Capitolo 25 - Lista

« Tu piuttosto…  » introdusse Justin.
« Io? Cosa vuoi che ti racconti?  »
« Tutto! O niente! Fin dove riesci ad arrivare? »
« Penso a metà strada tra le due! »
« "In medio stat virtus" dicevano i latini. Se si accontentavano loro, posso farlo anch'io! »
Non era semplice.
Il passato insegna.
Aprirsi? Fino a che punto? Fino a prestare il fianco ad una facile ferita?
Faith! È Justin! È sempre rimasto inoppugnabilmente perfetto con te!
« Allora… » un respiro profondo a saggiare il proprio coraggio. « Da buona figlia unica non programmata sono stata la rovina della mia raffazzonata famiglia tenuta insieme dal sesso più che dall'amore. Questo valeva tanto per mio padre quanto, all'apparenza, per mia madre. Sono nata a mezzogiorno, in una roulotte poco fuori Nashville, una infuocata jet stream degli anni sessanta trainata dalla Chevy Impala parcheggiata nel nostro vialetto. I soldi erano, come hai intuito, un problema, almeno i primi tempi. Lui commerciante di ferro di scarto, spesso in viaggio, lei casalinga con l'hobby forzoso della maternità. Talmente poveri che per vestirmi saccheggiava i bidoni degli stracci vecchi destinati ai senza tetto. Ovvio che la moda non fu certo il mio primo pensiero, e neppure l'ultimo. Almeno fino alle medie, cioè fino a quando la cattiveria di quell'età me lo fece notare con il nome di Susie Donovan. Perché ti dico questo? Perché io non ho mai avuto desideri comuni. La popolarità non fu mai una mia compagna di vita e quando tornando a casa, se così si può chiamare una scatola rovente nel mezzo del deserto, ritrovavo mia madre con il trucco rigato dalle lacrime ed con il viso tumefatto dalle botte, quel posto vacante veniva presto occupato dalla paura.
Ma le cose, verso il primo anno di liceo sembrarono sistemarsi. I miei misero lentamente da parte una discreto somma di denaro con la quale abbandonare la roulotte e trasferirci in una modestissima casa nella periferia più degradata di Nashville, l'unica abbordabile. Ma era pur sempre una casa con mura in cartongesso anziché metallo, finestre in legno anziché oblò e vicini umani anziché serpenti a sonagli.
Un sogno dirai.
Ed era realmente tale, tanto da risvegliarsi bruscamente nel cuore della notte. Fummo sopraffatti nel dormiveglia che distorceva le percezioni.
Irruppero da ogni possibile ingresso. Elicotteri, cellulari dell'FBI, agenti della SWAT. Fecero letteralmente saltare in aria la porta di ingresso mentre un gruppo entrò nella camera dove dormivano frantumando la finestra. Armi in pugno misero da parte qualsiasi sotterranea e silenziosa tattica. 
Probabilmente c'era bisogno di tutto ciò per il contrabbandiere di droga più ricercato degli USA.
Con la faccia a terra e lo schifoso sapore di moquette in bocca ci trasportarono in prigione.
Al processo scoprimmo che per circa vent'anni mio padre era stato a capo di uno dei più grandi cartelli internazionali della droga ed uno dei più abili contrabbandieri tra gli Stati Uniti ed il Messico.
Noi? Ti basti sapere che mio padre aveva nascosto nel materasso sul quale dormivo più di venti chili tra cocaina ed anfetamine usando me, sua figlia, come scudo umano.  Eravamo semplicemente la sua copertura. Una famiglia povera di un sobborgo degradato di una grande città. Chi mai avrebbe cercato proprio lì il proprietario di centinaia di campi di coca in Colombia, di laboratori clandestini di anfetamine sparsi per mezzo continente, di una villa immensa fuori Città del Messico con annessa piscina, vigneto e seconda famiglia con moglie e tre figlie femmine? »
« Stai scherzando? »
« Magari! Al processo ci costituimmo parte offesa. Non chiedermi se avessi avuto sentore… è una domanda che mi hanno rivolto fino alla noia. La mia risposta è stata sempre no. Non avrei mai potuto pensare che quei viaggi lunghi giorni per trasportare ferri vecchi da uno stato all'altro erano una copertura. Non avevo neppure l'età per poterlo capire. »
« Dio mio! Ci si potrebbe fare un film! »
« Purtroppo invece è la realtà. Fu accendere una luce nella stanza del passato. Ogni bugia, ogni scusa, ogni pugno inferto a mia madre dopo una domanda troppo insistente era lì accanto alla sua "spiegazione".
Ci lasciarono la casa, la macchina e ciò che avevamo, a nostre spese, imparato. Una base dalla quale ripartire.
Mia madre riversò su di me l'amore che non aveva mai creduto di poter provare per un essere umani ed eccomi qui, spinta da lei stessa e dal suo sentimento a scappare lontano da ricordi affilati come lame. »
« Eppure non mi sembra di sentire dolore nella tua voce! Lacererebbe chiunque… »
« Il mio dolore è sepolto sotto anni di risentimento!  »
« È quel foglio? Quello che prima ti è caduto dalla tasca? Fa parte anch'esso del tuo passato? »
Faith lo estrasse lentamente dalla tasca. Era la prima volta che lo mostrava in pubblico. Neppure la madre ne era a conoscenza.
« No Justin! Questo è il modo futuro! Sono i miei obiettivi ed i miei sogni. »
« Una lista? »
« Sì. »
« Ti va di leggermela? »
« Tutta? N… no! »
« E dai! » pregò Justin nel tentativo di distrarsi da quei pensieri.
« Te ne concedo due! Due numeri da uno a venti! »
« Dodici e uno! »
« Allora… » prese tempo aprendo il foglio ripiegato.  « Allevare un cucciolo! »
« Non hai desideri molto complicati! E il numero uno? »
Non puoi dirglielo Faith! Non farlo!
« Trovare il vero l'amore… »

© G.

Angolo dell'autore:
Commentate, se vi va, consigliandomi costruttivamente come dovrebbe continuare o eventuali modifiche in modo da potervi offrire scritti sempre migliori. Grazie infinite a tutti!

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top