Pillole d'ortografia.

Un po' di latinorum

Buon pomeriggio a tutti i nostri lettori! Chiedo scusa al povero Manzoni per la citazione ripresa nel titolo, ma, come promesso la scorsa volta, oggi facciamo un tuffo nel passato verso la lingua che è un po' la mamma di quella che parliamo oggi. Le studentesse di liceo sono avvantaggiate, devo ammetterlo, perché la consecutio temporum italiana, ovvero la concordanza dei tempi tra proposizioni reggenti e subordinate, riprende molto quella latina. Dunque, per quanto io non veda il latino da circa quattro anni (come mi sento vecchia!), proverò a guidarvi in questo viaggio a cavallo tra passato e presente.

Per prima cosa chiariamo la differenza tra proposizione reggente e subordinata, perdonatemi se la scorsa volta l'ho data per scontata, non lo è affatto. Il periodo, ovvero l'intera frase contenuta tra due punti fermi, è costituito da più frasi, dette proposizioni. Ciascuna proposizione è retta da un verbo (potremo avere anche coppie di verbi, talvolta, nel caso dei servili come dover andare), dunque in una frase avremo, generalmente parlando, tante proposizioni quanti sono i verbi. La proposizione reggente è quella che, come dice il nome, si regge da sola, ovvero che se rimuovessimo tutto il resto del periodo avrebbe di per sé un senso compiuto. Facciamo un esempio, per capirci meglio.

Quando piove/ esco con l'ombrello//

Dunque abbiamo due verbi, piove ed esco, pertanto due proposizioni. Ora, prendiamone una per volta "quando piove" non avrebbe senso da sola, mentre "esco con l'ombrello" potrebbe tranquillamente essere una frase da sola. Si regge, infatti, autonomamente e rappresenta la proposizione reggente, o principale.

Detto questo, veniamo a noi. La consecutio temporum, o concordanza dei tempi, è un insieme di regole che ci suggerisce quale tempo verbale utilizzare a seconda del rapporto temporale che sussiste tra principale e subordinata. Detto così pare arabo, lo so. In realtà è più semplice di ciò che si può pensare.

1. Rapporto di contemporaneità: indica che la principale e la subordinata avvengono nello stesso momento come "quando piove esco con l'ombrello". Sono due azioni contemporanee perché proprio nel momento in cui piove io esco con l'ombrello.

2. Rapporto di anteriorità: indica che l'azione espressa dalla subordinata viene prima di quella espressa dalla reggente, è pertanto anteriore. Dopo che il sole fu sorto, tutti uscirono di casa. In questo caso vedete che "dopo che il sole fu sorto", ovvero la subordinata, viene prima della principale, cioè prima sorge il sole e poi tutti escono di casa.

3. Rapporto di posteriorità: indica che l'azione espressa della subordinata è posteriore, ovvero viene dopo quella espressa dalla reggente. "Prima che arrivi l'inverno dobbiamo chiudere le serre" in questo caso le serre verranno chiuse prima dell'arrivo dell'inverno, azione espressa dalla subordinata.

Bene, tutto questo era solo una premessa, se vi può consolare. Si tratta di una regola molto importante per la costruzione di un discorso fluido, perché talvolta noto errori nell'utilizzo dei tempi del congiuntivo abbia, avesse, avesse avuto... E ci si confonde anche tra congiuntivo e condizionale! Già, perché anche quest'ultimo è implicato nella costruzione delle subordinate, in un caso particolare. Prendiamo in esame un caso per volta.

Contemporaneità

· Quando il verbo della reggente è al presente: credo che Luisa abbia ragione à nella subordinata utilizzo il congiuntivo presente

· Quando il verbo della reggente è ad un tempo passato: credevo che Luisa avesse ragione à nella subordinata utilizzo il congiuntivo imperfetto.

Anteriorità

· Quando il verbo della reggente è al presente: credo che Luisa avesse ragione à nella subordinata utilizzo il congiuntivo imperfetto. In questo momento credo che Luisa in passato avesse ragione (Luisa aveva ragione prima che io parlassi)

· Quando il verbo della reggente è ad un tempo passato: credevo che Luisa avesse avuto ragione à nella subordinata utilizzo il congiuntivo trapassato (in passato io credevo che, prima ancora, Luisa avesse avuto ragione)

Posteriorità

· Quando il verbo della reggente è al presente: credo che presto sorgerà il sole à nella subordinata utilizzo l'indicativo futuro.

· Quando il verbo della reggente è ad un tempo passato: credevo di lì a poco sarebbe sorto il sole à nella subordinata utilizzo il condizionale passato (in un tempo passato io credevo che, in futuro, sarebbe sorto il sole)

Lo so che non è facile, in realtà per molti la cosa è automatica, per chi commette errori, invece, è bene leggere con attenzione queste regole ed esercitarsi un po'.

Pensate che sia finita? Non proprio. La scorsa volta una lettrice mi ha chiesto una delucidazione su un tipo particolare di frase, il periodo ipotetico. Tale periodo è composto da due proposizioni, la subordinata introdotta da "se" e la reggente. Anche qui vi sono delle regole di concordanza di modi e tempi dell'indicativo, del congiuntivo e del condizionale. Vediamo insieme i tre tipi di periodo ipotetico esistenti:

· Periodo ipotetico di primo tipo: è quello che ci sta più simpatico, detto anche periodo della realtà. Già, perché possiamo utilizzare l'indicativo e con quello abbiamo tutti una gran dimestichezza. Esempi di questo periodo sono: se dico qualcosa di sbagliato avvertimi, se sarò ricco farò un viaggio intorno al mondo. Insomma, a seconda del tempo possiamo utilizzare l'indicativo come sappiamo fare

· Periodo ipotetico di secondo tipo: qui cominciano i problemi. È il periodo della possibilità, riferito ad un tempo presente, ma che esprime qualcosa di non certo. "Se fossi ricco farei un viaggio intorno al mondo": abbiamo dunque la subordinata con il congiuntivo imperfetto e la principale con il condizionale presente

· Periodo ipotetico di terzo tipo: e qui sono dolori. È il periodo dell'irrealtà, già, perché esprime qualcosa che non si può più realizzare in quanto riferito ad un tempo passato. "Se fossi stato un genio della matematica avrei studiato ingegneria" e per me non c'è nulla di più irreale di questo. Scherzi a parte, subordinata con il congiuntivo piuccheperfetto (o trapassato, concedetemi questo vezzo latineggiante) e principale con il condizionale passato.

Non vi annoio più, promesso. Con quest'ultima spiegazione concludo il nostro capitolo sul congiuntivo, nella speranza di avervi reso un po' più chiaro questo povero tempo dimenticato e, peraltro, destinato a scomparire. Tuttavia, noi viviamo nel presente e, pur essendo certo che tra centinaia di anni il congiuntivo verrà classificato solamente come un arcaismo, per ora ce lo dobbiamo imparare.

So che non è per nulla semplice, sono a disposizione per chiarimenti! Come sempre, vi ringrazio per l'attenzione e, dato che siamo in tema, buon San Valentino a tutte.

Martina

Autrice della Harris Series.

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