CAPITOLO 23

CAPITOLO 23

Sherlin

Il ritorno al campus della East River ha interrotto la bolla di tranquillità che avevo creato attorno a me mentre ero a New York. Sono avvolta da un turbine di pensieri mentre attraverso il viale alberato per arrivare al mio appartamento. Il mio cuore fa fatica ad elaborare tutto quello che è successo in questi giorni, i ricordi indelebili della trasferta dei Falchi, i momenti di gioia e pura passione con Austin, le emozioni forti provate durante il volo notturno su NY, le sfide e i confronti che ho dovuto affrontare in veste di giornalista. Ogni istante vissuto in questa settimana, ha lasciato, inevitabilmente, un segno indelebile sulla mia pelle, influenzando forse anche il mio modo di vivere i momenti. Mentre mi avvicino all'appartamento, mi sento immensamente grata per tutte le esperienze fatte durante quest'anno universitario che sta quasi volgendo al termine, ma più di tutto, sono grata per le persone che sono entrate a far parte della mia vita. Non credevo avrei imparato così tanto su me stessa e sulle mie ambizioni, sulle relazioni e sull'importanza di seguire il proprio cuore. Nonostante le sfide e le difficoltà durante il cammino, mi sento più determinata e più forte che mai. Delle lacrime di commozione mi bagnano le guance e mi sento un po' stupida, non so nemmeno io perché sto piangendo. Le ricaccio indietro e respiro profondamente, questa trasferta mi ha in un certo senso fortificata e ora sono pronta ad abbracciare il futuro con coraggio. Sono curiosa di quello che mi aspetta in ambito accademico, amoroso, nelle amicizie, vorrei avere una sfera di cristallo per guardare avanti, per vedere quanto ancora ho da imparare e quante esperienze ancora da vivere.

Arrivata al portone d'ingresso controllo la buca delle lettere e noto con sorpresa che al suo interno si trova qualcosa di insolito: una busta color blu oceano con eleganti inserti bianchi e azzurri. Il tocco di classe non passa inosservato ai miei occhi e con il battito un tantino accelerato del cuore, afferro quello che ha tutta l'aria di essere un invito. Riconosco subito la sua possibile provenienza.

Con le dita che tremano leggermente, arrivata all'interno dell'appartamento, apro con cura la busta, trovando al suo interno un invito finemente realizzato. La calligrafia è impeccabile, quasi artistica, in poche righe annuncia con stile la festa di laurea di Austin.

Sono sorpresa, non immaginavo che la famiglia Turner mi avrebbe inserita tra i destinatari di un invito tanto personale, mi hanno colta totalmente impreparata. So che Austin si laurea tra meno di due settimane ma in nessun occasione mi è stato accennato, nemmeno vagamente, di una festa post-laurea.

La carta sofisticata dell'invito emana un leggero profumo, una fragranza sottile che mi riporta alla mente le sere passate con Austin, tra risate e momenti di intimità. Ogni dettaglio di questo cartoncino sembra pensato per catturare l'essenza del momento speciale che avrebbe celebrato: la volta al termine di un percorso accademico, ma anche il passaggio ad una nuova fase della vita. Solo dopo aver girato il cartoncino mi rendo conto che c'è un'altra scritta, impressa con una calligrafia totalmente differente da quella elegante del fronte.

Alle parole "in veste di mia ragazza" quasi mi strozzo con la saliva.

La decisione di partecipare o no non è semplice per me, i ricordi che ho della famiglia Turner non sono dei migliori, l'articolo che ho scritto è un'arma che loro potrebbero usare a mio sfavore e dato che le cose con Austin vanno più che bene, fare dieci passi indietro non sarebbe l'idea del secolo. Magari questa festa è un'opportunità per il capitano di riconciliarsi con la sua famiglia e io non voglio ostacolare questa eventualità con la mia presenza.

«Assaggiarti mi piace quasi quanto scoparti». Il sussurro roco di Austin mi solletica il collo. Sento scorrere le sue mani sui fianchi e con un movimento deciso il capitano mi fa avvicinare ancora di più alla sua bocca. Si aggancia una gamba sulla spalla e vedo la sua chioma scura tuffarsi tra le mie gambe aperte. Grido di piacere, mi afferro con una mano allo schienale di pelle del divano e con l'altra gli strattono i capelli provocandogli una risata roca. La bocca di Austin mi morde, mi succhia, si insinua dolcemente sulla mia apertura facendomi rabbrividire.

«Smettila di torturarmi».

«Non fermarti». Le mie parole sono preghiere che muoiono insieme ai miei respiri irregolari. Austin esplora con la sua lingua ogni punto cruciale e tiene il suo palmo ruvido premuto sulla mia bocca per farmi fare silenzio. Mentre succhia e strofina il viso sulla mia parte più sensibile raggiungo l'orgasmo esplodendo sulla sua bocca carnosa.

«Due a uno bellezza, questa notte pareggeremo i conti». Dice infilandosi i pantaloni grigi della tuta senza curarsi di mettersi le mutande.

Cerco i miei vestiti sul pavimento e mi chiudo in bagno nella speranza di sistemare il disastro che ho in testa. Questa mattina, a causa sua, ho perso due lezioni, se salto anche letteratura posso dire addio ai miei crediti extra per le zero assenze al corso. Mentre riordino la mia chioma con le dita, guardo il mio riflesso allo specchio. Guardandomi negli occhi capisco che sentimenti si agitano nel mio cuore. Dolcezza, misto sorpresa e inevitabilmente amore e solo in questo istante comprendo pienamente l'importanza di ciò che da settimane mi succede con Austin. I sentimenti che provo per questo ragazzo li ho maturati nel corso del tempo, all'inizio non avrei mai pensato che saremmo arrivati così distanti.

Mi allontano dallo specchio però, con la consapevolezza che tra un po' di giorni il capitano prenderà la laurea e che le cose potrebbero cambiare.

«Ci vediamo sta sera». Scocco un bacio fugace sulle labbra a Austin e mi volto per andare all'università, sono in super ritardo.

«Bellezza devi darmi ancora una risposta».

«Si, sta sera pareggiamo i conti. Ma non cantar vittoria, ti distruggerò». Gli faccio l'occhiolino.

«Non parlavo di questo, ma comunque sono pronto a farmi distruggere dove e quando vuoi, se questo comporta orgasmi da urlo». Lo spingo al centro del petto, il mio gesto lo fa indietreggiare appena. Sorride, poi torna immediatamente serio. So che risposta vuole ma non ho ancora preso una decisione in merito.

«Ci sto pensando».

«Okay prenditi del tempo... tre, due, uno. Tempo scaduto. Cos'hai deciso?». Mi prende per i fianchi e il mio corpo aderisce al suo torace marmoreo. Non mi piace quando il capitano mi guarda con questi occhi da cerbiatto, mi fotte sempre e come la maggior parte delle volte, quando usa questa tecnica, mi ritrovo a rispondere "si" ad ogni suo desiderio. Ma sta volta non posso prendere una decisione a cuor leggero.

«Sta sera ti darò una risposta, promesso». Mento a lui e anche a me stessa.

Da quando ho ricevuto l'invito alla festa di laurea il capitano non fa altro che pressarmi, manipolarmi con le sue prestazioni da urlo, per far si che io lo accompagni a questo evento a cui non è per niente contento di partecipare. Ha detto persino che potrei trovare una sorpresa se starò al suo fianco in quella giornata che ha già iniziato a catalogare come "infernale". La mia risposta è sempre stata vaga, per quanto voglia essere in prima linea per questo suo grande traguardo, il ricordo degli occhi glaciali del signor Turner, per non parlare di quelli del nonno, mi fanno ancora rabbrividire.

Grazie al cielo sono arrivata in tempo all'ultima lezione dell'anno di letteratura inglese con il professor Wilson. Ascolto con attenzione le sue parole conclusive sul percorso svolto quest'anno e quasi mi viene nostalgia a pensare che probabilmente l'anno prossimo non sarà lui a tenere questa classe.

«Prima di concludere». Tutto un tratto il suo tono è cambiato, quasi solenne, guarda oltre gli occhi di noi studenti curiosi.

«Vorrei fare un riconoscimento speciale».

I volti dei miei compagni si guardano in giro e io faccio lo stesso, finché il cuore non mi arriva in gola quando gli occhi di Wilson si posano proprio su di me.

«Sherlin». Inizia con un tono che immediatamente cattura l'attenzione di tutta la classe.

«Il tuo saggio su "Orgoglio e Pregiudizio" è stato senza ombra di dubbio, uno degli scritti più riflessivi e pertinenti, che abbia mai avuto il piacere di leggere in questi primi anni di carriera».

L'aula è in totale silenzio e tutti gli occhi sono puntati su di me. Le mie guance vanno a fuoco, immagino che il rossore si stia impossessando di loro.

«Il tuo approccio analitico e la tua capacità di cogliere le complicate dinamiche della vicenda, mostrano la tua profonda comprensione non solo del testo analizzato ma anche di quelle che sono le complessità umane che esso racconta».

Tutto mi aspettavo ma non tanti complimenti.

«La tua scrittura ha una qualità che raramente vedo in studenti giovani come te, senza nulla togliere a tutti voi che avete potato a termine dei buonissimi lavori». Dice poi rivolgendosi alla classe.

«Per concludere, signorina Mitchell, credo che, oltre ad una brillante carriera giornalistica, lei possa avere un futuro brillante anche come scrittrice. La incoraggio a seguire entrambe le strade, il futuro potrebbe riservarle grandi cose».

Le parole del professor Wilson mi hanno scossa nel profondo, la scrittura è sempre stata una passione personale, un modo per esprimermi e guardare dentro il mio essere. Ma sentire un simile riconoscimento, da parte di uno dei professori che ammiro di più, ha scatenato in me un senso di possibilità. Mentre l'aula scoppia in un applauso di sostegno, sorrido a tutti i presenti e chino il capo in direzione del professore in segno di rispetto. Con il cuore gonfio di gratitudine e la mente fervida di idee, lascio l'aula di letteratura per l'ultima volta in quest'anno.

Sherlin Mitchell una scrittrice... chissà, mai dire mai. 

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