𝑼𝑵𝑫𝑰𝑪𝑰
𝑼𝑵𝑫𝑰𝑪𝑰
Levi! –
Quella voce era troppo distante per capire chi fosse.
- Levi! Svegliati! -
Sentì ancora, e questa volta più da vicino.
L'impatto con qualcosa di duro lo costrinse ad aprire gli occhi, allontanandolo da quella profonda stanchezza e sonnolenza che avvertiva improvvisamente.
I pozzi d'ambra scura si ritrovarono a fissare un cielo completamente bianco, con nuvole in continuo movimento come un ammasso di serpenti affamati, pronti a colpire e divorare la loro preda.
Alcune sfumature dorate illuminavano per brevi tratti il temporale che stava sopraggiungendo da quello che, a Levi, parve essere l'orizzonte.
Il petto si alzava e abbassava repentinamente, mentre la schiena era appoggiata al terreno freddo e spoglio. Tenendo una mano su di esso fece dei respiri profondi, così da rallentare il ritmo del suo cuore: questo, gli fece capire di trovarsi in un'altra dimensione, in una in cui lui era vivo e avvertiva freddo, dolore e sensazioni.
Levi era immerso nella nebbia umida e fitta, il cui manto bianco avvolgeva qualsiasi cosa incontrasse.
Appoggiando le mani al terreno, per dare così la spinta al suo corpo di alzarsi vide, poco distante da lui, una serie di piccole pietre grezze posizionate in modo tale da formare un percorso uniforme.
Decise di seguirle e, mantenendo gli occhi fissi davanti a sé, arrivò ai piedi di un porticato in legno bianco sbiadito e rovinato dall'umidità.
Avanzò, posizionando un piede sul primo gradino, il quale si sgretolò in mille pezzi facendogli perdere l'equilibrio: le ginocchia cedettero e Levi scivolò contro il corrimano in metallo arrugginito, graffiandosi la mano, la quale si ricoprì immediatamente di sangue rosso, caldo e acceso.
Devo stare attento, qui non ho i miei poteri.
Si disse, risollevandosi a fatica.
Si sentiva debole, privo di forze e completamente confuso: un attimo prima era immerso nella fitta foresta dell'Accademia e un attimo dopo si era ritrovato lì, completamente profondato nel nulla. Aveva viaggiato tanto nel corso della sua vita, ma mai si era imbattuto in un luogo così desolato.
Spostò i pezzi di legno, riprovando a salire, lasciando che il rumore dei suoi passi echeggiasse in tutto l'ambiente silenzioso.
Una sedia a dondolo era posta vicino l'ingresso della casa: su di essa, una coperta di lana intrecciata ricordò a Levi quella che sua madre era solita mettere sul suo letto quando era ancora bambino, poco prima che si addormentasse.
Si avvicinò ad essa, scorgendo tra la polvere e la sporcizia il colore verde menta del tessuto, ma quando la prese in mano, si sgretolò come fosse foglia secca in un pomeriggio di autunno piovoso. Levi sospirò amareggiato, osservando la facciata dell'abitazione: era grigia e completamente avvolta da piante rampicanti, i cui rami spogli avevano ricoperto tutta la superficie, dondole un aspetto ancora più tetro.
Più la osservava, più sentiva di conoscerla, come se si trovasse all'interno di qualcosa che aveva già vissuto, che aveva tanto amato e in cui aveva tanto sofferto.
Si sentiva come all'interno di un déjà-vu senza alcuna via di uscita.
Pulendo le mani dalla polvere, si diresse verso la porta bianca che venne buttata giù con un calcio: tutto era marcio, spoglio, priva di vita.
Proprio come lui.
Prima di oltrepassare la soglia si voltò indietro, notando come la nebbia fosse avanzata fin sotto le sue ginocchia, non permettendogli di vedere neanche il porticato.
Entrò, ritrovandosi avvolto dal buio più totale.
La porta, che poco prima aveva distrutto, si chiuse di colpo dietro le sue spalle e Levi afferrò immediatamente il coltellino svizzero che teneva tra la cintura dei suoi jeans e la pelle della schiena.
«Lux.»
Sussurrò, sollevando la mano sinistra davanti a sé.
La luce ardente delle fiamme blu dell'Inferno prese ad all'illuminare l'ambiente che lo circondava, mostrando pareti spoglie e con la carta da parati rovinata.
Alla sua destra, si apriva un'enorme sala da pranzo: sul tavolo in legno massiccio erano presenti quattro piatti, tutti con del cibo ormai putrefatto; le candele, in lumiere d'argento ossidato, erano completamente sciolte; i fiori posizionati al centro della tavola avevano perso ogni traccia di colore, lasciando solo petali rinsecchiti e privi di vita.
Una credenza in vetro, appoggiata alla parete difronte, era stata distrutta e delle ceramiche blu e bianche giacevano a pezzi sul parquet scuro, ricoperto di polvere.
Le tende, dai drappeggi pesanti, erano strappate e sporche di sangue.
Dove mi trovo?
Si domandò Levi, uscendo dalla sala da pranzo ed entrando in un'altra stanza: era un piccolo studio, anch'esso completamente distrutto.
Le poltrone massicce di un verde petrolio erano riverse per terra; l'enorme libreria a muro aveva gli scaffali vuoti e gli unici libri rimasti si trovavano sparsi sul pavimento, stropicciati e con delle pagine strappate.
Levi si abbassò, raccogliendo un piccolo volume dalla copertina dorata e marrone: da esso scivolò via una foto ingiallita. La pulì con l'orlo della maglia, rendendo visibili i volti raffigurati.
Una volta riconosciuti, rimase sconvolto.
«Non può essere»
Riconobbe Edgar, poi sé stesso da bambino e infine sua madre, con in braccio un neonato ancora in fasce. Portò il pollice sul volto della madre, come a voler sentire ancora una volta il calore della sua pelle biancastra.
Ma tutto era freddo, gelido, fermo a un tempo inesistente.
Poi, tutto scomparve e un corridoio si materializzò davanti a Levi.
Illuminato dalle luci fioche di alcune candele, permetteva al ragazzo di passare in mezzo a decine di quadri, tutti con una data in oro incisa sulle cornici.
Numeri, che per Levi furono come pugnalate in pieno petto.
Sollevando gli occhi sulle immagini rappresentate, si rese conto che non erano altro che i suoi ricordi, proprio quelli che lui stesso si era imposto di dimenticare. Quei volti rappresentati con estrema cura scaturirono in lui sensazioni ormai sconosciute, ma che trovarono una sola manifestazione: ira.
Viscida e insidiosa, la sentì salire piano dalle viscere e irradiarsi in tutto il corpo, dando inizio a quella trasformazione che aveva sempre cercato di reprimere da quando era diventato un demone: le braccia, fin sotto la spalla, si colorarono di nero mentre le dita delle mani divennero dei lunghi artigli bianchi.
«Caym!» Urlò, in modo quasi animalesco. «Sadico bastardo!»
Una risata, profonda e gutturale, proruppe da dietro le sue spalle.
Davanti agli occhi color ambra circondati da venature dorate, si materializzò colui che aveva dato inizio a tutto, colui che aveva causato così tanta sofferenza e morte da poter ripopolare tutto l'Oltretomba.
La figura alta e snella dell'uomo era china su un tavolo operatorio: un corpo, le cui nudità erano coperte da un lenzuolo bianco, giaceva inerme su di esso. Caym teneva tra le mani un bisturi e delle forbici dalle punte estremamente appuntite e spesse, capaci di tagliare la pelle ormai rigida di un corpo morto.
«È bello rivederti Levi. Mi sei mancato!»
La voce atona dell'uomo arrivò alle orecchie di Levi distante, come se non fosse lui a parlare, ma le pareti e tutto l'ambiente che lo circondava. Questa sensazione gli provocò repulsione mista ad angoscia.
Osservò il collo scoperto di Caym e per un attimo gli balenò l'idea di tagliarli la testa e portarla in Accademia come trofeo.
Ma non lo fece.
Caym si meritava una sofferenza e una fine ancora più misera di semplice piedistallo della vittoria.
«Anche se non ti sto guardando, percepisco la tua voglia di uccidermi.»
«Vedo che i tuoi sensi funzionano ancora nonostante l'età» rispose Levi, mantenendo lo sguardo fisso sulla nuca dell'uomo.
«Mi dispiace deluderti, mio caro, ma non sarà possibile. Ho un compito per te.»
«Non farò più nulla per te!»
L'uomo sollevò il viso dal corpo su cui stai lavorando, posando il bisturi e la forbice su un tavolino in metallo accanto a lui. Tolse la visiera, la mascherina e si voltò verso di lui.
Gli occhi blu di Caym, freddi e inespressivi, si scontrarono con quelli ardenti di vendetta del ragazzo.
Levi nutriva un odio spropositato nei suoi confronti, ed era appunto questa la fonte della sua preoccupazione: sapeva benissimo che la miccia per attivare la parte demoniaca nella sua totalità era la perdita di controllo della lucidità e lui non voleva mostrarsi in quel modo.
Mai.
«Oh, che peccato. Chissà come sarà delusa tua madre quando scoprirà che non sei per nulla rispettoso nei miei confronti! Povera donna...»
«Non nominarla!» scandì rabbioso il ragazzo, chiudendo le mani in due pugni e ignorando il dolore causato dagli artigli che si conficcavano nella carne dei palmi, lasciando il sangue colare da essi.
Caym osservò la scena divertito, portandosi una mano sulla barba incolta.
Appoggiato a quel tavolo in metallo, sembrava tutto tranne che il braccio destro di Lucifero: vestito di tutto punto, capelli ben fatti e viso estremamente pulito.
Quell'uomo possedeva il fascino delle cose proibite ma dietro al suo bell'aspetto, si nascondeva un'omicida sadico e spietato.
«Non ti consiglio di sfidarmi ragazzo» disse l'uomo, sospirando.
Finalmente, il volto demoniaco di Caym si mostrò agli occhi tetri di Levi, il quale non riuscì a distogliere lo sguardo dalle iridi che piano piano presero a cambiare colore, assumendo la tonalità di rosso vermiglio. La pelle divenne olivastra e delle venature nere si irradiarono su tutto il collo e sul viso, fin sopra gli zigomi.
Levi deglutì, osservando la trasformazione di un demone decisamente superiore a lui.
«Questa volta è lui in persona a chiederti una dimostrazione. Non basta il fatto che tu ci abbia venduto la tua anima per difendere quei luridi cani al guinzaglio di Insperia. Ovviamente te ne siamo grati ma... Vogliamo di più da te.»
«Non ho altro da darvi»
«Ed è qui che ti sbagli!»
Caym avanzò verso di lui, il quale indietreggiò di istinto, finendo contro la parete grigia della stanza. L'uomo poggiò una mano sul suo petto e, lentamente, le dita presero a trasformarsi in dei lunghi artigli affilati che si conficcarono nella carne del ragazzo.
Cercò di mascherare il dolore ma tutto sembrava essere fuori dal suo controllo: non aveva più alcun dominio sul suo corpo, sulla sua mente e sulle sue sensazioni.
Era alla completa mercé di quell'essere.
«È stato davvero così semplice entrare nella tua testolina, Levi. Non appena ho bussato, mi hai aperto la porta dei tuoi ricordi, rivelandomi il tuo dolore e la tua frustrazione. Mi hai rivelato tutti i tuoi punti deboli! Che delusione!» iniziò, osservando le dita farsi strada dentro il suo petto.
«Ti reputi forte, invincibile e invulnerabile, ma in realtà non sei altro che un bambino che ha creduto troppo nel ruolo dell'eroe, diventando un patetico involucro privo di esistenza» sussurrò vicino al suo viso. «Non meriti di vivere Levi e se fosse per me ti ucciderei un'altra volta.»
«Fallo, almeno potrai vantarti di aver raggiunto un obiettivo nella tua triste esistenza» rispose lui con un filo di voce.
L'espressione divertita scomparve dal viso di Caym e venne velocemente rimpiazzata da qualcosa di più serio e disumano. Gli artigli della mano si chiusero attorno al cuore di Levi e con un movimento veloce lo strappò dal petto, sollevandolo dritto davanti al suo viso.
«Sei così debole...» continuò, conficcando gli artigli ludici di sangue dentro il muscolo che si contraeva in movimenti quasi impercettibili.
Nonostante Levi avesse perso tutte la capacità insigne a un essere umano, in quel momento, cercò invano di respirare, poggiando una mano sul collo.
«Sei così vulnerabile...E sai perché? Perché tu hai ancora voglia di vivere, di esistere, di essere felice!»
«No, ti sbagli. Io non voglio più niente di tutto questo»
«Allora dimostramelo!» urlò l'uomo. «Dimostrami che sei degno della nuova vita che io stesso ti ho donato!»
La stanza attorno a loro scomparve piano piano, divenendo sempre di più un involucro nero e asfissiante.
-Levi!-
Udirono entrambi.
Quella voce, la stessa che lo aveva fatto svegliare in quel luogo desolato, era ritornata. Era più forte, più nitida e Levi la riconobbe immediatamente. Caym abbassò lo sguardo verso di lui e poi verso il cuore che teneva tra le mani: esso, prese a battere in modo più deciso, come se avesse ricevuto una scarica elettrica.
L'uomo scoppiò a ridere e fissò Levi dritto negli occhi.
«Tu nutri ancora una speranza che non possiedi!»
Con un movimento veloce infilò il cuore nel petto, provocando a Levi un dolore lancinante.
Si pulì la mano sporca di sangue sulla maglia del ragazzo, prima di sistemarsi la giacca del completo gessato.
«Sei l'essere più penoso che io abbia mai conosciuto»
Levi cadde in ginocchio, annaspando e posando una mano sulla parte sinistra del suo petto. L'uomo sorrise, ritornando al suo aspetto umano.
«Sai, mi ha lasciato libera scelta su ciò che potessi chiederti...E ho scelto!»
Afferrò i capelli di Levi, strattonandoli violentemente.
Sollevò il suo viso e si inginocchiò davanti a lui: dal naso di Levi cominciò a uscire del sangue scuro, così come dagli occhi e dalle orecchie.
-Ti prego svegliati! -
«Senti come ti chiama...»
«Smettila...» sussurrò.
«Altrimenti?» chiese ironico l'uomo, prima di sbattere la testa del ragazzo contro il pavimento.
Levi sentì il setto nasale frantumarsi e il sangue prese ad uscire più velocemente, inondando la bocca e lasciando dietro di sé un gusto metallico e nauseante.
«Sono io l'unica persona dalla tua parte, l'unica che può salvarti da tutto questo. Faresti bene a ricordarlo.» disse rabbioso, a pochi centimetri dal viso tumefatto del ragazzo. «Portami Anneka. Viva.»
Concluse, prima di conficcare il coltellino svizzero che Levi aveva in mano dritto in petto.
Luce, in latino
SPAZIO AUTRICE!
Buonasera a tutti, miei cari lettori!❤
Come va? Spero bene, nonostante la situazione che stiamo vivendo nuovamente... Mi raccomando, non fatevi abbattere e siate positivi!
Sono dell'idea che, per quanto possa essere difficile, questo periodo prima o poi passerà e ritorneremo a vivere come prima!❤
Bene, adesso parliamo del capitolo (per quanto penoso possa essere)!
Cosa ne pensate di questo nuovo personaggio, Caym, che è riuscito a tenere testa al nostro Levi? 😱
Vi piace?
Mi farebbe davvero piacere sapere le vostre opinioni, per me sono davvero importati!
Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento ❤
Grazie a tutti per aver letto la mia storia!
Un bacio.
-imsarah_98
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