𝑽𝑬𝑵𝑻𝑰𝑻𝑹𝑬 - 𝒑𝒂𝒓𝒕𝒆 𝒅𝒖𝒆
𝑽𝑬𝑵𝑻𝑰𝑻𝑹𝑬
𝒑𝒂𝒓𝒕𝒆 𝒅𝒖𝒆
Anneka aprì improvvisamente gli occhi, sollevando la schiena dal terreno morbido sulla quale era atterrata. Simile a quella volta in cui si era ritrovata nell'antica Roma, all'interno delle prigioni del Colosseo, la ragazza venne catapultata in un altro ambiente a lei estraneo.
E non perché fosse passato o futuro nel tempo.
Il luogo in cui si trovava era surreale.
Il suo corpo era adagiato su una distesa di erba rigogliosa che si perdeva in un infinito; il manto verde, rifletteva la luce calda del Sole, tramontato e lontano. Una folata di vento caldo alzò degli sfortunati petali di margherite, che le colpirono dolcemente il viso.
Sollevò gli occhi scuri ritrovandosi, al posto del cielo imbrunito, la Via Lattea illuminata dalle sue stesse stelle mentre la luna, piena e vigorosa, si godeva lo spettacolo in disparte, adagiata su due nuvole scure.
Delle rovine antiche, di diversa forma e misura, erano sparse per l'ambiente e, da una di queste, intravide una figura. In penombra, snella e alta, scese a saltelli da un vecchio tempio greco demolito, raggiungendola velocemente.
«Credevo di averti persa!» urlò Levi dal fondo della collina su cui si trovava lei.
Anneka si alzò, pulendosi dall'erba che le si era attaccata sulle cosce nude.
Quando aveva indossato il vestito, non si era accorta dei due profondi spacchi presenti rispettivamente su ogni gamba. In piedi, il suo corpo era totalmente coperto, ma bastava muoversi per permettere alla pelle di fuoriuscire dal tessuto morbido.
«Non dirmi che ti sei preoccupato per me» cantilenò Anneka.
Ogni volta che si trovava in una situazione stressante, Anneka cercava di sviare l'ansia attraverso l'ironia. Solitamente riusciva a scatenare l'ilarità da parte del suo interlocutore, ma in quel momento, ebbe la sfortuna di essere in compagni di Levi Wallace, l'essere privo della capacità di divertirsi.
«Mai» rispose alla sua affermazione, rivolgendo lo sguardo verso l'orizzonte.
Si portò una mano sulla fronte, per poter riparare le sue iridi dai raggi luminosi.
«Non abbiamo molto tempo» disse semplicemente, rivolgendosi poi verso di lei. «Stai al mio passo e non allontanarti per nessuna ragione» le ordinò, scendendo dalla collina.
Il suo sguardo attento saettava ovunque, osservando ogni angolo e ombra di quell'ambiente che, ad Anneka, apparve completamente desolato.
Non le sembrava che ci fossero altre persone oltre a loro due, per questo non comprese la sua fretta fino a quando non vide una freccia passarle davanti agli occhi e conficcarsi sull'albero che aveva alla sua sinistra.
Non fece in tempo a girarsi per capire chi fosse stato che Levi l'afferrò per il braccio, iniziando a correre.
Ogni passo che compivano verso i cespugli più alti era una freccia conficcata nel terreno.
L'ambiente, che fino a pochi secondi prima raffigurava un semplice tramonto, si trasformò presto in un luogo tempestoso, cupo e inquietante.
Pioggia, fitta e funesta, cadeva su tutto ciò che incontrava nel suo percorso, inclusi loro due.
L'acqua dolciastra cadeva talmente forte, che Anneka non riusciva più a vedere Levi, nonostante la stesse tenendo per mano. Cercò di riparare gli occhi con il braccio, ma con scarsi risultati.
L'abito le si appicciò al corpo, rendendo i suoi movimenti più lenti e impacciati.
«Si può sapere cosa sta succedendo?» urlò, sperando che il ragazzo la sentisse, mentre si immettevano all'interno del bosco fitto.
Corsero fino a quando non trovarono riparo in una casa abbandonata e dal tetto spiovente. Al centro di questo, piccoli buchi permettevano all'acqua di entrare, creando così una piccola pozzanghera, formatasi attorno a una candela.
Anneka osservò l'ambiente, riconoscendolo come il luogo che aveva sognato la notte precedente.
«Dove ci troviamo esattamente?» chiese ancora, osservando attentamente Levi che si muoveva in quel piccolo ambiente, accertandosi che chiunque li avesse attaccati, non li stesse anche seguendo.
«Siamo all'interno delle nostre stesse coscienze» le rispose, appoggiandosi alla finestra e tenendo lo sguardo rivolto sul punto in cui erano fuggiti, mentre tra le mani stringeva una lama lucida. «E quelli che ci stanno attaccando, siamo noi stessi»
Levi indicò due figure con il mento, costringendo ad Anneka ad appiattirsi al muro per osservarli.
Una ragazza, con indosso una camicia in stile vittoriano nera e un paio di pantaloni in pelle del medesimo colore, bracciava un arco poco distante dal suo viso, tenendo in tensione una freccia estremamente appuntita. Dietro di lei vide un ragazzo, vestito del medesimo modo, ma con l'unica differenza che la camicia era bianca. Tra le mani stringeva una spada in oro.
Li osservò scendere lentamente dalla collina e dividersi, andando in direzione opposte.
«Perché ci attaccano? Dovrebbero riconoscerci!»
«Si, se fossimo legati proprio come lo sono loro. Quei due sono le proiezioni del nostro legame ed essendo che io e te siamo... Praticamente nulla, ci vedono come una minaccia»
Si voltò verso di lei, con un'espressione tra l'esasperato e il preoccupato, come se avesse sentito la domanda che la sua mente stava formulando.
«Dobbiamo combattere e appropriarci del loro legame»
«In che modo?»
«Uccidendoli»
«Cosa?! Dobbiamo uccidere noi stessi?»
Levi si staccò dal muro ignorando la sua domanda al dir poco sensate, estraendo poi un piccolo stiletto dalla tasca del suo pantalone, che presto si trasformò in una spada , proprio come la sua. Gliela porse, senza esitazione.
«Ti sei allenata mesi con Dusan e Theon no? Avrai pur imparato come si usa»
«Sì ma... Non per uccidere le persone!»
«Beh, benvenuta al corso accelerato di come si usa una spada Anneka. Se non vuoi morire, ti conviene darti una mossa»
La ragazza osservò titubante l'arma che stringeva tra le mani, le quali presero a tremare senza fermarsi. Sapeva che, prima o poi, avrebbe dovuto affrontare una situazione che le avrebbe richiesto di uccidere qualcuno.
Ma quel qualcuno sperava di non essere la sé stessa del passato.
Levi le stava chiedendo di uccidere quelle due stesse persone che aveva visto disperarsi quando si erano separati; aveva provato lo loro stesse emozioni, aveva sentito i loro stessi pensieri e visto i loro ricordi.
E se uccidendoli non avesse più potuto riscoprire sé stessa, cancellando tutto ciò che le apparteneva?
Levi sembrò accorgersi di quei pensieri, tanto che si parò davanti a lei, distraendola.
Afferrò il viso tra le sue mani e lo portò all'altezza del suo. I suoi occhi ambra si legarono ai suoi caffè, creando un miscuglio di sfumature che avrebbe fatto invidia anche al migliore degli artisti.
Anneka inspirò profondamente, cercando di riprendere il controllo delle sue emozioni.
«La loro morte è insignificante per noi, non cambierebbe nulla. Ma se loro ci uccidessero, qui e nella loro dimensione, ucciderebbero la nostra coscienza. Di là, dove ci sono gli altri a proteggerci, rimarrebbero solo due corpi in stato vegetativo. Nessuna medicina presente nel tuo mondo e nel mio potrà salvarci» le spiegò sottovoce, cercando di mantenere un tono calmo.
Levi teneva l'orecchio teso verso l'esterno, ascoltando attentamente i passi di quell'altra Anneka che lui stesso aveva conosciuto bene: guerriera, spietata e pronta anche ad uccidere pur di difendersi. Una delle tante sfumature che era sicuro facesse parte anche di quella che aveva difronte a lui.
I ruoli, in quella vita, si erano ribaltati: adesso, era lui quello che doveva infonderle coraggio e coinvolgerla, abbattendo ogni sua paura.
«Se siamo insieme, niente può sconfiggerci» continuò, sperando che qualcosa, nei meandri della sua memoria, potesse accendersi.
Levi non aveva mai sperato in un ritorno a ciò che erano prima, non nutrendo neanche una minima aspettativa. Ma, in quel momento, l'unica cosa che sperava era che, in lei, si riaccendesse la fiamma ardente che alimentava la sua anima da combattente.
La stessa che lo aveva bruciato anni prima.
«Questa frase me la ripetevi in continuazione perché, paradossalmente, ero io quello debole tra i due in passato. Adesso, anche se ci lega il solo obiettivo di salvarci, ti chiedo di fidarti di me, almeno per stavolta. Seguimi e ne usciremo illesi»
Anneka ascoltò con cura le parole di Levi, sentendo anche una strana nota di supplica velata in esse.
Non poteva dargli altro che ragione: bisognava combattere e per farlo avrebbe dovuto fidarsi di lui, incondizionatamente.
Dovevano entrambi mettere da parte l'odio e l'intolleranza, per potersi salvare.
La ragazza annuì, guadagnandosi un segno di asserzione da parte di Levi. Questo non fece in tempo a girarsi che la porta della catapecchia in cui si erano nascosti si aprì, rivelando la figura snella di una versione di sé stessa.
Gli occhi, ardenti, saettavano sulla figura di Levi e poi sulla sua.
Anneka notò un attimo di esitazione attraversale le iridi e questo le bastò per reagire: con una forza che credeva di non possedere, sollevò la spada, spezzando a metà l'arco che la versione di sé teneva tra le mani.
La potenza di quell'attacco, la fece indietreggiare, permettendo ad Anneka di spingerla contro il muro, facendole sbattere la testa.
Rimase un attimo a fissarle il viso graffiato e, per un attimo, provò dello stupore per quanto, effettivamente, quella versione le assomigliasse davvero.
Venne trascinata lontano da Levi, il quale prese a correre verso il prato che si faceva via via sempre più aperto.
La pioggia continuava a cadere incessantemente e i due si ritrovarono circondati da vegetazione, rovine antiche e frecce.
In lontananza vide la versione di Levi osservarli, prima di correre nella loro direzione.
Poco dopo, anche la versione di lei lo raggiunse, affiancandolo. I due si guardarono un solo istante, prima di iniziare a girare intorno a loro come due iene difronte alla loro preda.
Levi e Anneka, istintivamente, si poggiarono schiena contro schiena, sollevando davanti i loro corpi le armi. I due si mossero, attaccando contemporaneamente.
Le spade di Levi e dell'altro ragazzo provocavano dei rumori assordanti, che si andavano a sommare a quelli del temporale in atto.
Fulmini e lampi saettavano tra le nuvole, divenendo l'unica luce in quell'immensa oscurità.
I corpi dei due ragazzi si muovevano velocemente sotto la pioggia, come se stessero danzando per l'unico pubblico presente: la morte.
Anche Anneka venne attaccata con forza, venendo scaraventata per terra.
La versione di sé stessa si sedette a cavalcioni su di lei, puntandole il petto con una lama affilata.
Parò il colpo con le braccia, lasciando che il pugnale le tagliasse la pelle. Il sangue si mescolò al temporale, formando una chiazza rossastra sul suo vestito.
«Anneka!» la chiamò Levi, mentre cercava di respingere sé stesso.
Lei si voltò appena prima di vederlo per terra, sovrastato dall'altro.
Non avrebbe permesso di sconfiggerli.
Cercando di applicare più forza, allontanò da sé il pugnale, gettandolo lontano da loro. Sollevò leggermente il bacino, facendo così sbilanciare l'altra: in tal modo, fu in grado di liberare la gamba destra e spingerla lontano da lei, facendola cadere sugli avambracci.
Approfittando di quel momento di vantaggio, Anneka si diresse verso la spada che le era caduta nel momento dello scontro.
Sentì un dolore lancinante al piede e, quando si voltò, lo vide trafitto da un altro pugnale dall'impugnatura luccicante. Si fece coraggio, nello stesso modo di quando era sfuggita alle grinfie del mostro in casa e, con le punta delle dita, riuscì a trascinare la lama verso di sé per poi afferrarla più saldamente.
Nell'esatto momento in cui la puntò sopra di sé, l'altra versione le diede un pugno sullo zigomo talmente forte da farle perdere i sensi per qualche secondo. Il sangue prese a colare dal naso, mescolandosi al sapore metallico presente in bocca. Vide l'altra ridere e questo scaturì in Anneka una rabbia tale che le diede la forza di invertire la posizione e conficcare la spada all'interno del petto di lei.
Le mani ferme e saldamente strette all'impugnatura fecero fare al fendente un giro completo, all'interno del petto di sé stessa, ignorando il rumore delle costole che si fratturavano.
L'Anneka che prima li aveva attaccati morì, scossa da spasmi di dolore e con lo sguardo rivolto verso l'altro Levi che, nel giro di qualche secondo, fece la stessa fine.
Il braccio della ragazza sotto di lei era teso, in direzione di quello di lui, il quale lo sfiorò per pochi secondi, prima di cadere senza vita.
Anneka, con il viso ricoperto del sangue di sé stessa, guardò Levi: il suo petto era fermo e rigido, sfigurato da una ferita lunga tutta la superficie; il viso, sporco di alcuni schizzi di sangue rosso era circondato dai capelli che, con un gesto fulmineo, vennero gettati all'indietro liberando la fronte.
Anche lui si voltò ad osservarla e senza accorgersene, forse perché ancora scossi per ciò che avevano appena compiuto, si sorrisero, lasciando fuoriuscire l'apprensione provata sottoforma di risata.
Anneka, guardando attentamente Levi mentre la pioggia smetteva di cadere e il sole riprendeva posto in quell'orizzonte lontano, sentì il cuore sussultare, mentre Levi avvertì dei brividi che non provava da tempo.
Entrambi, istintivamente allungarono le mani l'uno verso l'altro, stringendole saldamente.
Quel momento, che parve durare attimi eterni, venne interrotto dalla trasformazione che i corpi morti sotto di loro stavano subendo.
Pian piano divennero dei fiori, per l'esattezza crisantemi, inevitabili segni della morte.
I loro colori, vividi e senza alcun difetto, arricchirono tutto il prato, facendo compagnia all'erba fresca.
Entrambi, improvvisamente, avvertirono una fitta al petto.
Per Anneka fu come se il cuore le si fosse fermato, mentre per Levi come se avesse ripreso a battere.
Presto, il dolore si irradiò per tutto il corpo, costringendoli a ripiegare su sé stessi.
Anneka si osservò le braccia, notando come le vene presenti in esso iniziarono a pulsare violentemente e ad illuminarsi di uno strano liquido dorato.
Davanti ai loro occhi, come ologrammi, presero a danzare figure: scollegate tra di esse, rappresentavano degli avvenimenti che aveva come protagonisti entrambi. Vi erano loro distesi sotto un albero; loro intenti a combattere, a leggere, a scherzare e a litigare.
Vi erano loro, in ogni epoca che avevano visitato, in ogni battaglia che avevano combattuto e in ogni incontro con Caym che avevano scampato.
I ricordi, che da sempre li avevano legati, venivano mostrati velocemente, seguite dalla quantità di emozioni negative e positive che li avevano caratterizzati.
I due anelli neri, posti nei rispettivi anulari, si illuminarono dello stesso colore del ferro battuto, bruciando nuovamente la pelle, come se il marchio fosse stato nuovamente impresso.
Due bambini presero a correre intorno ai loro corpi doloranti.
Si accorsero dei due ragazzi solo quando l'aquilone che stavano rincorrendo cadde ai loro piedi. La bambina, dai capelli color caramello e dagli occhi scuri, si avvicinò a loro osservandoli curiosa, prima di ridere e far avvicinare il bambino poco più alto di lei.
Anneka notò la somiglianza che quest'ultimo avesse con il ragazzo a cui stringeva la mano.
Levi si voltò verso di lei, dandole conferma che qui due bambini, in realtà, fossero loro due da piccoli.
Questi presero le mani libere dei ragazzi e li aiutarono ad alzarsi, trascinandoli poi verso il portale che li avrebbe riportarti in Accademia.
Una volta arrivati sulla soglia, Anneka si voltò ancora una volta guadagnandosi un radioso saluto da parte della bambina e uno sguardo pensieroso da parte di lui.
Entrambi la salutarono sollevando le mani piccole e delicate, prima di voltarsi, diventando un tutt'uno con la luce radiosa del gigante rosso.
Quando Anneka riaprì gli occhi, ci mise un attimo prima di riprendere fiato.
Levi, poco distante da lei la osservò di sfuggita, prima di passarle un dito sotto il naso, asciugandole del sangue.
«Sei stata brava»
Si complimentò semplicemente, prima di allontanarsi ed uscire da quella piscina in cui si erano immersi. Lei, tenne lo sguardo su di lui fino a quando non oltrepassò la porta aperta della stanza, lasciando dietro di sé i segni dei piedi bagnati.
«Come ti senti?» le chiede Edgar, porgendole un asciugamano morbido.
«Sto bene»
Rispose distratta, volendo solo raggiungere Levi per poter anche solo discutere di ciò che era successo.
«Theon ti aspetta in infermeria per un controllo» le disse Cassian, posandole una mano sulla spalla e distraendola dai suoi pensieri. «Noi staremo qui ancora per un po' ad accertarci che nessuno vi abbia rintracciato – continuò, avvicinandosi poi al suo orecchio - Siete stati fenomenali» susurrò, facendole l'occhiolino.
Venne scortata da Helene in infermeria, la quale l'avvisò poi di raggiungerla in stanza così da poterle raccontare ciò che era successo durante la loro transazione.
Anneka, ancora impensierita per ciò che era accaduto, raggiunse lentamente il lettino sulla quale era predisposto tutto il necessario per curarla dalle possibili ferite che aveva potuto riportare.
Theon l'accolse con il silenzio, invitandola a sedersi.
Le osservò gli occhi con la luce fastidiosa, per poi controllare ogni parte del suo viso, accertandosi che non ci fossero tagli.
Poi le guardò le braccia, arrivando poi ai polsi e le dita, controllando lo spazio tra di esse.
Lo vide indugiare sull'anulare, proprio dove era presente il simbolo che dava dimostrazione del legame che aveva con Levi. Sospirò, per poi girarsi e afferrare la sua cartella.
«Il tuo corpo non ha riportato alcun trauma» le disse serio, continuando a scrivere velocemente. «Penso sia merito anche delle abilità auto-rigenerative che adesso possiedi, grazie a Levi» continuò, mantenendo un tono distaccato.
Theon avrebbe voluto tanto chiederle come si sentisse in quel momento; se provava qualcosa, se si sentisse diversa dopo aver affrontato il suo primo salto dopo tanto tempo.
Avrebbe voluto dimostrarle la sua preoccupazione, ma si trattenne, ricordandosi attentamente il discorso che aveva affrontato con Edgar.
Mostrarsi in quel modo, non gli avrebbe dato ciò che desiderava. Non gli avrebbe permesso di costruire qualcosa con lei.
«Hai intenzione di comportarti in questo modo ancora per molto?» lo distrasse lei. «Lo so, mi sono comportata da stronza e ti ho anche trattato male, ma ti chiedo scusa. Tutta questa situazione... C'è voluto un po' prima che iniziassi a digerirla. Ci sto provando, con tutta me stessa ad accettare tutto questo, ma non è semplice!» continuò, sperando in qualche sua reazione. «Se ti ho offeso, in qualche modo, ti chiedo scusa»
Rimase fermo per qualche istante, prima di voltarsi e osservarla.
In quel momento, illuminata dalla luce debole della lampada posta sul comodino, le sembrò più adulta, più donna e, soprattutto, più l'Anneka di cui si era innamorato.
Anneka avrebbe voluto continuare il suo discorso di scuse, se solo Theon non l'avesse baciata.
Le sue labbra, morbide e delicate, si erano posate sulle sue in una frazione di secondo.
Istintivamente chiuse gli occhi, lasciando che quel bacio si approfondisse ulteriormente, schiudendo le labbra e permettendo alla lingua di lui di sfiorare la sua, dando inizio a un bacio dolce e delicato.
Sentì di averne bisogno, di aver bisogno di quel contatto fisico, e non ci mise molto per farglielo capire. Si avvicinò ulteriormente, insinuando le mani piccole tra le trecce bionde di Theon, tirandole leggermente.
Lui le accarezzò la schiena, provocandole dei piccoli brividi lungo di essa, e avvicinò il suo petto muscoloso a quello prosperoso di lei, facendoli scontrare.
Il cuore le fremeva nel petto e Anneka non capì se fosse per il fatto che quel bacio non le aveva permesso di prendere fiato o perché provasse qualcosa in quel momento.
La mano di Theon si spostò nell'insenatura tra il collo e l'orecchio, accarezzandole la guancia.
Quando lui si staccò, i suoi occhi si erano finalmente legati ai suoi, proprio come avevano fatto la prima volta che l'aveva vista.
Entrambi ispirarono profondamente, in quell'attimo che esistette, prima che Theon parlasse.
«Non sarò un'abitudine, una cosa già scritta, ma una novità» soffiò a pochi centimetri dalle sue labbra. «Non so cosa tu provi per lui adesso, ma non sei più quella ragazza. Non sei più quella che gli ha promesso l'eternità. Adesso sei un'Anneka del tutto nuova, con una vita nuova e dei sentimenti nuovi»
Lei lo ascoltò, senza interromperlo.
«Lo capisco che adesso tu sia in balia di sentimenti che credi di provare per lui...» continuò, accarezzandole il dorso della mano. «Ma ti chiedo di guardami e di dirmi che se non provi nulla per me. Dimmi che questo bacio non ha significato niente e io ti lascerò andare»
Non poteva dire di non aver provato nulla, perché non era vero.
Theon le era piaciuto dal primo momento che lo aveva visto e mai glielo aveva nascosto; ciò che le stava cercando di dire era solo la pura e semplice verità.
Lei e Levi non avrebbero mai potuto avere ciò che aveva visto dentro quei ricordi e lo sapeva bene, lo sapevano bene entrambi.
Il loro legame li aveva spinti a separarsi, con il timore di impazzire per sempre.
Loro, per quanto ci avessero creduto in precedenza, non erano destinati a state insieme.
Il bene che avevano creduto di causare l'uno nella vita dell'altro, si era trasformato in male, in sofferenza e in odio.
Proprio come in quel momento.
Quei pochi episodi in cui avevano cercato di comprendersi o di consolarsi, non erano bastati a fargli cambiare idea.
«Siamo due perfetti estranei» le aveva detto Levi, con tutta la sincerità che provava.
E lei non poteva che essere d'accordo.
Possedere un legame con Levi non le precludeva il fatto di provare sentimenti per un'altra persona.
Questo legame non l'avrebbe condizionata, in nessun modo.
«Almeno in questa vita, concedimi di renderti felice» concluse Theon, accarezzandole la guancia e distraendola dai suoi pensieri.
I tacchi rimbombavano tra le mura di quel corridoio nero, mentre si dirigeva verso la stanza in cui l'aspettava Caym.
Quando aprì la porta, lui se ne stava dietro la scrivana a giocare con un piccolo stiletto dalla lama nera e dall'impugnatura in oro. In cima di esso un rubino, grosso quanto una biglia, la osservava.
«Posso offrirti qualcosa?»
Chiese l'uomo, alzandosi dalla comoda poltrona sulla quale era seduto.
Afferrò due piccoli bicchieri di cristallo, decorati da una fantasia a rombi in rilievo, e versò del liquido giallastro, porgendo poi il bicchiere alla ragazza che aveva difronte.
Lei si sistemò sulla sedia, innalzando il bicchiere nella sua direzione, prima di buttarlo giù in un solo colpo.
«Sei molto assetata» commentò lui, versandone un altro.
«Voglio festeggiare – disse, accavallando le gambe – Sono successe tante cose ultimamente» disse lei, attirando la sua attenzione.
«Sentiamo, a cosa dovremmo brindare?» chiese, seguendo sempre la scia del tono di voce provocante di lei.
«Levi e Anneka hanno recuperato il loro legame» gli confessò, sporgendosi verso di lui, come a voler sussurrare ciò che stava per dirgli «E adesso non solo posseggono il potere del tempo e degli abitanti di Linfa, ma anche quelli di Lucifero. Insieme, sono più forti di qualsiasi altro essere presente in questa era»
«Attenta a ciò che dici» l'ammonì, posando le braccia ai lati della sedia, costringendola a riappoggiare la schiena contro la spalliera imbottita. «Ci sono sempre io»
La ragazza sorrise, spostando poi le labbra vicino all'orecchio di lui.
«Ti converrà dimostrare la tua forza allora, prima che lo facciano loro»
SPAZIO AUTRICE!
Buonaseraa! Come state?❤
Ho deciso di pubblicare questo capitolo in due parti perché, come potete notare, è abbastanza corposo e ricco di informazioni.
Nella prima parte, si è visto come Levi e Anneka abbiamo dovuto dirsi addio a causa di questa follia che rischiava di coinvolgere entrambi; mentre adesso hanno recuperato il loro legame, con tanto di ricordi e sentimenti annessi.
Poi abbiamo visto lo scontro iniziale con Theon che, in questa seconda parte, non è sembrato tanto propenso a seguire l'ammonizione che gli aveva fatto Edgar 😉
Per non parlare di questa ragazza che ha spifferato tutto quello che è successo a Caym.
Cosa succederà secondo voi adesso?
Anneka, riuscirà davvero a creare un rapporto sano con Theon? Tenendo conto sempre del fatto che ha recuperato il suo legame con Levi.
E chi è, secondo voi, questa ragazza?
Tutto ciò, lo scoprirete solo leggendo!😎
Lasciate pure una stellina se il capitolo vi è piaciuto!❤
Grazie ancora per essere passati a leggere la mia storia!❤
Alla prossima!
-imsarah_98
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