19. Grosso guaio a Genoatown

"Grosso guaio a Genoatown, anche gli insospettabili commettono errori. Dedicato a un giocatore speciale".
Non so perché continui a insistere con il riferimento al film di Carpenter, ma se non avessi intercettato quel messaggio su Facebook di tal Lo Pan forse non mi sarei mai appassionata a questo giallo. Il titolo del topic vuol dire tutto e niente, ma credo che riassuma un po' ciò che voglio lasciare intuire a colui che dovrebbe aver la coda di paglia e quindi essere sul chi va là costantemente. Siamo a Genova, siamo di fronte a un insospettabile perché alla polizia non è venuto in mente di controllare un videogioco ambientato nel Diurno uscito proprio in quei giorni e soprattutto perché l'assassino ha commesso un errore nel volersi ispirare al nostro omicidio virtuale e così posso fargli capire che io so.

All'interno posto ciò che dovrebbe fargli drizzare le antenne, mentre per altri giocatori dovrebbe risultare incomprensibile. La foto che ho intenzione di caricare subito dopo per associarla al mio avatar dovrebbe essere eloquente.
"Livello 1 - Nel Diurno. Qualcosa non torna, giochiamo?" è il titolo del mio post all'interno del topic.
Batto sulla tastiera poche frasi: "Quelle tinte di capelli rossi accanto al primo cadavere non me la contano giusta, secondo me sono un indizio che potrebbe servire per scoprire l'assassino. Sono certa che oltre alle chiavi per andare avanti dovremo fare attenzione a certi dettagli anche nei prossimi livelli. Io sono pronta a giocare. Tu?"
Quel "tu" stona in un post rivolto potenzialmente a una platea di giocatori, ma è stato scritto apposta. L'assassino vuole giocare, con molta probabilità, ma non ha trovato nessuno sinora ad aver colto il suo messaggio.

Premo invio per la pubblicazione e poi torno alla console per fare uno screenshot di ciò che mi interessa. Il tempo di trasferirlo sul laptop e di tagliarlo a dovere prima di caricarlo ed ecco che dopo un paio di minuti il primo piano di una ciocca bionda del catalogo è associato al nome di Miao Yin.
Di sicuro molti giocatori mi prenderanno per pazza, ma non importa. A me interessa chi potrebbe capire che mi sto rivolgendo a lui.

Spengo il computer, finalmente soddisfatta, e torno di sotto per andare a dormire.

Do un'occhiata all'appartamento e faccio una smorfia. L'ordine è un'altra cosa e domani ho un ospite. Inizio l'ispezione dalla cucina: nell'acquaio piatti accumulati da un paio di giorni, sul tavolo ancora la tovaglietta usata sia per colazione sia per la cena, si fa per dire, di stasera e briciole sul pavimento.

Sospiro e passo in rassegna il mini soggiorno vicino all'ingresso: il copridivano sembra stato sotto una mandria di mucche da quanto è stropicciato. Non ricordo l'ultimo lavaggio. Di sicuro prima della frattura.

L'unico elemento in ordine è la libreria lungo il corridoio. Risistemo al suo posto I delitti della Rue Morgue che nasconde l'interruttore per la scala a scomparsa.

In camera da letto ho almeno quattro magliette gettate alla rinfusa sulla sedia che uso come maggiordomo.

Vado in bagno a lavarmi i denti e mi specchio su una superficie opaca, con gli aloni delle gocce d'acqua che spiccano sulla lastra argentata.

«Forse sarebbe meglio a casa sua» dico al mio riflesso.
«Dai, chi guarda i dettagli in una casa la prima volta? Non ci deve mica vivere...» rispondo. Sono troppo stanca per mettere tutto in ordine, ma almeno sistemo le magliette sporche in lavatrice e lavo i piatti. Domani sarà una giornata lunga, spero.

Mi sembra di aver appena appoggiato la testa sul cuscino che la voce di Serj Tankian mi riporta alla realtà.
La gamba fratturata duole quando scendo dal letto. Giuro che la prossima settimana inizio la fisioterapia come si deve.
L'umidità si fa sentire e il cielo grigio urla maccaja. Sono già sudata a cinque minuti dalla doccia. Non il massimo in vista della serata.
Prendere la Ninja con un casco in più, oppure no?
Il mio codice binario dice 1, sperando che non piova.

L'aria presa in velocità sulle due ruote è un phon, ma almeno illude il mio corpo per quei venti minuti di viaggio da Pegli al Porto Antico.
Arrivo in postazione con Dave già seduto alla sua e la prima questione da risolvere in giornata riguarda anche lui.

Gli do un buffetto sulla schiena e lui ruota la testa sull'asse longitudinale. Visto da sopra il suo sorriso diventa una mezzaluna triste.
«Pausa caffè».
Stavolta ruota tutto il corpo sfruttando la sedia.
«Dovendo ancora iniziare, questo tuo invito mi risulta sospetto».
«È importante».
Sono talmente seria che aggrotta la fronte, spiazzato.
Siamo davanti alle macchinette, ancora deserte a quest'ora, e mentre scelgo un mokaccino che probabilmente getterò per metà nel cestino, gli spiego la questione.
«Ieri era giovedì. Il primo giovedì dopo la mia guarigione ufficiale».
Gli do un'occhiata rapida, ma non sembra aver colto.
Il bip mi avverte che il bicchierino è da ritirare.
«Stefano si aspettava che riprendessimo con le lezioni a casa sua e il fatto che nessuno di noi ci abbia pensato lo ha destabilizzato parecchio».
Scelgo per lui un caffè lungo.
Spero non voglia indagare sul come mai io lo sappia già.
Si passa le mani tra i capelli. «Hai ragione, abbiamo perso l'abitudine e non avevo proprio fatto caso a che giorno fosse».
«Tu sai sicuramente rapportarti con lui meglio di quanto faccia io, vi conoscete da più tempo. Giovedì propongo di tornare, ma magari conviene rassicurarlo un po'».
«Sì, sì». Beve il caffè in un sorso e torniamo nell'open space.

Si sofferma sul doppio casco sotto la scrivania e alza un sopracciglio. «Vuoi fare proprio colpo, eh?»
Non lo sopporto quando mi legge così facilmente.
«Fa troppo caldo».
«Dove lo porti?» Fa scorrere le rotelline della sedia e si avvicina come un cospiratore.
Rido.
«A casa».
«Oh, il tuo cassetto ricco ospiterà qualcosa di nuovo?» mi pungola, «potremmo scommettere quale indumento».
«Non è mica colpa mia se sono talmente ottenebrati dalla mia abilità a letto e scordano sempre qualcosa». Non ci credo neanche io. Raddrizzo la schiena e mi metto a lavorare sul serio.

Giacomo passa a salutare a metà mattinata e Dave si alza, facendomi l'occhiolino.
«Ho svaligiato l'enoteca di via San Vincenzo ieri sera, ho tutto in un cassetto della scrivania. Spero che Martin Lee o altri capi non siano nei paraggi quando usciamo stasera o penseranno che siamo degli alcolizzati senza speranza».
«Io invece devo comprare qualcosa da mangiare, ho il frigo vuoto e rischiamo davvero di essere ubriachi dopo il primo bicchiere. Però siccome ho portato la moto direi che gli acquisti li facciamo a Pegli».

«Non sono mai stato su una moto come la tua, spero di essere un buon passeggero». La voce ha un tremolio e io temo che non abbia il coraggio di dirmi che è terrorizzato.
«Tranquillo, andrò piano. Almeno evitiamo il traffico».
Giacomo annuisce, ma il suo sorriso non mostra la sua bella dentatura. Iniziamo male.

Dave torna e alza il pollice. «Ho risolto la questione Stefano, mentre tubavi con Giacomo. Giovedì siamo di nuovo da lui. Mi è sembrato più tranquillo».
«Ti devo almeno un pranzo».
«A proposito, quando giochiamo il prossimo livello di Underground? Mi sono appassionato. Anche prima di martedì, se vuoi».
«Domenica? Non ho impegni. Valuta tu a che ora».
«Ok, vedo che programmi abbiamo con Deborah e ci aggiorniamo».

All'ora di pranzo mi arriva un messaggio di Serena.
"La mia amica aprirà solo per noi. Le devo un favore".
"Ottimo" rispondo al volo. Spero che sia veramente brava con la stampante 3D, anche se la chiave non mi sembra così complicata da riprodurre.

Mentre sono in uno dei locali sul mare a fare la pausa, mi viene la curiosità di sapere se qualcuno ha risposto al mio topic sul forum.
Mi connetto col telefono e un brivido mi assale quando vedo tre nuovi post sotto al mio.
Leggo con avidità.
Pralltiller: "Ehi, guarda che i colori sono diversi. Devi avere un problema di daltonismo"
CastleClimb: "quoto"
MutedNewt: "Vedremo, io ho appena cominciato".

Ho sempre pensato che il daltonismo fosse legato all'incapacità di distinguere il verde dal rosso, ma non ho mai approfondito che cosa vede un daltonico.

Apro un'altra finestra, digito "tipi di daltonismo" e Google mi dà una serie di risultati. Quello che mi sembra più autorevole arriva da un'agenzia per la prevenzione della cecità. Mi si apre un mondo.
"Le persone affette da acromatopsia hanno una visione monocromatica (in bianco e nero perché non percepiscono né il rosso né il verde né il blu), mentre coloro che sono colpiti da protanopia, deuteranopia o tritanopia hanno una visione bicromatica, in quanto non percepiscono uno dei tre colori primari.
Più in particolare si ha:
protanopia (insensibilità al rosso) e protanomalia (insufficiente sensibilità al rosso);
deuteranopia (insensibilità al verde) e deuteranomalia/teranomalia (scarsa sensibilità al verde);
tritanopia (insensibilità al blu, al violetto e al giallo) e tritanomalia (insufficiente sensibilità a questi colori)".

La prova del nove la offrono una serie di grafiche che consentono di capire come vede un daltonico e la tritanopia evidenzia come chi è insensibile al giallo lo veda in realtà rosso.

Mi alzo di scatto. La cameriera che sta portando l'insalata al mio tavolo fa un balzo all'indietro e urta un avventore innescando una reazione a catena che rischia di rovesciare un tavolino ancora da sparecchiare. Ad avere la peggio è un bicchiere che è appoggiato sul bordo e dopo aver dondolato per un secondo si infrange non appena tocca terra.

«Scusami, non volevo».
Le strappo la ciotola dell'insalata dalle mani e mi rimetto a sedere.
«Nessun problema» sussurra e corre a prendere una scopa per raccogliere i pezzi di vetro.
Mi avrà preso per una pazza, ma non sa che probabilmente ho fatto una scoperta importante quasi per caso.
Faccio fuori l'insalata in meno di cinque minuti e quasi mi strozzo, ma sono troppo eccitata.
Quando vado alla cassa è lei a farmi il conto.
«Sono nove euro».
Lo dice con aria professionale, come se non fosse successo niente. Ammiro chi riesce a mascherare così. Probabilmente mi sta maledicendo nella sua testa.
Le metto tra le mani una banconota da venti e scappo via ancora prima che batta lo scontrino.
Faccio partire la chiamata appena uscita dal locale.
«Ehilà». Serena è chiaramente sorpresa. Ci eravamo mandate dei messaggi neanche mezz'ora prima.
«Ho capito una cosa!»
«Non c'è bisogno che lo gridi, o potrebbero sentirti i miei colleghi qui vicino a me».
Afferro il concetto e riduco il volume.
«Il nostro uomo è daltonico. Soffre di tritanopia. Per questo ha fatto quell'errore sulle tinte, mettendo quelle rosse invece che le bionde».
«Tri-che?»
La aggiorno sugli ultimi sviluppi della mia indagine personale e stavolta è lei ad alzare la voce: «Dimmi che non hai scritto quella roba sul forum, ti sei esposta troppo».
«La mia identità è ben protetta, stai tranquilla».
«Non credo che quei forum abbiano livelli di sicurezza così alti e se l'assassino è uno che comunque smanetta sul computer, potrebbe capire facilmente chi si nasconde dietro il tuo nickname».
«Che venga, così almeno uscirebbe allo scoperto» faccio la spavalda, ma la preoccupazione che trapela dalla voce di Serena non è certo figlia di un'apprensiva di natura.
«Ok, ok starò attenta. Anticipo la sua replica. Ci vediamo domani, a che ora?»
«Alle undici».
Chiude la comunicazione senza salutare. Sbuffo e tiro due montanti a vuoto per sfogarmi alle spalle di una coppia di turisti rovinando il loro selfie.

Non so come arrivi indenne all'ora di rientrare a casa senza aver fatto danni in ufficio. Come un'automa ho eseguito le istruzioni senza farmi troppe domande rimuginando sugli avvertimenti di Serena. Ormai non posso tirarmi indietro, però potrei anche cancellare quel messaggio.
Giacomo arriva alle mie spalle quando sono davanti alla schermata del forum. Fa scrollare il sacchetto che ha in mano e le bottiglie tintinnano. Stavolta i denti adornano il suo bel sorriso e io cerco di fargliene uno altrettanto invitante, anche se forse oggi non è proprio la giornata ideale per recuperare questo maledetto aperitivo.

Chiudo il pc e gli porgo il casco di riserva. Alla fine è meglio dimenticare per qualche ora il casino in cui potrei essermi messa.
Guido rispettando i limiti. Non facevo i 50 orari neanche con la bici quando ero ragazzina. Giacomo è un po' rigido, anche perché a tracolla ha il borsone degli alcolici e la Ninja non è certo comoda per i passeggeri.
Si aggrappa senza remore a me e al serbatoio e nonostante l'umidità di oggi il suo odore di uomo mi risveglia quell'istinto che era rimasto addormentato come un virus latente, un attacco logic bomb per mettere in pratica gli insegnamenti di Stefano.

Il viaggio termina senza troppi scossoni. Volo a comprare patatine e arachidi e faccio strada a Giacomo salendo le scale.
«Mi sembra un quartiere tranquillo, qui». Non ha il fiatone mentre arriviamo all'ultimo piano. Buon segno.
«Sì, non siamo lontani dall'Aurelia ma i rumori del traffico non si sentono e poi qui vivono prevalentemente vecchi. Al massimo si sente qualche cane che abbiaia».
Se sapesse cosa è successo durante l'avventura di Alberto forse non la penserebbe allo stesso modo.

Apro la serratura di casa e gli faccio fare un mini tour dell'appartamento dopo aver posato la spesa in cucina, nella sua borsa gli ingredienti per il gin tonic.
Si sofferma sulla libreria. «Non pensavo fossi una lettrice». Gli occhi scuri gli brillano di ammirazione.
«In effetti ho una doppia vita, sì. La tengo nascosta».
Quella che voglio tenergli davvero nascosta è la stanza segreta. Non siamo abbastanza in confidenza.
Gironzola ancora e guarda le foto dei miei viaggi alle pareti del piccolo soggiorno.
«Sei andata in moto negli Usa? Che figata!».
«Troppi anni fa, ormai. Non riesco a fare un viaggio serio da quando lavoro alla Gold Games».

Lo osservo mentre è girato di schiena, con i pantaloni di cotone che gli fasciano bene le gambe toniche e la camicia di lino che cade bene sulle spalle ampie. Faccio due passi verso di lui.
«E dove vorresti andare la prossima volta?»
Quando si gira perché non gli ho risposto, quasi si spaventa da quanto sono vicina.
Bere mi fa male, riporterebbe i miei pensieri su ciò che voglio dimenticare per un po' e poi il gin tonic mi fa abbastanza schifo.
Gli sorrido lasciva.
«Tra qualche mese non so, ora invece un'idea ce l'avrei».
Lo prendo per la nuca e lo attiro a me, senza incontrare alcuna resistenza.











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