CAPITOLO 13
CAPITOLO 13
Sherlin
Il giorno della partita di football era arrivato e anche la resa dei conti lo era. Nel campus universitario, l'atmosfera, vibra di eccitazione. La squadra dei Falchi si sta preparando all'incontro cruciale e l'intera università sembra emanare una sorta di spirito competitivo. Contro tutti presupposti, sono tra la folla di tifosi, al mio fianco c'è Norah che si sta gustando un hot dog. Anche se la situazione tra me e il capitano è delle più complicate, ho deciso di indossare la maglietta che mi ha regalato. Questo fa sicuramente pensare che io abbia rinunciato al mio articolo... beh, non è così.
Lo stadio è pervaso dal rumore, le voci dei tifosi, il suono degli strumenti della banda, le cheerleader che a bordo campo incitano il pubblico. L'odore di pop corn e hot dog aleggia nell'aria creando l'atmosfera tipica di un evento come questo. Il cuore mi batte all'impazzata mentre attendo l'entrata in capo di Austin e dei Falchi. La tensione e l'emozione sono palpabili e al passare del tempo la folla in attesa si fa sempre più sentire.
«Lo sai che vedendoti con questa addosso penserà che sei pronta a frequentarlo?».
Le parole di Norah mi colgono alla sprovvista, abbiamo affrontato il discorso per giorni e giorni, ma le sue convinzioni sulla questione non cedono a cambiare.
«Devo frequentarlo per portare a termine il mio articolo».
«Non ti facevo così subdola». Non mi aspettavo tanta schiettezza da parte sua.
Non replico, so che ha perfettamente ragione. Forse è sbagliato che io sia qui e forse non dovrei dare false speranze al capitano; questo articolo pende sulla mia coscienza come un'ombra, ma nonostante questo, ho deciso che le mie emozioni non influenzeranno il lavoro. Per un breve momento, ho pensato di sacrificare la mia carriera per conoscere a fondo questo ragazzo, ma dopo una lunga riflessione sono arrivata alla conclusione che farlo non sarebbe giusto. La mia ambizione professionale e la mia dedizione al giornalismo è più forte di ogni cosa e questo comporta sicuramente un prezzo da pagare. Devo scrivere un articolo su Austin, mettendo a nudo la sua vita privata, le sue debolezze, tutto quello che di brutto riuscirò a scovare in lui, questo articolo è la mia scommessa con il destino.
L'annuncio del commentatore fa calare il silenzio nelle tribune.
«Ecco la squadra universitaria, i Falchi della East River, guidati dal capitano Austin Turner, numero quattordici!».
Un fascio di luci si concentra sulla porta d'uscita degli spogliatoi, il pubblico esplode in un tripudio di colori e suoni. I Falchi fanno la loro entrata in campo e Austin dietro i suoi compagni fa un ingresso trionfale. Il suo sguardo è concentrato e deciso, il mio cuore è gonfio di sentimenti e conflitti interiori quando lo vedo nella sua divisa da gioco.
La partita si sta svolgendo con una frenesia palpabile e se non fosse per Norah che mi spiega quello che succede in campo io mi sarei già persa venti minuti fa al fischio d'inizio. In capo Austin emerge su tutti, la squadra avversaria cerca di resistere ma la tattica e la tecnica dei Falchi stanno facendo la differenza. Passaggi precisi, corse fulminee e difese implacabili si stanno svolgendo sotto gli occhi di tutti i tifosi. La partita raggiunge il suo culmine quando, con una mossa strategica, Austin segna il touchdown decisivo. Norah scatta in piedi e io con lei. Lo stadio esplode in un boato, la folla è in piedi e applaude, è tutto un grido di gioia. Austin si leva il casco, il suo viso e sudato ma raggiante, solleva il braccio in segno di trionfo godendosi gli applausi e le grida dei tifosi. I suoi occhi stanno passando in rassegna le tribune ed è proprio mentre lo fa che i nostri sguardi si incontrano. Sembra come se il tempo avesse rallentato, un piccolo attimo sospeso, il mondo intorno a noi si è ridotto a quel solo scambio di sguardi, come in una parentesi temporale. Austin mi sorride e Norah si sta gustando la scena con occhi sognanti. Il momento svanisce quando i suoi compagni di squadra lo trascinano con loro. Austin interrompe il contatto visivo tra noi e corre al centro del campo a festeggiare con la squadra.
Mi preparo mentalmente ad affrontare il post-partita.
Esitante, tra la folla che esulta, mi avvicino cautamente a bordo campo, cercando di individuare Austin. Intercetto la sua maglia, si sta dirigendo verso gli spogliatoi mentre i suoi compagni sono ancora in campo a parlare con le ragazze della tifoseria. Decisa ad affrontare la questione mi dirigo risoluta verso di lui. Sorpasso la folla e vengo intercettata da Monty che mi fa un cenno con il capo, ricambio con un sorriso senza dargli troppa importanza. Mentre mi avvicino a Turner il mio cuore sembra non volersi fermare. Come se avesse sentito la mia presenza, Austin si volta nella mia direzione e tiene la porta aperta perché io possa seguirlo ovunque stia andando. Mi blocco sulla soglia, tra il campo e il corridoio per gli spogliatoi, non voglio che la situazione si trasformi come in infermeria.
«Congratulazioni, è stata una partita fantastica». Dico con un sorriso teso.
Austin mi studia, guardandomi da capo a piedi e noto che il suo petto si alza e si abbassa in modo irregolare, fa fatica a respirare ma non dico nulla a riguardo, immagino sia abituato a gestire da solo il suo problema d'asma.
«Grazie bellezza... non pensavo di vederti qui». Sorride, parla con una sorta di incertezza nella voce.
«Volevo esserci». Guardo a terra e poi ritrovo il coraggio di guardarlo dritto negli occhi.
«Noi dobbiamo parlare». Austin sospira e si passa una mano sul ciuffo di capelli bagnati e spettinati dal sudore.
«Si, lo credo anche io». Dico deglutendo a fatica. Il nodo che ho in gola si stringe ancora di più.
Austin si avvicina a me e come ogni volta il mio respiro si fa corto. Capisco le sue intenzioni ancora prima che possa fare un altro passo, capisco le sue intenzioni quando si morde il labbro in quel modo dannatamente sexy, vuole baciarmi e lo vorrei anche io ma ho scelto un altra strada, non si torna indietro. Intrappolata nelle mie emozioni complesse, mi scanso prima che Austin possa poggiare le sue labbra carnose sulle mie.
«Bellezza, quando smetterai di evitare tutto questo?». Dice con aria nervosa indicando il poco spazio che c'è tra noi.
In tutta risposta mi levo la maglietta che mi ha regalato, rimanendo con addosso solo una canottiera nera. Stringo la maglia tra le mani e sospiro rassegnata prima di porgergliela, non posso continuare a portare avanti questa situazione se ogni cosa mi ricorda costantemente che sono nel torto più totale.
Austin guarda la maglia, poi me e di nuovo la maglia con aria sempre più confusa.
«La mia carriera è molto importante per me, non ho tempo per tutto questo. Ma possiamo rimanere amici». Dico con quel briciolo di sincerità che mi è rimasta.
«Amici... dici sul serio?».
«Perché non dovremmo?».
«Perché bellezza, io alle mie amiche non metto la lingua tra le gambe». Mi sussurra avvicinandosi al mio orecchio.
Maledetto.
«Non succederà più». Dico a corto di fiato.
«Peccato... il tuo corpo sembra volere tutto il contrario di quello che sta pronunciando la tua bocca».
Non so che cosa mi abbia tradita, forse il fiato corto, il cuore impazzito, le gambe tremolanti... Austin mi passa dei baci leggeri sul collo e io non faccio altro che inspirare bruscamente per il contatto così profondo e inaspettato. Fermo la sua mano che sta indugiando sui miei pantaloni prima che questa situazione diventi vietata ai minori di diciotto. Poggio un mano sul torace di Austin e lo spingo lontano da me, o almeno è quello che cerco di fare. Il mio gesto provoca una sua risata.
«Tutto chiaro bellezza... tieni la maglia non la rivoglio, semmai entrerai a far parte del club delle mie fan ti servirà». Mi fa l'occhiolino e si volta dandomi le spalle. Davanti a me ho per la prima volta un Austin completamente diverso, un Austin che probabilmente si cela dietro quella faccia d'angelo di cui tutte sono innamorate.
«Aspetta». Cerco di attirare la sua attenzione anche se non so bene che cosa dire.
«Bellezza, ho aspettato abbastanza. Ci si vede in giro». Non si volta nemmeno, mi fa un cenno con la mano senza voltarsi e si dirige nel corridoio scuro per poi sparire dalla mia vista.
Forse ho giocato male le mie carte, ma almeno, sta volta, non l'ho preso in giro.
Esco dallo stadio e trovo Norah che mi aspetta alla sua auto.
«Non dire niente». Le intimo di stare in silenzio.
«Si può sapere che ti prende?! Sher! Smettila di prenderti in giro. Dio... non capisco perché questo cazzo di articolo sia tanto importante. Tu non sei così, tu in inganni, non menti... perché lo fai?».
Quasi mi urla addosso, odio quando qualcuno mi sbatte in faccia la realtà che non sono pronta a sentire, tanto meno se questo qualcuno è una persona a me cara come lo è Norah.
«Perché una prima pagina è più importante di qualsiasi giocatore di football, perché una prima pagina nel giornale universitario è il punto di partenza per farmi notare, perché se voglio diventare una giornalista devo sporcarmi le mani». Quasi mi vergogno per le parole che mi escono di bocca, so che il mio cambio repentino di comportamento non sta piacendo a Norah ma devo farlo, ne va del mio futuro.
«Dio Sher, stai iniziando a parlare come Lerry!».
Salgo in auto senza aggiungere altro, mi allaccio la cintura e aspetto che Norah metta in moto la macchina. Almeno per oggi, non c'è bisogno di aggiungere altra carne al fuoco.
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