𝑻𝑹𝑬𝑵𝑻𝑨𝑪𝑰𝑵𝑸𝑼𝑬
SPAZIO AUTRICE!
Buon pomeriggio a tutti miei cari lettori!❤️
Sono tornata da poco più di una settimana dalle vacanze estive, ma ho dovuto prendermi del tempo per scrivere questo capitolo.
Siamo ormai giunti quasi al termine di questo primo libro della duologia ONE OF US e spero, con tutto il cuore, che vi stia piacendo e appassionato.
Aspetto con ansia le vostre reazioni ❤️
⭐Non dimenticate di mettere una stellina⭐
Buona lettura!❤️
-imsarah_98
𝑻𝑹𝑬𝑵𝑻𝑨𝑪𝑰𝑵𝑸𝑼𝑬
I suoi occhi si aprirono su un panorama diverso rispetto a quello in cui si erano chiusi.
Un cielo terso e privo di nuvole si apriva sopra di lei, accompagnato da un sole lontano e da un vento primaverile che abbracciava, delicatamente, le spighe di grano curiose che le avvolgevano le cosce nude.
La osservavano, dondolando a destra e a sinistra, in una splendida danza rilassante.
Si stropicciò gli occhi, issando piano la schiena dal terreno stranamente morbido.
I campi giallastri si estendevano per diverse centinaia di metri, sino ad arrivare a un profondo strapiombo roccioso dalle cui venature ispide nascevano piccoli fiori rossi.
Alcuni cavalli, liberi e distanti, brulicavano erba verde indisturbati e, accanto a loro, pecore e capre belavano inseguendosi a vicenda. A fargli da sfondo una prateria dalle imposte color mattone grezzo, i cui vetri erano stati decorati con tende cucite a mano.
Dalla canna fumaria fuoriusciva del vapore limpido, segno che qualcuno stesse cucinando.
Anneka si alzò, incuriosita dal profumo di mele cotte e cannella.
Le ricordò i dolci che sua nonna era solita prepararle quando, da bambina, andava a trovarla.
Incurante del fatto che fosse a piedi nudi e che dei piccoli sassolini le si erano conficcati nella pianta del piede, decise di incamminarsi verso quell'abitazione.
Permise ai fili di grano di accarezzarle i palmi delle mani e al vento di scompigliare le lunghe trecce con la quale era andata a dormire la sera precedente, dopo aver assistito alla lite dei fratelli Wallace.
Si era addormentata con la speranza di risvegliarsi a casa, a Lostwinter, a Insperia, ovunque essa si trovasse.
Udì il rumore delle onde infrangersi contro gli scogli robusti.
Lo iodio sostituì l'odore di dolce, permettendole di aprire i polmoni a quell'aria fresca e pulita.
Frastuono di stoviglie che sbattevano l'una contro l'altra la distrassero, facendola voltare verso quella piccola abitazione quadrata, la quale presentava solo due piani perfettamente simmetrici. Ad attirare la sua attenzione, fu la sedia a dondolo che iniziò a cigolare dolcemente, spinta dalle gambe esili di una donna sulla sessantina.
Indossava un lungo vestito di cotone, il cui sfondo bianco era decorato con dei piccoli fiori azzurri e rosa. I capelli castano chiaro e venature grigiastre erano raccolti in uno chignon morbido e leggermente spettinato. Al collo, una collana argentea le scendeva fino all'insinuarsi tra i seni maturi.
Attorno alla vita, un grembiule beige, dalla cui tasca penzolava un ciuccio.
Fu allora che Anneka si accorse che tra le braccia della donna vi era un bambino, avvolto in una coperta bianca di lana, cucina a mano. I pochi capelli presenti sulla testolina spuntavano da sotto il cappellino a forma di orso, mentre le manine si muovevano appena.
Un sorriso spuntò su quel viso adulto e solo quando lo sollevò, Anneka la riconobbe.
Mery, la nonna alla quale aveva dovuto dire addio tempo fa, sedeva beata su quella sedia a dondolo, godendosi un panorama mozzafiato. I suoi occhi azzurri osservavano il tramonto con una beatitudine che non le aveva mai visto in volto, come se finalmente avesse il cuore leggero.
Come se finalmente non avesse alcuna anima a pesarle sulle spalle.
Il piccolo iniziò a dimenarsi, emettendo dei piccoli suoni che prevedevano il pianto. La donna si apprestò a dargli il ciuccio e a dondolarlo leggermente, facendolo calmare.
«Sei la cosa più bella che abbia mai visto»
Sussurrò, afferrando la piccola mano e lasciandoci sopra un bacio delicato.
Il neonato lo strinse a sé, ritornando a dormire.
Il vento si sollevò, facendo danzare ulteriormente le spighe di grano verso sinistra.
«E come ogni cosa preziosa, bisogna essere protetta e custodita in un luogo segreto» la vide sollevare una mano e posarla sulla fronte rosea del piccolo. «Purtroppo, il destino ha in serbo per te tanta sofferenza, tanto dolore e dispiacere. Persone a te care ti faranno del male, ti sentirai sola e affranta. Ma devi promettermi che non mollerai dinnanzi a nessuna difficoltà Anneka»
La ragazza sentì mancarle un battito.
Sua nonna stava stringendo lei in un mondo che sembrava appartenere a un'epoca troppo lontana.
«Caym è un uomo avido, desideroso di avere il controllo su ogni cosa. Anche su di te e sul tuo potere. Non devi permettere che lui ne assaggi nemmeno un pezzetto» adesso, la osservava. «Sei così bella, bambina mia. Così forte»
«Tu... Mi vedi?»
Mery annuì, sorridendole dolcemente.
La bambina che prima teneva stretta tra le mani era sparita.
Anneka non ci pensò due volte prima di annullare la distanza tra loro per andare a rifugiarsi tra le sue braccia forti. Affondò il viso nell'incavo del suo collo, inspirando il profumo di narciso che la sua pelle emanava. Chiuse gli occhi, sperando che quel momento durasse per l'eternità.
«Mi sei mancata tanto Annie. Tanto» le disse, accarezzandole i capelli. «E mi dispiace che tu debba affrontare tutto questo da sola»
Anneka tirò su col naso, accorgendosi solo in quel momento di aver iniziato a piangere.
«Anche tu mi manchi ogni giorno nonna, sempre di più»
«Oh, non devi piccola mia. Io sono qui», le mise una mano sul cuore, «e finché ci resterò, non sarò mai andata via»
Anneka sorrise, baciando il palmo della mano della nonna e stringendolo tra le sue.
«Sarei voluta rimanere tanto altro tempo con te, ma il mio compito era finito. Hai compreso fin da subito che qualcosa, nel mondo in cui eri, non ti apparteneva. Prima del previsto in realtà. I Primordiali mi avevano avvisato che questa tua nuova trasposizione sarebbe stata diversa»
«Aspetta, tu conosci i Primordiali?»
«Tesoro, io sono tua nonna da millenni ormai. Sono rimasta accanto a te sempre, fino a quando il mio corpo non ha più retto»
Incredula la osservò attentamente, non trovando le parole per esternare i suoi dubbi.
«Non è possibile...» scosse la testa, osservando un punto indefinito. «Edgar mi ha detto che non esisto più persone con il mio potere da quando Lorcàn ha indotto il massacro del Clan della Linfa. Com'è possibile che tu abbia viaggiato con me per tutto questo tempo?»
«Non ho viaggiato con te» si apprestò a rispondere, sistemandosi meglio sulla sedia, così da poter dar via alla sua spiegazione. «Esiste una fazione nascosta in grado di tenere sotto controllo il potere che tu possiedi. Si chiamano Custodi e insegnano a gestire, a usare con cautela e a fuggire quando è necessario. Io ne faccio parte. Considerali come una sorta di guardia del corpo magica»
Anneka non capiva.
Non riusciva a capire cosa stesse succedendo.
«Ho addestrato tante persone che, purtroppo, hanno perso la vita ancor prima di poterti svelare tale segreto. Iona, tua madre, era una delle mie migliori allieve. Giuse nella mia dimora quando aveva poco più di tredici anni e la sua volontà, insieme al suo potere, erano strabilianti. Conobbe tuo padre e per quanto io conoscessi e fossi responsabile dei danni che io stessa avevo provocato al mio unico figlio, permisi ai due di innamorarsi e di sposarsi non appena compirono la maggiore età» si interruppe solo un attimo, abbassando lo sguardo.
«Caym era tuo figlio?»
Mery annuì, non riuscendo a trovare il coraggio di guardala.
Troppo sconvolta per porre altre domande, diede alla nonna il tempo di riprendere il suo racconto ignara che le informazioni che stava per ricevere l'avrebbero cambiata per sempre.
«Ebbero due figli: due gemelli maschi, bellissimi e dal cuore estremamente puro e gentile. Non possedevano alcun potere ma questo non fu un problema per nessuno: capitava raramente che, a Insperia, nascesse qualcuno privo di alcuna magia, ma era pur sempre una possibilità da considerare. Nonostante tutto, Caym condusse per i primi anni una vita tranquilla, fino a quando in lui non nacque l'idea di fuggire da Insperia e di recarsi in un luogo in cui sarebbe stato più semplice crescere i suoi figli. La Terra era l'unica soluzione. Una soluzione che però non era condivisa da Iona, la quale lo supplicò di lasciar perdere quel sogno folle. Ma le suppliche di tua madre non servirono a nulla»
«I miei fratelli... S-sono ancora vivi?»
«All'età di dodici anni morirono per mano di Caym. Furono il sacrificio per far sì che lui diventasse un demone»
Anneka si portò una mano sulle labbra, cercando di nascondere l'espressione inorridita per le azioni del padre. Non pensava che davvero sarebbe arrivato fino a tanto.
«Costrinse tua madre a darle un altro figlio. Quando nascesti e tuo padre scoprì i poteri da te detenuti, il suo primo pensiero fu quello di eliminarti. I Figli del Fuoco, così eravate chiamati, erano un abominio: ovunque si presentassero, non erano altro che portatori di distruzione. Furono le suppliche di tua madre ed Edgar a convincerlo. Crescesti circondata d'amore e con te portasti la speranza in tua madre, una cosa che aveva perso da tempo. Sperò che con te, tuo padre, sarebbe cambiato. Ma non fu così – deglutì a fatica, prima di guardarla dritta negli occhi – In Iona crebbe la paura, l'ansia che qualcosa potesse accaderti, così come era successo con i tuoi fratelli. Venne da me, supplicandomi di aiutarti e di prenderti sotto la mia custodia ma, ormai, dopo ciò che era successo con Lorcàn, non potevo più esercitare alcun potere. In preda alla disperazione Iona si tolse la vita.
Caym non mostrò alcun segno di sofferenza, comprese la grandezza del tuo potere e non avendo nessuno a contrastarlo, credette che il suo sogno si sarebbe avverato da lì a poco. Ma non fu così. Riuscii a convincerlo a mandarti al Castello di Insperia, con la scusa di poterti allenare. In realtà, ti avrei avuto sempre sotto il mio sguardo, proteggerti se necessario, cercando contemporaneamente un modo per farti fuggire.»
«Edgar non mi ha mai detto nulla»
«E come poteva farlo? Era un ragazzo all'epoca e aveva già i suoi impegni con il giovane principe in carica» le prese le mani, portandole sul suo grembo. «Nessuno è a conoscenza della verità e nessuno dovrà mai esserlo.»
Anneka annuì.
Comprendeva fosse una cosa di famiglia e, come tale, doveva essere.
«Quando avevi poco più di cinque anni, conobbi Caera, l'ultima superstite del massacro del Clan della Linfa e l'unica che, come me, aveva intrapreso la strada da Custode.
Era la migliore amica di tua madre e, come tale, nutriva un forte senso di protezione nei tuoi confronti. Per questo, decise di avvicinarti a suo figlio Levi: all'epoca era un bambino davvero delizioso, amante della natura e propenso alla protezione degli altri. Praticamente, era perfetto per ereditare il ruolo da Custode.
Inconsapevolmente, siete stati istruiti a creare un rapporto di fiducia e dipendenza l'uno dall'altro: seguivate gli stessi corsi, insegnamenti e allenamenti; così anche Helene e Theon.
Eravate diventati il nostro piccolo esercito segreto»
Anneka ascoltò attentamente la storia che sua nonna le stava raccontando.
Tutte le certezze che aveva accumulato precedentemente stavano andando in fumo.
«Improvvisamente, tutto cambiò. Eri ormai un'adulta e avevi iniziato a comportarti come tale, uscendo e divertendoti con i tuoi amici. Una notte, non vedendoti rientrare, Caym iniziò a frugare tra le tue cose, cercando di capire il motivo per cui tardavi sempre e non passavi mai del tempo con lui. La paura di perdere la sua unica via di fuga era troppa per permetterti di vivere una vita serena. Fu allora che scoprì il diario nella quale annotavi ogni tuo pensiero. Scoprì i tuoi sentimenti per Levi e il giuramento dinnanzi ai Primordiali: il Legame che ancora vi lega oggi, impossibile da scindere se non con la morte»
«Fu allora che Caym divenne un demone»
«Esatto e, nonostante Caera avesse fatto di tutto pur di farvi guadagnare tempo per fuggire, non riuscì comunque a salvarvi. Vi perdeste per lunghi anni nelle insenature del tempo e io, ormai, vi avevo dati per morti, fino a quando un giorno non ricevetti una chiamata. Eri rinata, sulla Terra, da una famiglia mortale. Mi era stato dato un limite di tempo affinché riuscissi a ricordare chi eri»
«Giusto il tempo di organizzare il mio viaggio a Lostwinter e incontrare Levi»
«Era tutto calcolato piccola mia»
«Perché non dirmi prima tutto questo?»
«Mi avresti mai creduto?»
Anneka scosse la testa, abbassando lo sguardo imbarazzata.
«Ti sei persa nelle tue insicurezze e io sono qui per ricordarti da dove provieni. Sei una Figlia del Fuoco e come tale non devi permettere a nessuno di spegnere le fiamme che hai dentro»
«E invece sembra che tutti siano lì a soffiarci sopra»
«E tu prendi questo vento e trasformalo nella tua forza!»
La donna le prese il mento, sollevandolo in modo tale da guardarla dritto negli occhi. Si sfilò la collana che potava al collo e gliela porse sul palmo della mano destra.
«Indossala quando più ti servirà»
Non fece in tempo a risponderle che la sua attenzione venne attratta dalle dita sottili di sua nonna che, pian piano, avevano iniziato a schiarirsi, divenendo trasparenti.
Aveva così tante domande da porle, così tante cose da dirle.
«No, aspetta nonna non andare via!»
Le posò un bacio sulla fronte prima di sussurrarle un Ti voglio bene.
Aprì gli occhi, con le lacrime che le rigavano il viso.
Qualcosa di freddo era aggrovigliato tra le sue dita: la collana che sua nonna le aveva donato luccicava alla luce della luna, semplice e con un lungo pendente zaffiro.
Si issò sul materasso, stringendola forte al petto, prima di indossarla.
Inspirò più volte, prima di alzarsi dal letto e aprire la porta un po' troppo violentemente, provocando un suono stridulo che si propagò per il corridoio silenzioso.
Si diresse in cucina, riempiendo un bicchiere d'acqua con la brocca che i domestici avevano lasciato sul tavolino.
Lasciò che la frescura del liquido insapore si scontrasse con la calura che il suo corpo emanava in quel momento.
Quell'incontro inaspettato l'aveva confusa di più ma, al tempo stesso, le aveva dato anche la forza di arrivare fino in fondo: purtroppo, non poteva fare nulla per la sua insicurezza, aveva sempre bisogno di qualcuno che la spronasse, per mettere a tacere tutti quei pensieri che le sussurravano che non ce l'avrebbe mai fatta.
Così come faceva suo padre.
Cercava sempre di portarla allo stremo di ogni sua forza.
Inspirò profondamente, poggiando le mani al bordo del tavolino.
Doveva parlare con Levi il prima possibile: aveva uno strumento che, forse, le avrebbe fatto trovare l'anima di Caym prima del previsto.
Forse li avrebbe portati via da lì.
Forse... avrebbe posto fine a quell'incubo.
Infilò le mani tra i capelli, reprimendo un urlo di disperazione che piano piano di fece spazio all'interno del suo cuore.
Aveva bisogno d'aria.
Afferrò il cappotto che era rimasto appeso dalla sera del ballo, lo chiuse alla meno peggio e aprì la porta di casa, lasciando che qualche fiocco di neve si posasse sul parquet.
Senza una precisa meta, si incamminò per il lungo viale innevato, fino ad imbattersi nella luce della stalla, dalla quale sentiva nitrire ogni tanto i cavalli.
L'odore di letame le provocò un leggero mal di testa ma poco le importava: preferiva rimanere lì, piuttosto che sola e chiusa in una stanza buia.
Si aprì un piccolo corridoio dalla quale fuoriuscirono le teste di due dei tre cavalli adulti presenti: i primi li conosceva già, mentre l'ultimo le dava le spalle.
Si avvicinò a quello che più sembrava attratto da lei e, sicura di sé, gli posò una mano sulla criniera, accarezzandola delicatamente. Il cavallo sbuffò, avvicinandosi di più.
«Ti piacciono le coccole piccolo?»
Si ritrovò a parlare, sorridendo appena.
Fin da quando era bambina, i cavalli le avevano sempre fatto paura nonostante li considerasse animali meravigliosi. Il sol pensiero di potere stare accanto a loro la metteva in ansia.
Ma, in quel momento, sembrò l'unico essere vivente presente in quella terra a voler stare con lei.
Shaedis la odiava, era un fatto più che sicuro.
E, riguardo a Levi, sapeva per certo che tutto quello che c'era stato la notte precedente era già stato cancellato dalla sua memoria.
Osservando gli occhi scuri del cavallo, si vide riflessa e notò quanto fosse patetica in quel momento: pensare a un ragazzo, quando il mondo attorno a lei si stava sgretolando.
«Si chiama Nene, è una femmina»
La voce di una donna la distrasse dai suoi pensieri.
Shaedis, con indosso i vestiti tipici da fantino, se ne stava all'ingresso della stalla, con un secchio ricco di prelibatezze per i suoi animali.
I tre destrieri nitrirono contenti una volta udita la sua voce e Anneka non fece a meno che sorridere.
«Sono contenti di vederti»
«Già, solo perché ho portato loro da mangiare»
Appoggiò il secchio ai suoi piedi e una smorfia di dolore le si formò sul viso. Anneka notò il modo in cui si toccava il fianco destro. Decise di non voler chiedere nulla al riguardo, ricordando la sfuriata della sera precedente.
«Ti do una mano» si propose, afferrando due mele e qualche carota.
Shaedis si limitò ad annuire, dando da mangiare al cavallo che poco prima aveva accarezzato.
Minuti di silenzio seguirono a quelle poche frasi, lasciando che i rumori della notte facessero da contorno, mentre la neve lentamente cadeva a piccoli fiocchi.
«Mi dispiace»
«Per cosa?» le rispose Shaedis, non degnandola di un solo sguardo.
«Non volevo che Iphigénie morisse. Stava a cuore anche a me» si bloccò, sperando che le dicesse qualcosa.
Ma rimase in silenzio, sospirando appena.
«Posso comprendere il tuo dolore più di quello che pensi. Da quando... ha avuto inizio questa storia, ho perso molte persone care»
«Non puoi paragonarti a me» proruppe Shaedis, fulminandola con il suo sguardo.
Ma Anneka non si fece intimorire anzi, le si avvicinò, afferrandole le mani gelide.
«Non lo metto in dubbio» continuò, guardandola negli occhi. «Ho vissuto due vite Shaedis e, in entrambe, ho perso tutto. Mia madre, mio padre, i miei amici... me stessa. Non c'è nulla di più grave che perdere sé stessi»
«Non... Non capisco cosa vuoi dire»
«Hai ancora persone che ti amano in questo mondo. Io, invece, sono solo una pedina per questo gioco. Una volta terminata questa storia, non servirò più a nessuno. Il mio potere non servirà più e io verrò dimenticata. Non ci sarà un luogo che mi appartiene veramente. Ma tu no, hai un posto in cui tornare, da una famiglia che ti aspetta»
Shaedis si allontanò di scatto da lei, indietreggiando appena.
«Sei pazza! Come puoi anche solo pensare che nessuno si ricorderà di te?! L'intera Insperia è nelle tue mani Anneka e tu ancora non lo comprendi. Tutti hanno sacrificato qualcosa per te e tu come li ripaghi? Facendo la vittima e piangendoti addosso?»
«Non sto facendo la vittima, sto solo dicendo che-»
«Stai solo dicendo una marea di stronzate!»
Anneka si ammutolì, lasciando che le braccia che cadessero lungo i fianchi.
«La scorsa notte... Ho rischiato la mia vita per capire cosa fosse giusto fare» le confessò improvvisamente, «sono andata a un ballo e ho conosciuto un gruppo di donne che mi hanno confessato di aver visto Caym recarsi in una vecchia dimora poco distante da Parigi» la vide deglutire, prima di continuare. «Sin da quando ne ho memoria, non ho mai capito cosa vi avesse spinto a scappare e, spinta da questa motivazione, ho seguito le loro indicazioni. Sono arrivata in quella casa e sono entrata»
«Cosa è successo dopo?»
La ragazza non rispose, limitandosi a sollevare la camicia che indossava.
Segni di percosse erano ben visibili su ogni parte del suo corpo, alcuni più scuri e altri più chiari. Fu quando le diede le spalle che il cuore le saltò in gola. Una grossa macchia rossa era incisa sulla sua pelle olivastra: non sembrava essere una ferità, bensì un marchio.
Anneka si avvicinò, sfiorandole appena la pelle.
Shaedis trasalì per il dolore.
«Dobbiamo dirlo a Levi, lui saprà cosa fare»
«No! Non voglio che lui mi veda in questo stato» sembrò supplicarla.
«Ma Shaedis... quel segno potrebbe essere qualcosa di pericoloso.»
La ragazza rispose togliendosi direttamente l'indumento.
Le braccia, così come il petto e le spalle, erano pieni di cicatrici. Piccole e rotonde, spesse e lunghe.
«La mia vita non è stata semplice. Molti mi hanno sfruttata per dare vita ai vizi più peccaminosi, per sfogarsi se il mondo non girava nella direzione che loro desideravano. Io porto le tracce della sofferenza altrui e ciò mi ha fatto dimenticare della mia» sollevò lo sguardo lucido, guardandola dritta negli occhi. «Se c'è qualcuno che ha perso sé stessa, non sei di certo tu Anneka»
La ragazza non disse nulla.
Le si avvicinò, avvolgendo le braccia attorno al suo collo.
Shaedis, per la prima volta dopo tutti quegli anni, ricambiò sinceramente quell'abbraccio, chiudendo gli occhi.
Entrambe, seppur con trascorsi, problemi e insicurezze differenti, rimanevano pur sempre due fenici.
Rinate, dalle loro stesse ceneri.
«Dove state andando?»
La voce di Levi squarciò il silenzio di quella mattina.
Dopo aver avuto quella conversazione, le due ragazze erano rimaste per un tempo indefinito in quella stalla, sistemandola e pulendo i tre recinti. In tranquillità, si erano fatte compagnia, fino a quando il sole non era spuntato infreddolito tra i tetti delle case, illuminando debolmente il manto bianco che la neve aveva lasciato dietro di sé, come un lungo velo di una sposa.
Si erano cambiate, indossando degli abiti più idonei a una cavalcata, rimanendo d'accordo sul fatto di andare a casa di Caym, di riprendere ciò che avrebbe potuto aiutarle a mettere fine a quella storia.
Nel loro piano, però, non avevano considerato Levi.
Avevano dato per scontato il fatto che fosse troppo arrabbiato per poterle anche solo incrociare i loro sguardi; ma lo avevano sottovalutato.
Nonostante Anneka sapesse la sua condizione, vederlo con le gote rosse e i capelli scompigliati dal vento, le fece ricordare inevitabilmente la sera precedente. Il modo in cui i ciuffi di quei capelli scuri erano stati accarezzati dalle sue dita sottili, quelle labbra che le avevano inciso sulla pelle un desiderio peccaminoso che non era riuscita a mandar via.
Dovette schiarirsi la gola e deglutire più volte, per mandare via quelle scene dalla sua mente.
«Una passeggiata» rispose Shaedis, allacciando meglio la sella sulla schiena del suo cavallo.
«All'alba? Con il freddo e in mezzo al bosco?»
«Non succederà nulla, torneremo prima ancora che tu te ne accorga» intervenne Anneka, mettendo un piede sulla staffa e, ricordando il modo in cui Shaedis le aveva insegnato, provò a salire in sella al cavallo.
Inutile dire che cadde rovinosamente a terra, sbattendo le spalle contro il terreno duro.
Levi trattenne una risata, voltandosi nella parte opposta per non farsi vedere. La stessa cosa fece la sorella.
Nessuno si apprestò ad aiutarla.
«Bene» disse Anneka risollevandosi da terra. Strinse il pugno sull'impugnatura della spada che aveva messo al fianco destro e, come se nulla fosse successo, si avviò verso l'area boschiva che l'avrebbe portata sulla strada principale.
Inspirò più e più volte, lasciando che l'aria gelida le entrasse nei polmoni. Il vapore provocato dal suo corpo caldo le annebbiava di poco la vista. Alcuni fiocchi di neve, incastrati tra i petali dei bucaneve, brillavano alla luce del sole.
Aveva dimostrato, ancora una volta, quanto poco affidabile fosse.
Il vibrare del terreno sotto i suoi piedi, le fece intendere che qualcuno stesse arrivando velocemente. Si voltò, giusto il tempo di vedere Levi in sella. Cavalcava verso di lei, il vento gli scompigliava i capelli e il freddo gli colorava le gote di rosso. Gli occhi ambra brillavano, accecanti, e le labbra piene, in una linea sottile, vennero inumidite dalla lingua.
Anneka lo osservò ammaliata, come una visione.
Si fermò davanti a lei e, con un movimento veloce, scese dalla sella.
«Stai andando dalla direzione sbagliata» constatò il ragazzo, sorridendo appena.
«Ma non mi dire...» sussurrò più a sé stessa, spostando il peso del corpo da un piede all'altro.
Levi le porse la mano, indicandole con lo sguardo il cavallo poco distante da loro.
«Ti aiuto io»
Non capì perché lo fece ma non riuscì a ribattere a tale proposta. Afferrò saldamente la mano e, facendo posizionare il piede in maniera corretta, salì in un batter d'occhio in sella al destriero. Anche lui fece lo stesso, mettendosi davanti.
«Puoi reggerti a me» continuò Levi, afferrandole entrambe le mani e chiudendoli all'altezza del suo ventre.
«Grazie» rispose semplicemente, essendo grata al fatto che non potesse vedere l'imbarazzo dipinto sul suo volto.
«Shaedis ci aspetta poco distante da qui, andremo insieme da Caym»
«Te l'ha detto lei?»
«Sì. Lo avrebbe fatto comunque: non vuole avere la responsabilità della tua sicurezza»
Iniziarono a muoversi lentamente e Anneka si sentì di staccarsi dal suo corpo solo quando fu più stabile. L'aria era gelida e la pelle di Levi, fredda come la neve che li circondava, non l'aiutava di certo a riscaldarsi.
Si strinse nel suo mantello, osservando la natura risvegliarsi e rivolgere la sua attenzione al sole che ormai era sorto.
Raggiunsero Shaedis velocemente e fu lei a guidarli per quasi tutto il viaggio.
Silenziosi, giunsero in una strada ripida e rocciosa. Nulla li circondava, se non uno strapiombo sia a destra che a sinistra. Parigi era lontana e loro erano talmente in alto da vedere anche altri piccoli centri sparsi per le colline innevate.
Il cavallo su cui viaggiavano scivolò appena, facendo perdere l'equilibrio ad entrambi. Levi afferrò prontamente la coscia di Anneka, stringendola verso di sé.
Lei si strinse alle sue spalle, appoggiando la guancia sulla sua schiena e chiudendo gli occhi per la paura di cascare giù.
Levi, intanto, deglutì più volte, sperando che i pensieri della notte precedente ritornassero all'interno della cassaforte dentro la quale li aveva rinchiusi. Si era esposto, aveva permesso ai suoi desideri carnali di prendere vita, rovinando l'immagine da duro che lui stesso aveva voluto dare.
Il suo scudo era andato in frantumi nello stesso modo con la quale le aveva strappato i vestiti di dosso. Per quanto fosse importante il viaggio che stavano affrontato, avrebbe preferito mille volte stare in una camera da solo con lei, piuttosto che su quella rupe.
Ma non poteva dirglielo.
Non aveva alcuna certezza che lei provasse lo stesso desiderio.
«Siamo arrivati!»
Lo distrasse la voce di sua sorella, a qualche metro di distanza.
I due si staccarono, alzando lo sguardo verso la piccola dimora che si ergeva sopra la collina: era la stessa che Anneka aveva visto nel suo sogno.
Non vi era alcun odore di dolce a darle il benvenuto, tanto meno il profumo del mare provenire da uno strapiombo.
La sedia a dondolo, posta sul porticato, era ricoperta di neve. Le finestre distrutte, così come il resto della dimora.
«Sicura di essere nel posto giusto? Non sembra esserci nessuno» disse Levi, fermando il cavallo e scendendo da esso.
Ma Anneka aveva la sicurezza di essere arrivata dove doveva essere.
Scese anche lei dalla sella, provocando un tonfo sordo. Infilò la mano all'interno di una delle tasche interne del soprabito che indossava, e ne uscì la collana che la nonna le aveva donato.
«Siamo nel posto giusto, non temere»
Levi la osservò di sottecchi, guardando poi la baracca che aveva difronte.
«Come fai ad esserne così sicura? Non sei mai venuta qui prima d'ora»
Shaedis si era allontanata, attaccando i due cavalli a un ramo piantato a terra.
Forse lo aveva fatto per lasciare che Anneka gli spiegasse tutto, oppure perché, in fondo, non le importava nulla. Voleva solo che la situazione tornasse a un prima di loro due.
Voleva riavere indietro la sua vita, per quanto terribile potesse essere.
Aveva chiuso con il capitolo di poteri e magia, nel momento in cui era stata catapultata lontano da Insperia. Anneka poteva pensare tutto ciò che voleva ma la verità era che Shaedis, a Insperia, non voleva assolutamente tornarci.
«Non posso dirti niente, finché non sarò sicura di avere ciò che cerchiamo»
Anneka si diresse verso la casa, salendo appena gli scalini che l'avrebbero condotta al suo interno.
Levi le afferrò il braccio, prima ancora che potesse proseguire.
«Da quando hai dei segreti con me?»
«Perché non dovrei averli?»
«Anneka... Puoi evitare di essere così esasperante almeno per una volta?»
«Ah, adesso sono esasperante? Così come lo ero ieri sera? Non mi sembra che la mia indifferenza ti abbia dato fastidio»
Se solo a Levi fosse stato concesso, le sue guance si sarebbero colorate di rosso per l'imbarazzo.
«Non mi sembra il momento adatto per discutere di questa questione»
«Esatto è fuori luogo, come la tua poca fiducia nei miei confronti in questo momento» staccò il suo braccio dalla presa, ormai, debole di Levi, guardandolo dritto negli occhi. «Negli ultimi mesi, anche se non proprio esplicitamente, mi hai chiesto di fidarmi di te. Adesso, sono io che ti sto chiedendo di farlo»
Non disse nulla, osservandola ancora.
Non si era accorto, fino a quel momento, di averla sottovalutata. Ma infondo non aveva tutti i torti: per quanto si sforzasse di non pensarci, una piccola parte di Levi non l'avrebbe mai più vista come la sua vecchia Anneka, e questo lei lo sapeva.
Ma dopo le parole della nonna, non le importava.
Era un fuoco ardente che nessuno mai avrebbe potuto spegnerlo.
Bastava solo che se lo ricordasse.
«Andrò dentro da sola» ruppe il silenzio, facendo formare un'espressione contrariata sul viso del ragazzo. «Voi rimanete qui nel caso in cui Caym tornasse. Siete più forti di me nel combattimento corpo a corpo»
«Questo è vero» si intromise Shaedis, impugnando l'arco. «Non farti uccidere»
Anneka sorrise, voltandosi nuovamente verso la porta d'ingresso.
Arrivò al portico, bloccandosi alle parole di Levi.
«Io sarò qui» disse, osservando poi la sorella «se ti serve una mano, noi siamo qui»
Inspirò profondamente prima di aprire la porta malmessa.
Il cigolio si propagò in quel piccolo ambiente malridotto. Non c'era nulla, nemmeno i mobili a decorare le stanze decadenti. Non capiva se fosse uno scherzo o se davvero sua nonna le aveva indicato quel luogo come dimora di ciò che stava cercando.
Prese la collana tra le mani e, osservandola attentamente, pensò a ciò che desiderava.
Una risata lontana si avvicinò violentemente, mentre un bambino scendeva giocoso giù per le scale, seguito da altri due.
Anneka non li riconobbe, fino a quando uno non pronunciò il nome di Edgar.
Attorno a lei l'ambiente era cambiato: la casa era diventata una bellissima dimora accogliente, dalla carta da parati giallo tenue e dai mobili scuri, sopra la quale erano disposti diversi oggetti di famiglia. Dietro di lei, un camino spento, sulla cui mensola erano appoggiate cornici anonime: dentro, foto di famiglia, di un bambino da solo e una in gruppo da tre.
Gli stessi tre che le stavano correndo intorno.
Tenevano tra le mani degli aeroplanini di carta, mentre si rincorrevano per tutta l'abitazione, rimproverati da una domestica anziana.
«Edgar! Devi essere più veloce, i nemici ci attaccano!» disse un bambino biondo, i cui occhi verdi gli ricordarono immediatamente quelli di Cassian.
Doveva essere Alexander.
«Mi... Mi fanno male le gambe! Corriamo da ore!» rispose seccato, accasciandosi a terra.
L'ultimo bambino, dai capelli corvini e dagli occhi azzurri, si inginocchiò davanti a lui.
«Sali sulle mie spalle, ti porto io»
«Ma sono pesante Ejaz»
«Non importa, gli amici non si abbandonano»
Edgar sorrise, salendo velocemente sulle sue spalle.
Anneka li seguì oltre la cucina, uscendo fuori sulla veranda, nella quale si sedettero sugli scalini, osservando l'orizzonte.
Alexander costruiva altri aeroplanini, mentre Edgar sorseggiava rumorosamente un bicchiere d'acqua. L'unico a parlare fu Ejaz che riconobbe essere suo padre.
«Promettetemi che non ci separeremo mai» i due bambini lo osservarono senza dire nulla. «Che staremo sempre insieme, qualunque cosa accada!»
«Lo prometto!» dissero in coro i due, poggiando le mani l'una sopra l'altra.
Ejaz imitò il gesto.
«Noi siamo come un aeroplano» disse Alexander «voi siete le ali che mi hanno permesso di esplorare il mondo al di fuori del Castello, e io sono il motore che vi guiderà»
«Perché tu sei il motore?» chiese Edgar, osservandolo accigliato.
«Perché sono il più intelligente!» rispose ridendo, iniziando a correre, seguito dagli altri due.
Questa volta Anneka rimase ferma dov'era, guardandoli da lontano.
Lentamente l'ambiente attorno a lei ritornò ad essere quello che era prima. Vedere suo padre in quel modo, non le faceva credere fosse vero l'uomo che era diventato. Come poteva, un'anima così pura, essere un mostro del genere?
Fu appunto questo a farle capire quanto stupida fosse stata a pensare di trovare l'anima di Caym in quella casa.
L'aereo era andato distrutto. Il motore aveva ceduto, andando in avaria, e le ali avevano planato senza una meta, fino a sgretolarsi del tutto.
Caym aveva lentamente abbandonato la sua anima, volutamente, pezzo per pezzo in quel cammino che l'aveva portato ad essere un mostro.
E mai più sarebbe ritornata, perché lui non l'avrebbe mai più voluta.
Perché tenere qualcosa che in realtà non si vuole?
Anneka sorrise amaramente per aver compreso questo dettaglio solo in quel momento.
Avevano perso tempo.
Caym gli aveva fatto perdere tempo.
Li aveva allontanati dall'Accademia così da poter avere campo libero, di agire come più desiderasse.
Inevitabilmente, i suoi pensieri si focalizzarono sui suoi amici. Su Helene, Theon e Edgar.
Doveva raggiungerli.
Dovevano tornare.
Anneka uscì dalla casa, affranta dall'ennesimo buco nell'acqua.
«Allora? Trovato niente?»
Levi la osservò, mentre Shaedis sospirava annoiata.
«È arrivato il momento di tornare a casa Levi»
Vi ringrazio per il vostro supporto e per aver letto la mia storia!
Alla prossima!❤️
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