Entrambe le mani sui miei fianchi e le sue labbra sulle mie.

Le mie mani andarono subito tra i suoi capelli.

Quel momento non durò poco. Non poteva durare poco.

Mi staccai da lui solo ed esclusivamente per mancanza di aria nei polmoni.

«possiamo essere discreti?» «tutto quello che vuoi»

Rimanemmo ancora un po' lì fuori. Ci sedemmo a bordo piscina, ci godemmo ancora un po' la luce delle stelle prima di andare a dormire.

«non è che sei in camera da solo?» «discreti, ricordi?» iniziai a pentirmi di quella frase.

Una cosa potevo farla prima di salire in camera.

Avevo chiesto ai fan di non farmi dei cartelloni, ma di farmi dei "friendship bracelet", un po' come Taylor Swift. Quelli che mi piacciono di più, li ho sempre ai polsi. Ormai erano una decina i miei preferiti.

Anche lui ne aveva un po' al polso.

Me ne sfilai uno e lui capì subito. Ci scambiammo quei braccialetti.

Non era un anello, ma andava benissimo.

«buonanotte» «buonanotte»

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«aspetta aspetta aspetta: tu è tutto ieri che ci nascondi questa cosa?» mi chiese Artemisia, abbastanza scioccata della cosa.

«Art, pensaci bene: mi avete mai vista ieri?»

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Sabato è un giorno sicuramente più semplice da raccontare.

Era una giornata diversa. Non necessariamente migliore, ma diversa sicuramente.

Quando la sveglia suonò, mi accorsi di essere sola.

Ero andata a letto tardi. Molto tardi. Ero stata fino all'una a scrivere con il bolognese, poi probabilmente ero crollata, dato che non mi ricordo nulla dopo l'una di notte.

Erano le nove passate, quasi le dieci in verità (non giudicate gli orari strani di tutte le mie sveglie) e potevo fare con calma dato che il mio primo impegno sarebbe stato solo dopo pranzo. Potevo tornare a dormire, ma solo una cosa non me lo fece fare.

"sei sveglia?" quel messaggio era solo di pochi minuti prima. Ne scrisse un altro in cui diceva che era a fare colazione in quel momento.

"dammi cinque minuti"

Lo zaino era fatto. Presi una maglietta Mercedes, degli short di jeans e le mie solite scarpe. Occhiali da sole, chiavi e uscii in fretta.

«continuo a stupirmi del fatto che i tuoi "cinque minuti" sono seriamente cinque minuti» «questo perché hai a che fare con Lewis e George, i cui cinque minuti sono tre ore e mezza»

Non c'era gente. Sia i piloti di Formula 1 che quelli di Formula 3 erano già in pista, anzi dalla TV si vedevano le immagini di una sprint di F3 quasi finita.

Le uniche persone che potevano esserci eravamo noi della categoria di mezzo.

Presi una spremuta e una brioche con della marmellata, poi mi sedetti accanto a lui.

La cosa che continuava a stupire me è la facilità di conversazione che avevo con quell'uomo.

Durante la colazione, altri nostri compagni di categoria si unirono, probabilmente straniti dal vederci parlare civilmente.

Alla fine eravamo in otto: noi due, Ollie, Gabi, Paul, Zane, Victor e Dennis.

«chi ha la macchina?» chiese Victor quando ormai erano le undici. Si scoprì che solo io e Dennis avevano la macchina.

Mi presi Kimi, Ollie e Gabi. «è una Mercedes?» «ovvio, me l'hanno data loro»

Quando fummo tutti in macchina, da soli, Bearman fece la fatidica domanda. «ci dite cos'è successo tra ieri e oggi oppure dobbiamo tirare a indovinare?»

Noi iniziammo a raccontare. I nostri compagni di squadra per buona parte di questi due giorni sono stati gli unici a essere a conoscenza della cosa. Prima che Raissa facesse la ficcanaso.

Dopo quello, l'unico evento eclatante del sabato fu un monegasco selvatico che mi venne a cercare.

Gli offrii una Coca Cola, dato il caldo che c'era, e ci appostammo in una parte remota del paddock.

«voglio dichiararmi a tua sorella» «sarebbe anche ora, tesoro» ridacchiai, facendolo continuare.

«pensavo domani dopo la gara» «sicuro?» «in che senso?» «se la gara va male, non sarai dell'umore»

«intanto, facciamo che non me la tiri...» alzai le mani in segno di scusa. «poi, pensala così: se la gara va male, mi migliorerebbe la giornata, se la gara va bene, sarà una giornata memorabile»

«e se mia sorella ti rifiuta?» ovviamente non era possibile, ma volevo vedere come Charles avrebbe reagito.

Per un paio di secondi credevo di averlo mandato in corto circuito.

«non mi puoi dire sta cosa, Miriana» «tatone, STAVO SCHERZANDO, OVVIAMENTE»

Lì mi mandò a cagare (a detta sua, giustamente). «ricordami che non devo chiederti più dei consigli, Miriana» «sei tu che non capisci l'ironia, Charles. Io mi diverto solo»

Poi se ne andò e lì probabilmente finì la mia giornata.

Andai a cena con l'Invicta. Tornai tardi, quando sia Artemisia che Raissa stavano dormendo. Andai a dormire anche io.

××××

«effettivamente, se non Charles, nessuno ti ha visto per così tanto da poter sospettare qualcosa»

«se Raissa non avesse fatto quella domanda, "mi devi dire qualcosa, Miriana?", non avrebbe sospettato nulla»

«tutto vero, sorellina, ma devi ammettere che oggi siete stati sempre assieme»

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Si, potrei doverlo ammettere.

«vai via così presto?»

Raissa stava ancora dormendo, invece Artemisia con la mia sveglia, si svegliò.

Erano le sette e mezza passate quando la mia sveglia squillò. «ho la gara alle dieci»

«posso farti un'acconciatura?» tirò fuori due enormi fiocchi rossi. «non ne avevi preso solo uno? Dovevi usarlo per Raissa» «si, ma il cinese era faceva lo sconto se prendevi più roba»

«sono in ritardo» «tu non sei mai in ritardo, Miriana»

Volevo fare colazione con Kimi, dovevo fare dei briefing e volevo vedere la finale della F3. Si, ero in forte ritardo, ma alcune cose potevo farle in contemporanea.

«a Baku me la puoi fare» «affare fatto»

Le strinsi la mano, presi la mia roba e uscii dalla stanza.

"sveglio?" mandai un messaggio ad Antonelli, dato che non notavo la sua presenza nella hall.

Ovviamente aveva architettato uno scherzo da bambini di due anni in cui sono cascata con tutte le scarpe.

Mi spaventò prendendomi da dietro.

«ti odio» «non penso proprio» lo abbracciai.

I ragazzi dell'Invicta mi avevano lasciato alla reception un po' di driving card da lasciare ai fan in giro.

Io ero anche armata di spillette e di un paio di pennarelli indelebili.

Feci colazione velocemente e poi seguii George fuori in giardino, assieme a Kimi. Russell era molto preparato, ormai incontrava i fan da anni.

Io ho avuto Imola dove avevo visto del seguito, poi non erano molti quelli che mi fermavano.

Avevo detto ai ragazzi che era tutto troppo quello che mi avevano dato, ma loro insistettero. «Miriana, fidati di noi. Ti stupirai della quantità di persone che ti chiederanno una foto»

Menomale che li ho lasciati fare, perché tutta la roba che mi avevano dato non era bastata neanche per quella mattina.

«vi accompagno in pista, ragazzi?» chiese George quando iniziava a farsi seriamente tardi.

«io vado con la mia, Geo, tranquillo» «io vado con lei»

L'inglese annuì «okay, in bocca al lupo. Ci vediamo dopo»

Arrivati in pista avevamo poco tempo: io avevo il briefing, poi volevo guardare la F3 ed ero veramente in ritardo. Non ero mai in ritardo.

«Mira, fermati» guardai il ragazzo accanto a me.

«fai un respiro, perché se sei così, sprechi una grande opportunità, tata» Feci un grosso respiro, chiudendo gli occhi.

«tata suona bene detto da te» ridacchiò.

Lì ci separammo.

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«poi, va beh, l'ho visto in griglia e durante la gara di F1, ma avevamo telecamere ovunque»

«era sotto il tuo podio» disse Raissa, visibilmente triste di aver finito la sua birra.

«davvero?» mia sorella annuì. «non avevo neanche pensato lo facesse»

Art mi circondò le spalle con un braccio. Io appoggiai la testa alla sua spalla.

«non avrei mai pensato di vederti così cotta per un ragazzo» disse Artemisia «e che questo fosse Kimi, tra l'altro» finì Charles

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