#02

·Levi·

Mikasa schiva i miei colpi con maestria, con non poche difficoltà comunque, contrattaccando potente e precisa.

È una fortuna che sia lei la mia avversaria oggi, in caso contrario credo avrei già spedito qualcuno in ospedale.

Sento davvero il bisogno di dar sfogo alla mia... Rabbia? Frustrazione? Mi sono così concentrato a reprimere le mie emozioni, ultimamente, che non so più nemmeno io cosa provo.

Il combattimento dura circa una decina di minuti, tra pugni, ginocchiate e high kicks, quando Mikasa finisce malamente al tappeto.

Ci sono andato giù pesante, entrambi abbiamo il fiatone e nessuno dei due si è risparmiato nonostante il nostro sia solo un allenamento.

Le allungo una mano per aiutarla a rialzarsi, mentre con l'altra mi porto all'indietro i capelli sudati che mi ricadono sulla fronte, infastidendomi. Lei si aggrappa al mio avambraccio con una presa decisa rimettendosi agilmente in piedi.

Mia cugina è una di quelle che al principe azzurro gli fa il culo, non so se mi spiego.

Ora che ci siamo fermati sento il sudore scivolarmi addosso, ho bisogno di una doccia e subito.

«Levi.» lei mi ferma per una spalla mentre sto per allontanarmi.

Mi volto appena per incrociare il suo sguardo freddo, ed involontariamente penso che alcune caratteristiche sono proprio di famiglia.

Si è accorta che qualcosa non va, la sua domanda è implicita, ma io non ho alcuna voglia di rispondere. Anche perché non saprei cosa dirle, in questo periodo non mi capisco nemmeno io.

Così mi libero dalla sua presa dirigendomi verso gli spogliatoi, lasciandola al centro del tappeto.

Oltrepasso il tornello all'ingresso, marcando l'uscita dalla palestra con il badge, avviandomi verso le porte scorrevoli in vetro e mantenendo con due dita il borsone dietro la spalla.

L'impatto con l'aria fresca all'esterno mi risulta piacevole, dopo quella viziata respirata dentro.

Mi fermo di colpo riconoscendo la figura del ragazzo di qualche giorno fa, appoggiato ad uno dei paletti che delimita il marciapiede, proprio di fronte l'ingresso.

Indossa un parka verde militare, t-shirt nera e skinny jeans, degli anfibi dai lacci decisamente troppo larghi e i capelli castani sono in disordine...
Ma un cazzo di pettine non ce l'ha? Questa mania del look casual, a me sa tanto di scusa per andare in giro trasandati.

Ha lo sguardo perso sul suo smartphone, le Beats poggiate attorno al collo, quando alza lo sguardo nella mia direzione. È evidente che aspetta qualcuno che frequenta la palestra ma dalla sua espressione, che nel vedermi passa in una frazione di secondo dalla noia allo scazzo puro, è palese che non sia io.

Beh, ovvio.

Ma la sua presenza per qualche motivo mi infastidisce e lo guardo nel modo più truce possibile, iniziando a maledire mentalmente qualunque sia la forza maggiore che puntualmente me lo fa ritrovare tra i piedi.

Questa piccola merda è riuscita a guastarmi di nuovo l'umore, buttando le ultime due ore nel cesso.

«Oi, moccioso, cerchi rogne?»

Sta per aprire bocca e darmi una risposta delle sue, quando sento il fruscìo delle porte scorrevoli dietro di me.

«Eren!» è la voce di Mikasa.

Il marmocchio le rivolge la sua attenzione sorridendole, mettendo il cellulare ancora collegato alle cuffie nella tasca del parka, spostandosi dal paletto.

«Ehi, ce ne hai messo di tempo!»

«Scusa.» balbetta lei quasi... imbarazzata?

Ma che cazzo..?

«Oh, Levi, che ci fai ancora qui?» finalmente si è accorta che ci sono anche io, assurdo...

Continuo a fissare Eren, adesso posso dare a questa faccia da culo anche un nome. Mi volto verso mia cugina per chiederle come diavolo ha conosciuto questo stronzetto, ma le parole mi muoiono in gola nel vederla vestita con abiti decisamente più femminili del solito e...

Si è truccata?!

Il mio cervello fa 2+2. Ed il risultato non mi piace per niente.

«Mikasa» il mio tono è glaciale «lui chi è?»

Lei mi guarda stranita, non mi sono mai interessato della sua vita amorosa perchè credo che ognuno sia libero di fare il cazzo che gli pare, ma stavolta farò un'eccezione.

«Sì, scusatemi. Eren, lui è mio cugino Levi.» il marmocchio aggrotta le sopracciglia nello scoprire la nostra parentela «Levi, lui è Eren, il mio... amico.»

Dal tono con cui ha concluso la frase mi risulta evidente che vorrebbe non fosse solo un amico.

A questo punto delle presentazioni di norma ci si scambia una cordiale e veloce stretta di mano. Ecco, scordatevela.

«Noi andiamo, Levi.» mi saluta lei con la mano, allontanandosi col moccioso.

Continuo a fissarli, decisamente contrariato nel vederli camminare così vicini, quando ad un tratto accade l'impensabile: timidamente Mikasa si aggrappa al braccio di Eren, come una fottutissima ragazzina alla prima cotta. Sono sbigottito.

Ah?!

Ciliegina sulla torta, prima di svoltare l'angolo il moccioso si volta leggermente da sopra la spalla nella mia direzione, facendomi una smorfia con tanto di linguaccia.

Credo di avere la pressione alle stelle, sono talmente furioso che non mi sorprenderei se mi uscisse del fumo dalle orecchie..!

«Piccolo pezzo di..!» freno il mio istinto omicida, da ciò che ho visto immagino dovrei passare sul cadavere di Mikasa prima di poterlo fare a brandelli.

Il culo al principe azzurro... Sì, un paio di palle..! penso schioccando la lingua, infastidito.

In compenso sento una gran voglia di fumare.

Cerco nella tasca della giacca il pacchetto di sigarette...

Vuoto.

Che giornata del cazzo..!



·Eren·

«Cosa vorresti fare?»

Cammino con Mikasa sottobraccio, mentre attraversiamo un parco nelle vicinanze della palestra. Era da un po' che non trascorrevamo del tempo insieme: lo stage nell'ultimo periodo la tiene molto impegnata.
Il mondo della moda ha sempre avuto un certo fascino su di lei, anche se nessuno lo avrebbe mai detto, in passato: spesso vestiva abiti comodi, piuttosto che di tendenza, e solo di recente ha iniziato a sfoggiare uno stile più femminile che di sicuro rispecchia il percorso che ha intrapreso.

«Scegli tu.» mi risponde lei.

Ottimo, in realtà speravo mi risparmiasse questa noia: oggi ho il cervello decisamente da un'altra parte. Dalla tasca estraggo un Chupa-Chups, scartandolo per poi portarlo alle labbra.

«Cinema..?» propongo quindi.

Lei mi fa un cenno di assenso, per cui tiro fuori il cellulare cercando tramite app quello più vicino. Mikasa non è tipo da film romantici e strappalacrime, così sceglie l'ultimo Avengers: perfetto.

«E così quello è tuo cugino?» le chiedo con tono falsamente distratto.

«Sì, esatto.»

«...»

Chiacchierona come sempre.

«Frequentate la stessa palestra quindi.» cerco di mantenere vivo il discorso, succhiando nel frattempo la caramella dura attaccata al bastoncino.

Non mi aspettavo di incontrare di nuovo il tipo dell'altro giorno, men che meno che fosse un parente di Mikasa.

Lo ammetto, ora sono curioso: vorrei sapere qualcosa in più su questo Levi. Ha un bel nome, peccato non si possa dire lo stesso del carattere.

«In realtà pratichiamo anche la stessa disciplina. È davvero molto bravo, potrebbe tranquillamente insegnare o aprire una palestra tutta sua se lo volesse.»

La disciplina di Mikasa è il muay thai.

Quasi mi scappa da ridere, pensando a quel tappo in pantaloncini e guantoni!

La prima cosa che mi viene in mente, quando sento muay thai, è Van-Damme che fa il culo a Tong-Po in Kickboxer. Tutt'altra storia.

Ma in un attimo mi trovo ad immaginare Levi in quell'arena, le mani avvolte dalle garze intrise di resina e cocci di vetro, la pelle sudata illuminata solo dalle fiaccole che circondano il luogo dello scontro, i muscoli tesi ed i suoi occhi color acciaio che intimidiscono l'avversario. Forse sarebbe anche meglio di Van-Damme, l'appellativo Nak Su Kao gli calzerebbe a pennello. E se davvero è così bravo decisamente non mi conviene farlo incazzare, a meno che io non voglia finire con qualche costola rotta...

«E cosa fa nella vita..?» cerco di non mostrare troppo il mio interesse. Mikasa mi risponde quasi subito.

«È un ex-militare.»

Strabuzzo gli occhi, quasi non mi strozzo col lecca-lecca, che ho morso per la sorpresa spaccandolo a metà. Mikasa mi guarda perplessa, mentre tossisco cercando di non morire.

«S-sul serio?!» non lo avrei mai detto.

«Sì. Era Caporale.»

Il Caporale Levi. Non so perché, ma suona davvero bene... Addirittura familiare, ho quasi un senso di deja-vu.

«E perché non è più nell'esercito?»

«Non ne abbiamo mai parlato.»

Oh... Adesso sono ancora più curioso, ma siamo arrivati al botteghino, per cui acquisto i biglietti e le chiedo «Allora? Preferisci pop-corn o patatine?»

Lei accenna un sorriso.

«Pop-corn. Grazie.»

Adoro i film Marvel.

Credo che Hulk sia uno dei miei personaggi preferiti. Mi piacerebbe trasformarmi così, credo sarebbe... liberatorio poter dare sfogo alle proprie emozioni in quel modo.

Votare la propria esistenza ad una giusta causa, salvare il mondo...

A ben pensarci Hulk ci si ritrova quasi per caso, nella squadra degli Avengers.

Quello che, se vogliamo dirla tutta, se l'è proprio scelta la 'professione' di supereroe è Hawk-eye. Non ha nessun potere particolare, nessuna superforza o armatura ultratecnologica, solo la sua tenacia a supporto del suo addestramento da soldato. La salda convinzione che il bene debba trionfare sul male, a rischio della propria vita per proteggere la sua famiglia e l'intera umanità. Involontariamente penso a Levi, ed eccolo che nella mia mente compare sul grande schermo, proteggendo un bambino facendogli da scudo col proprio corpo, tra le macerie di Sokovia.

Chissà se anche lui, come Hawk-eye, ha visto la morte in faccia.

Chissà se anche lui ha una famiglia da proteggere...

Mi do uno schiaffo mentale, ma che vado a pensare?

Mi volto appena alla mia destra, Mikasa è presa dal film (anche se non si direbbe, le sue espressioni sono tutte molto simili) e sgranocchia qualche pop-corn dal secchiello che ha in grembo.
Io ho finito le patatine praticamente durante la pubblicità.

*growl*

Ho ancora fame, ma non posso alzarmi proprio adesso per andare al bar, verrei linciato dal resto della platea. Per cui allungo una mano verso il contenitore sorretto da Mikasa cercando di arraffare qualche pop-corn, sfiorandole le dita anch'esse alla ricerca di cibo. La sento sussultare al mio tocco, forse era troppo distratta dal film e l'ho spaventata.

«Ehi, sono solo io, rilassati.» le dico a bassa voce per non disturbare gli altri, portandomi alla bocca una manciata di pop-corn. La vedo annuire.

Potrei giurare che sia arrossita...

Mah, saranno le luci.

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