Why?

Faith Davis era già pronta ad indietreggiare, ma il professor Downey le pestò una mano facendole strizzare gli occhi dal dolore. Poteva comprendere tutta quella collera che si mescolava nello sguardo del suo professore, dopotutto lei si era scavata la fossa da sola.
Se solo non avesse scritto quella terribile parola sulla porta, se solo l'avesse aiutato quando stava per essere pestato a sangue ora non sarebbe lì, sul pavimento e pronta per subire ciò che avrebbe dovuto sopportare molto tempo fa.
L'uomo si accovacciò, sedendosi esattamente sul suo bacino, pensandole sulle anche.
Più lo guardava e più capiva che la sua era una punizione mandata dal divino siccome quegli errori poteva anche risparmiarseli. Lei, che calcolava tutto in ogni singolo dettaglio, aveva sbagliato la mira sul suo unico bersaglio da affrontare.
Downey mise le mani sulle sue, chinandosi con un sorrisetto furbo sul suo orecchio.
-E comunque so cosa è successo quella notte.
Sussurrò, facendole spalancare gli occhi come due fanali azzurri, ma il suo stupore durò pochissimo quando con una mano la costrinse a distendersi, obbligandola ad osservarlo mentre si distendeva sopra di lei.
Non c'era atto di ribellione in Faith, era consapevole del fatto che era tutta colpa sua.
C'era il tetto, le stelle non potevano salvarla.
Strinse i denti quando percepì le sue calde labbra baciarle il collo, tirandole uno schiaffo quando tentò di allontanare il volto da lui. Era inerme, totalmente abbandonata al suo umile destino.
Ovviamente scoppiò a piangere, ma il suo pianto erano solo gocce salate che scendevano dal bordo dei suoi occhi, scorrendo lente sulle sue guance fino ad accarezzarle i lobi delle orecchie. Non tremava nessun labbro, nemmeno il corpo.
Era consapevole del perché, del grande perché: amore, tempo e morte.
L'amore non l'aveva mai provato, se non per i suoi veri genitori, e puntualmente era stata pugnalata alle spalle da ciò che è dentro in ogni uomo ed ogni cosa, ma sfortunatamente non c'era dentro Faith e il suo professore.
Il tempo,beh, le era sfuggito di mano, perdendo i momenti d'oro dell'infanzia che ogni ragazzo dovrebbe conservare nel proprio cuore.
La morte era la sua vecchia amica, sempre presente come premio di consolazione. Quante volte aveva pedalato contromano nelle strade più trafficate, ma ogni singola macchina l'aveva schivata con un clacson.
Sembrava che l'eterna presenza attendesse qualcosa prima di calarsi su di lei e portarla a casa.
Intanto Downey le aveva già calato i pantaloni e le mutandine, baciandole i seni solo dalla maglietta ma senza osare strappargliela in mille pezzetti.
Il suo sospiro spezzato riempì l'aria, facendo cadere un'altra lacrima mentre guardava fissa e immobile il soffitto non riuscendo più a vedere oltre quel muro bianco.
L'uomo le afferrò il volto, lasciandole i segni sulle guance da quanto stava stringendo, ringhiandole in faccia mentre continuava a ripetere che era colpa della ragazzina se ora si trovava ad un passo dalla vergogna.
Faith gridò senza emettere suono quando, per davvero questa volta, sentì la punta del membro caldo di Downey stuzzicarla, entrando appena mentre il dolore per lei si era immerso fino alle fibre della pelle.
Iniziò a tremare sul serio, dimenandosi quando lento come una lumaca affondava dentro di lei, tappandole la bocca prima che urlasse come un cane sotto tortura.
Si sentiva il basso ventre avvolto dalle fiamme dell'inferno, ma non era ancora entrato tutto dato che continuava a dimenarsi. Era follia, la paura correva dentro di lei avanti e indietro facendola muovere come lei comandava.
Downey il terribile le afferrò i capelli, costringendola a guardarlo dritto negli occhi.
-Perché l'hai fatto?
Non rispose, il dolore era più importante.
-Rispondimi.
Spinse più velocemente, ancora prolungando la tortura ma non del tutto, facendole sentire come un coltello incandescente che la stava penetrando da parte a parte.
-Perché?!
Stava per ucciderla del tutto, ma quando Faith lo gridò quel sentimento, si fermò per un attimo.
-Ti odio!
Uscì da lei, facendola rannicchiare su se stessa mentre si teneva il suo fiore, piangendo con singhiozzi strazianti dal dolore mentre lentamente si dondolava su e giù altrimenti l'agonia bruciava dentro di lei ancora di più.
Downey si riallacciò i pantaloni, osservandola da in piedi mentre appoggiava la fronte sul freddo pavimento, i denti stretti e le lacrime cadute.
-Perché sei un mostro.
Trovò conforto in quel freddo terreno secco, non seminato ancora da tempeste che avrebbero portato ad una nuova alba.
Si mise le mutandine e i pantaloni, alzandosi a scatti con il bruciore che nelle parti basse aumentava ad ogni movimento.
Brillavano i suoi occhi velati dalle lacrime, come le luci di New York di notte.
-E non conoscerai mai l'amore.
Senza forze si aggrappò alla cattedra, le spalle incassate e il respiro affannoso, ma il suo sguardo puntava nelle pupille magnetiche del suo professor Downey.
-Perché hai perso il tuo tempo.
Deglutì il significato di quelle parole, rivolgendole a se stessa.
-E perché preghi ogni giorno che la morte venga a prenderti.
Non si stupì affatto quando vide una lacrima imperlata della trama della vita, scendere dall'occhio sinistro del nemico che distolse lo sguardo, le labbra semichiuse e la mascella che tremava.
Non strinse i pugni, lasciava le dita libere di essere scosse dai brividi più intensi, lasciandolo avvicinare a Faith che non indietreggiò e anzi, aggiustò la sua posizione per fronteggiarlo.
-Allora sai perché ho detto e fatto tutte quelle cose.
Disse con tono profondo, togliendo le catene al suo cuore e al suo pianto.
Per la prima volta la studentessa sorrise coi denti, con lo spirito.
-E tu sai perché ho fatto quello che ho fatto.
Downey chiuse gli occhi e annuì, abbassando il capo per poi grattarsi il collo.
-Non ti chiedo scusa per quello che ti ho fatto Davis.
Lei rise, tirandogli un pugnetto sulla spalla che lo stupì, facendogli aggrottare per un momento le sopracciglia, ma rise assieme a lei quando iniziò a cogliere la bellezza di quella risata giovane.
-Nemmeno io, professore.
La campanella suonò, il vociare degli studenti iniziò ad avvicinarsi, costringendo Downey ad aprire l'aula magna per farla uscire. Le tenne la porta aperta, sorridendole sincero per la prima volta.
-Perché Faith!
Le gridò prima che tutti entrassero, facendola girare verso di lui.
-Perché cosa?
Fece schioccare la lingua sul palato.
-Perché non mi denunci?
La ragazzina sorrise.
Downey chiuse la porta, ricambiando quel sorriso e sentendo un battito nel suo petto.
-Perché ha ancora tempo di amare senza pregare la morte!

*raga ho visto collateral beauty, lasciatemi passare questa folle ispirazione al film di oggi. Commentate e votate altrimenti vi crucio...*
Qua da Shinimal è tutto
Al prossimo capitolo.

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