𝑽𝑬𝑵𝑻𝑰𝑺𝑬𝑰 - 𝒑𝒂𝒓𝒕𝒆 𝒖𝒏𝒐

𝑽𝑬𝑵𝑻𝑰𝑺𝑬𝑰 - 𝒑𝒂𝒓𝒕𝒆 𝒖𝒏𝒐


L'Accademia di Edgar era caduta da poche ore nel silenzio più totale dopo che gli invitati avevano abbandonato la splendida festa, conclusasi poco prima dell'alba, tra meravigliosi fuochi d'artificio e gli ultimi fiumi di alcol, i quali avevano causato un mal di testa di massa e amnesie mattutine, proprio come quella che aveva colpito Anneka una volta aperti gli occhi.

In biblioteca, seduta sul divanetto posizionato sotto la finestra che dava sul precipizio boschivo, ripensava al suo risveglio e alla decisione che aveva preso mentre, tra le mani, stringeva una tazza abbondante di caffè ormai tiepido.

Il cinguettio degli uccelli era stato il motivo per la quale le palpebre si erano schiuse, permettendole di osservare una stanza che non riconobbe come propria.
Il suo abito, insieme alle scarpe, giaceva sul pavimento in modo scomposto insieme a un pantalone e una camicia bianca, appartenenti a un completo maschile.
L'unico indumento che copriva il suo corpo fino a metà coscia, era una maglietta grigia di diverse taglie più grandi.
Inspirando profondamente, si era issata sulle braccia stando attenta a non svegliare la persona che giaceva accanto a lei. Passandosi le mani sul viso e indugiando sulle tempie doloranti, si era presa di coraggio guardando chi le stesse facendo compagnia.

Theon se ne stava lì, a petto nudo e disteso a pancia in giù, cullato dalle braccia morbide di Morfeo. Il viso tranquillo e senza imperfezioni si nascondeva per metà sotto il suo braccio muscoloso, coperto da dei semplici tatuaggi lineari; i capelli, sfuggiti dalle piccole trecce color grano, ricadevano sulla fronte serena mentre dalle labbra sottili fuoriusciva un respiro riposato.
I raggi dell'alba entravano dalla finestra chiusa, illuminando solo una piccola parte del corpo ceruleo; il resto di essi si scontrava con lo specchio posto nella parte opposta della stanza, provocando degli arcobaleni brillanti.
Anneka si era persa ad ammirare nuovamente la bellezza di quell'uomo, costatandone la perfezione.

Istintivamente sollevò il dito indice, spostando alcuni ciuffi di capelli dagli occhi e tracciando una linea sullo zigomo alto, provocandogli un leggero movimento delle palpebre, che rimasero comunque chiuse.

Pensò al fatto che se avesse permesso a sé stessa di amarlo davvero, di rendere partecipe la sua anima al benessere che le donava quel ragazzo, quello che stava vivendo in quel momento sarebbe stato il suo futuro.
Tutte le mattine avrebbe avuto Theon accanto a lei, illuminato dai raggi del sole e con il classico sorriso dolce dipinto sul viso a darle il buongiorno.
Con lui, la strada verso quella tranquillità che tanto desiderava sarebbe stata spianata, dritta e senza intoppi.
Perché fin da quando lo aveva incontrato, erano quelle le sensazioni che le aveva trasmesso.

Tuttavia, nonostante la soluzione fosse sotto i suoi occhi, non la considerava abbastanza e appagante per quell'anima tormentata che si ritrovava.
Theon era un respiro di sollievo in quella piega brusca che aveva assunto la sua vita ma sapeva che, in fine, tutto si sarebbe riassunto in una felicità effimera, la cui destinazione era monotonia assoluta e prigioniera.

E questo non era ciò di cui aveva bisogno.

Il rischio e il non sapere cosa le avesse riservato il futuro, per quanto spaventoso potesse essere, erano in linea con la sua persona, con quella che era diventata.

Considerare Theon un porto sicuro era solo una scusa per non rischiare, per evitare di ricadere in quel vortice di pensieri colorati d'ambra.
Una scusa per non immergersi in quell'involucro di emozioni forti e potenti di cui aveva la consapevolezza che, una volta sprigionati, l'avrebbero ferita al pari di cento lame taglienti.

Permettere a sé stessa di rendersi vulnerabile a quel cuore glaciale avrebbe comportato più dolore che piacere, ma non le importava.

Voleva capire se il suo essere eternamente confusa fosse dettato da quel cuore che non aveva mai conosciuto amore irrazionale, o da quella mente che non si era mai discostata dalla ragione.

In virtù di ciò prese la sua decisione, ovvero che non avrebbe mai permesso a Theon di trasformarsi in un'attenuante.
Né per lui né, tanto meno, per sé stessa.

Osservando le linee nere sul suo anulare si era alzata dal letto, aveva raccolto l'abito e le scarpe, aperto la porta e, senza voltarsi indietro, era uscita richiudendo quell'attimo di paradiso dietro le sue spalle.
Aveva fatto una doccia, indossato i vestiti più comodi che possedeva nel suo piccolo e striminzito guardaroba e si era recata in biblioteca, alla ricerca di delucidazioni.

Levi era stato irremovibile riguardo la questione del raccontarle qualche dettaglio in più sul loro passato e per questo aveva deciso di occuparsene da sola.
Di certo non sarebbe stata ferma ad aspettare che un nuovo ricordo riemergesse dai meandri della sua memoria.

Ingenuamente aveva iniziato a cercare dalla A, trovando solo un piccolo volume rilegato e chiuso con uno spago in pelle.
Poi, aveva continuato con la C, sperando di trovare qualcosa sul suo presunto padre, con scarsi risultati.
Lo stesso destino le toccò con la lettera L: di Levi, non vi era alcuna traccia dentro quella biblioteca.

Aveva portato con sé solo quel piccolo volume, che aveva tutta l'aria di essere un diario.
Il motivo per cui fosse in quegli scaffali le era del tutto ignoto, ma questo non la fermò nel curiosare tra le sue pagine ingiallite.
Sciogliendo il piccolo nodo stretto, prese a sfogliare i vari appunti giornalieri, gli impegni segnati con fretta e i commenti di qualche lettura sporadica tra un giorno e l'altro.
Non era nulla di interessante, ma si perse in quel racconto di una vita che non conosceva.
La calligrafia elegante, la trascinò di pagina in pagina, facendola sorridere di tanto in tanto per gli avvenimenti riportati: oltre ad essere un diario, era un vero e proprio libro che vedeva l'incrocio di diverse vite, sorrette dall'unica persona che aveva avuto l'ardore di raccontarle.
Una persona a cui Anneka si affezionò pian piano, leggendone quel pezzo d'anima contenuta tra quei fogli.
Era sul punto di chiudere il volume quando, dalle ultime pagine, scivolò via una piccola busta.

Il mittente non era specificato, ma ciò che la colpì fu il destinatario: Levi.

Se la rigirò tra le mani, indecisa se aprirla e leggerne il contenuto oppure usarla come strumento di scambio di informazioni.
Ma non ebbe nemmeno il tempo di prendere quella decisione che le porte della biblioteca si spalancarono provocando un tonfo rumoroso, seguito dalla voce preoccupata di Edgar.
Anneka prese velocemente il libro e la lettera, infilandola nella tasca posteriore dei suoi pantaloni, e si nascose tra le mensole polverose per evitare di essere vista.
Si posizionò poco sopra la testa dell'uomo, riconoscendo accanto a lui i ricci di Cassian, i quali vennero scompigliati dalle sue stesse dita.

«È arrivata questa da Insperia stamattina» disse il ragazzo, passando ad Edgar un foglio dorato piegato a cilindro.

Edgar ne lesse velocemente il contenuto, prima di accartocciare il pezzo di carta e gettarlo per terra con violenza, passandosi poi una mano tra i capelli. Iniziò a camminare avanti e indietro, inspirando profondamente e cercando di mantenere la calma.

«Chi altro lo sa?»

«Nessuno» rispose immediatamente il Principe. «Ma credo sia meglio dirlo agli altri»

«Dirgli cosa? Che stanno per morire?!» alzò il tono di voce. «Non sono pronti, nessuno lo è! C'è tanto lavoro da fare ancora e -»

«Lo so! Ma non abbiamo tempo!» urlò di rimando il ragazzo, sedendosi su una delle poltrone imbottite. Ci fu un attimo di silenzio, prima che un sussurro fuoriuscisse dalle labbra di Cassian.

«Mio padre avrebbe saputo cosa fare» disse, sorreggendo la testa tra le mani. «Lui... Sapeva risolvere tutto in un attimo! Aveva sempre un piano pronto, mentre io...» si interruppe, tirandosi leggermente i capelli. «Se solo non avessi organizzato quella stupida festa lui non avrebbe mai attaccato Insperia... Tutte quelle persone... Loro... Sarebbero ancora vive e le loro famiglie non starebbero soffrendo» un singhiozzo sfuggì dalle sue labbra. «È tutta colpa mia!»

Cassian era ormai in lacrime ed Edgar non riuscì a ignorarlo.
Si inginocchiò difronte a lui, togliendogli le mani davanti al viso.

«Non pensare a ciò che avrebbe fatto tuo padre, ma a ciò che farai tu» gli disse in tono serio. «È vero, Alexander è stato un grande sovrano ma questo non significa che deve essere la tua ombra. Può solo essere un'ispirazione per il grande uomo che sei e sarai» continuò. «Caym è una persona spregevole e non è colpa tua se ha attaccato Insperia. Lo avrebbe fatto comunque, a prescindere dalla festa.»

Cassian annuì, inspirando profondamente.
Si era frantumato come un vaso di porcellana alla notizia che il suo regno era stato attaccato e che lui non era stato presente per difenderlo. Ma Edgar non aveva perso tempo a raccogliere quei pezzi delicati e a rimetterli al loro posto, con fare paterno.

«Bisogna solo trovare una soluzione...» disse l'uomo alzandosi e lasciando che il ragazzo si riprendesse da quel momento di debolezza.

Il silenzio li avvolse, permettendo al ticchettio dell'orologio a pendolo di propagarsi in tutto l'ambiente, fino a quando Cassian non si alzò dalla poltrona battendo le mani come un bambino.
Urlò la parola "Viaggio", attirando l'attenzione di Edgar, il quale lo osservò tenendo le mani posate sui fianchi.

«Cosa intendi?» chiese, piegando la testa di lato.

«Tu, Edgar, insieme a Levi e Anneka! Partirete per intraprendere il primo salto!»

«Non ritengo sia una buona idea» rispose l'uomo, grattandosi nervosamente la barba sotto il mento. «Non sono addestrati e da quando hanno recuperato il Legame, non hanno fatto molti progressi...»

«Io confido in loro»

«Cassian...»

«E' l'unica soluzione, l'unica possibilità che abbiamo per sconfiggere Caym»

Dopo aver sentito quell'affermazione ad Anneka cadde il diario che sorreggeva tra le dita, provocando un rumore piatto contro il pavimento il legno. Indietreggiò leggermente quando vide i due uomini sotto di lei sollevare lo sguardo.
Sentì Edgar urlare un "Chi c'è?" seguito poi da sussurri incomprensibili.
Li vide salire velocemente le scale e dividersi una volta arrivati in cima, per controllare in parti opposte.
La ragazza indietreggiò ancora, fino a quando non scontrò la schiena con qualcosa di estremamente freddo e stranamente morbido. Una mano, dai polpastrelli ruvidi, le tappò la bocca mentre un braccio le avvolse la vita, trascinandola all'interno di una porta angusta.

La prima cosa che la colpì fu la luce del sole ormai alto nel cielo, costringendola a socchiudere gli occhi.

«Stavi per farci scoprire cazzo!»

Sentì poco distante da lei, riconoscendo il tono rude di Levi.
La stanza in cui si trovavano era la stessa in cui lo aveva visto suonare per la prima volta il violino. La stessa in cui avevano avuto la loro prima conversazione normale.
Si era seduto sulla cassapanca, rullando abilmente una cartina contenente del tabacco nero; se la portò alle labbra, accendendola con uno schiocco di dita.

«Non ti si addice minimamente l'accezione "silenziosa come un ninja"» commentò ulteriormente, permettendo al fumo di uscire velocemente dalla bocca. «Perché ti stavi nascondendo?»

«Non mi stavo nascondendo» disse lei, incrociando le braccia. «Stavo solo...»

«Origliando le conversazioni altrui»

«Posso dire la stessa cosa di te»

Levi scosse la testa in segno di resa, inspirando un'altra boccata di fumo.
Il sole lo illuminava da dietro, rendendolo quasi una creatura eterea.
Anneka incrociò il suo sguardo, ricordandosi a tratti la conversazione avuta la sera prima, oltre ai gesti premurosi con cui si erano sfiorati.
Lo stesso pensiero dominò la mente del ragazzo, dando inizio a un silenzio che presagiva una distruzione totale.

«Che stavi facendo in biblioteca?»

«Cercavo» rispose, facendo scorrere lo sguardo sulle pareti.

Ricoperte da una carta da parati scura e scollata sugli angoli alti, erano completamente spoglie e prive di sentimento, proprio come la persona che le stava seduta davanti.
Accatastati, ai lati di quell'esagono, vi erano vecchie sedie, cornici di quadri dismessi e pezzi di legno senza anima.

L'unica cosa su cui ci si poteva sedere era la cassapanca da dove Levi la osservava, tenendo i gomiti sulle ginocchia e la testa inclinata di lato.

«Cerchi sempre, senza trovare niente. Non ti stanchi di fallire in continuazione?»

«No. E poi, in questo caso, falliresti anche tu»

«Io non fallisco mai»

«Invece sì, perché ciò che stavo cercando riguardava entrambi»

Il ragazzo si leccò le labbra, passandosi una mano sui capelli in modo frustrato.
Lasciò che il fumo annebbiasse la sua immagine, prima di alzarsi e avvicinandosi ad Anneka senza che lei se ne accorgesse.

«Su di noi non troverai mai nulla perché non c'è niente che debba essere trovato»

«Da quello che ho visto in quel ricordo, non credo proprio» rispose, mantenendo lo sguardo fisso su di lui. «Io non mi arrendo»

Levi la osservò dall'alto in basso.

«Faresti bene a farlo: solo gli stupidi combattono una guerra che non possono vincere» disse, abbassandosi poi alla sua altezza. «Ma questo già lo sai, non è così? Hai perso talmente tante volte che non ti fa alcuna differenza aggiungere un'altra sconfitta alla lista»

Anneka incrociò le braccia al petto, inspirando in modo pesante.

«Allora siamo entrambi sulla stessa barca. Entrambi stupidi ed entrambi sconfitti. Io da te e tu da te stesso.» inclinando la testa di lato al suo stesso modo. «Ma questo già lo sai, non è così?»

La schiena di Anneka si scontrò contro la parete ruvida, mentre la mano di Levi le si stringeva moderatamente attorno al collo.
I loro visi si ritrovarono a pochi centimetri di distanza; il respiro di lei, caldo e accelerato, si posava sulle labbra fredde di lui creando un'umidità che Levi leccò via velocemente.
Il petto prosperoso di lei schiacciato al torace tonico e immobile di lui.

Erano la perfetta rappresentazione di ciò che si definisce opposto, ma allo stesso tempo di ciò che è complementare.
Erano ghiaccio e fuoco.
Vento e aria ferma.

Due elementi destinati a esistere per permettere la sopravvivenza l'uno e dell'altro.

«Io non perdo, ottengo tutto ciò che voglio»

«Allora fallo»

Gli occhi di Levi si posarono per una frazione di secondo sulle sue labbra carnose, leggermente schiuse. Nonostante fosse irritato per la provocazione che gli aveva lanciato e per la sua ostinazione, non poteva negare a sé stesso di essere allo stesso tempo eccitato e di avere un'irrefrenabile voglia di farla sua in quel momento, contro quella parete, solo per toglierle quel ghigno dal volto.
Solo per farle capire cosa significasse possedere ciò che più si desidera.

Se solo non ci fosse stata un'imminente guerra in arrivo, una minaccia come Caym e un terzo incomodo come Theon, non ci avrebbe messo un secondo in più nel farlo.
Ma si dovette trattenere, sia per orgoglio che per curiosità: voleva vedere fino a che punto si sarebbe spinta, per raggiungere un obiettivo a lui sconosciuto.

Per questo, decise di stare al suo gioco e di stuzzicarla allo stesso modo.

Sotto le sue dita sentiva la sua giugulare pulsare velocemente e ciò lo spinse a stringere ulteriormente la presa, facendo fuoriuscire un gemito strozzato dalla gola di lei.
Un lampo di smania gli illuminò gli occhi giallastri, notando il modo in cui le si erano colorate le guance di rosso a causa della sua vicinanza.
Spostò il pollice sulle labbra, tastandone la morbidezza e mantenendo lo sguardo ancorato alle iridi di lei.
Anneka non dava segni di cedimento e questo lo fece sorridere.

«Da dove viene tutto questo coraggio? È stato il cuore virtuoso di Theon a infonderlo?»

Anneka avvertiva un leggero ronzio, dovuto al cuore che le pulsava velocemente nel petto, annebbiandole completamente i pensieri.
Il profumo dolce e selvatico della pelle di Levi le arrivava alle narici, risvegliando in lei sensazione sconosciute.
In quel momento si ritrovò a comparare le sensazioni provate con Theon e Levi, costatandone l'abisso che separava i sentimenti che provava per l'uno e per l'altro.
Se da un lato aveva voglia di respirare aria pura e candida insieme a Theon, dall'altro lato avvertiva una voglia irrefrenabile di perdersi in quelle fiamme di desiderio peccaminoso insieme a Levi.

Ma, per quanto avesse voluto spegnere sé stessa e lasciarsi guidare da ciò che le suggeriva la parte più proibita dei suoi pensieri, doveva prima risolvere una questione più importante.
Per questo, decise di continuare il suo gioco.

«Geloso per caso?» chiese ironica, avvicinandosi al suo viso «Almeno io non ho avuto paura dei miei stessi sentimenti» continuò, poggiando una mano sul polso di Levi.

Imitando i movimenti di autodifesa che le aveva insegnato Dusan, fece perdere l'equilibrio al ragazzo che aveva davanti, infilando una gamba tra le sue e colpendogli il ginocchio destro. Levi si piegò leggermente, ma abbastanza per permettere ad Anneka di assumere una posizione di vantaggio. Adesso era lui quello con la schiena contro il muro ed era lei a bloccargli gli arti sopra la testa.

«Se hai finito di atteggiarti come un pavone avrei una proposta da farti e, se rispondi correttamente, anche un premio da consegnarti»

Levi fece scorrere lo sguardo lungo il suo corpo, abbandonarsi a quella sensazione di goliardia mista ad eccitazione che da sempre aveva caratterizzato la loro relazione.

«Se la metti così, hai tutta la mia attenzione, Annie» rispose ironizzando appositamente sul diminutivo del suo nome. «Soprattutto per il premio» sussurrò, sorridendo.

Poteva essere anche attratto da lei in quel momento, ma Levi rimaneva pur sempre un demone, un essere nato dai desideri più scandalosi del genere umano.

Anneka fece un sospiro, ringraziando eternamente sé stessa per averle fatto mantenere il controllo per tutto quel tempo.

Si allontanò dal corpo di Levi ed estrasse la busta che teneva nella tasca posteriore dei pantaloni, dondolandola davanti gli occhi di lui. Li vide spalancarsi e, il sorriso che aveva avuto per tutto quel tempo divenne un'espressione di totale e assoluta sorpresa.
Allungò una mano verso di essa, ma Anneka fu più veloce di lui, rimettendola all'interno della tasca dei pantaloni.

«Portami a Lostwinter e ti darò la lettera»

To be continued... 

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