Prologo
Lunedì 17 giugno 2019
L'odore di chiuso non aiuta a placare l'ansia: ho l'affanno.
La galleria è lunga e buia, più di quanto immaginassi. Solo adesso mi rendo conto che l'abbiamo riprodotta troppo corta. Procedo con il braccio teso, la mano destra sfiora la parete ruvida del muro di mattoni rimasto intatto negli anni. Ho il terrore che la luce frontale sul caschetto si spenga da un momento all'altro lasciandomi nella totale oscurità. Con la sinistra tocco di riflesso il telefono in tasca per rassicurarmi di avere, nel caso, un'illuminazione di riserva.
Chino la testa per indirizzare i led un metro avanti a me. Sul pavimento nessun ostacolo, per ora. Polvere e terra attutiscono il rumore dei miei passi.
Mi sembra di essere dentro Cold fear per il senso di inquietudine dell'esplorazione di un luogo buio solo con l'aiuto di una torcia, ma qui non siamo dentro a una baleniera russa. Tuttavia si fa strada il sospetto che gli uomini impazziti di quel videogioco siano in realtà nascosti da qualche parte, pronti ad aggredirmi al momento giusto. A differenza di Tom Hansen non sono un ex soldato e soprattutto non ho una pistola per difendermi.
Vorrei correre per arrivare in quel punto esatto, ma non posso. Non ci riuscirei. La mente fa brutti scherzi e immagino qualche oggetto inatteso a terra pronto a farmi inciampare. La falcata si fa più corta e meno sicura rispetto a quando sono entrata.
Il muro compie una curva, prima a sinistra e poi a destra, e finalmente arrivo in un tunnel più ampio. Niente più mattoni alle pareti, ma un'arcata grigia da cui scendono piccole stalattiti. Il tubo di areazione che era appeso sulla volta adesso è crollato a terra, i sostegni sono stati divorati dalla ruggine. Dovrò stare più attenta da qui in poi. Chiudo gli occhi e visualizzo il percorso che mi resta da coprire per arrivare alla meta. Spero almeno di non perdermi, la possibilità è non nulla, anche se la mia memoria non mi ha mai tradita in trent'anni.
Più avanzo e più sono divisa tra il timore di trovare ciò che penso o di non scovare niente. Entrambe le opzioni sarebbero una sconfitta, ma è l'unico modo per capire se io ci abbia visto giusto o meno. Se avrò ragione, la questione riguarderà tutti noi molto da vicino e le implicazioni sarebbero enormi.
Aver deciso di venire da sola non è stata una grande idea, ma so che se l'avessi detto a Dave si sarebbe opposto, dandomi della pazza. Devo portargli le prove che confermano la mia teoria: che un assassino ha preso il nostro gioco come ispirazione.
Il ciac-ciac mi sorprende. Ho i piedi in una pozzanghera e non me ne sono neanche accorta. Devo concentrarmi di più. Una scritta alla parete mi riporta indietro di un'ottantina d'anni: Avanzate rapidamente, non pensate solo a voi stessi. Non oso pensare allo stato d'animo di chi entrava qui dentro non sapendo quando avrebbe potuto tornare all'aria aperta.
«Coraggio» sussurro e mi sembra già un volume troppo alto.
La galleria prosegue dritta fino a un enorme portone di ferro arrugginito che è bloccato nella fase di apertura. Osservo il meccanismo: una grande ruota ormai in disuso, azionata da una manovella, consentiva di far scorrere la paratia in orizzontale per chiudersi dentro.
Non ho tempo per le riflessioni storiche ed emotive, ma sorrido a quel Gesù mio misericordia scritto sulla parete e visto appena sono entrata nel nuovo ambiente. Avrei bisogno anche io di un supporto dall'alto.
Ci sono quasi.
Gli occhi ormai si sono abituati all'oscurità e riesco persino a intravedere, in fondo al nuovo tunnel che ho appena imboccato, la sagoma di quella specie di tornello metallico ante-litteram che compare anche nel nostro videogame.
Una goccia mi cade sul casco, facendo più rumore di un chicco di grandine all'aperto. Illumino il soffitto e scopro formazioni calcaree simili a sottili capelli biondi che scendono dall'intera volta. Non è una sorpresa, anche questi sono stati riprodotti in Underground.
Una cinquantina di metri e saprò se potrò dare una mano a scovare il responsabile di ciò che è stato fatto a quel povero ragazzo.
Un cigolio lontano rompe l'atmosfera ovattata ghiacciandomi all'istante. Un formicolio sale da mani e piedi e mi prende sino alla nuca. Non riesco a capire da dove arrivi perché il suono sembra amplificato, all'interno del rifugio.
Avanzare o ritirarmi? L'unica via di uscita è alle mie spalle e impiegherei almeno qualche minuto per tornare indietro, magari scontrandomi con uno zombie posseduto dalle exocelle. Devo scordarmi Cold Fear e tutti i survivor horror per non perdere sanità mentale.
E se quel rumore fosse la prova che cercavo?
Un tonfo, come se qualcosa fosse caduto sulla pavimentazione, mi fa fare un salto all'indietro. Il suono, stavolta ne sono sicura, arriva dalla parte di galleria ancora inesplorata.
Ho freddo, anche se la temperatura è simile a quella esterna.
Forse ho davvero avuto l'intuizione giusta.
Non sarebbe un gran trionfo, anzi, ma mi accorgo di aver fatto due passi avanti pensando alla faccia stupita di Dave davanti al mio racconto.
Stringo i pugni e alzo la guardia. Non posso fare altro che raggiungere quella grata rotante per avere la risposta.
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Eccomi qui a darvi il benvenuto in questa nuova avventura di Gloria e dei suoi amici.
D'ora in poi cercherò di essere puntuale con gli aggiornamenti, credo una volta ogni due settimane. Come lo vedete il venerdì come giorno? Preferite in settimana? Fatemi sapere.
Siccome non ho betareader il testo che vedete è frutto di una mia rilettura. Vi prego di segnalarmi eventuali refusi.
Chiedo anche ai lettori che non hanno ancora affrontato Connessione a rischio se la storia per loro è comunque comprensibile.
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