2.
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|personaggi: ren mihashi e Abe takaya|
|ship: abemiha|
|anime: ookiku furikabutte|
|parole: 2081|
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mihashi's pov
driinnn
il suono della campanella delle 16 mi ricorda che le lezioni di oggi sono appena finite. lentamente metto le mie cose nello zaino e mi preparo ad uscire, oggi fa abbastanza caldo quindi ho solo una maglietta a maniche corte bianca e un paio di pantaloncini addosso.
esco dalla classe e poi dalla scuola, straziatamente solo come sempre.
non ho amici, o almeno non riesco a farmi degli amici.
sono troppo timido per andare da qualcuno ed iniziare una conversazione.
sono troppo paranoico per riuscire a mantenere un rapporto stabile con qualcuno.
e poi... sono gay, chi vuole essere amico di uno cosi? nessuno in quest scuola. tutti schifosi omofobi.
ovviamente nessuno sa che in realtà mi piacciono i maschi anche se me ne piace uno in particolare.
abe takaya.
un ragazzo della mia classe.
non ho mai parlato con lui, per via della mia timidezza ovviamente, però in classe lo guardo sempre e osservo i suoi movimenti, quello che fa, quello che mangia a mensa, la bevanda che sceglie alle macchinette e cose cosi.
anche se non ci ho mai parlato, lo conosco.
comunque è un ragazzo alto poco più di me, capelli scuri sempre spettinati e due occhi verdi che mi fanno impazzire, sembra sempre che ti stia leggendo l'anima quando ti guarda.
ho notato che non parla molto e sta sempre con pochi altri ragazzi, i suoi amici suppongo.
però, purtroppo, è molto popolare tra le ragazze anche se per ora non gliene interessa nessuna... almeno spero.
chissà se io avrò mai una possibilità con lui... ma che sto dicendo? è impossibile. insomma, io sono 50 kg di pelle pallida e ossa fragili, con capelli arancioni che non stanno a posti nemmeno a pagarli e due anonimi occhi marrone chiaro.
e poi ho la faccia piena di lentiggini, come possono piacere? a me non piacciono.
aspetta... ma dove sono?
senza rendermente conto, perso nei miei pensieri, mi sono allontananto troppo dalla strada giusta e sono finito in una via che non conosco, accidenti qui intorno non c'è nessuno, come faccio a tornare a casa?
mi incammino nella direzione opposta per ritornare sui miei passi e cercare di orientarmi un po'.
giro l'angolo e vado a sbattere contro qualcuno e cadiamo tutti e due.
apro gli occhi e davanti a me vedo l'ultima persona che speravo di vedere... abe.
vedo che è leggermente rosso in viso, come mai? poi mi accorgo della posizione in cui siamo e divento un pomodoro.
nel cadere gli sono finito sopra, sono a cavalcioni su di lui e mi reggo con le mani appoggiate ai lati della sua testa.
i nostri nasi si sfiorano.
-s-s-scusa a-abe... io non... mi dispiace, ora mi t-tolgo- dico super imbarazzato e mi scosto da lui mettendomi seduto a lato delle sue gambe.
lui si fa leva sui gomiti e ignorando ciò che ho appena detto mi guarda negli occhi chiedendomi -come va la gamba?-
lo guardo interrogativo non capendo a cosa si riferisce, ma la sua voce è una cosa stupenda e mi provoca un brivido.
-ti sei graffiato, ti fa male?- un'altro brivido mi assale la schiena e abbasso lo sguardo verso la mia gamba sinistra, trovandola insanguinata e con un taglietto poco sopra la caviglia.
non me ne ero nemmeno accorto e ora che ci penso fa davvero male.
-n-no... tranquillo- dico non spostando lo sguardo dalla ferita.
-sei sicuro?- continua lui -comunque che ci fai qui? non ti ho mai visto da queste parti-
avvampo -mi... mi sono perso...- ammetto in un sussurro.
lui non risponde e si alza, pulendosi i pantaloni con le mani.
io sono ancora seduto, lui mi guarda -non ti alzi?-
questa volta non gli rispondo io e lui allunga una mano per aiutarmi.
lentamente e tremando come un matto avviccino la mia mano alla sua.
al contatto un'ennesimo brivido mi percorre, è il nostro primo contatto.
grazie al suo aiuto mi metto in piedi ma una fitta alla gamba sinistra mi fa quasi cadere.
fortunatamente i riflessi di abe sono pronti a prendermi al volo... sono tra le sue braccia, cazzo!!
-s-s-scusa...- cerco di staccarmi da lui mantenendo il peso sulla gamba destra ma lui mi tiene stretto -tu non vai da nessuna parte messo cosi. ora ti porto a casa mia, cosi ti metto una benda. non ti preoccupare è qui vicino- aggiunge vedendo la mia faccia preoccupata.
ma io non sono preoccupato per quanto sia lontana casa sua ma per il fatto che è casa sua.
cerco di rifiutare ma mi prende il braccio e lo passa dietro al suo collo, aiutandomi a camminare.
nel giro di dieci minuti arriviamo davanti ad una villetta bianca a due pianti, con un giardino curato e un vialetto in mattonelle rossiccie.
c'è anche un portico, è davvero molto carina.
allenta la presa sulla mia spalla per aiutarmi ad entrare nel cancello e successivamente nella porta d'ingresso.
dentro, casa sua è ancora più carina, ha il pavimento in legno e le pareti sono bianche, una casa... fine.
-smettila di sbavare, è solo una casa- ridacchia lui notando che stavo fissando casa sua da un po'.
divento ovviamente rosso fuoco e farfuglio uno scusa imbarazzato.
lui non mi ascolto nemmeno e mi guida verso una stanza sulla destra che poi scopro essere la cucina.
mi fa sedere su una sedia e sparisce dietro una porta.
dopo pochi minuti torna con una scatola del pronto soccorso in mano.
fortunatamente ho i pantaloncini, non sarei riuscito a togliermi i pantaloni davanti a lui.
dalla scatola prende del cotone, del disinfettante, una garza e un cerotto gigante.
posiziona tutto per terra e si inginocchia davanti a me.
distolgo lo sguardo, sono imbarazzatissimo.
appena mi tocca la gamba faccio uno scatto involontario, non sono pronto per essere toccato da lui.
evidentemente ha capito male, pensa che mi sia scostato perchè m'ha fatto male infatti dice -scusa, non volevo farti male. ora faccio più piano promesso-
delicatamente mi riprende la gamba e nel giro di 10 minuti sono tutto fasciato.
ormai non mi fa più nemmeno male.
mi alzo e riesco a reggermi in piedi da solo fortunatamente.
-emh... io ora... si... io, v-vado a casa...-
cerco di dirgli indicando la porta con mano tremante.
-dove abiti?- mi chiede.
-emh... vicino al campo sportivo, perchè?-
-ma è dall'altra parte della città! non puoi camminare fino a li, hai qualcuno che ti può venire a prendere?-
-beh... veramente no, mio padre è all'estero per lavoro e mia madre è a casa ma non può giudare perchè è sulla sedia a rotelle momentaneamente, ma è tutto ok, non ti devi preoccupare, davvero. in qualche modo me la caverò- sforzo un sorriso, stupendomi di essere riuscito a parlare tanto con lui -anzi, ora la chiamo per avvisarla, cosi non si preoccupa-
prendo il telefono e digito velocemente il numero di mia madre che dopo qualche squillo risponde con voce preoccupata -ren? ren, sei tu? oddio, stai bene?? dovevi essere già a casa da un pezzo, dove sei? come mai sei in ritardo? ti hanno picchiato? stai bene?-
-mamma, mamma oh, calmati, sto bene mi sono perso ma non ti preoccupare ora sono a casa di un mio... amico, sto tornando a cas- non faccio in tempo a finire la frase che abe mi strappa il telefono di mano -pronto, signora mihashi?-
-chi è?- chiede lei.
-mihashi è a casa mia, starà qui anche a dormire non si deve preoccupare per me non c'è alcun problema. non voglio che si faccia tutta quella strada da solo e con una gamba dolorante quindi lo riaccompagnerò io domani mattina. le va bene?- dice tutto in modo molto cordiale.
-emh... si, certo- dice lei incerta.
io sono ancora imbambolato... cosa? ho sentito bene? starò a dormire da abe???
lui mi ripasaa il telefono e velocemente saluto mamma per poi tornare a concentrarmi sul ragazzo di fronte a me -d-davvero non ti devi d-disturbare pe-per me... ti ho detto che m-me la caverò...-
-oh, smettila- dice lui secco -hai visto che ore sono?- indica l'orologio e mi rendo conto che sono gia le 19:30.
-esatto, le 19:30. è troppo pericoloso andare in giro di sera da soli. soprattutto per certe strade. tu stai qui- aggiunge con voce autoritaria.
non ribatto, ho capito che sarebbe inutile provare a fargli cambiare idea -o-ok... allora, grazie... ma sei sicuro che ai tuoi vada bene?-
-oh tranquillo, mon torneranno a casa prima di dopodomani quindi sono da solo, un po' di comagnia non mi dispiace-
per l'ennessima volta in questa giornata rimango scioccato... io e lui, da soli per tutto quel tempo? COSA?!
non ce la posso fare.
sto per perdermi di nuovo nelle mie insicurezze ma lui mi riporta alla realtà -allora, vuoi mangiare qualcosa?-
annuisco e lui ordina delle pizze, io margherita e lui prosciutto e funghi.
-arriveranno tra un po', ti va se intanto ci guardiamo un po' di tv?- mi chiede guardandomi.
io annuisco per l'ennesima volta, sono un po' troppo nervoso per parlare.
ci spostiamo in salotto dove mi posiziono sul comodo divano beige.
-ti va un film?- mi chiede guardando la vetrina contenente tanti dvd.
ancora una volta io annuisco e questo sembra irritare abe, che si avvicina a me e mi alza per il colletto, portandomi davvero troppo vicino al suo viso.
-mi spieghi che ti prende adesso?- punta gli occhi nei miei e io non riesco a interrompere quel contatto -tutto a un tratto non hai detto più una parola e hai solo annuito. anche a scuola non parli mai, si può sapere che hai?-
come fa a sapere che a scuola non parlo con nessuno? mi guarda?
-emh... io, beh... ecco... s-sono t-t-timido...- farfuglio io.
-e questo che importa? anch'io sono timido eppure ora sono qui a parlare con te!- si avvicina ancora un po' e la sua voce si fa più sottile e bassa -anche se mi piacerebbe che parlassi di più con me...- si avvicina sempre di più finchè le nostre labbra sono a pochi millimetri.
driiinnn
sobbalziamo entrambi, sono arrivate le pizze.
non ho mai odiato cosi tanto la pizza.
abe va a prenderle e pagarle e torna in salotto evitando il mio sguardo con un leggero rossore sulle guance.
si siede sul divano accanto a me e mi passa la pizza, che inizio a mangiare silenziosamente.
dopo una ventina di minuti passati in un imbarazzato silenzio, entrambi abbiamo finito di mangiare e ogni tanto ci mandiamo sguardi fugaci.
dovrei parlare? forse si... dovrei... ok, lo faccio... no, non ce la posso fare... ok, forza e coraggio.
vai, ren, puoi farcela.
mi alzo, avvicinandomi ad abe con passo tremante e incerto mentre lui mi guarda interrogativo.
arrivo davanti a lui e con tutto il coraggio di cui sono in possesso, gli metto le mani sulle spalle e mi abbasso alla sua altezza incatenando i miei occhi a i suoi.
-anch'io vorrei che parlassimo più spesso- dico tutto d'un fiato per poi appoggiare le mie labbra sulle sue in un casto bacio a stampo.
mi stacco poco dopo stringendo forte gli occhi per non guardarlo. ho appena fatto una cazzata enorme.
abe non ricambia assolutamente i miei sentimenti, è solo un ragazzo talmente gentile da ospitare un perfetto sconosciuto per una notte.
non ce la posso fare, me me devo andare.
apro gli occhi incontrando i suoi stupidi dal mio coraggio -scusa- gli sussuro tristemente per poi dirigermi verso la porta.
lui rimane interdetto per un po' poi si alza e mi prende per un polso, facendomi girare -ohi dove vai, mihashi?-
tenendo lo sguardo basso gli rispondo -vado a casa... scusa, non avrei dovuto farlo... dimenticatelo, per favore. dimenticati di me-
sto per mettermi a piangere, voglio solo arrivare a casa e crollare tra le coperte del mio letto.
sento abe stringermi tra le sue braccia e spalanco gli occhi, ma che fa?
con la bocca si avvicina al mio orecchio e mi sussura la cosa più bella che potessi mai sentire in tutta la mia vita -perchè dovrei dimenticare la cosa che più desidero al mondo?-
-●-
ehi, eccomi con una nuova one-shot dopo secoli, scusate :)
spero vi piaccia, fatemi sapere cosa ne pensate.
a me personalmente è piaciuto molto scriverla, c'ho messo anima, cuore, sudore e lacrime... ok, la smetto.
alla prossima ♡
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