Capitolo 4


Quando la ragione di Harry per buttare fuori da casa sua Draco, quella sera, è 'Devo dormire un po', Malfoy,' Draco non si preoccupa nemmeno di nascondere il suo senso di soddisfazione. È umido e freddo e sta cominciando a farsi notte, ma cammina comunque per un bel pezzo per Londra prima di dirigersi a casa, con la pioggia che gli inzuppa i capelli e i vestiti e le parole di Harry che gli ronzano in testa.

'Tutta la luce e la pace e la calma erano sparite. Attesa è una bella parola. Lo saprò quando lo vedrò.'

Draco si avvolge il corpo con le braccia mentre cammina, chiaramente per proteggersi dal vento freddo, poi dà un calcio a una lattina sul marciapiede. Si mette a pensare.

Non erano effettivamente arrivati a nessun punto dopo quella discussione sulla morte di Potter e tutto quel surreale che l'ha circondata, perciò Draco si era impossessato di quel silenzio quasi confortevole e l'aveva riempito di invettive contro chiunque al Fondo, contro Kinky e contro l'abitudine di sua madre di mandargli lettere alle 5:30 del mattino. Quando Potter era stato colto dall'ennesimo bisogno di preparare del cibo, Draco lo aveva osservato al di là della spalla e si era messo a rompere le scatole, come da sua specialità.

Sì, ammette, stufandosi dell'ambiente circostante e materializzandosi nei terreni del Manor, in conclusione è stata davvero una giornata strana, ma ora ha la sensazione persistente che qualcosa sia cambiato. Che qualcosa sia diverso.

Anche se non vorrebbe, spera sia così.

Quando, lunedì mattina, Harry apre la porta senza un commento tagliente, i sospetti di Draco vengono amplificati e nel momento in cui si gira su se stesso dopo essersi tolto il cappotto e lo guarda, questi vengono confermati.

Non c'è dubbio che abbia ancora un'aria arruffata; i suoi gusti in fatto di moda sono senza speranza e i suoi calzini sono ancora spaiati, ma sembra ben riposato. Le ombre sotto i suoi occhi sono sparite, si è rasato e sul suo viso c'è più colorito di quanto Draco ricordi di aver visto negli ultimi anni.


"Sembri... in salute," borbotta Draco, avvicinandosi abbastanza durante il suo scrutinio da notare che ha odore di caffè e di qualcosa di fresco, tipo l'oceano.


"Wow, grazie, Malfoy," è la risposta asciutta di Harry e Draco fa un passo indietro, poi tossisce.


"Intendo paragonato all'aspetto terribile che hai di solito," sbotta. "Passiamo direttamente al caffè, che ne dici?"


"Qualcuno è morto e ti ha lasciato in eredità un complesso di superiorità?" dice Harry e gli occhi di Draco scattano nei suoi quando sente la parola 'morto'.


Si fissano per diversi lunghi secondo e Draco ricerca qualche indizio che rimandi alla nostalgia del giorno precedente, ma non ne trova nessuno. Alla fine, Harry solleva un angolo della bocca formando un sorriso tentennante e scrolla le spalle.


"Penso che parlare della morte sia di cattivo gusto solo se questa sia... be', permanente," riflette Harry.


Draco sbuffa. "Come se mi preoccupassi di potere offendere la tua sensibilità delicata. Allora, caffè?"


"Allora," gli fa il verso Harry, spingendolo da una parte per recarsi in cucina. "Ti cedo l'intera caffettiera se non dici 'galà' nemmeno una volta per il resto della giornata."


"Pessime abilità di negoziazione," borbotta Draco tra sé e sé, poi si defila dalla traiettoria di una Mrs Purr scorrazzante mentre oltrepassa la scalinata. Pensa che quello potrebbe tornargli utile per uso futuro.

Ed è così.


Draco impara presto che è proprio il caffè a essere un mezzo di negoziazione utile quando si tratta di quell'uomo. Prepararne un bricco (secondo le istruzioni molto precise di Harry) gli fa guadagnare mezz'ora di sollecitazioni, persuasioni e di tormenti riguardo quel cavolo di galà, un argomento che Draco abusa finché nemmeno lui riesce più a sopportare il pensiero di quel maledetto evento. Ovviamente non riesce a convincere Potter che andarci sia una buona idea.

Eppure, la sua campagna per spingere Harry lì fuori, nel mondo reale, continua e Draco sospetta che non abbia molto a che fare con le ire della presidentessa Cholmondely nonostante cerchi di convincersi del contrario. Harry si sta comportando in maniera del tutto irrazionale e la cosa sta portando Draco alla pazzia più totale.

Durante la seconda settimana di maggio, Draco è moderatamente allarmato nel rendersi conto che stanno sviluppando una routine. Le proteste iniziali di Harry sul fatto che la sua 'tabella di marcia' venga sconvolta dalla presenza costante di Draco sono, stando a quest'ultimo, fiacche e pertanto vengono ignorate.


"Fa' quello che faresti normalmente, allora," dice Draco, portando la caffettiera e le tazze nella sala da pranzo logora ma accogliente, nella quale ora se la filano di pomeriggio visto che la cucina è stata dichiarata 'troppo fredda in questo tempo ridicolo'. "Sono curioso di vedere il programma eccitante che costituisce un giorno nella vita di Harry Potter o pensi che potrebbe essere troppo per me?"


"Non lo so, Draco, non vorrei mai stimolarti troppo. Chissà cosa potrebbe succedere," è la frecciatina di Potter in risposta mentre prende la sua tazza dalla mano di Draco e si lascia cadere sulla sua sedia preferita, quella più vicina al caminetto.


"Che simpatico. Guarda che non ho alcun bisogno di essere intrattenuto," ribatte Draco, tirando su con il naso. Si sistema nella seconda sedia preferita di Harry, una morbida poltrona di velluto, poi allunga una mano per prendere una rivista patinata che è stata letta a metà. All'inizio, ha cominciato a leggerla solo per infastidire un Potter particolarmente imbronciato, ma gli articoli di gossip e le foto di persone attraenti con dei cerchi rossi attorno alle imperfezioni fisiche gli sono segretamente molto piaciuti.


"Sì, come no," sbotta Harry. "Chiederò a Ginny altre riviste come quella, che ne dici?"


Draco lo ignora e trascina la sedia più vicina al fuoco. Si sistema comodo, mette una caviglia sul ginocchio opposto, poi posa in equilibrio la rivista sulla gamba e il caffè sul palmo della mano. In parte perché non ha mentito (ha sempre tenuto la tazza così) e in parte perché Harry odia quando lo fa.


"Draco?"


"Dammi un attimo, Potter. Non appena finisco il caffè, voglio parlarti del galà e so che lo adori. Inoltre, Janice mi ha fatto delle immagini carinissime, oggi" aggiunge Draco con aria assente, esaminando una pubblicità per delle vesti orribili scontate del 50%.


"Potresti usare un cazzo di sottobicchiere?" esplode Harry e Draco alza lo sguardo.


D'istinto, le sue dita si stringono attorno alla tazza e i suoi polpastrelli premono contro la ceramica fino a fargli quasi male.


"Cosa? Perché?"


"Perché ti brucerai quella cazzo di mano," sputa Harry, incrociando le braccia al petto e fissando il fuoco.


"Non sapevo ti interessasse, Potter," dice Draco, con la bocca che si contrae agli angoli.


"Infatti non mi interessa. Sta' zitto. E non verrò al tuo galà, perciò di' a Janice che mi spiace di averle fatto prendere tempo."


"Perché no?" chiede Draco, in parte perché ottiene una risposta diversa quasi ogni volta e in parte perché questa è solo la sua battuta in quel teatrino che mettono in piedi ogni giorno.


"Perché non è sicuro."


"Cos'è che non lo è?"


"Niente. La gente. I posti. Non puoi obbligarmi." Harry si acciglia e, solo per un secondo, assomiglia a un bambino di cinque anni. Draco sbuffa.


"Come se potessi farlo."


"E' solo per dire. Hermione ci ha provato durante gli ultimi dodici mesi e lei è molto più intelligente, gentile e testardona di te."


"Non penso che la parola 'testardona' esista, sai," puntualizza Draco, tanto per.


"Oh, Dio. Perché non te ne vai a 'fanculo?"


"Stavo solo cercando di leggere questa rivista," risponde Draco con voce gentile, sapendo di star mandando Potter parecchio fuori dai gangheri ed è fantastico. Lascia andare un sospiro soddisfatto, poi gira pagina, stiracchia la mano libera verso il fuoco e lascia che la fiamma scoppiettante gliela riscaldi.


"Allora, che piano hai? Se praticamente pianti il tuo culo irriverente ed esasperante dentro casa mia, allora, all'improvviso, a me verrà voglia di uscire? È questo il tuo piano geniale? Darmi così tanto fastidio da farmi venire voglia di socializzare?" borbotta Harry. Draco non ha bisogno di alzare del tutto lo sguardo per sapere che l'altro si sta grattando la testa sospirando e quasi inalando il suo caffè. È tutto parte della loro routine.


"Lo è, se funziona," ammette Draco. "Ora fa' silenzio, a meno che tu non voglia sapere come abbia fatto a Grendel delle Sorelle Stradivarie a realizzare il look perfetto."


"Ti odio, Malfoy."


Draco sorride. "Sembra che sia tutto basato sull'abbigliamento a strati. Non è affascinante?"


"Moltissimo. Direi che hai appena sorpassato la soglia del super gay."


Scioccato, Draco alza lo sguardo con cautela: Harry non ha mai fatto riferimento alla sessualità e se deve essere onesto, Draco stava cominciando a preoccuparsi che fosse del tutto asessuato. In quel momento non sta guardando lui, ma il soffitto con uno strano sorrisetto stampato sulla faccia.


"Forse hai ragione," asserisce infine, con il cuore che gli martella in petto. "Allora, ti andrebbe di vedere le immagini pubblicitarie di Janice o preferisci saperne di più sull'infanzia tragica di Celestina Warbeck?"


Harry gli lancia un cuscino. Draco gli legge l'articolo.

***


Martedì, di prima mattina, a due settimane di distanza dal temuto evento (e senza alcuna capitolazione da parte di Potter), Draco canticchia tra sé e sé mentre compila una lista di compiti per Janice che non richiedono una scrittura leggibile.

Sorprendentemente, si sente benevolente per quell'ora della mattina e ha mangiato due biscotti allo zenzero e un dolcetto ripieno di fichi senza che gli sia stato chiesto. Adesso sta mangiando almeno un pasto al giorno e spesso anche due e si ritrova a essere davvero affamato quando arriva in ufficio e, sebbene i vestiti gli entrino ancora, Janice non fa commenti riguardo il suo peso da oltre una settimana, che può essere solo una cosa positiva.

Comunque, l'umore allegro di Draco non ha molto senso. Mentre il venticinque del mese si sta avvicinando rapidamente, il compito di cercare di organizzare quella cazzo di cosa a casa sua sta mandando i suoi livelli di stress alle stelle e lui non riesce più a ricordare il perché abbia concesso volontariamente di usare il Manor, tanto per cominciare. Sicuramente per cercare di ingraziarsi quella faccia da stronza della Cholmondely. Draco lancia un'occhiata alla fotografia sulla sua scrivania e sospira.

Ogni volta che torna a casa ci sono operai, decoratori ed elfi dappertutto, che è una scusa abbastanza valida per passare ancora più tempo a casa di Potter. Non che ci sia bisogno di una scusa per quello, ovviamente.


"Signor Malfoy!" urla Vostra Altezza mentre si trascina oltre la porta dell'ufficio. Si ferma e chiude la manaccia vecchia e glitterata sulla cornice della porta. Draco smette immediatamente di canticchiare.


"Sì, signora?" dice, adottando dei modi garbati e alzando lo sguardo. Ha le maniche arrotolate, così preme istintivamente i palmi sulla scrivania per nascondere l'avambraccio interno alla vista.


"Abbiamo una conferma?"


Draco digrigna i denti, sposta lo sguardo negli occhi porcini dell'altra e sorride. Poi mente.


"Siamo davvero vicini, presidentessa Cholmondely."


"Sta davvero camminando sul filo del rasoio, signor Malfoy. Molto sul filo," dice con voce stridula, innaffiando la cornice della porta con la saliva. Draco, dentro di sé, prova del disgusto. "Si dia da fare."


Draco la osserva mentre si allontana, poi si allunga dalla sedia per sbirciare fuori dalla soglia dell'ufficio finché la donna non è fuori dal campo visivo.


"Davvero camminando sul filo del rasoio, signor Malfoy," la canzona, facendo una smorfia alla sua lista. "Come se non lo sapessi."


"Invece sai che hai un'aria davvero felice per uno che è stato appena sgridato?"


Draco solleva gli occhi lentamente. Janice, seduta alla propria scrivania mentre risucchia il tè dalla sua tazza con i gatti, è rimasta a osservare il tutto senza dire una parola.


"Non era una domanda, Janice," ribatte lui.


"Allora stavi di nuovo parlando da solo." Arriccia il naso con la delusione che si staglia in ogni ruga. "Pensavo che stessi migliorando, a dire la verità. Pensavo anche che il signor Potter ti facesse bene."


Le sopracciglia di Draco schizzano verso l'altro. "Cosa, in nome di Merlino, ti ha fatto pensare una cosa del genere?"


"Non credo che ci sia bisogno che io te lo dica," dice Janice, con fare misterioso, poi posa la tazza e si tira su dalla sedia per poter andare dall'altra parte dell'ufficio e accarezzare una Esme irrequieto.


"Non so di cosa tu stia parlando," rimbecca Draco. Scandalizzato, scarabocchia un paio di compiti particolarmente odiosi sul fondo della lista, quindi si sporge sulla scrivania e gliela ficca in mano.


Sebbene si rifiuti testardamente di concedere dello spazio mentale alle pazze congetture della sua segretaria, Draco sa come deve apparire la cosa e non si può negare che lui e Harry si stiano incorporando a vicenda nella propria routine. Non si è mai visto come una creatura abitudinaria, ma ora la sua giornata include un orario per il pranzo, uno per la lettura, uno per il galà e persino dei ritmi regolari per il caffè e per quanto possa discutere del fatto che gli sembri cosi famigliare, non è certo di come abbia potuto arrivare fino a quel punto senza di esso.

Quando arriva la Granger, lui rimane per lo più in silenzio e non deve essere più elusivo sul fatto di sapere parlare con la credenza. A dir la verità, ama molto le occhiate gelose e indignate sulla faccia della Granger per via del fatto che lui sappia fare qualcosa e lei no.


"So anche che è morto," pensa la sua parte rancorosa e meschina che vorrebbe schernirla, ma lui la mette a tacere. Si sente orgoglioso di se stesso per farlo e si sorprende di sentirsi persino più orgoglioso quando è ovvio che l'altra stia iniziando ad abituarsi a lui. Il primo 'tu cosa ne pensi, Draco?' lo sciocca così tanto da lasciarlo senza parole, ma non per molto.


Un martedì mattina piovigginoso, Draco spalanca la porta di Harry e la trova sulla soglia a proteggersi i capelli con un ombrello a strisce. I suoi occhi scuri sono confusi e Draco la fissa per un momento con la tazza in equilibrio sulla mano, mentre viene colpito da un lampo di un déjà-vu al contrario.

"Salve, Granger. Bell'ombrello." Fa un passo indietro e la lascia entrare, poi la osserva mentre gli occhi della ragazza si muovono verso il Marchio scoperto sul suo braccio, sul quale Harry non ha mai fatto un commento e Draco si irrigidisce. Dopo un attimo, la Granger scrolla le spalle e ricambia il saluto e lui torna a respirare.


"E' di sopra," dice Draco, arricciando il naso mentre pensa al perché. Harry si sta cambiando la maglietta dopo un incidente sfortunato in cui è stata coinvolta Mrs Purr e che Draco preferirebbe non rivivere, inoltre dubita che la Granger vorrebbe assaporarne i dettagli poco prima dell'ora di pranzo.


"Draco? È 'Mione? Dille che scendo tra un attimo, okay?" urla Harry dal piano di sopra.


Il viso di Granger è meraviglioso. Con l'animo riscaldato, Draco alza gli occhi al cielo e grida di rimando: "Quand'è che il tuo ultimo schiavo è morto, per la precisione?"


"Un coglione della Fondazione per i Bambini Poveri l'ha portato al suicidio con le chiacchiere," dice Harry mentre si trascina giù per le scale, ancora preso a infilarsi la maglietta pulita, poi li raggiunge.


Draco osserva gli ultimi paio di centimetri della pancia pallida e piatta e delle ossa iliache appuntite scomparire sotto il cotone rosso scuro, poi sposta velocemente gli occhi verso la Granger, che non potrebbe avere un'espressione più curiosa.


"Sono ferito," commenta malignamente, ma nel suo cuore non lo è davvero.


"Povero Draco," risponde Potter con fare drammatico, poi gli dà le spalle. "Dai, 'Mione. Mentre prendiamo il caffè, devo raccontarti una storia deliziosa sul vomito felino che schizza a proiettile."


Draco li lascia andare, fissa la porta di ingresso e si rende conto di non averla mai chiusa. La pioggerellina patetica ora ha creato una pozzanghera notevole nel corridoio. Le lancia un Incantesimo di Sparizione e poi chiude la porta sbattendola.


"Toccava a te finire di fare il caffè, Draco, maledetto bastardo!" si sente brontolare dalla cucina. "Ti costava così tanto spingere quel cazzo di stantuffo?"


Draco sospira. Non sa se Harry lo chiami 'Draco' per irritarlo o se abbia altre ragioni nascoste, ma a ogni modo, lo fa spesso ultimamente. Non gli importa più granché, anche quando si rende conto che, in virtù del fatto che usino reciprocamente i loro nomi propri, Harry ha vinto.

***


A metà maggio, Draco ha smesso di combattere, almeno nella maggior parte dei casi. Ha smesso di combattere la routine e ha smesso di combattere i tentativi bizzarri e a volte maldestri della Granger di diventare sua amica. Ha smesso di litigare con Janice per le sue frequenti insinuazioni sul tempo che passa alla casa dei Black. Ha anche smesso di combattere l'urgenza di andare un po' prima a casa di Harry quella mattina per non perdersi la colazione.

Ed è quella la ragione, checché ne dica Janice. Se farlo lo rende 'inquietantemente felice', così sia. Il pensiero che lo stesso Harry possa essere la ragione che gli fa spuntare il sorriso sulla faccia lo spaventa, perciò Draco lo allontana.

Eppure, si ritrova a bussare alla porta della dimora dei Black a un certo punto tra le nove e mezza e le dieci ogni mattina ed è così che vanno le cose, fino al giorno in cui la signora Cholmondely ha quella che Draco può solo definire come una svolta bizzarra, e passa la maggior parte della mattinata nel suo ufficio a chiacchierare con una Janice dall'aria perplessa.

Intrappolato, Draco ribolle in silenzio seduto alla sua scrivania, aggiungendo frasette senza senso alla sua lista di miriadi di cose da fare e disprezzando quella vecchia stronza persino di più. Adesso l'ufficio puzza di vecchia e non di quell'odore di vecchia che ricorda il tè infuso per troppo tempo e i gatti al quale si è abituato, ma di quell'aroma stucchevole di profumo floreale, di presunzione e di egocentrismo. Draco non sa esattamente di cosa odori, ma sa che è nel suo ufficio e lo odia.

E il non essere scappato l'ha portato a quel punto, chiaramente. Muoversi troppo lo spaventa, nel caso un'orribile vecchiaccia calpesti la sua vita e la riduca in poltiglia, quindi si perde una deliziosa colazione cucinata da Harry Potter.

Quando, finalmente, la presidentessa se ne va con un avvertimento che Draco a malapena sente (anche se coglie le parole 'galà' e 'problema' un paio di volte) sono già passate le undici.


"Va', dai," lo sollecita Janice, facendo un cenno con la testa in direzione della porta. "Sbrigati."


Non serve ripeterlo. Janice sorride tra sé e sé e non lo rimprovera nemmeno quando Draco esce senza quanti e sciarpa.


"Sei in ritardo," dice Harry, con tono accusatorio mentre lo fa entrare. C'è uno strano cipiglio che corruga la sua fronte e che forma una ruga in mezzo alle sue sopracciglia. "Io e Mrs P abbiamo mangiato il tuo bacon."


"Scusami," risponde Draco, colmo di stizza e di senso di colpa pungente. Si toglie il cappotto e segue Harry in cucina, cercando di formulare un commento conciliante, poi si ricorda quello che ha visto durante la lunga attesa sui gradini di ingresso. "Ma, ehi, i tuoi vicini hanno ridipinto la casa di viola, hai visto?"


"Sul serio?" chiede Harry, girandosi con la caffettiera in mano e lo stomaco di Draco fa una giravolta.


Cazzo. Non è niente, un'inezia, ma in quel momento ha un'aria così aperta, rilassata e genuinamente interessata a sentire qualsiasi scusa mondana o bizzarra Draco abbia da offrirgli e sembra tutto così... giusto. E Draco vuole tutto ciò. Lo vuole con così tanto ardore che non riesce a pensare a una singola parola da dire, anche se Harry lo sta fissando con gli occhi verdi socchiusi e se quella che vede sul suo viso è preoccupazione, Draco pensa di essere sul punto di piangere.


"Draco?"

Sentendosi cretino, Draco si chiede se sia possibile che la sua voce abbia smesso di funzionare, così come il suo cervello.


"Ehi, faccia da cazzo!" urla Harry, sventolandogli una mano davanti al viso. Draco riemerge dal panico con uno scatto, inalando grandi boccate d'aria nei polmoni e reggendosi forte a qualcosa stretto nelle sue mani (ah, il suo cappotto), per poi incontrare lo sguardo di Harry con compostezza esagerata.


"Faccia da cazzo?" ripete, sollevando un sopracciglio. All'apparenza è controllato, mentre dentro di sé ha il cuore che impazzisce scalpitando, come tipico dei Malfoy. "Non era necessario."


"Stavo solo cercando di attirare la tua attenzione," dice Harry, scrollando le spalle. "Credevo stessi per avere le convulsioni."


Quelle parole sono così accurate che a Draco viene da ridere. Cerca come può di sopprimerlo, ma sulle sue labbra affiora un sorriso titubante e Harry lo ricambia, scuotendo lentamente la testa.


"Sto bene," dice Draco, tira a sé una sedia della cucina. Per qualche motivo, non si fida molto della stabilità delle proprie gambe.


"Sei proprio matto da legare," borbotta Harry, riscaldando l'olio nella padella e gettandoci dentro il bacon.


Draco osserva i suoi movimenti, il modo leggero in cui oscilla lì in piedi davanti ai fornelli, come se non riuscisse mai a stare del tutto fermo, il calzino verde e quello a rombi che si azzuffano sulle piastrelle. Osserva il palmo della sua stessa mano che si avvicina al viso e preme forte su di esso, sperando di ficcarsi in testa un po' di buon senso.


"Matto... da legare," canticchia Harry, tra sé e sé, punzecchiando il bacon con la forchetta e inclinando la testa di lato.


"Non posso darti torto," borbotta Draco, cedendo e continuando a fissarlo tra le trame delle dita. 

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