𝑵𝑶𝑽𝑬
Molto tempo prima,
in un luogo senza nome
Le ultime giornate di maggio accompagnavano gli allenamenti di Helene. Immersa nella natura ormai rigogliosa, aveva le mani giunte davanti a sé, mentre sulle gambe teneva il vecchio grimorio di sua madre: le pagine svolazzavano a causa del vento, facendole perdere la concentrazione sulle parole da recitare.
Nonostante provenisse da una delle sette magiche più importanti di tutti i tempi, l'ultima rimasta dopo l'avvento del nuovo secolo, aveva scoperto di possedere i suoi poteri magici in netto ritardo rispetto agli altri ragazzi. Si aspettava che, al compimento dei sette anni, com'era successo al fratello, desse sfogo alle sue abilità, ma non era andata così.
Durante il rito di iniziazione era rimasta immobile, con lo sguardo rivolto verso le sue mani tremanti, mentre gli occhi di tutti i suoi insegnati e coetanei erano puntati su di lei. Da quel momento chiunque aveva iniziato ad allontanarla, ritenendola la pecora nera del gruppo.
Era rimasta sola, senza amiche e, adesso, anche senza suo fratello, dacché era in viaggio con i genitori in uno di quei raduni per i nuovi iniziati.
Lei era rimasta al campo per seguire le lezioni di recupero, così da poter essere allo stesso livello dei suoi compagni una volta tornati dalle vacanze estive. Fino ad ora aveva superato brillantemente tutti gli esami, ma se voleva davvero utilizzare le sue abilità al di fuori di quel posto, doveva allenarsi costantemente.
«La fiamma va alimentata, curata e tenuta sotto controllo. Se non lo si fa, si spegne oppure ti divora completamente»
Erano queste le parole che le ripeteva costantemente Edgar.
Finito l'allenamento, raccolse tutte le sue cose e cominciò ad avviarsi verso la residenza. Il sentiero era costellato da piante di ogni genere, i cui fiori colorati davano la sensazione di camminare dentro un arcobaleno. Il rumore del vento attraverso le chiome folte degli alberi l'accompagnò per tutto il suo percorso, fino a quando non raggiunse le pendici di un enorme collina, coperta da un prato verde: si distese e prese a giocherellare con i fili d'erba, mentre la sua pelle catturava i raggi caldi del sole di inizio estate.
Il cielo era limpido, permettendole di perdersi tra le sfumature di quel blu cobalto.
Sospirò, assaporando la sensazione di tranquillità che provava ogni volta che si trovava a contatto con la natura.
Ma quel benessere sfumò l'attimo successivo, quando, dietro di sé, sentì un brusio seguito dal rumore di rametti di alberi spezzati da passi pesanti.
Helene si irrigidì, sollevandosi da terra e senza voltarsi, chiuse la mano destra in un pugno, formando una palla di terra compatta circondata da pietre appuntite.
La lanciò oltre le sue spalle, sentendo poi un tonfo sordo.
Voltandosi, raggiunse la sagoma esanime a terra: un ragazzo, poco più grande di lei, giaceva a terra dolorante. La mano sinistra era appoggiata alla spalla destra, sopra la ferita che lei stessa gli aveva causato. I capelli folti gli coprivano il viso, mentre dalle labbra fuoriuscivano leggeri lamenti di dolore.
«Stai bene? Mi dispiace così tanto, io...»
Il ragazzo sotto di lei aprì gli occhi e le sorrise, facendola arrossire dall'imbarazzo.
«Sai come difenderti!» le disse, sollevando la schiena da terra. «Hai una mira eccellente!» continuò, alzandosi completamente.
Helene seguì i suoi movimenti, rimanendo sempre sull'attenti.
I suoi occhi, di quel colore così particolare, la scrutarono dalla testa ai piedi, prima di pulire le macchie di terra dai suoi vestiti puliti.
«Chi sei?» gli chiese.
«Sono Levi»
«Non ti ho mai visto»
«Sono nuovo! – rispose sistemandosi il colletto della camicia - mio padre, Edgar, mi ha portato qui» concluse, osservando l'ambiente che lo circondava.
Helene rimase scioccata da tale affermazione: Edgar non aveva mai detto di avere un figlio.
Levi abbassò lo sguardo sulla sua ferita e, posizionando una mano su di essa, la pelle prese a cicatrizzarsi lentamente, fino a quando non si rimarginò completamente.
«Come ci sei riuscito?! – chiese stupita Helene, afferrando le sue mani - S-sei un mago guaritore? Di quale clan fai parte?»
-Levi! Helene! -
I due bambini si voltarono, in direzione della voce che li aveva chiamati.
Edgar, seguito da una donna, li raggiunse sorridendo.
«Vedo che hai già fatto conoscenze» disse la donna, accarezzando i capelli al ragazzo.
«Si mamma!»
«Levi, lei è Helene Zucosky, fa parte del clan dei Morgana. È alle prime armi con la magia, proprio come te! Potrebbe aiutarti a gestire i tuoi poteri, che ne dici?» intervenne Edgar, posando una mano sopra la sua spalla.
«Si papà!» rispose, sorridendo all'uomo.
Il ragazzo le tese la mano, aspettando che lei la stringesse.
Helene ricambiò il gesto, sorridendo imbarazzata.
«Diventeremo ottimi amici. Me lo sento!» disse, mostrandole un sorriso dolce.
Mentre percorreva lentamente le scale che l'avrebbero portata al terrazzo in cima all'edificio, Helene ricordò la prima volta che aveva visto Levi: aveva dieci anni, una corporatura esile e dagli occhi estremamente dolci.
Un bambino timido, silenzioso ma allo stesso tempo con tanta voglia di fare nuove conoscenze. Sempre propenso ad aiutare gli altri come meglio poteva, sfruttando al massimo le sue potenzialità.
Nonostante si conoscessero ormai da molti anni, non le aveva mai confessato le sue vere origini. Infatti, ogni volta che gli chiedeva da dove provenisse o di quale clan facesse parte, lui le rispondeva sempre allo stesso modo:
«Non sono i miei poteri a definirmi, ma mia madre. Dove c'è lei, so che ci sono anche io e questo mi basta»
Era sempre stato molto affettuoso e pieno di consigli utili da dare.
Era un ottimo amico.
Ma da quando aveva perso sua madre, tutto era cambiato.
Helene non era più riuscita a rapportarsi allo stesso modo con lui negli anni a venire, fino a perdere completamente qualsiasi tipo di contatto.
Adesso, dopo ben ventuno anni, si trovava lì, a un passo da lui: sapeva per certo che Levi non le avrebbe mai fatto del male, ma la paura di non poterlo più considerare un amico la terrorizzava talmente tanto che ci mise un'eternità per salire l'ultima rampa di scale.
Io so che esiste ancora quel Levi.
Si disse, aprendo la porta in metallo.
Lo trovò lì, seduto sul parapetto in pietra grezza.
Con la schiena piegata in avanti, teneva il mento appoggiato al ginocchio sinistro, mentre la gamba destra penzolava avanti e indietro al di là del davanzale.
«Mi piacciono i posti in alto» le aveva confessato una volta, «è come se da lì riuscissi a controllare il mondo»
«Sapevo di trovarti qui» urlò Helene, da lontano.
Levi non si mosse di un millimetro, rimanendo con lo sguardo fisso davanti a sé.
La ragazza si avvicinò lentamente, fino a quando non fu accanto a lui. Sentì i suoi occhi bruciare sulla sua pelle come se la volesse incenerire seduta stante, ma poco le importava: erano amici, e gli amici si aiutano anche nei momenti di difficoltà.
«Sai anche quanto mi piaccia stare solo» disse atono, ritornando con lo sguardo rivolto verso l'orizzonte.
«Lo so ma... Sai anche quanto mi piaccia rompere le palle agli altri» gli rispose sorridendo, prima di salire sul muretto e sedersi accanto a lui.
Levi non si oppose e questo fu un buon segno per Helene: significava che poteva restare, almeno per un altro po'.
«Ti ha mandato Edgar? Vuole sapere se ho intenzione di ammazzare qualcuno?»
«Oh, no no, è già a conoscenza dei tuoi istinti omicidi. Si sta ancora abituando comunque» ironizzò, scorgendo un piccolo accenno di sorriso sul viso dell'amico. «In realtà, sono venuta di mia spontanea volontà.»
«Mh» rispose semplicemente.
Helene non ricordava più l'ultima volta che lo aveva visto sorridere a una sua battuta; che lo aveva visto scherzare con Theon o discutere con suo padre senza che la conversazione sfociasse in un litigio, o si concludesse con un insulto.
Ormai i ricordi di un Levi spensierato erano stati sostituiti da quell'espressione che aveva perennemente dipinta sul volto.
«Ti ricordi di quella volta in cui abbiamo fatto finta di essere due ninja e ci siamo rotti un braccio cadendo dagli alberi della Foresta Nera? Ho ancora impressa la faccia di Theon quando ha dovuto chiamare Edgar» iniziò Helene, sorridendo a ricordi così lontani.
Lui rimase fermo come una di quelle statue poste sui tetti di case antiche.
Helene tentò di nuovo, cercando un ricordo che potesse scaturire una qualche reazione da parte sua.
«Oppure di quella volta in cui-»
«So cosa stai cercando di fare» la interruppe, voltandosi verso di lei. «Pensi che raccontandomi qualche vecchia storia possa ritornare quello di prima, non è così?» chiese, scuotendo la testa in senso di negazione. «Che stupida.»
«Sto solo cercando di capire come stai, Levi»
«Perché? Importa a qualcuno?»
«Sì. Importa a me, a Theon, a tuo padre... Siamo tuoi amici, tuoi alleati e so che puoi essere meglio di così. Tu sei meglio di così.»
Levi ignorò le parole pronunciate dalla ragazza.
Chiuse gli occhi e alzò il viso verso il sole caldo di mezzogiorno.
«Povera piccola Helene... Sai, mi ha sempre infastidito questo tuo essere così ingenua. Sempre a cercare un modo per migliorare gli altri, senza mai riuscirci. Non ti sei un po' stancata?»
«No. È questo che fanno gli amici, si aiutano. In tutto e sempre.»
Levi si tirò su, mettendo le piante dei piedi nudi metà all'interno e metà all'esterno del cornicione, dondolando avanti e indietro. Le mani erano dentro le tasche dei jeans, mentre dalle labbra pendeva una sigaretta spenta.
«Aiuto... Che parola inutile. Proprio come il suo significato.»
«Levi...» disse, alzandosi anche lei. «Ti abbiamo abbandonato. Io ti ho abbandonato... Mi dispiace per quello che ti è successo. Se solo potessi tornare indietro nel tempo io-»
«Non scusarti con i morti Helene, è fiato sprecato. Piuttosto, perché non ti levi un po' dalle palle?»
«Smettila di fare il coglione! – urlò esasperata, alzandosi e mettendosi difronte a lui – Datti una svegliata e cerca di capire che siamo qui tutti per la stessa cosa. Anneka deve recuperare i ricordi per mettere fine a questa storia, e per farlo le servi tu. Solo tu puoi aiutarla! Perché non lo capisci?!»
«Lo capisco, ma non voglio farlo. Ho fatto una promessa a me stesso ventuno anni fa e non ho intenzione di infrangerla. Non posso fare niente per te e tanto meno per Anneka. Sono così adesso e niente può cambiarmi. Arrenditi Hel, è meglio.»
«No, non mi arrenderò con te. Farò il possibile pur di riportarti indietro!»
Levi si girò, sospirando.
Sapeva quanto potesse essere testarda e determinata in queste cose, ma non gli importava: come non era riuscito a cambiare idea in quegli anni, di certo non lo avrebbe fatto adesso. Lui aveva chiuso con questa storia.
Helene, tenendo gli occhi ancorati ai suoi, vide come una piccola scintilla accendersi in quelle iridi opache, ma fu tutta una mera illusione.
Dopo secondi che parvero infiniti, Levi spezzò il silenzio, ma non fu nulla che lei volesse sentirsi dire.
Avvicinandosi alla figura della ragazza, posizionò le mani ornate di anelli d'oro ai lati della faccia di lei, guardandola dritto negli occhi.
«Allora aspetterò che la tua anima faccia compagnia alla mia all'Inferno.»
Concluse, posando un bacio sulla sua fronte, prima di sparire nel nulla.
L'aria calda di quel pomeriggio andò a scontarsi con la pelle di Anneka.
Aveva camminato per un tempo indefinito, che le era bastato per poter rilassare i nervi e dimenticare quel brutto attacco d'ira che aveva avuto nell'ufficio di Edgar.
Era stato qualcosa di viscerale, interno, che le aveva scombussolato i pensieri rendendoli negativi e autocritici: le era già successa una cosa simile l'ultima volta che aveva visto sua madre.
Immersa nel bosco rigoglioso che circondava l'Accademia, Anneka seguì il percorso in pietra, fino a quando non giunse davanti a enorme roseto.
Aprì la pesante porta in vetro, rivelando il vero interno della stanza: era un'enorme palestra, le cui pareti erano interamente ricoperti di specchi.
Al centro di essa, penzolavano quattro sacchi da box, mentre sul lato destro vi erano una decina di archi appesi: sotto di essi, all'interno di faretre, diversi tipi di frecce erano posizionate come dei mazzi di fiori letali, aventi le punte in metallo decorate con disegni in rilievo.
Sul lato sinistro, invece, erano state schierate una moltitudine di spade, le cui impugnature con ornamenti diversi, permettevano di distinguerle le une dalle altre.
Pugnali di differente dimensione erano custoditi, infine, all'interno di armadi in vetro.
Osservando la vastità di quel posto, andò spedita in direzione delle spade, essendo che per anni suo padre l'aveva costretta a frequentare lezioni di scherma. Con le punte delle dita, sfiorò le diverse impugnature, fino a scegliere quella che le sembrò più adatta a lei: una spada abbastanza spessa con un drago bianco e oro che si innalzava verso il metallo tagliente.
L'afferrò decisa ma non fece in tempo a sollevarla che la pesantezza del ferro trascinò la punta della spada verso il pavimento, provocando un rumore metallico.
«Hai scelto proprio la più pesante»
Sentì dietro le sue spalle.
Anneka si girò immediatamente, incrociando la figura di Theon.
Il ragazzo era appoggiato allo stipite della porta e teneva le braccia incrociate davanti al petto, mentre sul viso aveva dipinto un'espressione divertita.
La luce fioca del tramonto illuminava la sua figura, donandole un aspetto tutt'altro che terreno: da quando lo aveva incrociato la prima volta, l'aveva visto sempre come l'ancora di salvezza. Ogni suo gesto, ogni suo sguardo o sorriso, sembrava suggerirle che era lì per lei, pronto ad aiutarla in qualsiasi momento.
Questa, era una sensazione che Anneka non sopportava perché non aveva bisogno di nessuno nella sua vita, sapeva di potersela cavare benissimo da sola.
All'affermazione di Theon, preferì non rispondere, riprovando ancora una volta a sollevare la spada, con entrambe le mani: ma il risultato rimase sempre lo stesso.
Theon le si avvicinò piano, prima di appoggiare le sue mani sui suoi fianchi, sistemandole così la posizione.
«Una spada non va mai sollevata con il solo peso delle braccia» le spiegò serio, guardando la sua figura dall'alto. «Le spalle, la schiena e le gambe sono i tre punti di forza che servono per guidarla al meglio» concluse, mettendosi dietro di lei.
La schiena di Anneka aderì perfettamente al petto di Theon, il cui viso era posizionato nell'incavo del suo collo, a pochi centimetri dalle labbra di lei.
Theon si ritrovò a fissarle e prese a chiedersi come sarebbe stato poterle toccare, sfiorare e persino baciare.
Deglutendo a fatica, si chiarì la voce prima di parlare.
«Infine, devi trovare la giusta posizione alle mani. La tua mano dominante va messa alla base dell'impugnatura per avere così miglior stabilità; mentre l'altra, va posizionata poco prima dell'inizio del metallo. Solo così potrai avere un maggiore controllo quando la sollevi» concluse dolcemente, mostrandole quanto spiegato, attraverso movimenti fluidi.
Anneka seguì attentamente tutte le istruzioni tecniche del ragazzo, ritrovandosi più volte a fissarlo.
«Sei molto bravo» sussurrò, fissandolo dritto negli occhi.
«Proteggere le persone è un mio dovere, Anneka. Come lo è proteggere te.» soffiò a pochi centimetri dalle sue labbra.
Anneka deglutì rumorosamente, prima di divincolarsi da quell'abbraccio.
L'aria all'interno del roseto sembrò aumentare di qualche grado, tanto che legò i capelli in una coda alta.
«Non voglio che siano gli altri a proteggermi.»
«È impossibile. Qui, all'Accademia, tutti coprono le spalle agli altri attraverso le loro abilità. Non c'è nessun egoismo» rispose Theon sinceramente, riponendo la spada all'interno dell'apposito fodero.
«Insegnami allora.»
«A fare cosa?»
«A combattere. Voglio essere pronta a difendermi da qualsiasi cosa.»
«Va bene» rispose sollevato Theon, indicandole la porta d'uscita. «Adesso andiamo in sala comune, tra poco verrà servita la cena.»
Anneka seguì il ragazzo fuori dalla stanza, lanciando un ultimo sguardo alla spada che aveva impugnato prima. Se davvero avesse imparato a combattere come si deve, le sarebbe stato più semplice difendersi da qualsiasi pericolo.
Le sarebbe stato semplice difendersi una volta scappata da quel posto.
SPAZIO AUTRICE!
Buon pomeriggio a tutti! Allora, come state? Spero bene ❤❤❤
Come dico sempre, io non sono brava a scrivere nell'angolo autrice quindi vado subito al sodo: vi è piaciuto il capitolo?
Vi aspettavate questo rapporto tra Hope e Levi?
Ma soprattutto, cosa ne pensate di Theon e Anneka? Succederà qualcosa tra i due o sarà solo una fantasia che non sarà mai espressa? 😇
Lo scoprirete solo leggendo!
Grazie per aver letto la mia storia! ❤
-imsarah_98
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