12. Nel Diurno - livello 1
«Che c'è?» chiedo, sapendo già cosa dirà. Il tono innocente non mi riesce troppo bene.
«Esporti non ti porterà avanti nelle indagini. Non hai imparato proprio niente nelle nostre lezioni del giovedì».
Lo fa uscire senza il suo solito tono neutro. Guarda in basso. Il maestro deluso dall'allieva a cui aveva aperto le porte di casa sua.
Fisso Serena e mi specchio nel suo volto incerto. Non pensavamo che Stefano fosse entusiasta del nostro piano, ma neanche così tranchant.
«È stata una mia idea» dice la mia amica, mentendo, senza interrompere il contatto visivo. «Gloria tende ad assecondarmi e a volte ci facciamo prendere un po' la mano, ma se vogliamo stanare qualcuno non possiamo fare altro che così. Troppa gente ha comprato Underground e se la nostra teoria è esatta l'assassino potrebbe essere tra i giocatori. Non abbiamo speranza di trovarlo se non così».
Mi connetto a Discord e al server dedicato a Underground, canale italiano.
Non è detto che il nostro mister X, se mai esista davvero, ami le chat vocali o scritte, ma con Serena abbiamo deciso di non lasciare nulla di intentato.
«Lo so che pensi che sia tutto inutile e che non è detto che il nostro uomo sia collegato a Discord, però chissà... potrebbe lasciarsi scappare qualcosa nel caso ci vedesse. Ci siamo mascherati apposta in modo molto riconoscibile». Stefano non muove un muscolo e io lo prendo come un via libera definitivo al nostro folle piano.
Completo la creazione del personaggio assegnandogli una delle professioni previste, quella più vicina alla passione di esploratore di luoghi abbandonati: il profanatore di tombe. Il ruolo ci consente di essere armati di vari attrezzi da scasso, una pala legata allo zaino e una pistola tascabile.
«Ok» sbuffo.
Clicco su start ignorando il lieve tremore al pollice.
Il filmato iniziale l'avrò visto almeno un centinaio di volte. L'abbiamo differenziato a seconda della scelta del mestiere del personaggio, ma lo lascio scorrere senza skippare per entrare nell'atmosfera.
Driin.
Il trillo del telefono irrompe quando ancora lo schermo è buio e Serena, che non è preparata, ha uno scatto involontario sul divano. Mi complimento con me stessa per il nuovo impianto surround.
Driin.
Clic.
Un'abat-jour in tessuto con le frange illumina fievolmente un comodino. Una mano maschile afferra un cellulare Motorola startac 130.
«Tra mezz'ora, dove l'attesa del viaggio era al pari del viaggio stesso. Ho trovato un tesoro». La voce, di uomo, sembra arrivare dall'aldilà.
La mano riattacca. La soggettiva ci fa vivere tutta la preparazione in una penombra sinistra. Il nostro personaggio si abbiglia con pantaloni con tasche, si infila una maglietta e una giacca a vento. Durante la preparazione si arma a dovere. L'ultima cosa che vediamo nella casa dalla carta da parati damascata è un mobiletto che alloggia suppellettili preziosi di ogni tipo.
Il personaggio sale sull'auto e percorre strade a noi note. Parcheggia proprio davanti alla stazione Principe e trova pronto ad accoglierlo un altro uomo, coi connotati nascosti da un cappello a tesa larga e un bavero alzato sulle guance.
«Il nostro complice è di turno, abbiamo la possibilità di scendere in quello che era un vero e proprio luogo di servizio per i viaggiatori e che conserva ancora divese cose che ci interessano. Il mio contatto è certo: possiamo rivenderle a dei collezionisti importanti. Siamo d'accordo che ti farà entrare a patto che tu torni su entro un'ora e soprattutto che divideremo il bottino con lui».
Il personaggio alza il pollice e il complice fa una specie di saluto militare. Entra nell'Hotel a cinque stelle e il portiere di notte gli fa un cenno di assenso. Si dirige verso una cancellata dorata che è solo socchiusa e scende dalle scale appena lucidate. Anche la porta in legno in fondo alla rampa deve solo essere spinta.
La schermata cambia, il filmato è terminato e ora vediamo un tunnel buio davanti a noi.
Serena soffia aria dalle narici. «Avrei già bisogno di una sigaretta». Stefano continua a stare seduto sul bordo del divano, con la schiena dritta e senza utilizzare l'appoggio del cuscino.
Faccio accendere la torcia al personaggio e avanzo in questo primo tunnel d'ingresso. Ogni volta mi stupisco dell'ingegno di chi era al mondo decenni fa. Al Diurno si accedeva proprio così, attraverso una rete di mini gallerie sotterranee che collegavano gli hotel attorno alla stazione. Le persone che potevano permetterselo trascorrevano l'attesa facendosi tagliare i capelli, sottoponendosi alla manicure, oppure chiedevano di farsi sistemare le scarpe, o fare un doccia. Addirittura c'era anche una vasca idromassaggio.
La torcia illumina uno spazio sufficiente al passaggio di due uomini affiancati, l'audio ci restituisce solo il rumore dei nostri passi e di un respiro lievemente affannato. Avanzo rapidamente e dopo pochi secondi eccoci nell'atrio di quella che era una sorta di reception. Della donna che ti chiedeva di che servizio volevi usufruire non c'è traccia: solo decadenza.
La stanza è ampia e la luce non la illumina tutta: in fondo, una vetrata opaca con su scritto deposito bagagli anche in inglese e tedesco sovrasta uno spazio in legno dipinto di verde dove appunto le valigie venivano consegnate e riprese. Tra le colonne che sostengono l'ampia stanza ci sono ancora i resti di quello che era altro mobilio, chissà con quale funzione. Sul bancone del deposito un registro con nomi, numeri e date che si fermano al 1970. Dalla stanza partono altre diramazioni verso i bagni e la barberia. Sapendo già cosa ci attende dirigo il nostro Roberto Pastorino verso la sala del parrucchiere.
Appena entriamo parte un nuovo filmato.
La luce è, incredibilmente, accesa: una lanterna appesa a un vecchio lampadario ci fa subito capire che qualcosa non va. Una musica fatta di timpani e percussioni è tarata sul battito accelerato del cuore. Il personaggio si guarda attorno e al centro della stanza, tra sedili da barbiere sfondati, specchi di cui ormai resta solo la cornice o poco più, piastrelle liberty, c'è un corpo steso a pancia in giù. Le fattezze sono di un uomo, anche se è prono e non vediamo la faccia. Il profanatore di tombe corre incontro al suo destino e quando prova a girare la persona a terra scopre che ormai si tratta di un cadavere. La vittima è vestita in modo anonimo: jeans e una camicia che una volta era bianca. Sangue ormai scuro e polvere dominano ormai sul tessuto. Il morto è privo di una scarpa: ai piedi ha solo un mocassino.
«Ahhhhh».
Un urlo alle spalle ci fa voltare.
Serena fa un altro salto sul divano.
«Non credevo fosse così da paura» commenta cercando di darsi un contegno.
Stefano resta immobile e io non so se continua a essere un buon segno.
«Ora entriamo nel vivo, dai... anche se i momenti di tensione non mancheranno».
Il personaggio si volta e davanti ha una donna che gli sta puntando addosso una pistola. Alza le braccia e cerca di calmarla: «Non sono stato io a uccidere questa persona, l'ho trovato così qualche minuto fa».
«Fermo! Non dire una parola, ho appena ricevuto una chiamata anonima che mi ha dato istruzioni precise sul fatto che avrei trovato vittima e assassino esattamente qui».
«Non so di cosa tu stia parlando, ma quest'uomo è morto da un po'. Il sangue non è fresco. Sei della polizia?».
«Non esattamente».
La donna non è in divisa, indossa pantaloni tattici e un giubbotto di pelle.
Senza abbassare l'arma si avvicina e controlla.
«Hai ragione, ma allora che sta succedendo?»
«Succede che qualcuno ci ha fatto uno scherzo di cattivo gusto».
Un'altra voce irrompe sulla scena e appartiene a un uomo robusto e molto alto. È vestito con una tuta da manutentore.
«Mezz'ora fa ho ricevuto una chiamata di pronto intervento per una perdita d'acqua di cui non c'è traccia proprio qui sotto e ora siamo in tre, con un cadavere che, a giudicare dalla quantità di sangue perso, non è di sicuro morto per un malore».
«Tra le mani ha un biglietto», nota la donna.
Prende il foglietto di carta forzando le dita piegate del cadavere e ci mostra quello che c'è scritto.
"Benvenuti, siete stati scelti per le vostre doti di intelligenza, fisicità e scaltrezza per una sfida che avrà un solo vincitore. Ecco il punto di partenza. Scoprite com'è andata e potrete pensare di salvarvi. Solo raccogliendo gli indizi potrete scagionarvi. In questo momento la polizia sta entrando e occorre che siate svelti nella risoluzione".
Non c'è tempo di guardarsi con aria smarrita. Una porta sbatte e il rimbombo si riverbera nelle membra.
Torniamo nella gestione diretta e provo la chat vocale. Se tutto è andato bene qualcuno dovrebbe essersi connesso e dovrei andare avanti col gioco in modalità collaborativa con qualche gamer italiano. Ho lanciato diverse esche nei vari forum e gruppi di appassionati italiani linkando il mio canale e mettendo l'orario di collegamento.
In effetti ci sono due new entry che interpretano la donna e il manutentore: FrenzyMan e Prysm.
«Bel casino», esordisce FrenzyMan.
«Già» concorda Prysm.
«Io provo a perquisire il cadavere, voi magari date un'occhiata a pavimento e mobilio» li invito.
Loro ora stanno vedendo il mio personaggio con il volto di Roberto Pastorino, ma non è detto che in effetti lo conoscano o lo abbiano riconosciuto, anche se la sua immagine è finita pure sui giornali nazionali, visto lo strano luogo del ritrovamento.
So già dove andare a cercare, ma nonostante tutto i poliziotti fanno irruzione nella stanza ad armi spianate.
FrenzyMan ha ancora la pistola in mano e un poliziotto fa la prima mossa sparando un colpo. Tocca difenderci per non morire.
Entriamo in modalità action e devo dire che i due non se la cavano male, ad avere la peggio è proprio il mio personaggio a cui resta solo metà della propria vita.
«Se prima potevamo pensà de sarvarce in qualche modo, mò che abbiamo fatto una strage di sbirri credo che tutto si complicherà» commenta FrenzyMan. La frase più articolata gli fa emergere un accento del Centro Italia.
«Di dove sei? Roma?» indago.
«Ostia».
«Io di Genova, è una figata avere un videogioco ambientato nella mia città».
«Io invece di Brescia» si unisce Prysm.
Guardo Serena e Stefano, un po' delusa. Non sono stata fortunata, probabilmente dobbiamo affinare un po' il nostro piano.
Il mio collega si muove per la prima volta da quando si è seduto sul divano. Si alza, si avvicina alla console e la spegne.
«Ste, ma che cavolo fai?» scatto in piedi.
Lui si volta e si toglie gli occhiali per pulirli con il fazzoletto di stoffa che ha estratto dalla tasca. Li rimette e annuisce soddisfatto.
«Così è come trovare un ago in un pagliaio. Adesso propongo io qualcosa di sensato».
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