Vi auguro una buona lettura ❤️
-imsarah_98
Sospirando aprì gli occhi, prima di sollevare il proprio corpo dal morbido materasso.
I raggi del sole entravano prepotentemente dalla finestra aperta, mentre leggeri soffi di vento caldo muovevano le tende, lasciando i bordi solleticare la gamba scoperta di Anneka.
Stropicciandosi gli occhi, si guardò intorno, notando con stupore che la sua compagna di stanza non c'era: al suo posto vi era un biglietto, il cui messaggio era stato scritto di fretta, e dei vestiti perfettamente piegati sul letto rifatto.
Curiosa si alzò, leggendo il contenuto del foglio che le era stato lasciato
Sono dovuta uscire presto! Ci vediamo per pranzo!
Ps: metti questi vestiti prima di andare all'allenamento.
Ripiegò il pezzo di carta osservando ciò che avrebbe dovuto indossare, ovvero una t-shirt bianca e un paio di pantaloni cargo a vita alta neri; dell'intimo sportivo e un paio di anfibi leggeri.
Non sembra l'abbigliamento adatto per una corsetta, pensò, prima di recarsi in bagno.
Quella mattina si sarebbero svolti gli allenamenti e Anneka aveva dovuto ammettere a sé stessa di essere un po' agitata, se non anche emozionata.
Nonostante il suo obiettivo fosse sempre quello di abbandonare tutto e tornarsene a New York insieme alla madre, la sua curiosità sembrava prevalere sul suo buon senso.
Fin da quando era bambina, aveva esternato una curiosità alle volte un po' troppo esagerata che, in un modo o nell'altro, era sempre stata soddisfatta dai genitori, pronti a rispondere a ogni sua domanda. A causa di questa curiosità, lo stato di incertezza in cui navigava in quel momento la terrorizzava.
Con gli occhi fissi sul loro stesso riflesso allo specchio appannato del bagno, Anneka continuava a ricadere sugli stessi quesiti, rimproverandosi sul fatto che stesse sprecando troppe energie a cercare risposte, piuttosto che ad osservare l'ambiente che la circondava per trovare una via di fuga.
Ce la puoi fare.
Concluse tamponando i capelli bagnati, le cui punte ricadevano sulle spalle, lasciando che le gocce segnassero il loro percorso lungo la schiena, provocandole dei brividi di freddo.
L'orologio segnava le 8:30, il che le avrebbe permesso di fare colazione prima di recarsi in palestra, la stessa del pomeriggio precedente.
Avrebbe voluto raccontare di Theon alle sue due amiche che, quasi sicuramente, avrebbero apprezzato il soggetto: da quando le conosceva, non avevano fatto altro che cercare di trovarle un ragazzo con la quale avrebbe potuto divertirsi o magari costruire un rapporto serio e duraturo. Ma, nonostante i loro sforzi, non c'erano mai riuscite: ogni volta che intraprendeva una relazione con qualcuno, essa era destinata a cessare, come se ci fosse qualcosa che le remasse contro, impedendole di arrivare fino infondo.
Le era capitato più di una volta di provare interesse per qualcuno, di conoscerlo, di divertirsi anche, ma quando le cose intraprendevano una strada più seria di una semplice conoscenza, il suo cuore e la sua mente andavano in blackout.
Improvvisamente, provava disgusto e fastidio in quello che prima le era sembrato perfetto.
Ma, da quando aveva rincontrato Theon, tutto sembrava essersi sbloccato. Erano solo pochi giorni, eppure aveva provato sensazioni che fino a quel momento aveva solamente potuto osservare nella vita degli altri.
Era stato cordiale, gentile e molto dolce nei suoi confronti sin dal primo momento, e per lei erano stati gesti che l'avevano inevitabilmente portata ad essere attratta da lui.
Il pensiero che ci potesse esserci qualcosa oltre a quei semplici sguardi le sfiorò la mente, facendole defluire il sangue alle guance.
Sentì bussare alla porta e questo fu sufficiente per distrarla da quei pensieri fin troppo adolescenziali. Infilò la maglia e aprì, ritrovandosi davanti il soggetto in questione in tenuta sportiva.
Indossava una maglia nera attillata, sistemata all'interno degli stessi pantaloni cargo che indossava lei. I capelli erano raccolti in delle treccioline, legate tra di loro in un piccolo chignon. Con la barba leggermente incolta e gli occhi azzurro cielo, sembrava essere un dio greco sceso dall'Olimpo solo per scombussolarle gli ormoni.
«Buongiorno, dormito bene?» le chiese sorridendo.
Anneka non trovando la voce per rispondere decise di annuire, cercando di non incrociare il suo sguardo.
«Ho preferito portarti la colazione in camera stamattina» continuò, sollevando davanti al suo viso assolutamente perfetto un sacchetto con su scritto Penny's. «Spero di non averti disturbato»
«Assolutamente no, stavo solo...Ecco...Mi stavo preparando per gli allenamenti»
«Lo vedo»
Teneva le braccia muscolose incrociate davanti al petto, mentre le sue iridi limpide analizzavano ogni singola parte del corpo di Anneka.
Sentì il suo sguardo bruciare sulla sua pelle e, imbarazzata, cercò qualcosa che la distraesse da quella tensione indefinita che si era venuta a creare.
Allontanandosi dal fisico statuario del ragazzo, si mise davanti allo specchio, cercando di sistemare la coda in modo che non le desse fastidio.
«Cosa hai portato da mangiare?»
«Due cappuccini e due brioches alla cannella. Helene mi ha detto che sono le tue preferite.»
Anneka annuì, voltandosi verso di lui.
Theon le sorrise e le porse una delle due brioches con fare gentile.
«Facciamo colazione fuori, sul balcone?»
«Va bene, abbiamo ancora un po' di tempo.»
A differenza di tutti gli altri, Levi non si sarebbe recato agli allenamenti quel giorno.
Percorrendo lentamente il corridoio che lo avrebbe condotto all'ufficio di Edgar, osservò dall'alto l'allestimento delle varie impalcature e l'organizzazione dei percorsi che i nuovi arrivati avrebbero dovuto affrontare, come da rito, così da capire su dove concentrare meglio le lezioni.
Edgar aveva fatto di tutto per far sì anche lui venisse ammesso al programma di allenamento di Dusan, nonostante sapesse dei loro trascorsi per nulla piacevoli.
Questa sua convocazione, infatti, lo aveva stranito a tal punto che non aveva avuto nulla da ridire.
Focalizzando la sua attenzione fuori da una delle finestre, vide due giovani ragazzi tenere in mano due torce in vecchio stile: le punte dei rami possenti bruciavano a causa delle fiamme ardenti.
Osservandole attentamente, Levi indirizzò le dita della mano sinistra su di esse, rendendole ancora più alte. I due ragazzi gettarono le torce ai loro piedi, cercando di spegnerle in qualche modo.
«Levi! Smettila di giocare con le fiamme!» tuonò Edgar dall'ingresso del suo ufficio.
«Mi annoio» rispose di rimando, osservando un'ultima volta il disastro che aveva causato.
Una volta varcata la soglia dell'ufficio del padre, si sedette in una delle due poltre poste difronte la scrivania, appoggiando i piedi su di essa.
Le mani erano impegnate ad arrotolare una cartina biancastra, con dentro un po' di tabacco. Gli occhi erano puntati fuori dalla finestra, precisamente sulla linea sottile e dritta dell'orizzonte, dove da poche ore aveva visto sorgere il sole.
I suoi raggi potenti illuminarono i mosaici in vetro colorati posti nella parte alta delle finestre della stanza, rivelando un bellissimo gioco di colori.
Edgar si sedette, invece, sulla sua poltrona in pelle e, con mano tremante, prese la bottiglia di whiskey, riempiendo fino all'orlo un bicchiere di cristallo. Gli occhi, circondati da due profonde occhiaie, erano fissi su un foglio di carta appositamente ingiallito, posto sulla scrivania. I capelli erano scompigliati, la camicia completamente stropicciata e fuori dai pantaloni del completo gessato, mentre le bretelle colorate erano tirate giù.
Levi lo osservò attentamente, cercando però di non far notare il disgusto sul suo volto, provocato dall'odore acre di alcol misto a sigaro cubano che emanava.
«Allora Sherlock, vuoi dirmi cosa succede?» proruppe il ragazzo.
«Togli quei piedi dalla mia scrivania Levi» rispose stanco, sorseggiando poi un po' di liquido giallastro.
«Da quando non dormi? Se vuoi essere davvero così efficiente, non puoi permetterti di perdere una sola ora del tuo sonno di bellezza!»
«Se solo tu ti rendessi conto di ciò che sta succedendo attorno a te, al posto di comportarti come uno stronzo ipocrita, non chiuderesti occhio» disse tagliente.
In tutti quegli anni, Edgar non si era mai rivolto in quel modo a Levi e questo lasciò il ragazzo completamente senza parole. Decise di non ribattere e ritornare a concentrarsi sulla sigaretta tra le sue mani, togliendo i piedi dal tavolo, incrociandoli sotto la sedia.
Edgar bevve in un unico colpo il whiskey, sbattendo rumorosamente il bicchiere sul piano in mogano. Con la testa tra le mani, diede sfogo alla sua rabbia.
«Ho cercato di aspettare, di lasciarti lo spazio necessario per elaborare il lutto e per prendere confidenza con la tua nuova natura. Ho cercato di capirti, di consolarti per quel poco che mi è stato concesso. Ho accettato i tuoi comportamenti irrispettosi verso me e tutti gli altri, verso le persone che ti amano davvero. Ma adesso sono stanco! Sono stanco del fatto che tu non vuoi portare a termine un compito che ti è stato assegnato. Sono stanco di badare a te come fossi un bambino! Cresci una buona volta!»
Levi inspirò profondamente, mordendosi la lingua per non rispondere in modo tagliente e si alzò dalla sedia, dirigendosi verso la finestra perfettamente pulita. Si accese la sigaretta e, dal riflesso, prese a osservare suo padre.
Si rese conto di quanto fosse invecchiato dall'ultima volta che lo aveva visto. Erano passati ben ventuno anni e, nonostante si dicesse che i maghi come lui non invecchiano mai, attraverso gli occhi di Levi era ormai decrepito.
Capelli bianchi, rughe in tutto il viso e mani tremanti.
Era questo quello che era stato donato a Levi: vedere la vera essenza delle anime delle persone, macchiata o no dalle azioni compiute durante la loro vita.
Lui era morto e l'unico contatto con la vita che gli era stato concesso era stato questo: accompagnare le anime oltre quel famoso punto di non ritorno in base alla loro purezza. Era come un piccolo Caronte, ma senza una barca su cui viaggiare.
Alle volte, era proprio lui quello che doveva strappare la vita alla gente, senza curarsi del fatto che fossero innocenti o meno: doveva eseguire gli ordini, proprio come un soldato.
Levi era un soldato della morte e questo era l'essenza che gli permetteva di mantenere la sua forza e la sua immortalità.
Se si fosse rifiutato, il suo destino sarebbe stata la morte totale.
Questo era il patto che aveva stabilito: la salvezza di tutti, in cambio del suo più totale annientamento.
«Beh, se non c'è altro che il tuo astio nei miei confronti...» disse il ragazzo, spegnendo la sigaretta sul davanzale della finestra.
Non fece neanche in tempo a voltarsi e raggiungere l'uscita che Edgar lo bloccò, stringendo una mano attorno al suo braccio tonico.
Gli porse il foglio che aveva letto talmente tanto volte da farlo sembrare inesistente.
Levi lo afferrò, leggendo il contenuto:
Presto ci rivedremo.
Con affetto
- C
Riconobbe il rosso con cui quelle parole erano state scritte, sangue di un essere poco fortunato.
Riconobbe la calligrafia, ma soprattutto il nome che quella C, messa lì per ironia, nascondeva.
«Lui è qui» disse con un filo di voce Edgar, fissando con sguardo perso il foglio che aveva davanti ancora una volta.
Levi sentì la mano attorno al suo braccio tremare e il calore che il suo corpo emanava, gli fece capire che Edgar non stava bene.
Non fece neanche in tempo ad accorgersene che suo padre cadde in ginocchio, con gli occhi socchiusi e il sudore che solcava la sua fronte.
«Vuole ucciderci tutti figlio mio» sussurrò, prima di svenire sul pavimento in legno.
****
«Non è niente di così difficile, devi solo allenare il tuo corpo e la tua mente. Solo così avrai il controllo della tua fiamma.»
Le aveva detto Helene la sera precedente, prima di addormentarsi.
Anneka non capiva bene cosa volesse dire avere il controllo della propria fiamma ma, a giudicare da ciò che stava guardando, sembrava tutto tranne che semplice.
L'immenso prato, posto alle spalle dell'Accademia che aveva percorso il giorno prima, era stato diviso in settori, segnati da numeri scritti in rosso: ogni settore era uno stand diverso e all'ingresso, vi era la rispettiva attrezzatura da utilizzare. Il resto del prato era coperto da un enorme percorso ad ostacoli, con tanto di travi e torri da superare.
Per un attimo, Anneka osservò con stupore tutto ciò che aveva davanti, domandandosi come avessero fatto a costruirlo in meno di una notte.
Poi, ebbe la consapevolezza che avrebbe dovuto affrontarlo lei stessa.
«Quest'anno si sono proprio superati» disse Theon, sorridendole.
«Io non posso farcela! Io-»
«Annie» Theon l'afferrò per le spalle, girandola verso la sua direzione.
Nonostante non ci fosse molta differenza di altezza, Anneka si sentì estremamente piccola in quel momento. «Ci sono io con te. Sono qui per aiutarti.»
«Oh! Come siete carini!»
Sia Theon che Anneka si voltarono verso la voce stridula che si era rivolta a loro.
Il ragazzo sbuffò, grattandosi la barba incolta, mentre Anneka prese ad osservare la ragazza dai capelli corti: era Rose, la stessa che aveva visto seguire Levi ogni volta che le loro strade si erano incrociate.
«Rose, che ci fai qui? È solo per i nuovi arrivati e per chi, come me, si è offerto volontario per aiutare Dusan»
«Volevo solamente vedere come se la cavavano i novellini... In particolar modo lei!» disse la ragazza, avvicinandosi ad Anneka.
Mise l'indice sotto il mento di Anneka, sollevandole il volo e osservando ogni dettaglio.
Rose era talmente tanto vicina a lei, che Anneka poté sentire l'odore di fumo misto a qualcosa di selvatico, lo stesso che aveva sentito su Levi la sera che era arrivata in Accademia.
«Voglio proprio vedere cosa ha di tanto speciale la famigerata Figlia del Fuoco...»
Anneka non fece in tempo a ribattere, che tutti i ragazzi presenti si girarono verso la figura che era appena salita su un palco, improvvisato da casse in metallo nero. Era un ragazzo alto, muscoloso e con dei tatuaggi simili ai maori. I capelli color caramello, gli ricadevano leggeri sulla fronte e sugli occhi, i quali erano circondati da puntini neri, come a formare una maschera per un eroe dal volto scoperto.
«Buongiorno e benvenuti a tutti! Io sono Dusan e da oggi sarò il vostro allenatore» disse il ragazzo, sorridendo. «Come penso vi abbia già anticipato Edgar, dovremmo allenarci duramente per poter affrontare un nemico molto potente. Attualmente potrebbe prendervi a uno ad uno e usarvi come stuzzicadenti perché non avete né fisico e tanto meno la padronanza dei vostri poteri per affrontarlo. Ma, è appunto per questo che serve l'Accademia: per formarvi e per aiutarvi ad intraprendere la strada più adatta per i vostri poteri.»
Scese dal palco e si incamminò tra la piccola folla, continuando il suo discorso.
«Tutto parte dalla mente: il nostro corpo è guidato dal nostro cervello. Noi reagiamo in base a ciò che pensiamo di fare. Ma non in questo caso: prima di poter utilizzare la mente, bisogna saper padroneggiare il nostro corpo, la nostra forza e la nostra fiamma.»
Continuò, fino ad arrivare davanti ad Anneka.
Da quella distanza, Anneka riusciva a notare ogni singola sfumatura dei suoi occhi verdi.
«La fiamma è la vostra chiave. Se non saprete controllarla, il vostro destino sarà solo uno: la pazzia» disse, avvicinandosi ulteriormente. «E noi non vogliamo che questo accada...Giusto?»
Anneka si ritrovò ad annuire, senza però trovare una spiegazione al fatto che le sembrava che quel discorso fosse riferito solo ed esclusivamente a lei.
Il ragazzo continuò a fissarla per un po', prima di ritornare sul palco.
«Bene! Dopo questa breve introduzione, vi spiego cosa andremo a fare oggi! Come potete vedere, alle mie spalle è presente un percorso ad ostacoli, mentre dietro di voi degli stand con vari giocattoli molto divertenti: dovrete completare il percorso e riuscire a svolgere ogni singolo sport presente all'interno dello stand. Dopo di ciò, ci sarà un percorso di due chilometri che dovrà essere attraversato solamente con la corsa. Non barate, sappiate che io ho occhi dappertutto! Tutto questo serve a testare la vostra resistenza. Più ne avrete, più verrete premiati!»
«Quale sarebbe il premio?» chiese una ragazza dalla lunga treccia rosso fuoco.
«Oh, eviterete di fare cinquanta flessioni subito dopo la corsa!»
Theon osservò l'espressione esterrefatta di Anneka e scoppiò a ridere, prima di cingere le sue spalle con un braccio. «Sta scherzando, è solo per mettere un po' di pressione e competizione. Dusan è davvero un ragazzo simpatico e gentile.»
«Oh, non lo metto in dubbio ma in questo momento si sta comportando da stronzo!» rispose stizzita Anneka, incrociando le braccia davanti a sé.
«Adesso basta perdere tempo! Theon e la ragazza dai capelli castani, sarete i primi a sfidarvi. Non voglio nessun favoritismo, hai capito ragazzo?»
Theon annuì, mantenendo sempre il sorriso stampato sulla faccia, prima di afferrare per mano Anneka e portarla sulla linea di inizio percorso.
«Al mio tre: uno, due...Via!»
Senza che Anneka se ne rendesse conto, Theon fece uno scatto in avanti, raggiungendo la fune che lo avrebbe aiutato a passare oltre il muro in legno. Salì velocemente, gettandosi poi oltre di esso.
Anneka osservava tutto incantata, senza riuscire a muovere un solo muscolo.
«Ti conviene partire signorina» sentì alle sue spalle.
La figura di Dusan aleggiava su di lei come un avvoltoio, in cerca di una carcassa su cui posarsi.
«O te ne farò fare cento di flessioni.»
Anneka lo guardò in modo torvo e senza perdere ulteriore tempo partì, cercando di imitare il più possibile ciò che aveva visto fare a Theon.
Con estrema fatica, riuscì a superare il muro in legno e ad atterrare dall'altra parte, ritrovandosi davanti dei tronchi, posti a circa venti centimetri da terra, che avrebbe dovuto attraversare passandoci sotto.
Si infilò sotto di essi, ignorando il dolore provocato dall'attrito della sua pelle con la terra già solcata già dal corpo di Theon, il quale vide già arrivato alla fine del primo percorso.
Uscì a fatica da sotto i tronchi, ritrovandosi davanti il terzo ostacolo: doveva attraversare un lago di fuoco, utilizzando la sola forza delle sue braccia su delle travi da trazione, poste a circa due metri da terra.
Sospirando, fece un salto afferrando la prima trave di legno: delle schegge si conficcarono sotto la pelle delle dita e dei palmi ma decise di ignorare il dolore, focalizzandosi solo sul fatto che avrebbe dovuto darsi una mossa, prima di ritrovarsi immersa nelle fiamme.
Nonostante il dolore alle braccia, provocato dal fatto che tenessero tutto il suo peso, prese a dondolare avanti e indietro, dandosi così la spinta per saltare verso la seconda trave, e così poi verso la terza.
Alla fine di ciò, cadde su un materasso in pelle nera.
Sollevando lo sguardo, vide Dusan con le braccia conserte e accanto a lui Rose, intenta a fumarsi una sigaretta.
Alzandosi a fatica, completò l'ultimo pezzo del percorso, arrivando poi agli stand.
Il primo sport era il lancio del giavellotto, il secondo il tiro al segno e poi a seguire il tiro con l'arco. Nessuno di questi provocò estrema fatica in Anneka come l'ultimo stand: doveva addentrarsi e superare una serie di uomini di legno senza lasciare che essi la colpissero, anche se lei doveva colpire loro. Con i primi due non ebbe problemi, dato che possedevano solo un livello, mentre con gli altri tre subì vari colpi, soprattutto all'addome e alle braccia.
Finita la parte degli stand, si addentrò all'interno del percorso che avrebbe dovuto affrontare correndo. Nonostante la stanchezza e il dolore provocato dai colpi e dalle travi, Anneka riuscì a trovare la forza di correre, seguendo alla lettera le indicazioni in rosso.
Ma, improvvisamente, tutto si fermò.
Si udì un boato, seguito da un'onda d'urto che scaraventò Anneka contro dei cespugli, facendola atterrare ai piedi di un albero secolare.
Aprendo gli occhi, poco distante da lei vide Levi avvolto da una nube di fumo grigio, con attorno una serie di ombre rivolte verso di lui, incappucciate e con le braccia indirizzate verso il basso.
Levi, invece, era inginocchiato al centro di quel cerchio inquietante, e dalle sue labbra fuoriuscivano flussi di parole in una lingua che non aveva mai sentito prima.
Dai suoi occhi chiusi prese a colare del sangue nero ed estremamente denso, che si unì a quello del naso e delle orecchie.
«Levi» sussurrò, alzandosi lentamente da terra «Levi!» urlò, cercando di attirare la sua attenzione.
Nonostante sentisse il suo nome urlato a gran voce, Anneka decise di seguire l'istinto.
Con gli occhi fissi alla figura di Levi, prese a camminare verso di lui, immergendosi in quella nube.
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