#23

  - 37 giorni

· Eren ·

Ho paura.

Così tanta da svegliarmi in piena notte e cercare il calore di Levi nel letto. E quando non lo trovo il terrore che sia stato tutto un sogno - o peggio, che sia già troppo tardi - mi assale così forte da non farmi respirare. Ogni volta lui compare sulla soglia della camera, magari con una tazza di tè in mano, e si siede accanto a me stringendomi forte e carezzandomi la schiena, attendendo che la crisi passi.

Non ha mai dormito molto, l'ho sempre saputo, ma la causa della sua insonnia nell'ultimo periodo è la stessa per la quale mi sveglio di soprassalto, sudato e con lo stomaco sottosopra.

Ha paura.

È sempre così che ci riaddormentiamo: l'uno tra le braccia dell'altro mentre sussurriamo che tutto andrà bene, che la lontananza sarà solo l'ennesimo ostacolo da superare, che tornerà da me per non lasciarmi mai più.

«È un amore! Guarda come ride!»

La piccola tra le mie braccia sorride, mostrando due adorabili fossette, tentando di afferrare il mio dito indice mentre le faccio delle smorfie ridicole.

Zophia è semplicemente perfetta, una piccola principessa nel suo vestitino rosa ed i calzini col merletto. Ha pochi capelli, come è giusto che sia per un neonato di pochi mesi, ma ha preso i colori dei genitori e, anche se è ancora presto per dirlo, scommetto che avrà gli occhi chiari.

Nanaba non smette di guardarci, seduta in sala d'attesa, mentre gioco con la figlia sottraendomi ai miei doveri.

«Ehi, quando è il mio turno?» si lamenta Hanji che, negli ultimi mesi di gravidanza e maternità, ha sostituito la moglie di Mike alla reception.

«Quando si sarà stancata di me.» le dedico una linguaccia, concentrandomi di nuovo sulla bimba che a quel suono ha iniziato a ridere a crepapelle.

«È impossibile Eren: le donne ti adorano, e Zophia a quanto sembra non è da meno..!»

«Peccato che simpatizzi col fronte nemico, adesso...» sospira teatralmente la bruna, facendo arrossire me come un pomodoro e ridere la giovane madre.

«Non credo che il genere femminile sentirà troppo la mia mancanza.»

«Io non ne sarei troppo sicuro.» si aggiunge Petra, raggiungendoci «Almeno metà delle vostre pazienti viene qui per te!»

«E l'altra metà?» chiedo, tentando di sviare il discorso dalla mia persona.

«Per Erwin, ovvio.» Mike appare dal nulla, silenzioso come un ninja, facendomi sobbalzare e avvicinandosi alla moglie per darle un bacio. «Ciao amore, mi cambio in un minuto.»

«Meno male che non sono un tipo geloso..!» ride Hanji, allungando le braccia verso la piccola e avvicinandola a sé.

Un suono piuttosto rumoroso, proveniente dal pannolino, fa voltare tutti all'unisono verso la piccola Zophia che mostra fieramente le sue gengive rosse. L'odore che ne segue è inconfondibile.

«Vado a vedere come se la cava Erwin!»

«Io do una sistemata ai ferri.»

«Vado nello spogliatoio.»

«Vengo con te caro.»

In un batter d'occhio Hanji è da sola, che tiene la neonata tra le mani neanche fosse un ordigno esplosivo.

«... Non ho mai cambiato un pannolino!»

«C'è sempre una prima volta!» le urla Nanaba dal corridoio e non riesco a fare a meno di ridere, nascosto con Petra nella sala accanto.

Quando torno a casa, sono solo.

Dal giorno in cui la nostra è diventata una relazione in piena regola, le cose tra me e Levi si sono evolute gradualmente: prima alcuni abiti, poi piccoli oggetti personali e infine, con naturalezza disarmante, il suo spazzolino ha preso posto accanto al mio nel bagno. Dargli le chiavi dell'appartamento, tra le sue proteste, è stata solo la conferma ufficiale del fatto che in attesa del fatidico giorno ormai la nostra è una convivenza a tutti gli effetti.

Aprire la porta e trovarlo ai fornelli o a pulire - cosa di cui sono grato, perché sono sempre stato una frana e tremendamente pigro sul fronte delle faccende domestiche - fa parte del mio quotidiano.

Il suo trovarsi qui, in questa casa che non sento più solo mia, è semplicemente giusto: sembra che appartenga a questo luogo, che parla di noi più di quanto credessi possibile. La collezione di blue-ray si è ampliata a dismisura. Un ripiano nel bagno è stato dedicato a soli prodotti sgrassanti e igienizzanti. La mia cabina armadio è perfettamente in ordine e divisa a metà, ciascun lato occupato rispettivamente dal guardaroba mio e di Levi. Il mobiletto all'ingresso ospita tanti piccoli souvenir dei posti che visitiamo in moto, poco fuori città: sto anche imparando a guidarla, sotto la supervisione attenta e severa del mio ragazzo che, in sua assenza, ha decretato di volerla affidare alle mie cure, neanche fosse un animale domestico..!

Il pensiero mi fa sorridere come uno sciocco.

Nelle ultime settimane comunque trascorre molto tempo in palestra per "non battere la fiacca", ma so che vuole essere in forma per quando tornerà alla base, riprenderà la vecchia routine militare preparatoria e gli affideranno la vita di molti soldati che, guidati da lui, raggiungeranno una meta sconosciuta per adempiere ai loro doveri e servire il nostro paese.

C'è troppo silenzio... Non sono più abituato a questa quiete: mi sembra innaturale, fuori luogo.

Levi non è una persona chiassosa, anzi, ma anche il solo suono del suo respiro mentre sfoglia le pagine di un libro o il lieve scalpiccio quando passa da una stanza all'altra mi tengono compagnia e danno conforto.

Poggio lo zaino accanto al divano, troppo stanco per metterlo al proprio posto, dirigendomi al bagno e spogliandomi strada facendo. Se rassetto tutto prima che faccia ritorno, non corro il rischio di beccarmi una delle sue strigliate sull'ordine e la pulizia: è talmente fissato con l'igiene che sul pavimento ci si potrebbe persino mangiare..! Mi chiedo come farà a non dare di matto, accampato in una tenda chissà dove.

Apro il getto d'acqua e, senza aspettare che raggiunga la temperatura adatta, entro nella cabina doccia rabbrividendo al contatto col liquido freddo. Inizio ad insaponarmi, tentando di lavar via anche la stanchezza, pensando a quando questa solitudine sarà costante in attesa del suo ritorno. A quando non sentirò le sue mani sulla mia pelle, il suo sapore sulle labbra, il suo odore alle narici e la sua voce al mio orecchio...

«Oi.»

Sobbalzo, voltandomi di scatto verso quel suono, intravedendo una sagoma scura attraverso il vetro appannato della cabina. Col palmo rimuovo la patina di vapore dalla superficie e Levi è lì, con gli abiti che avevo indosso ben ripiegati tra le mani.

«Ciao, non ti ho sentito tornare.»

«Sì, me ne sono accorto.» risponde, poggiando la pila sul mobiletto lì accanto, stranamente silenzioso. Mi guarda con un'espressione indecifrabile ma le sue iridi brillano divertite, mentre percorrono la mia figura sfocata.

«A cosa stavi pensando?»

Arrossisco, non voglio dirgli che sognavo ad occhi aperti di fare l'amore con lui.

«Nulla in particolare, perché..?»

«Ce l'hai duro, Eren.»

Calo lo sguardo, ed il mio amico dei paesi bassi sembra quasi salutarmi. Emetto un verso a metà tra il frustrato ed il terra-ti-prego-inghiottimi, guardando poi il sorriso sghembo del mio ragazzo.

«Pensavo a te, scemo...» borbotto col broncio.

«Oh. Ed il solo pensarmi ti eccita? O forse immaginavi qualcosa di più specifico..?»

«Beh,» schiocco la lingua, facendo finta di riflettere «in effetti ora che me lo dici credo che nelle mie fantasie tu fossi nudo...»

«A questo si può facilmente rimediare.»

Con gesti calmi, meticolosi, si libera lentamente del vestiario, piegando ciascun capo e poggiandolo sui miei abiti. Mano a mano che la sua pelle viene alla luce, mostrando i suoi muscoli in tutta la loro gloria, mi viene l'acquolina in bocca.

«Così?» mi sorride, privo di qualsivoglia indumento.

«S-sì, esatto...» deglutisco, tentando di ritrovare le facoltà mentali per rispondere.

È perfetto nelle sue imperfezioni.

Ogni cicatrice è una storia da raccontare, e la sua figura ispira rispetto e timore nonostante la sua nudità: pericoloso, letale eppure premuroso, attento.

Amorevole, con me.

Poche settimane e non sarà più qui a dedicarmi le sue attenzioni, trascorrere insieme le nostre giornate, gustarci la reciproca compagnia e bearci del nostro calore.

«Quando sarai lì non potrò toccarti...»

Il mio è un sussurro, mentre si avvicina per unirsi a me nella doccia, ma Levi si immobilizza come se avessi gridato.

Poggia una mano sul vetro ed io faccio altrettanto, le nostre dita che si sovrappongono come se potessero realmente congiungersi ma lontane anni luce dal poterlo fare. Il suo viso non ha cambiato espressione, ma so che ora è triste. Non volevo dar voce a quel pensiero, ma è sfuggito dalle mie labbra senza che me ne rendessi realmente conto.

«Potremo sentirci, se il segnale sarà buono, a volte persino vederci. Esistono programmi adatti allo scopo.» tenta di rincuorarmi, senza successo.

«Non sarà la stessa cosa, Levi, lo sai. Inutile girarci intorno ed indorare la pillola. Niente coccole, carezze, dormire insieme...»

«Il sesso...» aggiunge, facendomi arrossire: non era nell'elenco, ma ciò non vuol dire che non l'abbia pensato..!

«È secondario, ti amavo anche prima di quello

«Anche io, ma ciò non vuol dire che non mi mancherà la nostra intimità.»

Sospiro, affranto: sarà uno strazio.

«Dovremo adattarci.» solleva le spalle con rassegnazione.

«E come..?»

«Credo che mi toccherà masturbarmi fingendo che la mano sia la tua.» a quelle parole rischio di soffocare con la mia stessa saliva. «E quando ci vedremo tramite Skype magari potremo improvvisare qualcosa.»

Ho quasi paura di chiedere...

«Ad esempio?»

Vedo la sua mano libera scendere lentamente verso il suo membro, stuzzicandolo senza alcuna fretta.

«Toccati, Eren.» mi dice, e la voce roca con cui mi impartisce quell'ordine è la cosa più erotica che abbia mai sentito.

Obbedisco, senza riflettere neanche un secondo. Porto la mano alla mia virilità, percorrendola e massaggiandola piano sotto lo sguardo del mio uomo.

«Immagina che quella mano sia la mia.» mi dice, la sua eccitazione che cresce ad ogni carezza che dedico al mio sesso e sento il bisogno impellente che non distolga gli occhi da me neanche un istante.

Le sue iridi brillano di desiderio, rese liquide dal piacere che prova nel toccarsi fantasticando su di me, elaborando pensieri perversi e peccaminosi. Il modo in cui il suo viso si deforma in risposta mi da alla testa: la mia mente dice al mio corpo che le sono le sue mani a scorrere su di me al posto dell'acqua, sfiorandomi nei punti giusti e facendomi godere; che è la sua lingua, calda ed umida, a darmi le scariche che sento nel basso ventre.

Mi piego leggermente in avanti, come se potessi avvicinarmi fisicamente a quella fiamma che sento divampare dentro di me. La mia fronte si poggia sul vetro ed il mio respiro bollente forma un piccolo alone, in prossimità della mia bocca aperta mentre gemo in maniera incontrollata.

«Levi..! D-di più, ah..!» lo imploro, come se a quella supplica potesse davvero assecondare il mio desiderio.

«Sì, Eren, ancora... Mhm..!»

Porto il pugno chiuso alle labbra, mordendone le nocche, oramai vicino al culmine esattamente come lui.

«Levi! Levi!»

Vengo, schizzando col mio seme la superficie che ci separa e, senza pensare annebbiato dal forte piacere, tento di baciarlo. Le mie labbra e la mia lingua incontrano il duro ostacolo del vetro, insapore e inodore, e quasi mi viene da piangere.

È così che sarà il nostro futuro? Fatto di video chat erotiche, aride ed insoddisfacenti?

Apro la cabina con un gesto secco e lo trascino dentro con me, cogliendolo di sorpresa ed impossessandomi avidamente delle sue labbra. Sento il suo pene duro tra i nostri corpi e lo afferro senza esitazione, facendolo grugnire nella mia bocca.

«Non voglio pensare a quando sarai lontano. Ti voglio qui, ora. Prendimi, Levi, ti prego...»

Ed è così che mi possiede: contro le piastrelle della doccia, le sue mani sui miei fianchi e tra i miei capelli, mentre affonda dentro di me con urgenza, necessità, come se il suo fosse un bisogno di importanza vitale e non un atto carnale.

È così che mi ama: sussurrandomi che sono perfetto, che non ha mai desiderato qualcuno come desidera me, che mi dedica ogni suo respiro per il resto della sua vita.

È così che mi marchia: venendo nel mio corpo e tingendolo di bianco, imprimendo a fuoco quelle parole nel mio animo, sigillando le nostre labbra con un bacio che sa di eterno eppure fin troppo breve.

Continuiamo a stringerci e coccolarci, scaldati dal tepore dell'acqua corrente che nasconde le mie lacrime.

Si può essere così felici e spaventati al tempo stesso..?

Mi sveglio di soprassalto, cercando immediatamente Levi nel letto. Socchiude gli occhi, allungando un braccio ed attirandomi a sé.

«Dormi, moccioso. Sono qui.» biascica nel sonno, e mi rannicchio contro il suo petto.

Sembra quasi scontato, ora, dormire così; eppure, il pensiero che quando farà ritorno - perché lo farà - dalla missione possa tornare a vivere nel suo appartamento mi stringe lo stomaco.

Non voglio.

Desidero che sia questa la nostra vita: insieme, ad ogni ora del giorno e della notte. Sempre.

Gli bacio delicatamente il torace scolpito.

Troverò un modo per dirglielo. Prima che parta, prima dei rischi e dei pericoli. Voglio che quando sarà lontano, pensando a casa, richiami alla mente questo posto. Il nostro letto. La nostra quotidianità. Me.

Chiudo gli occhi, mentre il sonno mi riprende con sé.

Ci penserò domani mattina.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top