Capitolo Dieci - Tutta Colpa della Complementarietà
📍San Francisco, California
Caddi sul grande divano angolare che gremiva il nostro salone in stile industriale, vuoto da ormai troppo tempo. Emisi un verso facilmente scambiabile per il brontolio di un giaguaro, mentre il corpo caldo di Stan mi comprimeva contro i cuscini color argilla, impedendomi qualsiasi movimento di fuga.
«Quanto diavolo sei pesante», la mia mano si fece spazio sotto la sua felpa scura, tastando gli addominali scolpiti e mentendo spudoratamente, «sento una pancetta sotto le mani, sei ingrassato?»
La sua risata contagiò all'istante la mia, trovandoci a lottare sul divano come due bambini, per impedire di farci il solletico a vicenda.
«Don't lie, darling», i nostri volti erano talmente adiacenti che sentii il suo respiro accelerato mescolarsi al mio, «lo sai benissimo che quello non è grasso».
«Sono una persona programmatica e ho appena programmato un programma», sussurrai senza muovere un muscolo. «Tu», puntai l'indice contro il suo petto, «muovi il culo e va' in mansarda. Terzo scatolone in basso a destra».
Lo sguardo d'intesa che si fece spazio sul suo volto fu la testimonianza che avesse recepito il messaggio.
«Tu», poggiò l'indice contro le mie labbra, zittendomi, «muovi il culo e va' in cucina a prendere latte, uova, farina e cioccolato».
Annuii con un sorriso stampato sulle labbra, che cercai di trattenere invano. Mi lasciò con un casto bacio sulla tempia, un gesto quasi banale che tuttavia fu in grado di far svolazzare nel mio stomaco centinaia di farfalle.
Trotterellai verso la cucina, ma fu mentre gioivo per la mia vita che un pensiero si insinuò nei meandri della mia mente, facendomi percepire il sangue raggelarsi all'interno dei vasi.
Neels.
Cinque lettere furono in grado di far vorticare la stanza attorno a me. In aeroporto, quando i tasselli del puzzle avevano tutti preso posto, mi trovavo una falcata più avanti a lui, che perseverava nel sollevarmi il morale perennemente sottoterra. Non importava che avessi appena vissuto ventiquattr'ore magiche nella città eterna, in compagnia di uno straordinario compagno d'avventura: era bastato varare la soglia del gate per sentire di essere tornata nella "casa" che, oramai, si trovava sepolta sotto un cumulo di macerie.
Ma quando le note di piano risuonarono nell'aeroporto fino alle mie orecchie, constatai che forse non tutte le mura erano crollate. Forse c'era ancora un terreno su cui ricostruire la mia casa. Ed egoisticamente non persi l'occasione per farlo.
Un profondo senso di colpa iniziò a martellarmi all'istante, fin quando una voce conosciuta mi svegliò dal coma in cui ero precipitosamente crollata.
«Affermativo, Stan, sono ancora su questo pianeta».
«Che ti succede? Stai bene?»
Rispolverai le mie capacità da attrice mancata, annuendo ripetutamente allo scopo di convincerlo che fosse tutto nella norma quando, in realtà, l'unica persona che necessitava di convinzione ero io. Poi, mi rimboccai le maniche, constatando che la risoluzione dei miei ingarbugliati sentimenti avrebbe potuto aspettare qualche tempo.
Fu in quella mite serata di Natale che mi chiesi per la prima volta cosa mi avesse fatto innamorare di Stan.
Volente o nolente, la verità era che la sua presenza al mio fianco mi completava. La sua persona codificava per la mia, così come una chiave codifica per un'unica e sola serratura.
Tutta colpa della complementarietà.
In un giro d'orologio fummo in grado di recuperare tutto ciò che avevamo perso in un mese di separazione: come da tradizione, addobbammo l'appartamento con lucciole, gingilli e un albero al centro del salone. Il divano tornò a ospitare quattro chiappe invece che due. Si respirava un'atmosfera di casa, mista al profumo di pancake che fino a pochi minuti prima giacevano a colonna su due piatti, trepidanti di essere consumati.
«Riuscirai mai a perdonarmi?» Con lo sguardo concentrato sulle piastrelle color ambra che componevano il pavimento, Stan bisbigliò d'un fiato le parole che, con tutta probabilità, lo avevano tormentato per giorni.
«No, Stan. Non credo che lo farò» sentenziai, prendendo una definitiva posizione sull'evento che aveva mandato in rovina il nostro matrimonio.
Avrei inserito l'accaduto nei meandri più profondi della mia mente, dove anch'io stentavo a permanere. Tuttavia, come accade nel disegno, neanche la gomma sarebbe riuscita a eliminare l'ombra dell'errore, destinata a rimanere iscritta sul foglio per sempre.
«Sono profondamente consapevole di aver commesso il peggiore degli sbagli nei confronti di mia moglie e della mia migliore amica», tra i sospiri, egli iniziò con visibile difficoltà a sussurrare un discorso, torturandosi compulsivamente le dita fra loro, «ho tradito la mia metà e non mi perdonerò mai per averlo fatto. Ma non ho il potere di tornare indietro nel passato, perciò proverò a rimettermi sui miei passi per darti l'amore che meriti. A partire da questo».
Seguii la sua mano infilarsi nella tasca interna della giacca che aveva indosso, uscendone dopo qualche istante stringendo una busta bianca, che afferrai con timore.
La mia mente iniziò a frullare pensieri alla velocità della luce mentre la lettera iniziava a bruciarmi fra le dita, impaziente di essere letta.
«Tranquilla, Hay...», mi spronò con un gesto ad andare avanti e, così, come un automa, infilai le dita sotto la piega della busta, percependo lo scricchiolio della carta amplificarsi nel silenzio dell'ambiente circostante.
A intestazione di pagina spiccava a colori lo stendardo del San Francisco Police Department, in cui Stan operava sia come avvocato che come detective vero e proprio, grazie alle sue capacità intuitive. Lavorava con passione, curiosità e dedizione e questo lo aveva reso un maestro del settore: per i crediti legati al suo nome veniva costantemente contattato da dipartimenti sparsi in tutta America, talvolta anche per cause di Stato, e si trovava così a seguire indagini fuori porta per la stragrande maggioranza del suo tempo.
Ma la sequenza di caratteri neri che lessi fece fare una giravolta al mio cuore. «Hai...»
«Rinunciato a seguire indagini al di fuori dello stato. Basta viaggi. Voglio trascorrere più tempo con te, Haylee».
E capii di essere fottuta quando presi conoscenza che a compiere quel gesto fu un uomo che, senza se e senza ma, per la propria carriera avrebbe dato la vita.
Le parole che avrei voluto esternare volteggiavano da un neurone all'altro senza riuscirsi a legare in senso logico.
«Io...»
«So cosa vuoi dire», con un gesto della mano mi sfiorò la guancia, spronandomi a guardarlo, «ma viaggiare è il tuo lavoro. Sei una pilota, e devi continuare a inseguire i tuoi sogni, proprio come faceva quindici anni fa una irriverente biondina al liceo». Sorrise, e io mi lasciai cullare dalla sua voce calda, che si sollevava da un peso mantenuto per fin troppo tempo, «Ma io posso fare il detective anche nei confini dello stato. Sai quanti delitti si verificano ogni anno in California? Posso occuparmi di essi, così da avere più tempo libero per noi, per la casa».
«Stan, non devi sentirti obbligato a scegliere me alla tua carriera solo per espiare il tuo peccato», mimai delle virgolette con le dita.
«Non è un obbligo», spinse le spalle in avanti, poggiando gli avambracci sulle ginocchia, «è solo che... non ho mai amato nessun altro come amo te, Haylee Lang».
Dire che fossi stravolta era un eufemismo. Due erano le parole che il mio cuore avrebbe voluto pronunciare con quasi tutto se stesso. Ma in un angolo permanevano venti punti percentuali, che avevo sottratto a un odio chiamato Neels.
Le vetrate che si estendevano ampie sulle intere pareti del salone davano sul panorama notturno della città di San Francisco, illuminata in lontananza dalle migliaia di piccole luci collocate sulle strade e sui grattacieli. Nella stanza - retroilluminata da una luce soffusa - regnava il silenzio, con i nostri sguardi che si incrociarono senza più abbandonarsi. I suoi occhi nascondevano una sfumatura blu, che timida si intrecciava al castano scuro visibile a distanza.
Lentamente, la distanza che ci separava venne a mancare. Unii le mie labbra alle sue, gesto che ebbe tutto l'estro di un primo bacio, con la sensazione d'assomigliare alla pace dopo le intemperie.
Poi, in simbiosi i nostri corpi si avvicinarono, con la sua figura a proteggere la mia in un accogliente abbraccio che ci avrebbe uniti fino all'alba del giorno successivo.
• • •
L'anno nuovo era arrivato, e così anche i classici buoni propositi che sapevo già sarebbero finiti, come sempre, nel fondo del dimenticatoio: riprendere le lezioni di aerobica, fare diecimila passi al giorno, non tergiversare. Questi erano solo alcuni degli obiettivi improponibili che avevo copiato e incollato dalla lista dell'anno precedente.
Fra questi, però, ne spiccava uno di particolare, il cui protagonista era un individuo di circa un metro e ottanta, dagli occhi blu e dall'egocentrismo smisurato.
Avevo vagato invano per ore nell'aeroporto - che mi era servito anche a raggiungere il buon proposito dei passi quotidiani - alla ricerca dell'uomo che era apparso nei miei sogni per almeno la metà delle notti. Ma nessuna delle volte lo trovai a infastidirmi, o a cacciarsi nei guai come era solito fare.
Era odioso da provare, ma in fondo nel grande caos dell'aeroporto internazionale di San Francisco si sentiva la mancanza del caos che solo lui era in grado di provocare.
Al ritorno da un viaggio nazionale mi fiondai di gran carriera a casa. Quel giorno Stan sarebbe tornato a interrogatorio terminato, e ciò si traduceva in tardo pomeriggio. Così, un po' per smorzare la fame e un po' per ammazzare il tempo, sfilai dalla mia collezione una bottiglia di rosso invecchiato di vent'anni, versandone alcune dita in un calice di cristallo.
Poi afferrai la mia radio rosso fiammante, dando alcuni colpi sulla parte superiore affinché si collegasse più in fretta, fin quando sentii la frequenza gracchiare.
«Buenos días hombres y mujeres! Vi starete chiedendo perché bisbiglio? Mi trovo in un arcipelago paradisiaco a un paio di miglia dalle coste di Caracas. Il sole è mite e bacia l'anima, l'acqua del mare così cristallina da poter intravedere alcune stelle marine rosse sul fondale. Le foglie delle palme fluttuano nel cielo blu, facendo da cornice alla sabbia morbida e chiara. Fate un bel respiro, chiudete gli occhi e concentratevi: riuscite ad addentrarvi nel cuore della natura?»
Seguii alla lettera le parole che la sua voce familiare bisbigliò; accompagnata dai suoni delle onde che si infrangevano sulla sabbia e dal lontano garrito di alcuni gabbiani, chiusi le palpebre, lasciando che la mia fervida fantasia mi trasportasse in quell'isola assieme a lui.
«Questo luogo così surreale mi ispira a intrattenere delle lunghe e profonde conversazioni», allungò le vocali delle parole,
«Apro la linea telefonica in three, two, one... go. Chiamate il tre quattro tre sette e sarete collegati in diretta radiofonica con me. Chi fa il primo passo?»
Come un'automa, afferrai di gran carriera il cellulare, componendo il numero sul tastierino.
«Pronto? Primo ascoltatore di oggi... con chi ho l'onore di parlare?»
«Hola... sono la solita "prima ascoltatrice" di sempre. Mi trovo in una sorta di crisi esistenziale».
«Oh, damn it... Ti seguo».
«Sono sposata da quattro anni con l'unico uomo che io abbia mai amato in tutta la vita. Non siamo la coppia perfetta e, alcuni mesi fa, il nostro rapporto ha iniziato a naufragare. Sono accadute delle cose che ci hanno allontanati, ma sembra che la ferita stia... insomma, la cicatrice resterà per sempre, ma arriverà un giorno in cui non farà più male», sospirai, dopo aver fatto un mero riassunto della mia storia amorosa in diretta radiofonica, «è solo che... alcuni mesi fa conobbi per puro caso una persona, che purtroppo non vedo da un certo periodo... e temo mi manchi».
Dall'altro capo del collegamento sentii un profondo sospiro. «Non escludi la probabilità di provare un... come dire, un minimo di attrazione verso questa persona?»
Mi concentrai di seguire il tono profondo del conduttore, che incuteva in me un surreale senso di calma e vicinanza.
«Non so cosa sia. È strano, molto strano. Non nego abbia un sex appeal stellare... ma sento qualcosa di più profondo di una superficiale attrazione fisica. Il fatto che io abbia divagato il traumatico divorzio con mio marito, ma continui a pensare a quest'uomo la dice lunga sul mio stato di salute mentale», conclusi con un sogghigno per sdrammatizzare la piega tragica della situazione.
«Non ci conosciamo di persona, ma sei la prima ascoltatrice di ogni puntata sin dalla notte dei tempi, quindi sento come se un po' fossimo amici», dalla spensieratezza, il suo tono assunse un filo di serietà, «secondo la mia esperienza, prova a incontrare il tuo amico, e fai chiarezza sui sentimenti che provi per lui. Non serve a nulla scervellarti adesso, piantando fantasiosi castelli in aria. Per giungere a una conclusione devi guardarlo dritto negli occhi. Infatuazione, affetto, stima, amore... segui il tuo cuore: ti darà la soluzione solo quando gli starai vicino».
Spazio autrice✨
Vi avevo promesso che sarei tornata presto, e l'ho mantenuta!✈️
Mi odierete di sicuro per questo ritorno di fiamma... ma ho rivoluzionato la parte di trama che coinvolge il matrimonio di Stan e Haylee, quindi vorrei riuscire a farvelo apprezzare almeno un minimo😂 Ci sto riuscendo?🥺
Prossimo capitolo sbarchiamo in un nuovo stato🤩✈️🌏 chissà chi si vedrà...😏
Per chi indovina la meta vi regalo un biscottino❤️
A prestooo!
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