CAPITOLO 15

CAPITOLO 15

Sherlin

Il sole del mattino tinge il cielo di una luce dorata. Austin è stato puntuale e alle dieci era ad aspettarmi fuori dall'appartamento. Come sempre mi ha aperto lo sportello del SUV per salire in auto e poi si è messo alla giuda silenzioso. L'atmosfera in macchina è tutto tranne che tranquilla, noto che le nocche del capitano, stanno diventando sempre più bianche per quanta pressione sta esercitando sul volante.

Oggi, non riesco a togliergli gli occhi di dosso.

Indossa un completo elegante, forse anche troppo formale dato che si tratta del suo compleanno, ogni dettaglio nell'abbigliamento, gli dona un'aria sobria, di classe, un'aria totalmente diversa dal solito Turner che sono abituata a vedere con magliette nere, jenas e anfibi. La camicia azzurra è perfettamente stirata, sembra abbia pensato al minimo dettaglio per presentarsi al meglio a questo pranzo. La cravatta è scura e abbinata con precisione a tutto il resto. Il blu scuro, quasi quanto i suoi occhi, non gli sta affatto male, anzi, delinea la sua figura in modo impeccabile. Tutto in lui emana una tensione palpabile, come se quel completo rappresentasse l'armatura perfetta per affrontare la sua famiglia. Nonostante abbia scelto il mio outfit con la massima cura, più guardo il capitano e più mi sento a disagio, forse non sono all'altezza. Indosso un vestito di una tonalità pastello, un verde acqua che mette in risalto il mio incarnato, giusto per mostrare la mia femminilità ma senza essere volgare. Ai piedi, un paio di tacchi, non troppo alti, in caso mi servisse scappare da quella casa che tanto mi è stata descritta con non proprio parole carine.

Mentre il SUV di Austin varca il cancello, ho il tempo di osservarmi intorno. La casa si staglia maestosa davanti ai miei occhi increduli che non sanno se prestare più attenzione alla sua imponenza o al giardino curato che la circonda. La facciata è rivestita da mattoni chiari, che riflettono la luce del sole mattutino. Il vialetto d'ingresso, è fiancheggiato da alti alberi che si stagliano contro il cielo azzurro. In questo posto, sembra regnare la tranquillità più assoluta. Mi rendo conto che Austin ha parcheggiato la macchina e che io sto ancora contemplando il tutto, senza aver fatto il minimo fiato. Turner ha spento il motore e siamo avvolti dalla quiete e dal silenzio. Guardo il capitano prima di scendere dall'auto e tutto quello che vedo è un espressione misto tra l'ansia e la risolutezza.

«Andrà bene». Cerco di rassicurarlo posandogli una mano sul braccio teso.

Austin mi regala un lieve sorriso e scende dal SUV per poi aprirmi la portiera. Evito di prendere la sua mano e una volta scesa mi stiro il vestito con le mani. Sono agitatissima, ma non voglio che lui se ne accorga. Arriviamo al portone e ho la vaga sensazione che il ragazzo al mio fianco potrebbe darsela a gambe da un momento all'altro.

Ero certa che i tacchi bassi sarebbero tornati utili.

Attendiamo che qualcuno venga ad aprirci e sulla soglia, poco dopo, appare una donna. Porta un abito nero che non definirei elegante e i capelli raccolti in uno chignon. Ci sorride e ci fa cenno di entrare.

«Austin quanto tempo, come stai?!». La donna sembra avere una certa confidenza con il capitano e me ne da prova il fatto che lo abbraccia senza esitazione.

«Ciao Mindy, sto bene... lei è Sherlin». A quelle parole, Mindy, si stacca da Austin e dirige tutta la sua attenzione su di me, quasi incredula di vedere una ragazza a casa Turner.

«Buon Dio, Aust, non dirmi che ti sei fidanzato!».

«È bella vero?!». Non capisco perché la sua risposata non è stato un "NO" secco. Sorrido alla donna, imbarazzata per la situazione, ho le guance che vanno a fuoco.

Mindy, senza aggiungere altro, mi fa cenno con il capo e io ricambio con un sorriso ancora più forzato di prima. Prende la giacca di Austin e mi porge la mano perché le dia la mia borsa. Tentenno, prendo il cellulare e le lascio fare quello che immagino sia il suo lavoro: accogliere gli ospiti e badare alla casa. Non potevo di certo immaginare che la famiglia Turner avesse una governante.

Mi addentro al fianco di Austin nella casa e man mano che ci avviciniamo al salotto un mix di odori invitanti, provenienti, immagino, dalla cucina, mi fa brontolare lo stomaco. Svoltato l'angolo, un uomo avvolto in un completo che mi ricorda quello di Austin, è lì ad accoglierci. Non so se guardare quello che immagino sia suo padre o la tavola imbandita al centro della stanza. Il signore dall'aspetto fiero e dagli occhi apparentemente gentili, si alza dalla poltrona per venire nella nostra direzione.

«Auguri figlio mio, buon compleanno!».

Nessun abbraccio, solo una lieve pacca sulla spalla che sembra bruciare il capitano che quasi si scosta da quel contatto.

«Era ieri, ma va bene comunque. Grazie».

Ora si che sento l'astio che scorre tra questi due.

Austin piega la bocca in un sorriso teso, l'atmosfera sembra presentarsi più complessa del previsto. Lo scambio di sguardi tra i due viene interrotto da una donna bellissima, capelli biondi lunghissimi, una statura invidiabile, un sorriso perfetto. Immagino che Austin ha ereditato il fascino di sua madre.

«Austin, caro, è sempre un piacere».

Vedo il capitano irrigidirsi al mio fianco, come se, la voce di quella donna, avesse provocato in lui una reazione non gradita e non di certo positiva. Ho la sensazione di aver sbagliato qualche calcolo. Austin non mi ha mai parlato nello specifico della sua famiglia, mi ha accennato più volte delle loro aspettative ma mai dei singoli componenti. Ritrovata la lucidità, penso al fatto che il capitano mi ha portato qui per non essere solo contro i lupi e per quanto non mi piaccia la posizione in cui mi ha messa, faccio un respiro profondo ed entro in azione.

Dovrà ringraziarmi.

«È un piacere conoscervi, io sono Sherlin, Sherlin Mitchell».

Come le palette di un flipper, gli occhi del padre di Austin e di quella, che sono arrivata alla conclusione essere la sua compagna, saettano su di me non appena pronuncio quelle parole.

«Certo, Austin ci ha parlato di te, piacere io sono Amanda». Stringo la mano della donna con fare incerto.

«Non sapevamo della tua esistenza, fino ad adesso».

«Caro, ma non è vero. Austin andiamo ad accomodarci che ne dici?».

«Sarà meglio». Il capitano guarda con sguardo raggelato il padre e io non posso fare a meno che assistere a quel teatrino in silenzio. Almeno questa Amanda sembra essere carina.

Prendo posto vicino al capitano, una volta seduti, veniamo raggiunti da quello che oserei chiamare capo famiglia. Un signore anziano, vestito di tutto punto, si accomoda a capo tavola senza degnare nessuno di uno sguardo.

«Quello è mio nonno, non fare caso a lui, è burbero, più di quanto può sembrare». Austin mi sussurra quelle parole, attento a non farsi sentire dai presenti. Annuisco senza fare un fiato e solo ora noto che la sedia di fianco alla mia è rimasta vuota nonostante il tavolo sia preparato per una persona in più. Scelgo di non fare domande. La conversazione ha un inizio molto formale, il padre di Austin e la sua compagna sembrano usciti da uno show, la loro capacità di fare domande è incredibile, forse dovrei imparare anche io ad essere meccanica come loro, potrebbe essermi utile per il lavoro. Si parla di football, di università, le solite cose di cui si parla di solito, peccato che questo dovrebbe essere un compleanno, invece si sta trasformando in un interrogatorio a porte chiuse.

«E tu che cosa studi?». La domanda, proveniente dalla voce maschile che ho imparato ad associare a Mike, il padre di Austin, mi coglie alla sprovvista.

«Io studio per diventare giornalista. Mi piace raccontare storie, scoprire nuovi orizzonti...». Deglutisco il boccone che ho in bocca e attendo che qualcuno dica qualcosa. Dovevo fermarmi a "giornalista" senza aggiungere altro. Non imparo mai.

Amanda mi osserva con curiosità e interviene con una domanda che oserei definire personale.

«Giornalismo e Football... strano abbinamento. Come vi siete conosciuti?».

Si, poco fa l'ho definita carina, bhe, ora, ho la sensazione che mi sbagliavo.

«Ci siamo incontrati dopo una mia partita, il destino poi ha fatto il resto». Austin viene in mio soccorso e lo ringrazio perché non avrei saputo rispondere meglio.

Anche l'intervento del nonno non tarda ad arrivare e sono pronta a prepararmi ad un esplosione imminente.

«Dato che con il football non arriverai lontano, perché si sa, chi ha il tuo problema più di tanto non può fare, dovresti pensare agli studi accademici, non credi?». Non ho idea di dove questo uomo voglia andare a parare, il volto di Austin in questo momento è una maschera che non riesco a decifrare. La tensione sta aumentando secondo per secondo e io inizio ad avere caldo.

«La carriera accademica è importante quanto lo sport. E il mio problema ha un nome, asma, non capisco perché dobbiamo sempre parlare di questo».

Ammiro la calma con cui il capitano riesce a pronunciare quelle parole.

«Vado al bagno». Aggiunge poi a testa bassa, mentre si alza gli passo una mano sul braccio. Voglio assicurarmi che stia bene anche se sono l'ultima persona che vorrà vedere dopo che sarà uscito l'articolo.

Austin mi sorride debolmente, non sono abituata a vederlo in questa circostanza, non mi capacito che il suo caratteraccio, a volte stronzo ma sempre pronto a imbattersi in chiunque gli vada contro, in questa situazione, non riesce ad emergere.

«Non è educato il modo in cui ti stai comportando». Le parole del nonno lo bloccano prima che possa voltarsi. Vedo la mascella di Austin contrarsi sempre più, e le sue mani stringersi a pugno lungo i fianchi.

«Sarebbe a dire?». Domanda a denti stretti.

Non faccio altro che agitarmi sulla sedia, come se il mio culo ci fosse incollato sopra, per qualche strana ragione sono incapace di alzarmi da li e fare qualcosa, perché è di questo che si tratta. Io dovrei essere il punto di interesse, era il patto, invece non faccio altro che incrociare le mani sotto il tavolo cercando di evitare lo sguardo dritto di ogni presente.

Questo si che è essere codardi fino al midollo. Brava Sherlin.

«Insomma, vieni qui con questa ragazza che sicuramente è una delle tante che ti porti a letto, una di quelle che magari quando stai a dormire qui scappano dalla finestra dopo aver urlato il tuo nome svegliando tutta la casa mentre fai certe porcherie. Guardati, non ti riconosco, ogni anno che passa va sempre peggio, per non parlare delle tue prestazioni sportive. Sei un Turner dovresti saper dare il doppio di quello che invece dai in campo». Spalanco gli occhi di fronte a quelle parole e mi porto una mano alla pancia, tutto d'un tratto mi è venuto il voltastomaco. Il nonno di Austin non ha usato mezzi termini e questo sembra non stupire il capitano che è pronto a controbattere a quelle accuse. Quando mi ha parlato delle aspettative della sua famiglia, non potevo immaginare che non stesse esagerando, anzi, dai suoi racconti, mi aspettavo una situazione molto più blanda di quella che invece si sta verificando.

«Se hai finito, ora ho veramente bisogno di prendere una boccata d'aria». Vedo Austin allentarsi il nodo della cravatta e portarsi una mano al petto. Come mossa da un senso di giustizia, di fronte alla scena, mi alzo e mi metto al suo fianco.

«Vengo con te». Mi limito a dire, gli prendo la mano che lui non esita a stringere e mi faccio condurre ovunque lui voglia andare.

Austin mi conduce attraverso il giardino, poco distante da noi vedo una serra e immagino sarà quello il luogo in cui tra pochi secondi dovrò confrontarmi con questo "nuovo" Austin. Perché è così, mi sembra di avere di fronte una persona a me quasi sconosciuta, rispetto al solito. Varchiamo la porta e l'aria all'interno è densa di umidità e profumi. La luce, ancora forte di ormai primo pomeriggio filtra dal vetro trasparente che ci circonda. Noto che alcune piante si arrampicano e si espandono in ogni direzione, creando una specie di ragnatela verde sotto il cielo di vetro. Sembra che il tempo qui dentro si sia fermato e che chiunque lavorasse per mantenere la bellezza di questo posto abbia smesso da un momento all'altro.

«Era il posto preferito di mia madre». Vedo Austin con la coda dell'occhio scivolare per terra fino a sedersi sul pavimento, restando appoggiato con la schiena alla vetrata. Si è slacciato i primi bottoni della camicia e da come si alza e abbassa il suo petto immagino che sia uno di quei momenti in cui il respiro gli viene meno.

«È un bellissimo posto...».

«Avresti dovuto vederlo quando se ne occupava lei».

Mi siedo di fianco a lui, senza curarmi del fatto che indosso un vestito chiaro che a contatto con il terriccio sparso per terra potrebbe sporcarsi.

«Ei, stai tranquillo, il tuo respiro è...».

«Shh, bellezza, ora mi passa, ho solo bisogno di un attimo di silenzio».

E così attendo, rispetto il suo silenzio e mi prendo del tempo anche io per farmi l'ennesimo esame di coscienza.

«Senti Austin io dovrei dirti una cosa». Ho ripercorso tutto questo periodo nella mia testa in meno di due minuti e sono giunta alla conclusione che il mio comportamento mi sta generando solo problemi esistenziali. Ha ragione Norah, io non mento, io non gioco con i sentimenti, io non... le mie parole e i miei pensieri vengono interrotte dalle labbra di Austin che si schiantano sulle mie senza chiedere permesso. Avvolti da quell'atmosfera morta io mi sento più viva che mai. Le dita leggere e poco delicate di Turner si insinuano nei miei capelli sciolti. Inclino la testa di lato per assaporare di più quel momento, il nostro bacio diventa un gioco di lingue. Le mie mani si aggrappano alla sua camicia, stropicciandola. Il bisogno reciproco che proviamo è palpabile nell'aria.

Mi stacco da lui per riprendere fiato, guardo il suo volto e lo riconosco. Ho davanti lo stesso ragazzo della prima sera, sfacciato, affascinante, bellissimo. Sorrido perché ricordo di essere stata proprio io a proporgli come soluzione ai suoi "momenti no" un bacio come questo e sono grata del fatto che invece di accendersi una sigaretta danneggiandosi, lui abbia usato me per calmarsi.

«Direi che non c'è bisogno di aggiungere altro bellezza».

«Facciamo che solo per oggi ti darò retta». Mi alzo da terra e gli porgo le mani perché si alzi anche lui. Senza il minimo sforzo Austin si rimette in piedi e noto con piacere che il suo petto ha ricominciato a muoversi in modo regolare.

«Stai bene?». Chiedo apprensiva.

«Starò bene quando saremmo lontani da qua».

Gli porgo la mano per la seconda volta da quando siamo qua e usciamo dalla serra senza dire niente. Evitando di passare dall'interno intercettiamo Mindy per farci dare le nostre cose. La donna ci saluta con un sorriso cordiale e abbraccia Austin come aveva fatto appena arrivati. In quella casa sembra l'unica che guarda con occhi diversi il capitano, con occhi umani, con occhi di una persona che gli vuole bene veramente.

Mentre ci allontaniamo dalla casa ripenso a tutto ciò a cui ho assistito, ho abbastanza materiale per scrivere un ottimo articolo, l'idea di rinunciarci però è sempre dietro l'angolo. Non so ancora che cosa farò, so solo che dopo oggi, dopo adesso, mi sarà difficile rinunciare al ragazzo che mi sta riportando a casa. 

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