Prompt #2 - storie d'amore
Una lettera può creare tante sensazioni contrastanti. Può rappresentare tante cose. Ma cosa faresti tu se ti arrivasse una lettera a casa dal lontano 1944? Alice non ha dubbi, deve conoscere la verità.
Questa storia partecipa al concorso "I racconti di Halloween" del profilo @AmbassadorsITA
L'amore oltre gli oceani del tempo
Anche quella mattina, come del resto ogni giorno, stranamente ero in ritardo. Mi vestii velocemente, presi un caffè al volo e scesi le scale dell'appartamento in cui abitavo diretta in ufficio. Passando mi accorsi che la cassetta della posta straripava da quanto era piena, afferrai tutto di corsa, salii in macchina e partii.
Arrivai in ufficio e mentre attendevo che il computer si accendesse e caricasse la schermata della home tirai fuori le buste dalla borsa per controllare le bollette, ma fra tutte una attirò la mia attenzione. Era diversa dalle altre, la carta era ingiallita, di grana spessa e non c'era traccia né del nome del mittente né quello del destinatario, solo gli indirizzi scritti in un elegante calligrafia. Che strano, eppure l'indirizzo è proprio il mio, si saranno scordati di mettere il mio nome. Pensai, e la aprii.
Al suo interno era contenuta una lettera datata 23 Maggio 1944. Una lettera d'amore.
Non è possibile, come può avere settantaquattro anni ed essere stata recapitata proprio ora? Deve essere uno scherzo. L'aprii e la lessi.
23 Maggio1944
Mio dolce amore,
ti scrivo questa lettera sperando che tu possa provare un po' di sollievo nel sapere che sto bene e che sono al sicuro anche se non posso dirti dove mi trovo. Mi manchi. Ogni giorno che passo qui sono sempre più catapultato in un mondo fatto di orrore e crudeltà. L'unica cosa che mi fa andare avanti e sperare in un futuro migliore sei tu amore mio. Tengo la tua foto in tasca sperando che mi porti fortuna e ogni volta che la guardo mi rallegro al sol pensiero che un giorno forse, presto o tardi che sia, potrò finalmente stringerti di nuovo tra le mie braccia e amarti per tutta la vita.
Quando mi sento tremendamente solo senza di te, scrivo lettere come questa sperando che non vadano perse e possano arrivare a te. Non ho mai sentito la mancanza di qualcuno come sento la tua.
Ogni volta che riesco a dormire ti sogno, ti immagino affacciata alla finestra che mi aspetti, con il tuo bel volto illuminato dalla luce del tramonto, i tuoi capelli dorati che si muovono al vento, la tua bocca rosea che si incurva in un sorriso e i tuoi occhi azzurro cielo che si riempiono di gioia appena i nostri sguardi si incontrano. Tento di ricordare il tuo profumo di vaniglia che mi piaceva tanto anche se piano piano sta scomparendo dalla mia mente. Ma ci provo amore, ci provo a non dimenticare.
E tu? Non ti stai scordando di me, vero? Mi stai aspettando? So che è passato tanto tempo dall'ultima volta che ci siamo guardati negli occhi ma il mio amore per te non è cambiato, anzi è sempre più forte.
Ci spero, spero di poter tornare a casa presto, spero che tu sia sempre lì a quella finestra ad aspettarmi il giorno che tornerò da te. Spero di poter rivedere il tuo sorriso. Spero di poterti di nuovo baciare. Ogni giorno che passa è un giorno in meno al mio ritorno da te, questo è ciò che mi ripeto e che mi fa affrontare con più forza questa guerra.
Desidero tutto con te, una famiglia, una casa, tanti bambini, invecchiare insieme perché io so che nessun'altra al mondo può prendere il tuo posto, tu sei unica e noi ci apparteniamo. Ora e per sempre.
Attendo con ansia una tua lettera e nel frattempo ti mando un bacio, con tutto il mio amore sperando che possa arrivare da te e scaldarti il cuore, così come il pensiero di te scalda il mio in questa notte gelida e aspra.
Non preoccuparti per me, sono forte, lo sai.
Ti amo.
Eric
Le lacrime iniziarono lente a inumidire gli occhi. Non avevo mai letto niente di più bello, più dolce, più emozionante di questa lettera. L'amore che quell'uomo provava per la sua amata era magico. Chissà se un giorno anche io avrei trovato qualcuno che mi avrebbe amato come quest'uomo ha amato la sua donna.
Qualcuno bussò alla porta e interruppe il flusso di pensieri che quella lettera mi aveva creato.
«Avanti» dissi.
«Buongiorno Signorina Ulivi. Sono in anticipo per il nostro appuntamento, aspetto in sala d'attesa?».
Ma che ore erano? Già le dieci? Mi ero completamente dimenticata che avevo fissato un paziente così presto.
«No no, si accomodi pure, nessun problema» e senza neanche lasciarmi finire la frase si accomodò sul divano di fronte a me.
Per tutto il tempo della seduta, mentre la signora Elena parlava dei suoi problemi, io non riuscivo a pensare ad altro se non alla lettera di Eric. So che non è etico, ma può capitare anche ai migliori psicologi di avere una giornata storta o pensierosa.
C'era qualcosa che mi rendeva irrequieta. Mi sembrava come se quella lettera fosse indirizzata a me, o almeno ci speravo, non so. Il modo in cui lui la descriveva, il fatto che la sua amata mi assomigliasse tanto, che avesse i capelli biondi e gli occhi azzurri come i miei, che usasse il profumo alla vaniglia come lo usavo io, tutto, tutto in quelle poche righe mi faceva pensare che il mittente potessi essere davvero io. Non poteva essere una semplice coincidenza.
Cercavo di trovare una soluzione logica che giustificasse il fatto che una lettera scritta da un uomo durante la seconda guerra mondiale potesse essere capitata nella mia cassetta della posta quella mattina. Ma non c'era.
Finitala seduta decisi di annullare tutti gli appuntamenti della giornata perché volevo andare in fondo alla questione e capire se fosse stato solo uno scherzo di cattivo gusto di qualcuno.
Mentre cercavo su internet una qualche presenza, presente o passata, di Eric in paese, mi squillò il telefono. Era Margherita, la mia migliore amica.
«Ehi Maggie, ciao».
«Ciao Alice, ti disturbo? Sei in terapia?».
«No, in realtà stamattina faccio la detective non la psicologa».
«Che vuol dire? Non capisco» disse stupita.
Le raccontai della lettera e lei prontamente si mise a ridere.
«Ma dai, non fasciarti la testa. Sarà sicuramente uno stupido scherzo di qualcuno che oggi non aveva niente di meglio da fare. Torna a lavorare, dammi retta».
«Sì, sicuramente hai ragione. Forse è meglio se la smetto di credere nel chissà quale amore ultraterreno».
«Ecco brava!» disse con tono fiero per essere riuscita a dissuadermi «ora devo andare. Non scordarti della cena di domani sera».
«Non preoccuparti, a domani» e chiusi la telefonata.
Inutile dire che avevo tagliato corto per potermi rimettere alla ricerca del mio Eric. Margherita poteva dire quello che voleva ma nulla mi avrebbe mai persuaso dal mio intento. Ero determinata a trovarlo e ce l'avrei fatta a qualsiasi costo.
Dopo ore e ore di ricerche non avevo trovato assolutamente nulla. Nessun Eric che fosse andato in guerra e fosse vissuto né a Milano né nel paese qui vicino indicato nell'indirizzo del destinatario. Era come cercare un ago in un pagliaio. Fuori era buio, forse era il caso di dormirci su e ricominciare a cercare di buona levata.
Passarono tre giorni e le ricerche non dettero nessun frutto. Ero punto e a capo. Leggevo e rileggevo quella lettera. Ancora e ancora. Ogni volta quelle parole avevano un sapore più dolce, un suono più melodioso, un significato più profondo.
La mia curiosità cresceva ogni giorno di più, finché una mattina decisi di partire senza dire nulla a nessuno e andare all'indirizzo indicato dalla missiva.
Dovevo sapere. Dovevo sapere se era tutto vero, se lui fosse realmente esistito, se era tornato, se avevano potuto coronare il loro sogno d'amore.
Avevo bisogno di sapere che l'amore esistesse davvero e che potesse superare qualsiasi difficoltà, persino una guerra.
Arrivata in paese mi fermai in un bar per prendere un caffè e farmi dare indicazioni per raggiungere quella casa. La barista davanti alla mia richiesta mi guardò con faccia stupita.
«è sicura signorina che l'indirizzo sia corretto?».
«Sì, perché?».
«Perché la casa che cerca è quella laggiù, dall'altra parte della strada».
Mi girai e in un lampo capii perché la ragazza fosse così sorpresa.
Quella casa, se così si poteva definire era un disastro. Il porticato era mezzo distrutto, l'erba alta almeno quanto me, la tintura cadeva a pezzi, alcune finestre non esistevano più ed al loro posto c'erano dei sacchi neri attaccati. Per non parlare del tetto i cui buchi sembravano tane di conigli sparse qua e là. Mi sembrava così ridicolo. Nessuno avrebbe mai potuto vivere in quelle condizioni,quella casa era completamente decadente.
«Mi scusi, ha ragione. Sicuramente l'indirizzo era sbagliato a questo punto. Io sto cercando il signor Eric, sa per caso se abita nei dintorni?».
«Ah, allora l'indirizzo non era sbagliato. In quella casa abita un anziano signore di nome Eric. È che mi sembrava così assurdo che una giovane ragazza come lei cercasse proprio lui».
«Perché doveva essere così strano?»
«Per il semplice fatto che non esce mai di casa, non vuole vedere nessuno,sono anni che nessuno lo vede mettere piede fuori da quell'abitazione'' disse con tono triste «si figuri che io lavoro qui da quattro anni e non so neanche che faccia abbia».
«E come fa a vivere?».
«Una volta a settimana un giovanotto arriva con delle buste della spesa,le infila nella gattaia della porta e va via. Non entra neanche».
«Che strano..va bene, grazie mille signora».
«In bocca al lupo» disse.
«Crepi» dissi e uscii.
Camminando verso la porta di quella ridicola casa mi domandavo come poteva un così tanto cupo signore essere la stessa persona che aveva scrittole bellissime parole della lettera. Magari mi stavo sbagliando. I dubbi e la paura si facevano sempre più strada man mano che mi avvicinavo al portone. Arrivata li davanti, strinsi con forza la lettera tra le mani, feci un respiro profondo e bussai. Non so perché ma in cuor mio sapevo che stavo facendo la cosa giusta, sapevo che lui voleva vedere me.
Nessuno rispose, riprovai ancora e ancora. Avevo la netta sensazione che qualcuno mi stesse osservando. Bussai ancora ma niente. Aspettai un po', dopo di ché delusa mi voltai e feci per andarmene. Fu in quel momento che la porta si aprì.
Titubante, varcai la soglia ed entrai chiudendomi la porta alle spalle.
La casa all'interno era forse peggio che vista da fuori. I mobili erano tutti impolverati, le ragnatele erano accatastate ovunque e c'era un puzzo di chiuso e muffa che dava alla testa da quanto era forte. Davanti a me un vecchietto malandato, vestito di stracci, un vecchio bastone che gli serviva d'appoggio, con la barba lunga, i capelli bianchi e degli occhiali rotti e storti appoggiati sul naso mi guardava stupefatto come se non avesse mai visto nessuno in vita sua.
«Caterina?» disse con voce rauca ma altrettanto dolce «amore mio, quanto tempo è passato» continuò, avvicinandosi a me «ci hai messo una vita a trovarmi».
Io ero allibita, non riuscivo a capire ne a proferire parola.
«Ma dove sei stata? Ti ho cercata tanto, quando son tornato tu non c'eri più. Credevo mi avessi dimenticato» disse con le lacrime agli occhi mentre mi cinse in un abbraccio.
Non sapevo cosa fare, probabilmente mi aveva scambiata per qualcun'altra, forse per la ragazza della lettera. E fu in quell'esatto istante che capii ogni cosa.
«Io mi chiamo Alice, signor Eric..».
Lui si staccò, mi guardo con l'aria persa e confusa.
«No, tu sei Caterina. Sono invecchiato ma non sono cieco. Ti riconoscerei tra mille».
«Mi dispiace tanto dirglielo, ma deve credermi. Il mio nome è Alice, Caterina era mia nonna. Ora ho capito tutto. Un po' di giorni fa mi è arrivata questa lettera a casa e io mi sentivo così legata a lei senza riuscire a capire il motivo e son venuta fin qui per scoprirlo. Ma quando mi ha scambiato per lei ho collegato tutto. Lei è il Principe! ».
''Il Principe?'' disse lui stupefatto.
«Sì!Il Principe della fiaba che la nonna mi raccontava da piccola, quello che dovette partire, quello che non era mai tornato, quello che la Principessa avrebbe amato per sempre'» dissi tra le lacrime.
Lui scoppiò a piangere e tra i singhiozzi mi disse: «Lei non c'era più quando sono tornato..».
«Vuole sapere perché?» gli dissi cautamente. Ero così emozionata che facevo fatica a parlare.
«Si..» disse sempre più sconsolato.
«Perché nella fiaba la principessa, stanca di stare lontana dal suo amato lo va a cercare, invano».
A quel punto lui si asciugò le lacrime, e scosso ancora dagli spasmi del pianto mi abbracciò e disse: «Caterina non c'è più, vero?»
«Mi dispiace Eric..è morta un anno fa. Ma sono sicura che non sia passato giorno da quando vi siete lasciati in cui lei non l'abbia pensato. Lei l'amava».
«Grazie di avermi trovato Alice» disse e sono sicura guardandolo negli occhi che in quel grazie ci fosse tutto l'amore di questo mondo. Mi sentii felice, sollevata. E mi ripromisi che l'avrei aiutato e che non l'avrei lasciato mai più solo.
Eric era morto due anni dopo quell'incontro e mi aveva lasciato un dolore immano. Lui, al contrario, era felice perché convinto che finalmente avrebbe rincontrato la nonna.
Dopo il nostro primo incontro lo convinsi a trasferirsi da me in modo da potermi prendere cura di lui. Anche se all'inizio era titubante alla fine accettò. Capisco che per lui non doveva essere semplice lasciare la casa dove aveva vissuto praticamente tutta la sua vita,ma dai parliamoci chiaro era impossibile vivere in quelle condizioni.
Eravamo felici insieme, ogni sera guardavamo le foto della nonna e io gli raccontavo gli aneddoti della sua vita, lui in cambio mi raccontava la loro storia d'amore, e io ogni volta ovviamente piangevo. Era diventato come un terzo nonno per me e gli volevo bene.
Ora me li immagino lassù, felici, a camminare mano nella mano senza lasciarsi più, mi immagino i sorrisi sui loro volti, mi immagino i loro occhi innamorati guardarsi in ogni momento e mi rassereno, mi immagino Eric che dice alla sua Caterina «Ho attraversato gli oceani del tempo per trovarti» con un dolce sorriso «non ti lascerò più andare via da me», come mi aveva raccontato che gli avrebbe detto una volta rivista, perché so che finalmente possono essere felici insieme.
Anche per me spero in un amore come il loro, tutti noi lo meritiamo un Eric.
Questa storia partecipa alla collaborazione Halloween AmbassadorITA 2018
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