Intervista all'autore
Salve cari affezionati di wattpad,
siamo qui in compagnia di Silvia Ciompi, o meglio conosciuta come Ciomps93, autrice de " Tutto il buio dei miei giorni", "la ragazza con le mani di vetro", e la raccolte di poesie intitolata " Come battiti di ciglia".
Anzitutto ti ringrazio per la disponibilità mostrata. Vorrei cominciare chiedendoti di presentarti a chi ancora non ha avuto il piacere di conoscerti. Chi è Silvia al di fuori di watt pad?
Per iniziare vorrei ringraziare Paola e le organizzatrici di questa iniziativa per avermi convolta, grazie davvero di cuore.
In risposta alla prima domanda mi viene da sorridere, perché forse nemmeno io so davvero chi sono. So di avere ventitré anni, almeno all'anagrafe. Mi sto per laureare in scienze della comunicazione, fuori tempo massimo, perché d'estate mi diletto a lavorare nella fantasmagorica fabbrica di pomodori vicino a casa. Sulla mia carta d'identità c'è scritto che sono nata a Pisa, anche se mi scoccia ammetterlo per una vecchia rivalità campanilistica. Sono invece molto legata a casa mia, un piccolo paese della provincia livornese, incastrato in una terra di mezzo, occupata da immensi campi di carciofi, tra il mare di Piombino e i borghi medievali toscani. Qui sono cresciuta al suono delle storie di mio nonno, raccontate in una vecchia chiostra, la pesca delle rane nei laghetti usati per l'irrigazione, l'amore per la fotografia e il disegno. Poi c'è Livorno e il Livorno, la mia più grande passione, e il mio amore per il tifo, per gli ultras e per la curva. È stato mio padre a insegnarmelo, a portarmi allo stadio la prima volta, quando avevo solo sei anni, e a cambiarmi la vita. Perché certe passioni la vita te la cambiano davvero.
Sono una strana, che ascolta musica strana, guarda film strani e parla poco. Una persona che crede nell'uguaglianza, nell'antifascismo, nel lottare per i propri diritti fino in fondo, nella famiglia non fondata sulle convenzioni ma sull'amore, in qualsiasi sua forma. Sono una che, forse inspiegabilmente, crede ancora nel futuro, pur provenendo da un posto che non ha molto da offrire.
Cosa significa per te scrivere? Come ti sei approcciata a questo mondo per la prima volta? Hai degli autori di riferimento?
Credo che, convivendo con un carattere spinoso come il mio, chiuso a riccio su stesso, e molto introverso, sia naturale cercare un modo per esternare quello che hai dentro. Io l'ho iniziato a fare con il disegno e la fotografia. È stato mio nonno a insegnarmelo. Lui mi ha insegnato a leggere, a scrivere, mi ha fatto fare i compiti per anni e risentito a memoria le poesie che dovevo imparare. Sono convinta che, se esistono davvero anime affini, le nostre lo sono sempre state. Mi ha insegnato tutto. Mi ha letto le sue poesie, mi ha raccontato le fiabe da piccola, storie della sua vita quando sono cresciuta. Non lo so se la passione per la scrittura sia uno dei tanti regali che mi ha fatto, oppure una questione di sangue, so però che c'è sempre stata. Scrivo da sempre. Ho avuto la fase dei diari, quella della poesie, quella dei racconti brevi e sconclusionati e adesso le velleitarie aspirazioni di romanziera vera e propria.
Al contrario, da piccola odiavo leggere. Mia madre, che ha un'intera stanza occupata solo da libri, provava in tutti i modi a convincermi, ma non c'erano versi. Lo odiavo perché non ne ero capace e per me la lettura ha rappresentato un trauma che ancora oggi mi porto dietro. Non sapevo leggere ad alta voce. Fino alla quinta superiore, ogni volta che mi costringevano a farlo in classe, per me era una reale tortura psicologica. Non ho mai capito se fosse imbarazzo, mancanza di esercizio o una forma clinica di dislessia, ma io facevo veramente fatica e vivevo l'atteggiamento dei miei compagni come una forma di bullismo. Negli anni delle superiori ho iniziato ad amare la lettura, quella silenziosa, privata. Sono partita dal fantasy, ma poi sono arrivai i classici. Contemporaneamente cercavo di leggere i testi scolastici ad alta voce, mentre studiavo, e tuttora lo faccio. Alla fine ho imparato, ma se dovessi dire che leggere di fronte agli altri non mi crea problemi, mentirei.
I libri che più mi hanno segnata sono stati sicuramente quelli della saga di Harry Potter, "Sulla strada" di Jack Kerouac e "Se questo è un uomo" di Primo Levi. Diversi in sé per sé, ma legati a tre momenti della mia vita precisi.
Oggi i miei autori preferiti sono Margaret Mazzantini, Calvino, Pasolini, Prevert, Valentina D'Urbano e Ammaniti. (Anche qui diversi, ma legati a precisi aspetti del mio carattere.)
Nelle tue storie tratti molto spesso, come tema principale, quello della disabilità, visto come punto di forza e mai come deficit. Da cosa nascono i tuoi personaggi e le loro vicende? Mentre per le tue poesie ti ispiri ad un vissuto più quotidiano?
Il tema della disabilità per me è una metafora, oltre che un problema reale che molto spesso si tende a ignorare. Nasconde una parte di me molto personale che mi ha segnato in modo indelebile. Intanto una diversità fisica, con cui ho dovuto fare i conti dai tempi delle elementari, per colpa del sovrappeso che in certi periodi è stato obesità clinica, una timidezza che non mi faceva parlare con gli altri, il problema della lettura... Diciamo che per me la scuola non è mai stata facile, ma non sono un tipo che molla. Io non mollo mai. E questo i miei personaggi lo rispecchiano. Se ho pianto, l'ho fatto da sola, davanti agli altri ho sempre sorriso in modo sfrontato, ho combattuto contro il mio carattere e, alla fine del quinto superiore, la mia classe era diventata una seconda famiglia, ero la prima che rideva alle battute su di me e non provavo rancore per quasi nessun compagno.
Per questo credo che la diversità non vada vissuta in modo passivo, remissivo, ma affrontandola con coraggio, con auto ironia e forza di accettazione. "Sono così e mi vado bene".
La disabilità è un tema più complesso, ma per certi versi simile. Ciò che m'inorridisce è il disinteresse, la disinformazione che c'è dietro. Perché il diverso fa paura, respinge. Basti pensare al caso della Sicilia di questi giorni, dove non viene garantita l'assistenza alle famiglie e ai malati. Ci si'indigna perché Pif, giustamente, urla al telefono contro il governatore della regione, ma quando si vede qualcuno che parcheggia davanti a uno scivolo per disabili nemmeno ci si fa caso.
Le poche persone che conoscono la mia storia mi hanno fatto domande che lo dimostrano: ma perchè non la fai rimanere incinta? Che senso ha che facciano sesso? Lei non sente niente, potrebbero fare solo sesso orale, tanto gli istinti sessuali ce l'ha solo lui... Sono domande normali, intendiamoci, ma fanno capire quanto poco si sappia in realtà della disabilità. Perché non fa notizia e spaventa. Come l'omosessualità, come la diversità del colore di pelle, come un'altra religione, per questo mi piace parlarne.
Quante volte in Italia si sente parlare di assistenza sessuale per i disabili? Molto poche e in pochi sanno di cosa si tratti. Come non si conoscono abbastanza le distrofie, la sclerosi, quanto importante sia finanziare la ricerca, agevolare la qualità di vita. Per aver mostrato in prima serata un'intervista all'attore Francesco Nuti, una trasmissione è stata chiusa. In un paese in cui si aprono pagine facebook di insulti gratuiti alla campionessa paraolimpica Bebe Vio, io credo che ci sia parecchio bisogno di parlare di disabilità, di diversità e integrazione.
Per quanto riguarda le poesie, invece, c'è un po' di tutto. C'è casa mia, c'è l'amore d'altri tempi, quello dei miei nonni e dei miei genitori, c'è una passione sfrenata che corrode. Come in Tutto il buio dei mei giorni, l'amore per me è sempre in bilico tra essere curativo ed essere distruttivo e non è mai legato alla bellezza. I miei personaggi sono brutti, difettosi, mai belli. Alla luce di quello che ho detto sopra, potrà sembrare insicurezza, ma in realtà è un tentativo di essere realista. Non credo nella bellezza, credo nelle imperfezioni che diventano appigli di cui innamorarsi. La cicatrice di Camille, la mia protagonista, e le ferite psicologiche di Teschio, ne sono un esempio.
Vorrei sapere se mai pensato realmente alla pubblicazione di una tua storia. Preferiresti affidarti a case editrici o tenteresti con il self publishing?
Sarei ipocrita a dire di no. Io credo in quello che scrivo e quindi ci ho pensato. Non ho escluso nessuna opzione, per ora. Per me l'importante è che le mie storie vengono lette.
Per concludere, una domanda che proponiamo a tutti gli autori che partecipano all'iniziativa: quali sono, secondo te, i tre consigli che ti senti di dare agli aspiranti scrittori che si approcciano al mondo di Wattpad e della scrittura in generale?
Il primo consiglio che do, anche non sono nessuno per farlo, è di capire i momenti della scrittura. Credo che ci siamo due fasi classiche quando si scrive una storia: una di alti, in cui rileggi e quello che hai scritto ti sembra magnifico, e una di bassi, in cui ogni parola vergata ti fa venire voglia di vomitarci sopra. Io credo che per scrivere qualcosa di buono vadano sapute valutare per quello che sono. Non abbattersi nei momenti in cui ciò che scriviamo ci sembra da buttare e non esaltarci troppo nei momenti di euforia da trip letterario.
Il secondo è di essere originali. Avere qualcosa da dire, non importa se è fuori dal coro. Si ritorna al discorso del diverso. Essere diversi è bello, è gratificante molto più che omologarsi, ed è un di più, mai un meno.
L'ultimo è leggere. Sia cose scritte male, che cose scritte divinamente. Le prime aiutano a capire cosa non fare e ci fanno ridere magari, ma è dalle seconde che s'impara, che ci s'innamora ogni giorno della scrittura.
Infine ringrazio di nuovo Paola e le organizzatrici dell'iniziativa.
Ringrazio Ciopns93 per il tempo che mi ha concesso.
Vi ringrazio per il calore dimostrato, nel tempo, al nostro progetto.
Alla prossima intervista!
Paola55555, autrice della serie "Al di la dei tuoi occhi"
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