3. Mens sana in corpore sano

Venerdì 19 aprile 2019

Ho appena terminato una giornata pesantissima al lavoro e mi sto sfogando sul sacco.
Mi sembra ieri di aver varcato l'ingresso della palestra di boxe a Cornigliano, invece sono ormai tre mesi. Per una volta una mia intuizione si è rivelata positiva.

«Cos'è quella guardia bassa?»

Uno degli allenatori più anziani mi passa alle spalle e mi dà una pacca sulla schiena. Istintivamente alzo i pugni, mi ricompongo e rilascio un paio di combinazioni rapide. Si ferma a guardarmi e mostra come dovrei migliorare i movimenti imitando le mie stesse mosse. L'ex peso Welter non ha perso lo smalto nella fluidità dell'azione, anche se ha ormai raggiunto la sessantina. Le prime volte non potevo far altro che fissargli quel naso dipinto da Picasso, frutto di chissà quante fratture durante la sua carriera.

«Ruota di più le spalle col Jab, vacci leggera e poi rilascia la potenza quando vai col pugno posteriore».

«Grazie, Gian» ansimo, già in debito di ossigeno.

Qui anche il neofita è trattato con rispetto, me ne sono accorta sin dal primo giorno. Dopo le disavventure avute per la questione Alberto, ho pensato che imparare l'autodifesa fosse una buona idea. Non sono mai stata così felice di aver sfogliato il giornale al bar nel giorno in cui è stato pubblicato l'articolo-reportage sulla boxe in città, descritta come sport di riscatto per tanti ragazzini immigrati arrivati qui a Genova. Il pomeriggio stesso ho messo in borsa un paio di pantaloncini, una canottiera e sono andata a curiosare. Quella sera avrei avuto Krav Maga, la mia prima scelta, ma non me ne sono dispiaciuta: troppi esaltati.

Mi hanno accolta a braccia aperte e l'ambiente ampio di quello che era un ex mercato coperto, con le vetrate sopra le pareti, il tetto di legno a vista, ma anche i saltelli sul ring e l'odore della pelle, sono diventati una piacevole abitudine. Non sono ancora brava né col gancio, né col montante, preferisco i colpi più adatti alle persone alte come il jab e il diretto. Mentre cerco di non perdere il ritmo, ripenso alle prime volte: più che allenarmi, osservavo stupita. Disciplina, educazione, rispetto, sono di casa qui e solo frequentando questo posto ho capito perché il pugilato è, a ragione, definito uno sport nobile. Non mi capacito del fatto che i videogiochi di boxe siano così pochi nella storia, spinti dal fenomeno Rocky e Mike Tyson. Forse limitare il divertimento di un picchiaduro alle mosse delle braccia non è soddisfacente per chi gioca.

I primi giorni sono stati durissimi, dopo gli allenamenti non riuscivo neanche a sollevare le braccia per appoggiarle sulla tastiera del computer. Serena, che mi ha accompagnata alla prima lezione, ha capito che non fa per lei. La mia migliore amica a volte mi aspetta all'uscita per proseguire insieme la serata. Io ho stretto i denti e sono andata avanti. Ora, se per qualche motivo devo saltare un allenamento, mi manca.

«Gloria, che ne dici di un po' di sparring condizionato?» Ana, una giovane di vent'anni originaria dell'Ecuador, è una delle più promettenti della palestra, pronta a fare il salto verso le prime gare. So già che farò fatica a star dietro alla sua rapidità, ma mi fa piacere essere chiamata da lei per un po' di allenamento. Non farò mai un match ufficiale, a trentuno anni nessuno si sognerebbe di iniziare una carriera, ma salire sul quadrato e fare movimenti concordati mi rende euforica come se fossi al Madison Square Garden.
«Tu solo diretti, io gancio e montante» sentenzia e non posso fare altro che obbedire.
Mezz'ora dopo, la doccia fredda lenisce i punti dolenti ai fianchi che hanno conosciuto più volte il suo tocco smorzato.

Rientro a casa. Scaricarmi ha contribuito a farmi dimenticare che domani Underground esce ufficialmente. Per la prima volta tengo davvero molto al successo di un mio lavoro: non avevo mai programmato qualcosa di così realistico e ambientato nella mia città. Il capo supremo Martin Lee ci ha fatto intendere che persino l'amministrazione comunale spera che il videogame sfondi, perché intende sfruttare l'onda e promuovere delle visite nei sotterranei genovesi. Il marketing della nostra azienda è già al lavoro da tempo sui social e con le testate specializzate. Già domani dovrebbero uscire diverse recensioni e video di gamer professionisti.

Il bip bip dell'Iphone mi distrae proprio mentre poso le chiavi dentro lo svuotatasche sul mobile dell'ingresso.

"Domani sera a che ora e dove?"

Mi ero scordata di aggiornare Serena sulla logistica della festa della Gold Games in occasione del lancio del videogioco. Ognuno di noi può venire accompagnato e non avendo neanche un avatar di uomo meritevole a cui chiedere, ho optato per la bionda che mi sopporta e supporta da tanti anni.

"Lee ha fatto le cose in grande e ha invitato persino il sindaco... siamo sulla Terrazza del grattacielo di piazza Dante, alle otto. Appena possiamo fuggiamo da Ale".

Con Dave e gli altri colleghi siamo già d'accordo di defilarci al più presto e rifugiarci nel solito posto dove concludiamo al meglio le serate di quel tipo: all'Onda Blu, il nostro locale preferito.

"Ok, dress code?"
"Cocktail... ci sono dei politici, una rottura di palle. Vogliono fare bella figura".
"Va bene, ma tu hai qualcosa di adatto?"
Rido. Mi conosce troppo bene.
Sono andata ieri a comprare un tailleur giacca-pantalone che si adattasse alle scarpe col tacco che già possiedo.
"Ho rimediato in extremis".

Dopo cena ho bisogno di relax e faccio scendere la scala del paradiso dal soffitto del corridoio. Nel mio rifugio segreto stavolta non vado per giocare a qualche videogioco, ma per continuare a leggere uno dei gialli classici più famosi. Lo ripesco dalla libreria del corridoio: Le tre bare di John Dickson Carr, uno degli esempi più famosi di enigma della camera chiusa.
Mi siedo sul divano poggiando i piedi sul tavolino basso dove di solito piazzavo la birra, imposto un mix di progressive rock sulla tv per sottofondo e mi immergo nella lettura alla luce della piantana che ho comprato da poco.

«Wake up, grab a brush and put a little make-up».

Serj Tankian, con la prima strofa di Chop Suey!, mi fa sobbalzare e il raggio di sole che filtra dal lucernario della mansarda mi suggerisce che oggi avrò mal di schiena causa dormita fuori dal letto. Non ci voleva, in vista della giornata e della festa. Spengo la sveglia sbuffando e raccolgo il libro caduto chissà quando.

Arrivo in ufficio con l'abito per la serata in un sacchetto voluminoso che infilo sotto la scrivania. Dave è già seduto alla sua postazione vestito già di tutto punto con camicia bianca, pantaloni blu e giacca di qualche tono più chiaro a cavallo della sedia.

«Sei matto a stare tutta la giornata così?»

«Buongiorno anche a te, Gloria Ferrari».

«Davide Traverso, si vede che ti sei abituato a un abbigliamento adeguato ormai» lo sfotto. Da quando sta con una ragazza del Levante si è adeguato anche al "loro" modo di vestire, decisamente più fighetto di noi ponentini.

«Ha parlato quella che ha i genitori albarini e abita a Pegli».

«Niente di paragonabile e lo sai, visto che hai casa a mezzo chilometro da me».

Il fatto che i due quartieri citati siano sinonimo di ciò per cui lo critico non mi scompone, ci sono le eccezioni come la sottoscritta, non è un caso che me ne sia andata da Albaro appena possibile, e Pegli non è niente rispetto a ciò che si vede in corso Italia. Lo sa anche lui che ho comprato quella casa solo per la mansarda nascosta dalla scala a scomparsa sul soffitto.

La camicia gli ha sempre donato, ma non posso fargli troppi complimenti. Del resto sono stata io a mollarlo perché voleva a tutti i costi fare il mio nome qui alla Gold Games per un'assunzione. Gli do un'occhiata fintamente distratta scuotendo la testa come se il dialogo precedente mi avesse scalfita, in realtà la mia mente è altrove. Non mi sono mai piaciute le raccomandazioni e quella, all'epoca, me lo sembrava a tutti gli effetti. Credevo che si fosse convinto a causa delle nostre scopate, invece pensava davvero che fossi brava. Così, nonostante lo abbia ferito parecchio, alla fine ci siamo trovati comunque a lavorare fianco a fianco. Non voglio però alimentare nessun nuovo coinvolgimento. Siamo diventati persino buoni amici, cosa posso chiedere di più? In questi mesi ci siamo fatti le nostre esperienze... beh io di più, senza gelosie di sorta basate su inutili nostalgie.

Accendo il computer e invece di mettermi al lavoro digito subito Underground videogame su Google per vedere se c'è già qualche risultato con la data di oggi.

La schermata è ricca, ma si tratta perlopiù di annunci dell'uscita. Affino la ricerca aggiungendo la parola recensione e finalmente esce un primo risultato.
È di King of Darkness, un gamer con un blog abbastanza quotato che scrive in un italiano corretto e articolato. Vedere le cinque stelle mi esalta ancora prima di leggere il giudizio.
"Ho giocato in anteprima ad Underground della Gold Games, un action game che mescola l'avventura al giallo con una buona dose di scene per gli amanti degli sparatutto. Ho apprezzato molto l'ambientazione: tunnel, rii sotto terra, ed è tutto vero! Anche gli enigmi ti mettono in difficoltà, ma senza essere impossibili. Un ottimo mix che accontenta anche chi non ama gli sparatutto perché la parte con le armi non è prevalente. Titolo giocabilissimo sia da soli sia in cooperazione a piccoli gruppi che la casa madre annuncia presto disponibile anche in versione realtà aumentata con la possibilità di interagire direttamente visitando i luoghi in giorni e orari precisi".

Seguono alcuni screenshot del gioco, un paio di immagini che conosco a memoria: il rifugio antiaereo di Campi e il rio che scorre sotto piazza Fontane Marose.

Le rotelle della sedia di Dave che si muovono sul finto parquet mi preannunciano la sua curiosità.
«Allora? Piace questo Underground

«La prima recensione è ottima», gli rispondo continuando a guardare lo schermo «vedremo a fine giornata e i primi riscontri su Twitch. Comunque una sera di queste potremmo organizzare in mansarda con un po' di amici».

«Ok. O preferisci giocare in trasferta da me?»

Scuoto la testa lanciandogli un'occhiata di sbieco. «Gioco mio. Casa mia».

A pranzo non sto più nella pelle e vado a sbirciare la cartella condivisa della rassegna stampa che l'addetta alla comunicazione sta già riempiendo. Mi dimentico persino di mangiare e a nulla servono i tentativi dei colleghi di convincermi a schiodarmi dalla postazione. Sinora tutti coloro che l'hanno recensito concordano: è uno dei titoli dell'anno.

Mi accorgo dell'errore fatto nel saltare il pasto quando il mio stomaco interrompe il silenzio del nostro ufficio alle cinque. Alzo la testa, ma tutti sono concentrati sui loro schermi. Tanti hanno le cuffie alle orecchie, quindi non hanno sentito. Dave invece se la ride e mi offre una delle sue barrette energetiche d'emergenza. «Va bene che la nuova Gloria beve molto meno e fa una vita più sana, ma il digiuno non è una buona idea. Soprattutto in vista di stasera».

«Sei troppo saggio per la vecchia Gloria, ma la nuova me apprezza il tuo aiuto. Stasera però si deve festeggiare, quindi non mi limiterò». Afferro la barretta e la scarto in un secondo. Ne passano altri dieci ed è già sparita nella mia bocca.

Vado alla macchinetta del caffè e seleziono una cioccolata per darmi un'ulteriore scossa. Dopo un minuto arriva Giacomo accompagnato da Riccardo, il game designer di Underground.

«Ricky, hai visto che belle recensioni stanno uscendo?» lo incalzo ancor prima che posi lo sguardo sulla lista delle opzioni da scegliere.
«Non ho avuto molto tempo, oggi. Darò un'occhiata domattina, a meno che stasera non vogliano fare una presentazione con già qualche numero».

Da quando è stato assunto da noi, Riccardo è sempre stato molto umile anche se arriva da un'esperienza all'estero che farebbe impallidire diversi colleghi. Non l'ho ancora ben inquadrato, avendo lavorato con lui per la prima volta con questo videogame. Tuttavia ho potuto apprezzare la sua precisione nelle indicazioni e soprattutto la capacità di coinvolgere tutto il team con il suo entusiasmo.
Infila un soldo e sceglie un caffè lungo.
Guardo Giacomo e non posso fare a meno di notare come siano agli antipodi questi due a livello fisico: a differenza del mio obiettivo, Riccardo è tarchiato e non troppo alto, nonostante i colori da vichingo. Non proprio il mio tipo, visto che lo supero di diversi centimetri.

Tocca a Giacomo scegliere e preme il tasto del caffè ristretto.
In effetti la serata potrebbe diventare un'occasione per attuare il mio piano volto a scoprire meglio il suo lato nascosto, se possibile in camera mia.

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