Capitolo Cinque - Il valore di una promessa

📍San Francisco, California

«Haylee? Cosa ci fai qui?»

A pronunciare quelle parole era stata la stessa voce che aveva pronunciato le più belle parole che il mio cuore potesse mai recepire.

Un ulteriore conato di vomito percorse la mia gola, fino a terminare sul pavimento del salone.  Era l'incredulità di cui traboccava quel tono che mi fece arroventare il cuore dentro al petto.

«Mi stai chiedendo cosa ci faccia in casa mia, Stan?» Mi voltai verso quel verme, intento a muovere i tacchi nella mia direzione. Lo incenerii con lo sguardo, intimandogli con un cenno di non avvicinarsi.

Le grandi e calde mani di Neel mi tenevano per le spalle, spostando di tanto in tanto qualche ciocca di capelli dal mio volto. Era un atto di buon cuore, che ignorai sul momento per colpa delle assurde parole che Stan blaterava.

«Haylee, è mia cugina, nient'altro», vidi i suoi piedi provare a fare un ulteriore passo nella mia direzione, che bloccai con un gesto della mano. Avevo creato nella mia mente una linea immaginaria, che non avrebbe dovuto oltrepassare.

«È tua cugina e ci trombi nel nostro letto? Sono sempre più stupita da te, Stan. Non credevo fossi così...»

Non trovai la parola. L'inverosimiglianza del contesto in cui nuotavo lasciò posto a una furia asfissiante. Sentii una granata di rabbia esplodermi nel petto in una frazione di secondo. Le immagini di quella scena raccapricciante si fecero sempre più nitide nella mia mente, rimbombando rumorosamente all'interno di essa. Io che entro nella nostra camera, io che vedo il letto occupato da mio marito e una giovane donna dai capelli corvini. Una donna che non ero io.

Bensì l'amante di mio marito.

Avete presente l'amara sensazione che si manifesta al centro del petto quando qualcosa che reputavate remota, vi si presenta davanti facendovi i suoi assoluti protagonisti?

Era così che mi sentivo. Incredula che nella vita del mio Stan ci fosse un'altra donna, e consapevole che quella fosse la dannata realtà che, prima o poi, avrei dovuto accettare.

Delusione, oppressione, tristezza, ira. Mi sentii pervasa da mille sensazioni, che si andavano a unire una per una in una morsa sempre più grande che mi stritolava il cuore. Provavo con tutte le forze che mi rimanevano in corpo di fare la dura, come avevo sempre fatto.

Ero ancora in ginocchio sul freddo pavimento marmoreo, in attesa che un briciolo di coraggio mi dasse il via libera per sollevarmi e incrociare lo sguardo della persona che aveva preso in mano e fatto a pezzi la mia anima.

«Haylee, sei sempre dall'altra parte del mondo». I suoi occhi bruni si incatenarono alle mie iridi verdi mentre un tono affranto rompeva sia il silenzio mesto che echeggiava nella stanza, sia il mio cuore. Lo sentii creparsi mentre la persona che più avevo amato pronunciava parole. Parole che rappresentavano la disperata e illogica giustificazione di un traditore.

«L'ho già sentita questa stronzata», tuonai, ergendomi davanti alla sua media statura, «quando ti sei inginocchiato davanti a me, hai fatto una promessa».

Strinsi i pugni, serrando le unghie contro i palmi. L'amarezza svanì quasi del tutto, lasciando spazio a una rabbia che cresceva, diventando sempre più incontrollabile. Sentivo che il cuore stesse per esplodermi dal petto. Lo sentivo pulsare ovunque, fin quando il percorso che una lacrima compì lungo il mio volto sovrastò ogni percezione. Non piangevo mai. Non ero stata abituata a farlo. E quando accadeva, mi sentivo come un passerotto fuori dal nido: indifeso ed esposto alle crudeltà del mondo.

«Mi hai giurato l'amore eterno, Stan. E tu sai quanto io tenga alle promesse». La mia vista era offuscata dalle lacrime che non smettevano di sgorgare.

«No, Stan», lo interruppi prima che potesse proferir parola, «sei un traditore». Sapevo cosa fosse pronto a dire. Conoscevo le sue mosse, le sue frasi, i suoi pensieri. Conoscevo la sua interiorità. Lo conoscevo da fin troppo tempo. E conoscevo anche la mia debolezza.

«Non cercare di scusarti», serrai i denti fino a sentire male alla testa, «mi fai schifo, ribrezzo, ogni cosa».

Ero sempre stata etichettata come uno spirito forte. Ma la verità era che non lo ero. Sapevo che se avesse iniziato a scusarsi, sarei crollata.

Lo odiavo. Lo odiavo per avermi tradita. Lo odiavo perché conosceva alla perfezione i punti deboli sui quali fare leva. Lo odiavo perché sapevo per certo che li avrebbe usati.  

Capisci di aver toccato il fondo quando arrivi a odiare con tutta l'anima la persona alla quale avevi messo nelle mani proprio quella di anima.

È in questi contesti che tutti i momenti vissuti insieme vengono proiettati da un neurone all'altro come fossero un rullino di videocamera. Ogni singolo momento ripercorso in un insignificante istante che, tuttavia, è sufficiente a far percepire ogni sensazione vissuta. E così in ripetizione. Il rullino finisce, e si riavvolge subito dopo.

«Vedo che anche tu sei in compagnia». Fu quella clamorosa dichiarazione a destare dalla riflessione il povero uomo che si era trovato in un enorme pasticcio senza volerlo.

Neel fece un minaccioso passo avanti, senza proferire parola. Il suo sguardo si era colorato di un blu notte, tetro e autoritario. Non lo conoscevo bene. Anzi, non lo conoscevo affatto. Ma sapevo stesse per elaborare una risposta a tono.

«Mi auguro che tu sia scherzando», presi io le redini della situazione mentre una risata isterica non chiese il permesso di lasciare la mia bocca, «questo gentiluomo ha avuto il buonsenso di accompagnarmi a casa durante una tempesta mentre tu eri nel nostro letto a...»

Marcai volutamente il possesso. Ma non riuscii a continuare la frase perché una morsa mi attanagliò lo stomaco.
«Vattene, Stan. Non voglio vederti mai più», sospirai, sfoderando la più dura espressione possibile.

Compì delle rapide falcate nella mia direzione e io, di riflesso, provvidi a ripristinare la distanza che intercorreva tra di noi. La distanza di una coppia disastrata.
«Non voglio perderti, Haylee, non voglio...»

«Rispetta la mia opinione», interruppi intransigente il suo piagnisteo. «Se vuoi scusarti, esci da questa casa e non voltarti mai più indietro».

Capì. Lui capì.

Passarono alcuni minuti in cui un silenzio tombale si fece padrone di casa. Stanca come se avessi appena combattuto in solitudine contro un esercito, mi ero accasciata sul divano. La mia mente aveva smesso di elaborare pensieri, e si limitava a recepire gli stimoli provenienti dall'ambiente circostante. Nessun sentimento, nessuna emozione, fin quando sentii la vicina porta d'ingresso chiudersi con un tonfo. Movimento che soffocò anche l'ultimo tenue soffio di fuoco che manteneva acceso il piccolo caminetto del salotto.




Spazio autrice🎃
Buon pomeriggio, cari! Rieccomi qui con questo nuovo capitolo, più corto e triste del solito. Ci sono alcuni punti di questo evento che ho preferito lasciare in sospeso. Vedrete🤞🏼

Sicuramente, vi aspettavate questo tradimento dopo aver letto la fine del capitolo scorso. Secondo voi la storia tra Haylee e Stan è veramente finita così? O sarà più tortuosa? Attendo le vostre opinioni.🦋

E sì, la scelta di lasciare Neel fuori da questo capitolo è stata volontaria. Vedrete...🤫
Mi farò perdonare nei prossimi capitoli🌻
A presto🦋

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