#16
·Levi·
Ero estremamente confuso.
Non avevo chiuso occhio tutta la notte, eppure non mi sentivo affatto stanco. Direi quasi... stordito.
Dal momento in cui il respiro di Eren era diventato regolare, avevo trascorso non so quanto tempo a rimunginare sul tumulto interiore che mi sconquassava ogni volta, anche solo leggendo il suo nome sul display del cellulare.
Poi, all'improvviso, l'oggetto dei miei desideri si era girato e mi aveva stretto a sé con un braccio, mormorando soddisfatto e strusciando il naso tra i miei capelli. Mi ero irrigidito a tal punto che avrebbero potuto scambiarmi facilmente per un cadavere. Di tanto in tanto inspirava più profondamente, come se il mio odore lo rasserenasse, e mi stringeva un po' di più.
Di punto in bianco aveva tirato un calcio in aria, facendo letteralmente volare le lenzuola giù dal letto scoprendoci entrambi, ed aveva preso a russare sul fianco opposto. Mi ero voltato, ed il profilo delle sue spalle color caramello, così lisce e perfette, mi aveva dato alla testa. Avevo proseguito con lo sguardo, indugiando sul suo profilo, e l'occhio mi era caduto - per così dire - sul suo sedere.
Non l'avessi mai fatto.
Ho trascorso il resto della notte nel tentativo di tenere a bada un principio di erezione. Sarebbe stato a dir poco imbarazzante, per non dire umiliante, se il moccioso si fosse svegliato e mi avesse trovato con un'alza-bandiera tra le gambe. Avrei perso non solo la mia dignità, ma anche la sua fiducia e il suo rispetto.
Dopo ore a tentare di placare i miei istinti, finalmente la tempesta sembrava cessata.
Ma Eren, anche nel sonno, sembrava per nulla intenzionato a darmi tregua, ed aveva iniziato a tremare per il freddo. Fottuto moccioso del cazzo..! La soluzione più ovvia sarebbe stata quella di raccogliere le coperte, e magari affogarcelo dentro. Invece, mi ero avvicinato a lui e lo avevo stretto al mio petto.
Aveva un buon profumo, il marmocchio. Sapeva di innocenza, eppure anche di qualcos'altro che non riuscivo a definire.
Non era un bambino, comunque, il suo corpo era certamente quello di un uomo. Non eccessivamente muscoloso, ma asciutto, slanciato, tonico. La sua pelle era morbida, sotto le mie dita ruvide e callose per tutti gli anni trascorsi ad allenarmi ed impugnare armi. I suoi capelli mi solleticavano il naso, sembrava quasi avessero vita propria nonostante il loro proprietario stesse praticamente russando.
Era tra le mie braccia da meno di un minuto e già stavo fantasticando su come sarebbe stato bello esplorare ogni curva e piega di quel corpo, incandescente come il fuoco che gli bruciava dentro.
Quanto avrei impiegato a trovare i punti più sensibili che lo avrebbero fatto tremare sotto il mio tocco e quanto avrei dovuto attendere prima che si abbandonasse al piacere e ansimasse il mio nome.
Quanto bello sarebbe stato sentire le sue mani su di me, ed assaggiare finalmente il suo sapore - di nuovo - per vedere se era esattamente come lo ricordavo, dolce ed intossicante come il più prelibato dei nettari.
Eren si era accoccolato maggiormente contro il mio petto, indietreggiando alla ricerca di più calore, e così facendo aveva strusciato il suo culo sodo sulle mie parti basse, rendendo vane le ultime ore di concentrazione e preghiere.
Ero mentalmente a pezzi, quando ci si era messa anche la sveglia del suo cellulare. L'avevo afferrato giusto in tempo per posticipare l'allarme di cinque minuti, rivestendomi in tutta fretta ed uscendo dalla casa del moccioso silenzioso come un ladro.
Ora sono sull'altura più alta della città, quella che tanto piaceva a mia madre. È qui che ho sparso le sue ceneri, e sono certo che in qualche modo sia qui ad osservarmi: che mi guardi, consapevole del fatto che non possiamo interagire ma che percepisco comunque il suo amore.
L'alba è bellissima, vista da qui.
Il Sole sorge, illuminando lentamente gli edifici e le strade, e penso che ad Eren piacerebbe tantissimo il panorama visto da quassù.
«Avresti dovuto conoscerlo, mamma: lo avresti adorato.» sussurro debolmente al vento.
━
Busso alla sua porta da ormai 10 minuti. Inizio seriamente a credere che sia morta, sepolta sotto il cumulo di sporcizia, disordine e sudiciume sul quale si regge la sua abitazione.
Finalmente l'uscio si apre, cigolando in maniera inquietante, e lo spettacolo che mi si rivela è altrettanto macabro: uno zombie sarebbe stato di certo più piacevole da guardare.
Hanji ha i capelli completamente aggrovigliati in una matassa informe, il pigiama alla rovescia, gli occhiali storti sul naso e nel momento in cui mi sbadiglia in faccia col suo alito pestilenziale mi rendo conto che la parte peggiore, purtroppo per me, è appena arrivata.
«Buongior-»
«Cristo, chiudi quella fogna!» sbotto, tappandomi il naso con la mano «Preparati, ti offro la colazione.»
«Com-»
«Non una parola di più fino a che non profumerai di rose. Ok, forse è troppo per i tuoi standard, ma fai qualcosa per questo odore nauseabondo! Ma come diamine è possibile che frequenti un dentista..?» borbotto tra me e me, scendendo velocemente le scale alla ricerca di aria pulita e quindi verso la salvezza.
━
«Hai dormito da Eren?!»
«Zitta, imbecille! Vuoi smetterla di urlare i cazzi miei ai quattro venti?!»
«Scusa, mi hai colta di sorpresa..!» afferma, spiluccando il muffin al cioccolato che le ho comprato.
«Beh, che c'è di strano?»
Sorseggio il mio caffè che, stamattina, ho ordinato ristretto data la notte insonne trascorsa a casa del moccioso.
«Nulla, non fosse per il fatto che, ecco, sei tu.» Hanji mi indica con un gesto della mano, ed inarco un sopracciglio.
«E chi sennò.»
«Ohh andiamo, Levi: non sei mai stato il tipo da pigiama party! Anche a scuola - e all'epoca non eri ancora così scontroso - hai mai stretto una vera amicizia con qualcuno. Ed io non faccio testo, perché se mi fossi limitata a seguire le tue istruzioni sull' "andarmene a cagare", oggi non saremmo qui a parlare.»
Vero.
Se Hanji non fosse stata la pazza quale è anche a quei tempi, al mio ritorno non avrei trovato nessuno ad attendermi.
Resto in silenzio, dato che ha centrato il bersaglio.
«So che nell'esercito è stato... diverso.» mi irrigidisco al solo pensiero di loro due «Levi, la verità è che Eren ti sta cambiando, ed in meglio! Quand'è stato l'ultimo incubo che hai fatto? L'ultima crisi d'ansia? Da quanto non vai dalla psicologa per avere quelle maledette pillole..?»
«...»
Allunga una mano sul tavolino, stringendo la mia, e mi guarda con calore e affetto.
«Quel ragazzo è riuscito dove nessun altro è stato in grado. Ti ha aiutato a vedere di nuovo la vita con occhi diversi, hai una prospettiva ora: prima ogni giorno era uguale all'altro, adesso ricordi benissimo quando è Venerdì.»
«Vai al sodo, quattrocchi.»
«Eren ti fa bene, Levi. Non so come ci riesca, ma tira fuori il meglio di te - e deve scavare a fondo, povero angelo!»
Le tiro un calcio da sotto il tavolo, indispettito, ma lei ridacchia neanche le avessi raccontato una cazzo di barzelletta.
«Ora vuoi un applauso?»
«No, mi basta vederti felice! Ti voglio bene, nanerottolo!»
«Tch, sei da diabete..!»
Mi limito a finire il mio caffè, osservando distrattamente l'esterno del locale, riflettendo su una parola in particolare.
Felice.
Lo sono davvero..?
━
È pomeriggio inoltrato.
Sono sul pianerottolo, poco distante dal mio appartamento. Cammino lentamente, non ho fretta di rientrare, mentre parlo al cellulare col moccioso.
«-così Jean stasera si ubriacherá di nuovo, è scontato.»
«... Il cavallo?»
Lo sento ridere di gusto all'altro capo del telefono.
«Sì, esatto!»
«Tu cerca di restare sobrio.» sbotto, infastidito dal ricordo dell'ultima volta in cui aveva bevuto insieme al suo amico.
«Signorsì, Caporale!»
Nel sentir pronunciare quel titolo dalle sue labbra, un brivido mi percuote da capo a piedi. Per un istante ho immaginato Eren con la divisa militare indosso portare il pugno destro al petto, nel classico gesto di saluto che ero solito ricevere dai miei sottoposti.
Rivedo Isabel e Farlan al campo d'addestramento, nella stessa postura, mentre passo in rassegna le fila di soldati.
«Eren...»
«... Sì..?»
«Non farmi preoccupare: è un ordine.»
Anche se non posso vederlo, so che sta sorridendo; uno di quei sorrisi così sfacciati e sicuri che so per certo mi farebbe perdere il lume della ragione all'istante.
«Signorsì, Signore!»
Chiudo la conversazione senza attendere ulteriore risposta.
Arrivo davanti la porta di casa, ma ho una strana sensazione addosso; mi sembra tutto troppo... silenzioso.
La serratura scatta, entro e quando allungo la mano per disinserire l'allarme mi accorgo che non è in funzione.
Non dimentico mai di inserirlo.
Un fruscio alle mie spalle mi avverte della presenza di un intruso, giusto il tempo di sollevare un braccio e bloccare il calcio diretto alla mia testa. Sbatto velocemente lo stronzo che ha osato mettere piede in casa mia contro il muro, e impallidisco nel riconoscerlo.
«Dawk..!»
Qualcuno applaude con entusiasmo, come se avesse appena assistito ad uno spettacolo da circo.
So esattamente chi è.
«Non hai perso smalto..!»
«Vattene.»
«Rispetto, soldato!» l'altro, nascosto nella penombra, avanza verso di me mentre con l'avambraccio tengo premuto quel coglione di Nile alla parete bloccandogli il respiro «Ricorda con chi hai a che fare!»
Non sono per nulla intimorito dal suo tono minaccioso.
«Non hai più alcuna autorità su di me: ho firmato il congedo.»
Lui ride. Una risata agghiacciante, derisoria.
«Lascia andare quell'idiota: io e te dobbiamo parlare, moccioso.»
«G-generale Ackerman..!» mormora a fatica Dawk, ed io faccio ulteriore pressione sulla sua gola.
«Chiudi il becco imbecille, fuori dalle palle!» ringhia il vecchio, ed io scaravento il povero stolto oltre la soglia del mio appartamento, richiudendo la porta con un tonfo secco.
Il Generale si accomoda sul mio divano, completamente a suo agio, e accavalla le gambe fasciate dalla divisa militare con noncuranza.
«È scortese non rispondere alle telefonate... Sono mesi che mi eviti.»
«Non ho un cazzo da dirti.» incrocio le braccia e lo guardo con astio.
Kenny Ackerman è l'uomo che mi ha introdotto alla carriera militare: spietato, cinico, maniaco del controllo ed assassino a sangue freddo. Ad unire le nostre esistenze vi è anche la parentela: è il fratello di mia madre.
Ciononostante, nell'esercito non ho mai ricevuto alcun favoritismo. Il grado di Caporale me lo sono guadagnato sul campo: sono sempre stato ligio al dovere, ed ho rispettato sia la gerarchia militare sia gli ordini che mi venivano impartiti.
Fino a quel giorno.
«Ho bisogno di te. Sei il soldato perfetto, il più forte.»
«Sei diventato sordo, vecchio? Ti ho detto di andartene.»
«Mi servi per un'ultima missione Levi, e la mia non è una richiesta, ma un ordine.»
«Ho firmato il conge-»
«Non hai firmato un emerito cazzo, moccioso, quelle scartoffie sono ben conservate nella mia scrivania e lì resteranno fino a quando non parteciperai a questa missione! Sarà l'ultima della tua carriera, dopodiché potrai fare il cazzo che ti pare.»
Sgrano gli occhi a quelle parole.
Questo vuol dire che sono ancora in servizio, e quindi alla sua mercé.
«E se mi rifiutassi..?»
Kenny sogghigna maleficamente. Perfino Satana avrebbe timore di un essere così perfido e calcolatore.
«Posso denunciarti alla Corte marziale per ciò che hai fatto in quella fottuta grotta, moccioso. Saresti giudicato colpevole di insubordinazione e quindi di omicidio.»
La mia mente ritorna ai giorni che seguirono la morte di Isabel, Farlan e di quasi tutta la mia squadra; a come avevo scoperto il nascondiglio del capo dei terroristi, che aveva fornito gli esplosivi a quel ragazzino trasformandolo in un'arma vivente ordinandogli di farsi esplodere in nome di un ideale tanto futile; a come lo avevo stanato, catturato, contravvenendo agli ordini dei miei superiori di non agire per alcun motivo, ed averlo condotto in una grotta ben nascosta tra le montagne desertiche; a come lo avevo torturato, mutilandolo arto dopo arto e pezzo dopo pezzo, con il suono delle sue urla come sottofondo al mio folle delirio mentre mi nutrivo della sua sofferenza e mi bagnavo del suo sangue.
«Cosa ti fa credere che le tue minacce possano farmi cambiare idea? Non ho più nulla da perdere.»
«Oh, invece sì che lo hai: Eren Yeager.»
Una furia cieca mi assale quando sento le sue labbra pronunciare quel nome a me tanto caro. Mi muovo, deciso ad avventarmi su di lui come una belva feroce e strangolarlo con le mie stesse mani.
«Non gli torcerai un capello, brutto-»
«Io non gli farò un bel niente: tu finirai in una delle nostre carceri militari in isolamento - stai pur certo che farò di tutto perché ciò accada - e non lo vedrai mai più.»
Resto immobile, agghiacciato da quella prospettiva.
Non vedrò Eren mai più.
Il suo sorriso, il suo calore, i suoi occhi, le sue attenzioni, le sue labbra, la sua testardaggine, la sua voce, la sua dolcezza, la sua impertinenza, il suo affetto...
Sarei davvero in grado di rinunciare a lui..?
La risposta è tanto semplice quanto sconvolgente: no.
Hanji stamattina aveva ragione.
Sono cambiato, Eren mi ha cambiato.
Non so se mi ha reso migliore, ma so per certo di essere diverso.
Dopo tanto tempo provo finalmente qualcosa di differente dal solo rimorso. E per quanto inconsciamente abbia tentato di negare a me stesso la portata dei miei sentimenti, ora sono costretto ad affrontare la realtà dei fatti: mi sono innamorato.
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